Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 27148 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 1 Num. 27148 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 21/10/2024
ORDINANZA
sul ricorso 7239/2022 proposto da:
COGNOME NOME, elett.te domiciliato presso l’AVV_NOTAIO, dal quale è rappresentato e difeso, per procura speciale in atti;
-ricorrente –
-contro-
RAGIONE_SOCIALE, in persona del legale rappres. p.t., elett.te domiciliato in Roma, INDIRIZZO, presso l’Avvocatura Generale dello Stato dalla quale è rappres. e difeso;
-controricorrente-
avverso la sentenza n. 1832/2021 del la Corte d’appello di L’Aquila , pubblicata il 22.12.2021;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 26/09/2024 dal Cons. rel., AVV_NOTAIO.
RILEVATO CHE
Il Tribunale di L’Aquila, con sentenza del 22.12.2020, rigettava la domanda proposta in riassunzione -a seguito della declaratoria d’incompetenza del Tribunale di Vasto – da NOME COGNOME COGNOMEavente ad oggetto l’opposizione avverso la sanzione amministrativa irrogatagli il 23.1.19 dal RAGIONE_SOCIALE per la somma di euro 25.823,00, per non aver depositato: il rendiconto dei contributi ricevuti e delle spese elettorali sostenute o, in mancanza, la dichiarazione di non aver ricevuto contributi e sostenuto spese, a norma dell’art. 7 l. n. 515/93, così come richiamato dall’art. 13, c. VI, l. n. 96/12.
Con sentenz a depositata il 22.12.21, la Corte d’appello di L’Aquila rigettava l’impugnazione proposta da NOME COGNOME, osservando che: era inapplicabile alla diffida e alla contestazione dell’illecito il termine di cui all’art. 14 l. n. 689/81 – in conformità della citata consolidata giurisprudenza di legittimità- in considerazione della speciale natura della stessa diffida, avente finalità anche di consentire al candidato di sanare l’illecito con il tardivo invio della dichiarazione; era infondata la doglianza afferente all’elemento soggettivo dell’illecito, atteso che, esclusa la rilevanza dell’invocata ignoranza del candidato, per non aver fattivamente partecipato a nessuna iniziativa elettorale comportante spesa, né ricevuto contributi da denunciare, correttamente era stata ritenuta superflua la prova orale articolata, considerando che, una volta ricevuta la diffida, il candidato avrebbe dovuto, prima della scadenza del termine assegnato con la diffida, presentare la suddetta dichiarazione, quale adempimento formale
imprescindibile, anche per la dimostrazione di aver fatto il necessario per invocare l’esimente della buona fede.
NOME COGNOME ricorre in cassazione avverso la suddetta sentenza, con due motivi. Il RAGIONE_SOCIALE resiste con controricorso.
RITENUTO CHE
Il primo motivo denunzia violazione degli artt. 14 e 15, l. n. 515/93, 2 e 14, l . n. 689/81, per non aver la Corte d’appello tenuto conto del fatto che la sanzione amministrativa avrebbe dovuto essere considerata estinta per tardività della diffida-contestazione effettuata a norma degli artt. 15, c 5 e 8, e 19 l. n. 515, e 14, c. 2 e 6, l. n. 689/81; ciò in quanto, la consultazione elettorale si era svolta il 5.6.16 e la proclamazione degli eletti era avvenuta in data 8.7.16, mentre il collegio avrebbe dovuto diffidare il ricorrente entro il 9.10.16, diffida notificata solo in data 16.3.17.
Al riguardo, il ricorrente lamenta che la Corte territoriale abbia ritenuto superfluo l’invio di un’ulteriore diffida prima dell’irrogazione della sanzione amministrativaessendo l’interessato già a conoscenza della natura dell’addebito e della pendenza della procedura – senza però tener conto della previsione contenuta nell’art. 15 della l. n. 515, di rinvio alle disposizioni generali contenute nelle sezioni I e II del capo I della l. n. 689/81, con la locuzione ‘ salvo quanto diversamente stabilito ‘.
Il secondo motivo denunzia violazione degli artt. 24, 111, Cost., 2697 e 2907, c.c., nonché omessa pronuncia sul motivo di gravame relativo alla mancata ammissione della prova orale richiesta, e motivazione apparente, per aver la Corte d’appello ritenuto superflua la prova testimoniale dedotta (circa l’audizione del rappresentante di lista in ordine alle spese elettorali eventualmente sostenute dal ricorrente, e
alle assicurazioni a quest’ultimo fornite sul fatto che a tutti gli obblighi avrebbe provveduto il RAGIONE_SOCIALE politico di appartenenza) diretta a dimostrare la sua buona fede.
Il primo motivo è infondato sulla scorta della consolidata giurisprudenza di questa Corte secondo la quale, in tema di sanzioni amministrative in materia elettorale, la diffida con la quale il RAGIONE_SOCIALE invita il candidato che l’abbia omessa a presentare, nel termine di quindici giorni, la dichiarazione concernente le spese sostenute e le obbligazioni assunte per la propaganda elettorale, assolve alla duplice funzione di offrire al trasgressore la possibilità di sanare l’illecito e nel contempo di avvertirlo della pendenza del procedimento sanzionatorio; ne consegue che non è necessaria la notificazione di un nuovo atto di contestazione, ex art. 14 della l. n. 689 del 1981, essendo l’interessato già a conoscenza della natura dell’addebito e della pendenza della procedura (Cass., n. 3984/24; n. 28262/19).
