Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 4442 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 2 Num. 4442 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 20/02/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 11071/2020 R.G. proposto da :
COGNOME rappresentato e difeso dall’avvocato NOME COGNOMECODICE_FISCALE
-ricorrente-
contro
RAGIONE_SOCIALE rappresentata e difesa dall’avvocato COGNOME (CODICE_FISCALE
-controricorrente-
avverso SENTENZA di CORTE D’APPELLO SEZ.DIST. DI TARANTO n. 43/2020 depositata il 07/02/2020.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 29/01/2025 dal Consigliere NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
La vicenda concerne la compravendita di un’unità immobiliare da parte del geom. NOME COGNOME dalla società RAGIONE_SOCIALE con contestazioni relative alla mancata realizzazione di opere infrastrutturali primarie necessarie all’abitabilità dell’immobile, in
particolare il tronco idrico. COGNOME aveva domandato la restituzione di € 15.760 versati al venditore per il concorso alle spese di realizzazione dell’opera e all’allaccio idrico individuale, assumendo che tali pagamenti fossero privi di causa. La società venditrice aveva contestato tali richieste, sostenendo la correttezza dei propri adempimenti e giustificando la tardiva esecuzione dell’opera. In primo grado, il Tribunale di Taranto aveva accolto la domanda del geom. COGNOME condannando la società COGNOME alla restituzione delle somme versate. La Corte di appello ha riformato la sentenza di primo grado, rigettando la domanda di restituzione avanzata da NOME
Ricorre in cassazione l’acquirente con quattro motivi , illustrati da memoria. Resiste la venditrice con controricorso.
RAGIONI DELLA DECISIONE
-Si antepone l’esposizione di tutti e quattro i motivi di ricorso , che sono tra di loro collegati.
Il primo motivo denuncia violazione dell’art. 112 c.p.c. per omessa individuazione da parte della Corte di appello del fatto costitutivo della domanda, consistente nella mancata realizzazione del tronco idrico, opera primaria necessaria per rendere agibile il plesso condominiale. La decisione impugnata non avrebbe considerato la necessità della licenza di abitabilità, compromessa dall’assenza del tronco idrico, nonostante prove documentali e testimoniali confermassero tale mancanza. Il ricorrente sostiene che, in assenza di tale infrastruttura essenziale, l’immobile non può essere considerato agibile. Infatti, ai sensi dell’art. 221 del Testo Unico sanitario, un edificio non può essere abitato senza autorizzazione di abitabilità rilasciata dal sindaco, previa verifica delle condizioni igieniche e infrastrutturali. La mancanza di un approvvigionamento idrico stabile ha costretto il condominio a rifornirsi esclusivamente tramite autobotti.
Il secondo motivo di ricorso, nel suo primo profilo, denuncia l’erronea valutazione delle prove testimoniali da parte della Corte di appello, in violazione degli artt. 2697 e 246 c.p.c., con riferimento
all’art. 252 c.p.c., e lamenta il mancato rispetto dei principi in materia di valutazione delle prove. Il ricorrente evidenzia che la Corte ha ritenuto non determinanti le testimonianze raccolte, nonostante queste confermassero elementi essenziali per la causa, quali: la consegna di somme di denaro a titolo di contributo per l’opera infrastrutturale primaria (tronco idrico) e l’allaccio individuale ; la mancanza di collegamento alla rete idrica pubblica per anni. Il secondo motivo, nel suo secondo profilo, denuncia violazione degli artt. 115 e 116 c.p.c. in relazione al l’errata valutazione della teste COGNOME dichiarata inattendibile dalla Corte di appello per il suo rapporto di amicizia con il ricorrente. Si contesta questa valutazione, sostenendo che il rapporto personale non costituisce una causa di incapacità a testimoniare secondo l’art. 246 c.p.c. La giurisprudenza consolidata specifica che l’incapacità a testimoniare si verifica solo quando il testimone abbia un interesse giuridico concreto che legittimerebbe la sua partecipazione al giudizio come parte. Il ricorrente sottolinea che la controparte non ha sollevato alcuna eccezione sull’inattendibilità della testimone durante l’escussione e che la Corte avrebbe comunque dovuto considerare il contenuto probatorio delle dichiarazioni nel contesto complessivo delle prove acquisite. Si richiama, inoltre, il principio sancito dall’art. 115 c.p.c., come modificato dalla l. 69/2009, secondo cui il giudice deve considerare provati i fatti non specificamente contestati. Nel caso in esame, la Corte non ha tenuto conto di tali elementi, riducendo illegittimamente la portata delle testimonianze raccolte.
