Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 4026 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 1 Num. 4026 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 14/02/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da
RAGIONE_SOCIALE , rappresentato e difeso da ll’ AVV_NOTAIO, elettivamente domiciliato presso il suo recapito professionale in Roma, INDIRIZZO
-ricorrente-
Contro
NOME COGNOME , rappresentato e difeso da ll’ AVV_NOTAIO, elettivamente domiciliato presso il suo studio, in CanicattìINDIRIZZO
-controricorrente –
Oggetto:
conto corrente
avverso la sentenza n. 2346/2017, della Corte di Appello di Palermo, depositata il 9.12.2017.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 7.2.2024 dal Consigliere NOME COGNOME.
FATTI DI CAUSA
1. -Tra il controricorrente e la banca Popolare di Lodi era esistente un contratto di conto corrente e un’apertura di credito con esposizione sino ad € 5.000,00;
nelle date del 7 settembre 2006 e 7 maggio 2007 la Banca aveva sollecitato un rientro del fido o la movimentazione del conto che era quasi ai limiti dell’apertura di credito concessa; alla data del 15 settembre 2007 il conto corrente presentava un saldo negativo pari a € 5.063,820;
in pari data NOME emetteva un assegno per € 3.500 che veniva portato all’incasso il 17 settembre 2007 e poi protestato il 28 settembre 2007;
la Banca con comunicazione datata 13 settembre 2007, spedita il 26 settembre e ricevuta ii 28 settembre comunicava la revoca dell’affidamento di € 5.000 con conseguente invito al rimborso della somma di € 5.063,82 e chiusura del conto corrente e revoca della convenzione assegni;
con ulteriore nota del 1° ottobre 2007 veniva comunicata la revoca all’autorizzazione ad emettere assegni;
NOME, esponendo di essersi recato il 15 settembre 2007 (sabato) ed anche successivamente presso lo sportello della Banca ad effettuare il versamento della somma di € 5.000,00 e che ciò gli era stato impedito in quanto gli veniva comunicato che il conto corrente era stato chiuso con conseguente protesto dell’assegno e danno di immagine subito, conveniva in giudizio la succitata Banca per il risarcimento del danno per illegittimità del protesto per mancata provvista.
-Il Tribunale di Agrigento -Sezione Distaccata di Canicattì in funzione monocratica, con sentenza n. 149/2012 del 4-6 dicembre 2012 rigettava la domanda proposta da COGNOME NOME contro l’allora Banca Popolare di Lodi e condannava lo stesso al pagamento delle spese di lite.
Interponeva gravame dinanzi alla Corte di Appello di Palermo NOME con due motivi di appello.
-La Corte adita con la sentenza qui impugnata, ha rigettato l’appello.
Per quanto qui di interesse la Corte di merito statuiva che:
alla luce dei fatti causa e degli esiti probatori la Banca ha illegittimamente provveduto all’immediato recesso dal conto corrente senza concedere il preavviso di 10 giorn i violando le previsioni dell’art. 1833 c.c.;
tale recesso e il lamentato diniego ad effettuare il versamento sul conto corrente non hanno provocato alcun danno al correntista;
anche se fosse provata la circostanza che il correntista non era riuscito a versare l’importo di 5.000, l’assegno sarebbe stato ugualmente protestato, in quanto essendo venuto meno l’affidamento era necessario un versamento pari ad 8.653 al fine di portare il conto corrente in attivo e munirsi della provvista per il pagamento dell’assegno ;
l’appellante COGNOME non aveva fornito alcuna prova del danno subito e la prova testi era stata generica in quanto non indicava nemmeno quale fosse l’attività imprenditoriale esercitata ;
–RAGIONE_SOCIALE ha presentato ricorso per cassazione con tre motivi.
NOME NOME ha presentato controricorso.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Il ricorrente deduce:
5. -Con il primo motivo: Omessa e/o incompleta valutazione delle prove. Violazione e falsa applicazione degli artt. 115 e 116 c.p.c. Conseguente erronea applicazione e/o interpretazione degli artt. 1833 e 1842 c.c. nella fattispecie in esame. Nel valutare la legittimità del recesso la Corte non avrebbe tenuto conto delle diffide inviate dalla Banca del 7.9.2006 e 7.5.2007 in date precedenti la comunicazione della chiusura del conto avvenuta in data 14.9.2007. Ha inoltre considerato il contratto di apertura di credito autonomo rispetto al contratto di conto corrente deducendo, non correttamente, che la Banca può recedere immediatamente dall’apertura di credito secondo le clausole contrattuali sottoscritte dalle parti, ma non dal conto corrente se non con preavviso di 10 giorni così come previsto dall’art. 1833 c.c.
Con il secondo motivo: Art. 360, comma 1, n. 5, c.p.c. omesso esame di un fatto decisivo della controversia: Art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c. violazione e falsa applicazione degli artt. 1175,1375 e 1833 c.c. La Corte non avrebbe valutato correttamente il comportamento non corretto del correntista.
5.1. -Tali due motivi sono inammissibili per carenza di interesse.
