Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 8842 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 2 Num. 8842 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 03/04/2024
Oggetto: Vendita- Cosa mobile – Eccezione pagamento accolta in appello – Spese processuali
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 30080/2021 R.G. proposto da COGNOME NOME, rappresentato e difeso, con procura speciale in calce al ricorso, dall’avvocato NOME COGNOME del foro di Padova ed elettivamente domiciliato all’i ndirizzo PEC del difensore iscritto nel REGINDE;
-ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE, in persona dell’omonimo titolare;
-intimato –
avverso la sentenza della Corte di appello di Venezia n. 1195/2021, pubblicata il 22 aprile 2021 e non notificata.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 6 ottobre 2023 dal Consigliere NOME COGNOME.
Osserva in fatto e in diritto
Ritenuto che:
-con atto di citazione notificato l’11 novembre 2011 la RAGIONE_SOCIALE proponeva opposizione, dinanzi al Tribunale di Rovigo, avverso il decreto ingiuntivo n. 714/2008 emesso dal Presidente del medesimo ufficio per l’importo di euro 4.483,67, oltre accessori e spese, chiesto ed ottenuto dalla RAGIONE_SOCIALE per una serie di forniture relative al periodo 1997-2002, deducendo di avere interamente corrisposto l’importo dovuto;
instaurato il contraddittorio, nella resistenza della convenuta, il giudice adito, con sentenza n. 52 del 2015, espletata istruttoria, rigettava l’opposizione e per l’effetto confermava il decreto ingiuntivo opposto, con condanna alle spese dell’opponente;
sul gravame interposto dal COGNOME, la Corte di appello di Venezia, nella resistenza dell’appellato, in riforma della sentenza del giudice di prime cure, condannava l’appellante al pagamento della minore somma di euro 2.123,68, e compensava per un mezzo le spese di lite del primo grado nella stessa misura liquidata dal Tribunale, ponendo il restante
mezzo a carico del COGNOME; compensava per un mezzo anche le spese di appello, con condanna dell’appellante al pagamento del restante mezzo.
A sostegno della decisione, il giudice del gravame riteneva, per quanto qui ancora di interesse, che essendo stata ridotta della metà la pretesa monitoria, le spese processuali andavano compensate per un mezzo per entrambe le fasi di merito in base ad un criterio unitario e globale e per la restante parte andavano poste a carico della parte soccombente;
avverso la citata sentenza della Corte di appello di Venezia ha proposto ricorso per cassazione NOME COGNOME, sulla base di tre motivi;
la RAGIONE_SOCIALE è rimasta intimata;
-in prossimità dell’adunanza camerale parte ricorrente ha anche curato il deposito di memoria ex art. 380bis .1 c.p.c.
Considerato che:
con il primo motivo il ricorrente si duole della violazione e della falsa applicazione degli artt. 91 e 92 c.p.c., nonché dell’art. 24 Cost., in relazione all’art. 360 comma 1 n. 3 c.p.c. , per avere la Corte d’appello, ad avviso del COGNOME, posto a carico della parte appellante totalmente vittoriosa le spese di soccombenza che invece dovevano integralmente gravare sull’appellato soccombente.
Con il secondo motivo il ricorrente lamenta la nullità, in parte qua, della sentenza o del procedimento per violazione e falsa applicazione dell’art. 112 c.p.c., in relazione all’art. 360
comma 1 n. 4 c.p.c., per avere il Giudice di appello pronunciato su di una domanda di integrale riforma della sentenza di primo grado, che viceversa l’appellato non aveva mai introdotto, ricavandone un ‘ insussistente soccombenza parziale.
Con il terzo motivo il COGNOME deduce, sotto altro profilo, l’omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti, in relazione all’art. 360, comma 1 n. 5 c.p.c., per avere il Giudice del gravame omesso di considerare l’impugnazione solo parziale della sentenza di prime cure, come ricavabile dall’atto di appello e, in particolare, dalle conclusioni formulate dall’opponente, da considerarsi ‘fatto decisivo’, comunque offerto al contraddittorio.
I tre motivi di ricorso tendono complessivamente a prospettare violazioni di norme di diritto ovvero vizi di motivazione della sentenza, denunziando nella realtà l’in adeguata spiegazione logica relativa all’apprezzamento, operato dal giudice di merito, dei fatti della controversia ai fini della statuizione delle spese, per cui vanno esaminate unitariamente.
Essi sono infondati.
Con sentenza n. 32061 del 31/10/2022 le Sezioni Unite di questa Corte, investite della questione, ritenuta di massima di particolare importanza, «se sia corretta e costituzionalmente orientata l’interpretazione dell’art. 92 c.p.c. secondo cui, nel caso di divario tra petitum e decisum , l’attore parzialmente vittorioso possa essere condannato alla rifusione di un’aliquota
delle spese di lite in favore della controparte», vi hanno dato risposta negativa, enunciando il principio di diritto secondo cui: «in tema di spese processuali, l’accoglimento in misura ridotta, anche sensibile, di una domanda articolata in un unico capo non dà luogo a reciproca soccombenza, configurabile esclusivamente in presenza di una pluralità di domande contrapposte formulate nel medesimo processo tra le stesse parti o in caso di parziale accoglimento di un’unica domanda articolata in più capi, e non consente quindi la condanna della parte vittoriosa al pagamento delle spese processuali in favore della parte soccombente, ma può giustificarne soltanto la compensazione totale o parziale, in presenza degli altri presupposti previsti dall’art. 92, secondo comma, cod. proc. civ.».
