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Spese di lite: obbligo del giudice anche se la causa cessa

Una cittadina avviava un procedimento contro un ente previdenziale. Durante la causa, l’ente riconosceva il diritto della cittadina, portando il Tribunale a dichiarare la fine del contenzioso. Tuttavia, il giudice non si pronunciava sulle spese di lite. La Corte di Cassazione ha annullato questa decisione, stabilendo che il giudice ha sempre l’obbligo di decidere sulle spese legali, anche quando la causa cessa e la parte soccombente non si è presentata in giudizio. La decisione si basa sul principio che le spese seguono la soccombenza, a prescindere dal comportamento processuale della parte perdente.

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Pubblicato il 23 settembre 2025 in Diritto del Lavoro, Giurisprudenza Civile, Procedura Civile

Spese di lite: il Giudice Deve Sempre Pronunciarsi

Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ribadisce un principio fondamentale in materia di spese di lite: il giudice ha sempre il dovere di pronunciarsi sulla loro attribuzione, anche quando il contenzioso si conclude per cessata materia del contendere. Questa decisione sottolinea come il diritto al rimborso delle spese legali per la parte vittoriosa sia un elemento cardine del sistema giudiziario, che non può essere ignorato neanche in presenza di circostanze particolari come la contumacia della parte soccombente.

I Fatti di Causa: Il Ricorso e la Decisione del Tribunale

Una cittadina aveva avviato un procedimento di accertamento tecnico preventivo (A.T.P.) nei confronti dell’ente nazionale di previdenza sociale per ottenere il riconoscimento di una prestazione. In corso di causa, l’ente previdenziale riconosceva il diritto e liquidava la prestazione richiesta. Di conseguenza, il Tribunale di merito dichiarava la ‘cessata materia del contendere’, poiché lo scopo del ricorso era stato raggiunto. Tuttavia, il giudice ometteva di pronunciarsi sulla condanna dell’ente al pagamento delle spese di lite, motivando tale scelta con il fatto che l’ente non si era costituito in giudizio (era contumace) e che sussisteva una dichiarazione di esenzione dalle spese per limiti di reddito, ai sensi dell’art. 152 delle disposizioni di attuazione del codice di procedura civile. La ricorrente, sentendosi lesa nel suo diritto, si rivolgeva alla Corte di Cassazione.

L’Obbligo di Pronuncia sulle Spese di Lite secondo la Cassazione

La Suprema Corte ha accolto il ricorso della cittadina, cassando l’ordinanza del Tribunale e rinviando la causa a un altro giudice per una nuova valutazione. La decisione si fonda su principi procedurali chiari e invalicabili.

Il Principio della Soccombenza

Il pilastro della decisione è l’articolo 91 del codice di procedura civile, che sancisce il principio della soccombenza: chi perde paga. La Corte ha evidenziato che, nel caso di specie, la parte soccombente era l’ente previdenziale, il quale, riconoscendo il diritto della ricorrente solo dopo l’avvio del giudizio, aveva di fatto ammesso la fondatezza della sua pretesa. La ricorrente, pertanto, era la parte vittoriosa. La norma che prevede l’esonero dal pagamento delle spese (art. 152 disp. att. c.p.c.) si applica esclusivamente alla parte soccombente, non a quella vittoriosa, che ha quindi pieno diritto al rimborso.

L’Irrilevanza della Contumacia

La Corte ha inoltre chiarito che la contumacia, ovvero la scelta della parte convenuta di non costituirsi in giudizio, non la esonera dalle conseguenze della soccombenza. La mancata partecipazione al processo non può tradursi in un vantaggio, né può ledere il diritto della parte diligente e vittoriosa a vedere ristorate le proprie spese legali. La pronuncia sulle spese è un atto dovuto dal giudice, che deve regolare i rapporti tra le parti anche sotto questo profilo a chiusura del giudizio.

Le motivazioni

Le motivazioni della Cassazione sono nette: la mancata pronuncia sulle spese di lite costituisce una violazione degli articoli 91 e 92 del codice di procedura civile. Il Tribunale non aveva disposto una compensazione delle spese (una decisione che avrebbe richiesto una motivazione specifica), ma aveva semplicemente omesso di provvedere, affermando erroneamente di non doverlo fare. Questo errore procedurale ha privato la parte vittoriosa di un suo diritto fondamentale. La Corte ribadisce che il giudice, nel dichiarare la cessazione della materia del contendere, deve sempre valutare la soccombenza ‘virtuale’, ossia stabilire chi avrebbe avuto ragione se il processo fosse giunto a una sentenza di merito, e di conseguenza regolare le spese.

Le conclusioni

Questa ordinanza rafforza la tutela del cittadino che si rivolge alla giustizia per vedere riconosciuto un proprio diritto. Stabilisce che l’adempimento spontaneo della controparte dopo l’inizio della causa non può vanificare il diritto al rimborso delle spese legali sostenute. La decisione ha importanti implicazioni pratiche: chiunque avvii un’azione legale e ottenga soddisfazione in corso di causa può e deve chiedere al giudice di condannare la controparte al pagamento delle spese. La contumacia o altre circostanze procedurali non possono servire da scudo per la parte soccombente, garantendo così una più completa ed effettiva tutela dei diritti.

Se una causa finisce perché la controparte adempie spontaneamente, il giudice può non decidere sulle spese di lite?
No. Secondo la Corte di Cassazione, il giudice ha sempre l’obbligo di pronunciarsi sulle spese legali, anche in caso di cessata materia del contendere, valutando chi avrebbe vinto la causa (soccombenza virtuale).

Se la parte che perde la causa non si presenta in giudizio (contumacia), è esonerata dal pagamento delle spese?
No. La contumacia della parte soccombente non la esonera dalla condanna al pagamento delle spese di lite in favore della parte vittoriosa. La mancata partecipazione al processo non è una giustificazione per evitare le conseguenze negative della sconfitta.

L’esonero dalle spese previsto dalla legge per limiti di reddito (art. 152 disp. att. c.p.c.) si applica anche alla parte che vince la causa?
No. Tale norma è prevista esclusivamente a favore della parte soccombente (che perde la causa) e a determinate condizioni reddituali. Non può mai essere usata per negare alla parte vittoriosa il diritto al rimborso delle spese legali.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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