In tema di sanzioni amministrative in materia elettorale, è stato altresì affermato che l’obbligo stabilito dall’art. 2, comma 1, n. 3, della legge n. 441 del 1982, richiamato dall’art. 7, comma 6, della legge n. 515 del 1993, di attestare, in alternativa alla dichiarazione concernente le spese sostenute per la campagna elettorale, di essersi avvalso esclusivamente di materiali e mezzi propagandistici messi a disposizione del partito, mira ad assicurare, in relazione a tutti i candidati che abbiano partecipato alla competizione elettorale, la trasparenza delle fonti di finanziamento, consentendo gli eventuali controlli; ne consegue che tale dichiarazione autocertificativa, sebbene in forma negativa, deve essere resa anche dai candidati che, oltre a non aver sostenuto personalmente oneri o ricevuto contributi, neppure si siano avvalsi di strutture e mezzi messi a disposizione dal partito,
onde, in caso di omissione, è legittima la sanzione irrogata dal RAGIONE_SOCIALE (Cass., n. 8263/21).
Le diverse interpretazioni delle norme in questione propugnate dal ricorrente non sono sorrette da adeguate ragioni ermeneutiche che inducano a sovvertire la citata giurisprudenza.
Al riguardo, è anzitutto irrilevante il riferimento alla l. n. 689/81, avendo la Corte territoriale ritenuto non necessario un nuovo atto di contestazione, essendo l’interessato già a conoscenza della natura dell’addebito e della pendenza della procedura.
Invero, nella duplice funzione assolta dalla diffida, questa Corte di legittimità ha escluso l’applicabilità dell’art. 14 legge n. 689 del 1981 e della contestazione ivi prevista al secondo comma. L’art. 15, al comma 19 della legge n. 515 del 1993, con previsione di chiusura, stabilisce quanto alle sanzioni amministrative pecuniarie previste in materia elettorale – l’applicazione delle disposizioni generali contenute nelle sezioni I e II del capo I della legge 24 novembre 1981, n. 689, «salvo quanto diversamente disposto», stabilendo altresì, espressamente, che non si applica l’art. 16 della medesima legge n. 689 del 1981.
Come statuito da questa Corte (Cass., n. 3984/24 cit.), le sottese ragioni divengono così portatori di una natura speciale dell’atto descritto all’art. 15, comma 8, della legge n. 515/1993, come modificato dall’art. 1 della legge 31 dicembre 1996 n. 672 e legittimano la deroga all’applicazione della più generale disciplina, da valere in materia di sanzioni amministrative, come contenuta nella legge n. 689 del 1981 (Cass. 4 novembre 2019 n. 28262; Cass., n. 8263/21).
Pertanto, sia la lettera delle disposizioni citate, sia la ratio delle stesse, che va individuata nell’esigenza di assicurare la trasparenza delle fonti di finanziamento delle campagne elettorali e garantire gli eventuali controlli, comportano la sussistenza dell’obbligo a carico di tutti i
candidati che abbiano partecipato alle competizioni elettorali, eletti o meno, di rendere una dichiarazione al riguardo.
Ne consegue che, anche nei «casi limite», come nella fattispecie, di candidati i quali, oltre a non sostenere personalmente oneri o ricevere contributi, neppure si siano avvalsi di strutture e mezzi propagandistici collettivi di partito, gli stessi sono tenuti a dichiararlo, assumendosene la relativa responsabilità nella prevista solenne forma. Ne discende, altresì, che la notifica della diffida avrebbe dovuto immediatamente spingere l’ingiunto ad adempiere, consegna ndo la documentazione richiesta).
Il secondo motivo è inammissibile, in quanto diretto al riesame delle val utazioni discrezionali della Corte d’appello sulla non ammissione della dedotta prova testimoniale, ritenuta superflua, venendo in rilievo la mancata osservanza dei suddetti obblighi formali a carico del candidato, diretti a garantire la trasparenza delle fonti di finanziamento, e dunque non surrogabili attraverso deleghe a terzi.
Infine, va soggiunta l’irrilevanza dell’eventuale ignoranza della legge da parte del candidato- il quale assume di essersi affidato alle ‘rassicurazioni’ di terzi circa la procedura da seguire – che non può certo scusare il ricorrente.
Le spese seguono la soccombenza.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso, e condanna il ricorrente al pagamento, in favore del controricorrente, delle spese del giudizio che liquida nella somma di euro 1.800,00 oltre al rimborso delle spese prenotate a debito.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater , del d.p.r. n.115/02, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto
per il ricorso principale, a norma del comma 1 bis dello stesso articolo 13, ove dovuto.
Così deciso nella camera di consiglio della Prima Sezione Civile del 26