L ‘arresto delle Sezioni Unite nella motivazione evidenzia che «non può condividersi l’ampia applicazione del principio di causalità propugnata dall’orientamento giurisprudenziale che ritiene ammissibile la condanna della parte vittoriosa al pagamento delle spese processuali, nonostante il parziale accoglimento della domanda. Se è vero, infatti, che nel nostro ordinamento processuale coesistono criteri diversi di regolamentazione delle spese di lite, non tutti improntati al principio di soccombenza e destinati a far fronte a situazioni diverse, è anche vero, però, che al di fuori di tali ipotesi torna a trovare applicazione la regola generale, la quale esige che a sopportare le spese del processo sia colui che, come affermato da un’autorevole dottrina, risulta vinto nella lotta giudiziale: e
tale è indubbiamente anche la parte che, pur avendo agito o resistito in giudizio con argomentazioni ritenute parzialmente fondate dal giudice, abbia visto accogliere, sia pure in misura ridotta, quelle della controparte. In tal senso depone chiaramente l’insistenza del Giudice delle leggi sulla ‘gravità ed eccezionalità’ delle ragioni richieste ai fini della compensazione, nonché la sottolineatura da parte dello stesso del rischio, posto in rilievo anche dall’ordinanza interlocutoria, che la prospettiva di una condanna alle spese possa scoraggiare la parte che ha ragione dal far valere in giudizio i propri diritti, con conseguente menomazione del diritto alla tutela giurisdizionale, garantito dagli artt. 24 e 111 Cost.».
Considerazioni queste che risultano pienamene calzanti all’ipotesi in esame di parziale accoglimento d ell’ unica domanda articolata in monitorio dalla RAGIONE_SOCIALE.
A tal fine, infatti, deve considerarsi comunque come il COGNOME rimanga in sostanza totalmente soccombente alla stregua dell’esito complessivo della vicenda processuale, con la conseguenza che il regolamento delle spese processuali di tutte le fasi (giudizio di primo grado, comprensivo della fase monitoria, giudizio di appello) sarebbe dovuto avvenire secondo soccombenza, proprio secondo i principi espressi in motivazione da Cass. n.15506 del 2018 – che richiama Cass. n. 20289 del 2015 e Cass. n. 2634 del 2007 – in tema di spese processuali, per cui il giudice del gravame, nel riformare la decisione del primo grado, doveva attenersi al principio della soccombenza applicato all’esito globale del processo, piuttosto
che ai diversi gradi del giudizio ed al loro risultato, sicché doveva liquidare le spese con riferimento non a ciascuna fase del giudizio, ma all’esito finale della lite, pervenendo legittimamente ad un provvedimento di compensazione delle spese, totale o parziale, purché rispettoso dell’esito finale del giudizio.
Ne deriva che la liquidazione di un credito inferiore a quello richiesto dalla parte in monitorio non costituisce accoglimento parziale della domanda e non giustifica, pertanto, la compensazione delle spese, ma vale solo a determinare, sulla scorta della giurisprudenza di questa Corte – Cass. n. 23082 del 2021; Cass. n. 29420 del 2019 -il valore della causa che deve essere fissato sulla base di quanto riconosciuto quale “somma attribuita”.
In questo modo la motivazione del Giudice di appello, seppure erroneamente abbia compensato le spese dei due gradi di giudizio, tuttavia le ha correttamente poste per la parte eccedente la compensazione a carico della parte integralmente soccombente per quanto sopra esposto.
Conclusivamente il ricorso va rigettato.
In mancanza di difese da parte della parte resistente, rimasta intimata, nessuna pronuncia va adottata sulle spese processuali per il giudizio di legittimità.
Poiché il ricorso è stato proposto successivamente al 30 gennaio 2013 ed è rigettato, sussistono le condizioni per dare atto – ai sensi dell’art. 1, comma 17, della legge 24 dicembre 2012, n. 228 (Disposizioni per la formazione del bilancio
annuale e pluriennale dello Stato – Legge di stabilità 2013), che ha aggiunto il comma 1quater dell’art. 13 del testo unico di cui al d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115 – della sussistenza dell’obbligo di versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per la stessa impugnazione integralmente rigettata, se dovuto.
P . Q . M .
La Corte rigetta il ricorso.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater del d.P.R. n. 115 del 2002 dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1-bis dello stesso articolo 13, se dovuto.
Così deciso nella camera di consiglio della Seconda Sezione