Il terzo motivo denuncia violazione degli artt. 2721 e 2722 c.c. in tema di ammissibilità della prova testimoniale. Si critica l’esclusione della prova diretta a dimostrare il pagamento privo di causa di somme estranee al contratto di compravendita. La Corte di appello avrebbe erroneamente equiparato tali pagamenti a modifiche contrattuali, eludendo il presupposto dell’indebito oggettivo.
Il quarto motivo denuncia, sotto un primo profilo, omesso esame circa fatti decisivi. In particolare, il ricorrente lamenta che la Corte non abbia distinto adeguatamente tra il contributo versato per la realizzazione del tronco idrico e il costo dell’allac cio individuale. Si sottolinea infatti che la somma di € 15.760, oggetto della richiesta di restituzione, comprendeva due voci distinte: € 13.760,00 per il contributo alla realizzazione del tronco idrico, opera di interesse generale necessaria per collegare il complesso edilizio alla rete idrica pubblica; € 2.000 per il costo specifico dell’allaccio idrico individuale all’appartamento acquistato dal ricorrente. In relazione alla mancata distinzione tra il contributo per il tronco idrico e il costo dell’allaccio individuale, per il quale si richiedeva la restituzione di € 2.000 , si evidenzia come la Corte di appello abbia confuso le due imputazioni di pagamento, rigettando integralmente la domanda senza adeguata motivazione. Si censura altresì, sotto un secon do profilo, l’errata applicazione dell’art. 1183 c.c. in materia di tempo dell’adempimento, per omessa considerazione che la prestazione idrica è essenziale per la fruibilità dell’immobile.
I quattro motivi convergono nel perseguire l’obiettivo di attaccare, sotto diversi profili, l’accertamento compiuto dalla Corte di appello.
Essi non sono fondati.
Nel rigettare la domanda del Geom. COGNOME la Corte ha argomentato così: « Dalla documentazione versata in atti risulta che la ditta costruttrice, dopo aver ottenuto la concessione edilizia nel 2010 con l’impegno, tra l’altro, di realizzare alcune opere di urbanizzazione primaria, tra cui l’allacciamento del complesso edilizio alla rete pubblica idrica e la sistemazione stradale, chiedeva al Comune di poter scomputare dagli oneri di urbanizzazione, pari complessivamente ad € 53.263, 17, il costo relativo alla realizzazione a sue spese del tronco idrico e dei collegamenti viari, cioè € 26.781,38, ottenendo l’assenso del Comune con delibera . A questo punto, il giudice di
prime cure avrebbe dovuto porsi il seguente interrogativo: se il costo complessivo dell’allacciamento alla rete idrica dell’intero complesso edilizio (20 alloggi), comprese le spese per i collegamenti viari, è pari ad € 26.781.38, come è possibile che il singolo acquirente di un’unità immobiliare ne abbia corrisposto oltre la metà, cioè la considerevole somma di € 15.760,00? Avrebbe dovuto inoltre rilevare che le iniziali richieste di rimborso avanzate a tale titolo dall’attore con svariate e-mail dell’aprilemaggio 2014 erano pari ad € 2.000,00, mentre soltanto con la missiva dell’avv. COGNOME del 12.6.2014 si rivendica la restituzione della somma di € 15.760,00. Non a caso i testi COGNOME NOME e COGNOME NOME, acquirenti di altre unità immobiliari , hanno dichiarato che il contributo versato alla ditta costruttrice per l’ allaccio del singolo appartamento al tronco idrico ammontava a circa € 2.000,00; lo stesso attore ha prodotto in giudizio un foglietto manoscritto in cui sono riportate diverse somme versate alla ditta, tra cui, significativamente, quella di € 2.000,00 per ‘ allacci ‘ (non è chiaro se soltanto alla rete idrica ovvero anche per energia elettrica e gas ). Sulla base di tali riscontri documentali e testimoniali (provenienti da soggetti sicuramente indifferenti), la testimonianza resa da COGNOME NOME andava criticamente valutata ad iniziare dalla sua ammissione iniziale: ‘sono un’amica dell’attore e frequento la casa a mare che lo stesso ha acquistato, da prima dei fatti per cui è causa’» . Segue una parte di critica della testimonianza di NOME COGNOME nonché di esame dei documenti prodotti, tra cui note scritte e copie di assegni, che la Corte ha ritenuto generici e privi di indicazioni univoche sulle finalità dei pagamenti effettuati (alcuni dei quali vengono presuntivamente imputati al corrispettivo della vendita dell’unità immobiliare ). « Se ne deve fondatamente concludere -argomenta testualmente la Corte alla fine del suo ragionamento difformemente da quanto opinato nell’impugnata sentenza, che non vi è alcuna prova certa che il geom. COGNOME abbia in effetti corrisposto alla ditta l’esorbitante somma di €
15.760,00 per l’allaccio del suo appartamento alla rete idrica (a fronte di un costo complessivo di € 26.781,38 per la realizzazione de ll’in tero tronco idrico e delle strade di collegamento a servizio dell ‘ intero complesso di 20 alloggi), mentre appare molto più verosimile che la somma versata per il singolo allaccio (ovvero per tutti gli allacci alle varie reti idriche, gas ed energia elettrica) sia stata di € 2000,00, come dichiarato dagli altri condomini ed inizialmente rivendicato dallo stesso attore; è infine pacifico che la società costruttrice e venditrice abbia realizzato il collegamento alla rete idrica soltanto in corso di causa, dopo aver ricevuto la relativa autorizzazione comunale ».