Non ha difatti interesse ad impugnare la parte che abbia vinto, ma abbia visto risolto in senso sfavorevole uno o più questioni di fatto o di diritto o, comunque, non sia appagata dalla motivazione addotta dal giudice a sostegno della pronuncia ad essa pur sempre favorevole. Così, deve escludersi l’interesse della parte integralmente vittoriosa ad impugnare la sentenza al solo fine di ottenere una modificazione della motivazione, salvo il caso che da quest’ultima possa dedursi un’implicita statuizione contraria all’interesse della parte medesima (Cass. 10 novembre 2008, n. 26921). La soccombenza, che determina
l’interesse all’impugnazione, deve essere in altri termini valutata anche con riguardo alle enunciazioni contenute nella motivazione della sentenza, qualora esse siano suscettibili di passare in giudicato, in quanto presupposti necessari della decisione (Cass. 15 gennaio 2018, n. 722; Cass. 9 ottobre 2012, n. 17193).
Nel caso di specie si versa in ipotesi di pronuncia d’appello confermativa della sentenza di primo grado che aveva respinto la domanda inizialmente spiegata dal COGNOME NOME, e con tutta evidenza le considerazioni svolte dalla Corte distrettuale in ordine alla legittimità del recesso della banca, a fronte di un dispositivo di conferma della sentenza di primo grado e di conseguente definitivo rigetto della domanda, non possiede alcuna attitudine ad acquistare autorità di giudicato, sicché, in definitiva, il ricorso per cassazione spiegato dalla Banca non mira ad altro che a conseguire, ferma la statuizione adottata dal giudice di merito, una diversa motivazione che il ricorrente maggiormente aggrada.
6. -Con il terzo motivo: Art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c. violazione e falsa applicazione degli artt. 91 e 92 c.p.c. perché la sentenza ha riformato la condanna alle spese legali del sig. COGNOME NOME compensando integralmente le spese del giudizio di I e II grado. La Corte non modificando l’esito della lite e non modificando l’assetto di interessi tra le parti ha erroneamente compensato le spese.
6.1 -La censura è fondata.
Quanto al regolamento delle spese di primo grado, questa RAGIONE_SOCIALE è ferma nel ritenere che il giudice d’appello, qualora riformi la sentenza di primo grado, deve nuovamente provvedere sulle spese del primo grado di giudizio; viceversa, in caso di conferma, la statuizione sulle spese adottate in primo grado può essere modificata soltanto in accoglimento di un apposito motivo di censura. Occorre cioè distinguere due ipotesi:
quella in cui il giudice di appello rigetta l’impugnazione , confermando la sentenza impugnata, e quella in cui la accoglie, anche parzialmente; nel primo caso, egli non può, in mancanza di uno specifico motivo di appello da parte del soccombente, modificare la decisione di primo grado sulle spese giudiziali; nel secondo, invece, ha potere di modificare la ripartizione delle spese fatte dal primo giudice, anche in difetto di specifico motivo di gravame (Cass. 30 maggio 1975, n. 2192; Cass. 8 luglio 1978, n. 3424; Cass. 13 maggio 1982, n. 2979; Cass. 25 maggio 1982, n. 3189; Cass. 21 marzo 1987, n. 2829; Cass., Sez. Un., 17 ottobre 2003, n. 15559; Cass. 11 giugno 2008, n. 15483).
Nel caso di specie, dunque, il giudice d’appello non poteva modificare la statuizione sulle spese adottata dal giudice di primo grado, avendone integralmente confermato la decisione e senza che l’appellante COGNOME avesse spiegato motivo sul punto.
La statuizione sulle spese è erronea anche per quanto attiene al giudizio di appello, avendone la Corte territoriale disposto la compensazione per un verso in ragione « dell’esito della lite » e, per altro verso, « delle diverse motivazioni poste a sostegno della sentenza impugnata »: al che è agevole replicare, quanto al primo aspetto, che l’esito della lite è di totale soccombenza del NOME, e, quanto al secondo aspetto, che il semplice diverso assetto motivazionale non è ricompreso nel numero delle ipotesi normative le quali giustificano la compensazione, pure avuto riguardo al testo dell’articolo 92 c.p.c. applicabile quoad tempus , sicché il riparto delle spese operato in applicazione del principio della soccombenza.
7 . -Per quanto esposto, vanno dichiarati inammissibili i primi due mezzi ed accolto il terzo, e, non essendo necessari ulteriori accertamenti, le spese di lite del doppio grado di merito vanno liquidate come in dispositivo. Le spese del giudizio di legittimità seguono la soccombenza.
P.Q.M.
La Corte dichiara inammissibili i primi due motivi ed accoglie il terzo, cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e, decidendo nel merito, condanna COGNOME NOME al pagamento, in favore della società ricorrente, delle spese sostenute per il giudizio di primo grado, liquidate in complessivi € 1500,00, di cui € 100 per esborsi oltre spese generali, nella misura del 15% dei compensi, ed accessori di legge, ponendo definitivamente a carico dello stesso COGNOME le spese di CTU come già liquidate dal Tribunale; condanna COGNOME NOME al pagamento, in favore della società ricorrente, delle spese sostenute per il giudizio di appello, liquidate in complessivi € 2.000, di cui € 100 per esborsi oltre spese generali, nella misura del 15% dei compensi, ed accessori di legge; condanna COGNOME NOME al pagamento, in favore della società ricorrente, delle spese sostenute per questo giudizio di legittimità, liquidate in complessivi € 2 .700,00, di cui € 200 per esborsi oltre spese generali, nella misura del 15% dei compensi, ed accessori di legge.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio della Prima Sezione civile