Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 1958 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 2 Num. 1958 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 28/01/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 25858/2022 R.G. proposto da: RAGIONE_SOCIALE, elettivamente domiciliata in ROMA, INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME che la rappresenta e difende unitamente all’avvocato NOME COGNOME;
– ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE, elettivamente domiciliata in ROMA, INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME, rappresentata e difesa dall’avvocato NOME COGNOME;
– controricorrente –
nonché contro
RAGIONE_SOCIALE -intimati – avverso la sentenza della CORTE D’APPELLO di TRENTO n. 130/2022 depositata il 05/08/2022.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 08/11/2024 dal Consigliere NOME COGNOME;
FATTI DI CAUSA
La società RAGIONE_SOCIALE proponeva opposizione al decreto ingiuntivo emesso dal Tribunale di Rovereto per effetto del quale essa era tenuta a pagare a RAGIONE_SOCIALE la somma di euro 80.110,66 oltre interessi e spese di procedura, a saldo di una fornitura di membrane che venivano applicate su attrezzatura utilizzata per il filtraggio del mosto e della feccia del vino. L’opponente eccepiva che la merce consegnata era inidonea all’utilizzo a cui era destinata. Inoltre, la valutazione a campione aveva evidenziato un significativo calo di efficienza e una riduzione della durata delle membrane ceramiche prodotte dalla ditta tedesca RAGIONE_SOCIALE e commercializzate in Italia da RAGIONE_SOCIALE. Deduceva di avere ordinato merce per un valore di euro 349.877,00 nel periodo maggio 2017 -ottobre 2018 e che solo nel settembre 2018 aveva saputo dai clienti che i manufatti acquistati presentavano problemi di produttività. Aggiungeva di avere immediatamente avvertito la RAGIONE_SOCIALE e, non essendo stato eliminati gli inconvenienti segnalati, chiedeva la risoluzione del contratto di fornitura e il risarcimento dei danni subiti a causa dell’inadempimento della controparte.
Costituendosi in giudizio, RAGIONE_SOCIALE deduceva di avere consentito a NOME di provare le membrane prima dell’acquisto, in modo che la stessa fosse pienamente consapevole di
caratteristiche e funzionalità di tali prodotti. Erano seguiti gli ordini di acquisto senza condizioni e, secondo la valutazione dell’ingiungente, l’abrasione che si era verificata sulle membrane non era dovuta ad un vizio congenito bensì era la conseguenza di un uso non corretto e non conforme alle indicazioni contenute nelle istruzioni consegnate dalla venditrice al cliente.
La convenuta chiamava in causa, a scopo di manleva, la ditta tedesca RAGIONE_SOCIALE, produttrice delle membrane, e la RAGIONE_SOCIALE, con la quale aveva in corso polizza per la responsabilità civile e danni da prodotto, con richiesta di essere garantita
Entrambe le chiamate si costituivano in giudizio, contestando il fondamento delle domande formulate dall’opponente e rilevando comunque l’inesistenza dei presupposti per la loro responsabilità.
I l Tribunale di Rovereto rigettava l’opposizione al decreto ingiuntivo e condannava l’opponente alla rifusione delle spese in favore delle altre parti.
NOME proponeva avverso la suddetta sentenza.
RAGIONE_SOCIALE e la RAGIONE_SOCIALE resistevano all’appello
La Corte d’Appello di Trento rigettava il gravame.
Per quel che ancora rileva, la Corte rigettava l’ultimo motivo di ricorso attinente alla regolazione delle spese del primo grado per l’infondatezza della chiamata in causa dei terzi. Secondo l ‘appellante la regolazione delle spese in favore dei terzi chiamati era errata.
Il motivo non poteva essere accolto, perché era stato applicato correttamente il criterio di causalità, in base al quale, in caso di soccombenza della parte che ha promosso la causa, grava su quest’ultima il carico delle spese delle altre parti.
