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Spese di lite: la Cassazione e il principio di soccombenza

Un correntista perdeva una causa contro la sua banca. La Corte d’Appello, pur confermando la decisione, compensava le spese legali. La Cassazione ha annullato questa parte della sentenza, stabilendo che se la decisione di primo grado viene confermata, il giudice d’appello non può modificare la statuizione sulle spese di lite in assenza di uno specifico motivo di impugnazione, ribadendo il principio della soccombenza totale.

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Pubblicato il 31 ottobre 2025 in Diritto Bancario, Giurisprudenza Civile, Procedura Civile

Spese di lite: la Cassazione e il principio di soccombenza

Una recente ordinanza della Corte di Cassazione offre un importante chiarimento sul regolamento delle spese di lite nel processo civile. La decisione sottolinea un principio fondamentale: se il giudice d’appello conferma la sentenza di primo grado, non può modificare la condanna alle spese senza una specifica richiesta della parte soccombente. Analizziamo insieme questo caso, che nasce da una controversia bancaria ma si risolve su un punto cruciale di procedura civile.

I Fatti di Causa: dal conto corrente al protesto

La vicenda ha origine dal rapporto tra un correntista e un istituto di credito. Il cliente, titolare di un conto corrente con un’apertura di credito di 5.000 euro, si trovava con un saldo negativo che superava leggermente il fido concesso. In questo contesto, emetteva un assegno di 3.500 euro.

Contemporaneamente, la banca revocava l’affidamento e chiudeva il conto, comunicazione che il cliente riceveva lo stesso giorno in cui l’assegno veniva protestato per mancanza di fondi. Il correntista, sostenendo di essere stato illegittimamente impedito dal versare la somma necessaria a coprire l’assegno, citava in giudizio la banca per ottenere il risarcimento dei danni.

Il Percorso Giudiziario e la questione delle spese di lite

Sia il Tribunale in primo grado che la Corte di Appello rigettavano la domanda del correntista, confermando che nessun danno era stato provato. Tuttavia, la Corte di Appello, pur confermando l’esito finale della causa (rigetto della domanda), modificava la motivazione della sentenza di primo grado e, soprattutto, decideva di compensare integralmente le spese di lite tra le parti per entrambi i gradi di giudizio.

In pratica, nonostante la banca fosse risultata completamente vincitrice, la Corte d’Appello la privava del diritto al rimborso delle spese legali sostenute. Proprio su questo punto l’istituto di credito ha basato il suo ricorso in Cassazione.

Le motivazioni della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha accolto il ricorso della banca, ma solo per quanto riguarda la questione delle spese di lite. I primi due motivi del ricorso, con cui la banca contestava la motivazione della Corte d’Appello sulla presunta illegittimità del recesso, sono stati dichiarati inammissibili per “carenza di interesse”. La Cassazione ha ricordato che la parte interamente vittoriosa non ha interesse a impugnare una sentenza solo per ottenere una motivazione diversa, se l’esito finale le è favorevole.

Il terzo motivo, invece, è stato ritenuto fondato. La Corte ha ribadito un principio consolidato: il giudice d’appello, se rigetta l’impugnazione e conferma integralmente la sentenza di primo grado, non ha il potere di modificare la decisione sulle spese giudiziali, a meno che non vi sia uno specifico motivo di appello su quel punto da parte del soccombente.

Nel caso di specie, il correntista era risultato totalmente soccombente sia in primo che in secondo grado. Pertanto, la Corte d’Appello non avrebbe potuto disporre la compensazione delle spese. La diversa motivazione addotta dal giudice di secondo grado non rientra tra le cause che, secondo la legge (art. 92 c.p.c.), giustificano la compensazione. Il riparto delle spese deve seguire il principio ferreo della soccombenza: chi perde paga.

Le conclusioni

La Cassazione ha cassato la sentenza d’appello nella parte relativa alle spese e, decidendo nel merito, ha condannato il correntista al pagamento di tutte le spese di lite dei tre gradi di giudizio in favore della banca. Questa ordinanza è un monito importante: la vittoria in una causa deve essere completa e include, salvo eccezioni normativamente previste, il diritto al rimborso dei costi legali sostenuti. Il potere del giudice di compensare le spese è limitato e non può essere utilizzato per “correggere” un esito sfavorevole per una parte, quando la soccombenza è totale e inequivocabile.

Una parte che ha vinto la causa può fare appello solo perché non è d’accordo con le motivazioni del giudice?
No, la Corte di Cassazione ha stabilito che manca l’interesse ad agire. Se il dispositivo della sentenza è favorevole, non si può impugnare la decisione solo per ottenere una motivazione differente.

Se la Corte d’Appello conferma la decisione del Tribunale, può modificare la condanna al pagamento delle spese legali?
No, se la decisione viene integralmente confermata, il giudice d’appello non può modificare la statuizione sulle spese di primo grado, a meno che la parte che ha perso non abbia presentato uno specifico motivo di appello proprio su questo punto.

Cosa significa il ‘principio della soccombenza’ in materia di spese di lite?
Significa che la parte che perde la causa (il soccombente) è tenuta a rimborsare alla parte vincitrice tutte le spese legali sostenute per il giudizio. La compensazione delle spese, in cui ogni parte paga le proprie, è un’eccezione applicabile solo in casi specifici previsti dalla legge.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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