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Spese di lite: Ministero paga anche se assente

Un avvocato si opponeva a un decreto di liquidazione per un patrocinio a spese dello Stato. Il Tribunale accoglieva l’opposizione ma compensava le spese di lite poiché il Ministero non si era costituito. La Corte di Cassazione ha ribaltato la decisione, affermando che la contumacia non giustifica la compensazione e che il principio della soccombenza impone al Ministero, in quanto parte perdente, di pagare tutte le spese.

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Pubblicato il 16 settembre 2025 in Diritto Civile, Giurisprudenza Civile, Procedura Civile

Spese di lite: Il Ministero soccombente paga sempre, anche se contumace

Una recente ordinanza della Corte di Cassazione riafferma un principio fondamentale in materia di spese di lite: la parte che perde una causa deve pagare, e la sua assenza dal processo (contumacia) non costituisce una valida ragione per derogare a questa regola. Questo principio, noto come principio della soccombenza, si applica pienamente anche quando la parte soccombente è un’amministrazione pubblica, come il Ministero della Giustizia. Analizziamo nel dettaglio la vicenda e le importanti conclusioni della Suprema Corte.

I Fatti di Causa

La vicenda ha origine dalla richiesta di un avvocato per la liquidazione del proprio compenso professionale. Il legale aveva difeso un imputato, risultato irreperibile, nell’ambito del patrocinio a spese dello Stato. Il Tribunale, in un primo momento, aveva rigettato la sua domanda di liquidazione.

L’avvocato, per tutelare il proprio diritto al compenso, proponeva opposizione a tale provvedimento. Il Tribunale di Crotone accoglieva l’opposizione, riformava il decreto e liquidava in favore del difensore la somma di 1.300 euro, oltre accessori. Tuttavia, il giudice decideva di compensare integralmente le spese di lite del giudizio di opposizione. La motivazione addotta era che il Ministero della Giustizia, parte convenuta, non si era costituito in giudizio, rimanendo contumace.

Il ricorso in Cassazione e la questione delle spese di lite

Ritenendo ingiusta la compensazione delle spese, l’avvocato presentava ricorso alla Corte di Cassazione, lamentando la violazione e falsa applicazione degli articoli 91 e 92 del codice di procedura civile. Secondo il ricorrente, il Tribunale aveva errato nel non condannare il Ministero, risultato pienamente soccombente, al pagamento delle spese legali, basando la compensazione sulla sola circostanza della sua mancata costituzione in giudizio.

Le motivazioni della Corte di Cassazione

La Corte di Cassazione ha ritenuto il ricorso fondato, accogliendolo integralmente. La Suprema Corte ha chiarito che il Tribunale ha errato nel compensare le spese di lite in assenza di una valida giustificazione, come richiesto dall’articolo 92 c.p.c. La semplice contumacia della parte soccombente non può essere considerata una ragione sufficiente per derogare al principio generale della soccombenza, sancito dall’articolo 91 c.p.c.

I giudici di legittimità hanno ribadito un importante principio di diritto: il difensore ammesso al patrocinio a spese dello Stato che agisce in giudizio per ottenere il pagamento dei propri compensi, lo fa in forza di una propria autonoma legittimazione a tutela di un diritto soggettivo di natura patrimoniale. Di conseguenza, il procedimento di opposizione è regolato dalle ordinarie disposizioni del codice di procedura civile, inclusa quella sulla “responsabilità delle parti per le spese”.

Poiché il Ministero della Giustizia è risultato integralmente soccombente nel giudizio di opposizione, doveva essere condannato alla refusione delle spese sostenute dal legale per far valere il proprio diritto. La sua scelta di non partecipare al processo non può tradursi in un vantaggio processuale né danneggiare la parte che ha agito legittimamente a tutela dei propri interessi.

Le conclusioni

La Corte di Cassazione ha cassato la sentenza del Tribunale nella parte relativa alla compensazione delle spese. Decidendo nel merito, ha condannato il Ministero della Giustizia non solo al pagamento dei compensi professionali, ma anche al rimborso di tutte le spese di lite relative al giudizio di opposizione e a quelle del successivo giudizio di Cassazione.

Questa pronuncia rafforza la tutela dei professionisti che operano nell’ambito del patrocinio a spese dello Stato e, più in generale, riafferma un principio di equità processuale: chi ha ragione e deve adire le vie legali per vederla riconosciuta ha diritto al rimborso integrale dei costi sostenuti. La passività processuale della controparte non può e non deve vanificare questo diritto.

La mancata costituzione in giudizio di una parte (contumacia) è una ragione sufficiente per compensare le spese di lite?
No, secondo l’ordinanza, la sola contumacia della parte soccombente non costituisce una valida giustificazione per compensare le spese di lite ai sensi dell’art. 92 c.p.c.

L’avvocato che agisce per ottenere il pagamento dei compensi del patrocinio a spese dello Stato agisce per un diritto proprio?
Sì, la Corte di Cassazione afferma che il difensore che propone opposizione al decreto di pagamento agisce in forza di una propria autonoma legittimazione a tutela di un diritto soggettivo patrimoniale.

Quale principio si applica per la regolamentazione delle spese nel giudizio di opposizione al decreto di pagamento dei compensi?
Si applica il principio della soccombenza, regolato dall’art. 91 del codice di procedura civile, secondo cui la parte che perde la causa è tenuta a rimborsare le spese legali alla parte vincitrice.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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