L ‘appello di RAGIONE_SOCIALE era, dunque, totalmente infondato e la sentenza di primo grado andava integralmente confermata in punto di decadenza e prescrizione dall’azione di garanzia per vizi salvo una irrilevante correzione della motivazione.
La Corte, dunque, regolava le spese di lite secondo la soccombenza precisando che i chiamati in causa erano stati coinvolti nel giudizio a tutela delle ragioni della convenuta e la causa di tale coinvolgimento anda va ricondotta all’iniziativa giudiziale di COGNOME, opponente in sede monitoria.
La condanna dell ‘appellante era a rifondere a ciascuna delle parti appellate le spese dell’appello determinate, per ciascuna, in complessivi euro 8.000,00, oltre al rimborso spese generali al 15%, IVA e CPA di legge.
RAGIONE_SOCIALE ha proposto ricorso per cassazione avverso la suddetta sentenza.
RAGIONE_SOCIALE ha resistito con controricorso.
RAGIONE_SOCIALE, RAGIONE_SOCIALE sono rimaste intimate.
Entrambe le parti costituite con memoria depositata in prossimità dell’udienza ha nno insistito nelle rispettive richieste.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Il primo motivo di ricorso è così rubricato: violazione e falsa applicazione dell’art. 91 c.p.c., in relazione all’art. 360, co. 1, n. 3, c.p.c.
Con il primo motivo, si censurano i capi della sentenza coi quali la Corte territoriale ha, da un lato, rigettato il gravame interposto verso la sentenza di primo grado nella parte in cui ha condannato l’odierna ricorrente a rifondere le spese di lite di primo grado dei terzi chiamati in giudizio dalla parte convenuta opposta, nonostante la palese infondatezza delle domande proposte dalla chiamante nei confronti dei terzi medesimi e, dall’altro lato , ha condannato l’odierna ricorrente a rifondere ai terzi c hiamati anche le spese di lite del grado d’appello.
Il secondo motivo di ricorso è così rubricato: omesso esame di fatti decisivi per il giudizio, in relazione all’art. 360, co. 1, n. 5, c.p.c.
Con il secondo motivo si censura la sentenza per aver obliterato in toto di esaminare le eccezioni sollevate dalle parti terzi chiamate nei confronti della convenuta chiamante, confermando ciononostante la decisione di primo grado che aveva condannato l’attrice a rifondere loro le spese di lite e condannando l’attrice a rifondere alle medesime terze chiamate anche le spese del giudizio di gravame.
Il terzo motivo di ricorso è così rubricato: nullità della sentenza per violazione dell’art. 132 c.p.c., comma 2, n. 4, in relazione all’art. 360, co. 1, n. 4, c.p.c.
Con il terzo motivo si censura la sentenza d’appello sotto il profilo della violazione del dovere costituzionale minimo di motivazione dei provvedimenti giurisdizionali imposto dall’art. 132 c.p.c., per non aver illustrato nessuna sufficiente motivazione sia in ordine alle ragioni che hanno condotto la Corte territoriale a confermare la sentenza di primo grado nella parte in cui ha
condannato l’odierna ricorrente alla rifusione delle spese dei terzi chiamati, sia in ordine alle ragioni che l’hanno condotta a condannare la medesima odierna ricorrente alla rifusione delle spese di lite dei terzi chiamati del giudizio di gravame.
I tre motivi di ricorso, che stante la loro evidente connessione possono essere esaminati congiuntamente, sono in parte inammissibili in parte infondati.
In primo luogo, non può accogliersi la censura di violazione dell’art. 132, comma 2, n. 4, c.p.c.
Questa Corte a sezioni unite ha chiarito che dopo la riforma dell’art. 360, comma 1, n. 5, cod. proc. civ., operata dalla legge 134/2012, il sindacato sulla motivazione da parte della cassazione è consentito solo quando l’anomalia motivazionale si tramuta in violazione di legge costituzionalmente rilevante, in quanto attinente all’esistenza della motivazione in sé, purché il vizio risulti dal testo della sentenza impugnata, a prescindere dal confronto con le risultanze processuali; in tale prospettiva detta anomalia si esaurisce nella “mancanza assoluta di motivi sotto l’aspetto materiale e grafico”, nella “motivazione apparente”, nel “contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili” e nella “motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile”, esclusa qualunque rilevanza del semplice difetto di “sufficienza” della motivazione (cfr. Cass. Sez. un. 8053/2014). Nel caso di specie, la grave anomalia motivazionale non esiste perché la Corte d’Appello ha sufficientemente motivato sia in relazione al principio di causalità che a quello della soccombenza.
