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Spese di lite parte contumace: no condanna in favore

Un gruppo di pensionati si opponeva a una condanna alle spese di lite a favore dell’ente previdenziale, nonostante quest’ultimo fosse rimasto contumace nel giudizio d’appello. La Cassazione ha accolto il ricorso, stabilendo che non si possono liquidare le spese di lite alla parte contumace, cassando la sentenza impugnata su questo punto specifico.

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Pubblicato il 11 dicembre 2025 in Diritto del Lavoro, Giurisprudenza Civile, Procedura Civile

Spese di lite parte contumace: La Cassazione ribadisce un principio chiave

Una recente ordinanza della Corte di Cassazione torna a fare luce su una regola fondamentale del processo civile: la gestione delle spese di lite in caso di parte contumace. La vicenda, che vedeva contrapposti un gruppo di pensionati e un importante ente previdenziale, offre spunti cruciali sul principio di soccombenza e sulle conseguenze della mancata costituzione in giudizio. La Corte ha stabilito che non può essere pronunciata una condanna al pagamento delle spese legali in favore della parte che ha scelto di non partecipare attivamente al giudizio d’appello.

I Fatti del Caso: La Controversia Pensionistica e il Giudizio d’Appello

La controversia trae origine dalla richiesta, avanzata da un gruppo di pensionati, di ottenere il ricalcolo del loro trattamento pensionistico. La domanda, tuttavia, era stata respinta sia in primo grado che in appello. La Corte d’Appello, nel confermare la decisione precedente, aveva ritenuto la domanda preclusa da un precedente giudicato e aveva condannato gli appellanti (i pensionati) al pagamento delle spese di lite in favore dell’ente previdenziale.

Il punto cruciale, sollevato successivamente in Cassazione, era che l’ente previdenziale, pur avendo ricevuto la notifica dell’atto di appello, non si era costituito in giudizio, rimanendo quindi “contumace”. Nonostante ciò, i giudici di secondo grado avevano disposto la condanna alle spese a suo favore.

I motivi del ricorso e la questione delle spese di lite parte contumace

I pensionati hanno impugnato la sentenza d’appello dinanzi alla Corte di Cassazione, basando il loro ricorso su due motivi principali:
1. Violazione dell’art. 91 c.p.c.: I ricorrenti sostenevano l’illegittimità della condanna al pagamento delle spese processuali a favore dell’ente, proprio perché quest’ultimo era rimasto contumace nel giudizio d’appello. Secondo la loro tesi, una parte che non partecipa al processo non svolge attività difensiva e, di conseguenza, non sostiene costi che debbano essere rimborsati.
2. Nullità della sentenza: In via subordinata, lamentavano un vizio procedurale (error in procedendo), sostenendo che la sentenza fosse nulla perché indicava l’ente come difeso da un avvocato diverso da quello che lo aveva assistito in primo grado.

La Decisione della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha analizzato entrambi i motivi, giungendo a conclusioni opposte per ciascuno di essi.

L’infondatezza del motivo sulla nullità della sentenza

Il secondo motivo, esaminato per priorità logica, è stato ritenuto infondato. I giudici hanno chiarito che un’erronea indicazione del difensore o la qualificazione della parte come “costituita” anziché “contumace” non costituisce un vizio strutturale tale da determinare la nullità della sentenza, a condizione che tutti gli altri elementi essenziali previsti dall’art. 132 c.p.c., come la corretta identificazione delle parti, siano presenti. La sentenza, quindi, era valida sotto questo profilo.

La fondatezza del motivo sulle spese di lite

Il primo motivo è stato, invece, accolto. La Corte di Cassazione ha confermato un orientamento consolidato, richiamando anche un recente precedente (Cass. 13253/24). Il principio è chiaro: la condanna alle spese di lite si fonda sul concetto di soccombenza e ha lo scopo di ristorare la parte vittoriosa dei costi sostenuti per difendersi in giudizio. Se una parte rimane contumace, non svolge alcuna attività difensiva e, di conseguenza, non matura alcun diritto al rimborso delle spese.

Le motivazioni

La motivazione della Corte si basa su una logica stringente. La condanna alle spese prevista dall’art. 91 c.p.c. presuppone un’attività processuale effettiva. La parte contumace, per definizione, è assente dal processo e non compie atti difensivi che giustifichino una liquidazione delle spese a suo favore. Pertanto, la Corte d’Appello aveva errato nel condannare i pensionati al pagamento delle spese legali a favore dell’ente previdenziale contumace.

Le conclusioni

In conclusione, la Corte di Cassazione ha cassato la sentenza d’appello limitatamente al capo relativo alla condanna alle spese. Ciò significa che la decisione sul merito della controversia pensionistica è rimasta invariata, ma è stata eliminata la condanna per i pensionati a pagare le spese del giudizio di secondo grado. Inoltre, in applicazione del principio di soccombenza nel giudizio di legittimità, l’ente previdenziale è stato condannato a pagare le spese del procedimento dinanzi alla Cassazione. Questa ordinanza rafforza un principio di equità processuale: chi sceglie di non difendersi non può pretendere di essere rimborsato per costi mai sostenuti.

Una parte che non si costituisce in appello (contumace) ha diritto al rimborso delle spese legali se la sentenza le è favorevole?
No. Secondo la Corte di Cassazione, la condanna alle spese di lite presuppone lo svolgimento di un’attività difensiva. Una parte rimasta contumace non ha sostenuto costi per difendersi e, pertanto, non può ottenere la condanna della controparte al pagamento delle spese.

Un errore nell’indicare il nome dell’avvocato difensore in una sentenza la rende nulla?
No. La Corte ha stabilito che l’erronea indicazione del difensore o la qualifica di una parte come ‘costituita’ anziché ‘contumace’ non è un vizio strutturale che causa la nullità della sentenza, a patto che gli altri elementi essenziali, come l’identificazione corretta delle parti, siano presenti.

Cosa succede quando la Cassazione annulla una sentenza solo per quanto riguarda la condanna alle spese?
La Corte cassa la sentenza impugnata limitatamente a quella parte specifica (il ‘capo’ delle spese). La decisione sul merito della causa rimane valida e definitiva, ma viene eliminato l’obbligo per la parte soccombente di pagare le spese di quel grado di giudizio.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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