-Un accertamento così strutturato resiste alla censure del ricorrente.
Egli tenta di prospettare come questioni di diritto censure mosse alla ricostruzione istruttoria della situazione di fatto rilevante compiuta dalla Corte di appello. Dinanzi a tali censure, il compito di questa Corte è di verificare che il giudice di merito manifesti di aver fatto buon governo del proprio potere di apprezzamento. Infatti, il giudice di merito che fondi il proprio apprezzamento su alcune prove piuttosto che su altre non incontra altro limite che quello di indicare le ragioni del proprio convincimento in una motivazione effettiva, risoluta e coerente (che rispetti quindi i canoni dettati da Cass. SU 8053/2014). Di talché egli – in obbedienza al canone di proporzionalità di una motivazione necessaria, idonea allo scopo e adeguata non è tenuto a discutere esplicitamente ogni singolo elemento probatorio o a confutare ogni singola deduzione che aspiri ad una diversa ricostruzione della situazione di fatto rilevante. Sarebbe superfluo ricordare che l’esito positivo della verifica compiuta dalla Corte di cassazione non implica logicamente che essa faccia proprio tale apprezzamento: esso è e rimane del giudice di merito.
Sono questi i principi che si attagliano al caso di specie, poiché il ragionamento probatorio della Corte ruota sul difetto di certezze
sulla causale precisa alle somme versate e sulla inattendibilità della testimonianza della sig.ra NOME COGNOME a causa della relazione personale con l’attore. Entrambi gli elementi sono inseriti all’interno di un quadro presuntivo strutturato in modo incensurabile in sede di giudizio di legittimità.
Quanto alle singole censure: quella relativa all’art. 112 c.p.c. (primo motivo) è infondata poiché non vi è stata omissione di pronuncia, bensì rigetto; quella relativa gli artt. 115 e 116 c.p.c. (secondo motivo) è infondata per le ragioni illustrate nei due capoversi precedenti; quella relativa all’ art. 246 c.p.c. è infondata poiché non vi è stata incapacità a testimoniare, bensì giudizio di attendibilità della testimonianza. Quanto alle censure relative agli art. 2721 e 2722 c.c. (terzo motivo), vale identicamente il rinvio ai due capoversi precedenti. Quanto al quarto motivo, vale il richiamo al difetto di certezza sulle causali dei versamenti.
Il primo, il secondo, il terzo e il quarto motivo di ricorso sono rigettati.
5. – La Corte rigetta il ricorso. Le spese seguono la soccombenza e si liquidano in dispositivo.
Inoltre, ai sensi dell’art. 13 co. 1 -quater d.p.r. 115/2002, si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, ad opera della parte ricorrente, di un’ulteriore somma pari a quella prevista per il ricorso a titolo di contributo unificato a norma dell’art. 1-bis dello stesso art. 13, se dovuto.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna la parte ricorrente a rimborsare alla parte controricorrente le spese del presente giudizio, che liquida in € 1.500 , oltre a € 200 per esborsi, alle spese generali, pari al 15% sui compensi, e agli accessori di legge.
Sussistono i presupposti processuali per il versamento, ad opera della parte ricorrente, di un’ulteriore somma pari a quella prevista per il ricorso a titolo di contributo unificato, se dovuto.
Così deciso in Roma, il 29/01/2025.