4.2 Si legge nella sentenza impugnata che l’ultimo motivo dell’appellante (oggi ricorrente) attiene all’asserita omessa
valutazione della fondatezza, o meno, della chiamata in causa dei terzi e sulla regolazione delle spese che ne è conseguita. Secondo COGNOME era errata, oltre che ingiusta, la sua condanna alla rifusione delle spese, in favore dei terzi chiamati. Secondo la Corte d’Appello, t ale motivo non poteva essere accolto per la corretta applicazione del criterio di causalità, in base al quale in caso di soccombenza della parte che ha promosso la causa gravava su quest’ultima il carico delle spese delle altre parti.
La società ricorrente, infatti, aveva proposto una domanda nei confronti di RAGIONE_SOCIALE per vizi e difetti delle membrane di cui al contratto di fornitura. La convenuta aveva chiamato la sua assicurazione oltre che RAGIONE_SOCIALE, produttrice delle membrane per essere manlevata dall’even tuale accoglimento della domanda attorea.
4.3 L a Corte d’Appello ha fatto corretta applicazione del principio di causalità.
Deve ribadirsi che: In caso di rigetto della domanda principale, le spese sostenute dal terzo chiamato devono essere poste a carico dell’attore soccombente che ha provocato e giustificato la chiamata in causa, anche al di fuori dei casi di chiamata in garanzia, mentre restano a carico del chiamante quando la sua iniziativa si riveli manifestamente infondata o palesemente arbitraria, purché non vi sia stata estensione della domanda principale dell’attore nei confronti del terzo chiamato (Sez. 3, Ordinanza n. 6144 del 07/03/2024, Rv. 670458 – 01).
Nella specie non ricorrono i presupposti di arbitrarietà o di manifesta infondatezza nel senso che il convenuto chiamante sarebbe stato soccombente nei confronti del terzo anche in caso di esito diverso della causa principale, infatti, l a Corte d’Appello ha
escluso che la ricorrente avesse provato i difetti del prodotto ma un eventuale e ipotetico accoglimento della domanda attorea avrebbe potuto riverberare i suoi effetti anche nei confronti dei terzi chiamati che erano la società produttrice e la compagnia di assicurazione.
In conclusione, il ricorso deve essere rigettato dando continuità al seguente principio di diritto: Le spese di giudizio sostenute dal terzo chiamato in garanzia, una volta che sia stata rigettata la domanda principale, vanno poste a carico della parte che, rimasta soccombente, abbia provocato e giustificato la chiamata in garanzia, trovando tale statuizione adeguata giustificazione nel principio di causalità, che governa la regolamentazione delle spese di lite, anche se l’attore soccombente non abbia formulato alcuna domanda nei confronti del terzo, salvo che l’iniziativa del chiamante si riveli palesemente arbitraria (Sez. 2, Ordinanza n. 23123 del 17/09/2019, Rv. 655244 – 01).
Il ricorso è rigettato.
Le spese del giudizio seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater D.P.R. n. 115/02, si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte del ricorrente di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso principale, a norma del comma 1-bis dello stesso art. 13, se dovuto.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità nei confronti della parte
controricorrente che liquida in euro 3100, più 200 per esborsi, oltre al rimborso forfettario al 15% IVA e CPA come per legge;
ai sensi dell’art. 13, co. 1 quater, del d.P.R. n. 115/2002, inserito dall’art. 1, co. 17, I. n. 228/12, dichiara la sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte del ricorrente di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso principale, a norma del comma 1-bis dello
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della 2^ Sezione