Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 23782 Anno 2025
Civile Ord. Sez. L Num. 23782 Anno 2025
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 23/08/2025
ORDINANZA
sul ricorso 8645-2021 proposto da:
COGNOME rappresentato e difeso da se stesso e dall’avvocato NOME COGNOME
– ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall’avvocato NOME COGNOME
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 623/2020 della CORTE D’APPELLO di SALERNO, depositata il 12/01/2021 R.G.N. 870/2019; udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del
12/06/2025 dal Consigliere Dott. COGNOME
Oggetto
Spese di lite liquidate nei gradi di merito -sindacato della Corte di Cassazione -oggetto e limiti
R.G.N. 8645/2021
COGNOME
Rep.
Ud. 12/06/2025
CC
RILEVATO CHE
1. La Corte d’Appello di Salerno, con la sentenza qui impugnata, ha respinto il gravame (in punto spese) proposto dall’avv. NOME COGNOME avverso la sentenza emessa del locale Tribunale, con la quale era stato accolto, con compensazione di spese, il ricorso in opposizione dal medesimo proposto avverso il decreto ingiuntivo n. 616/2018, con il quale gli era stato intimato di restituire alla società RAGIONE_SOCIALE la somma di € 2.586,07 (in precedenza liquidata in suo favore, quale procuratore antistatario, e incassata in esecuzione di ordinanza 19.5.2015 conclusiva della fase sommaria del rito ex art. 1, commi 48 ss., legge n. 92/2012 nell’interesse del lavoratore NOME COGNOME;
la Corte di Salerno, inoltre, in accoglimento dell’appello incidentale della società, in riforma della sentenza di primo grado, ha rigettato l’opposizione a decreto ingiuntivo proposta in primo grado dall’avv. COGNOME e lo ha condannato al pagamento delle spese processuali del doppio grado di giudizio;
in sintesi, pertanto, il gravame del professionista antistatario, che aveva ad oggetto l’operata compensazione delle spese nel primo grado del presente giudizio, nonostante la revoca del decreto ingiuntivo, veniva respinto, e la pronuncia di primo grado in suo favore veniva travolta dall’accoglimento dell’appello incidentale, ritenendo la Corte di Salerno sussistente e fondato il diritto della società alla pretesa restitutoria della somma corrisposta, poiché il presupposto per il suo pagamento era successivamente venuto meno, trattandosi, quindi, di somma indebita da restituire;
4. propone ricorso per cassazione avverso la predetta sentenza l’avv. COGNOME con cinque motivi, cui resiste la società
con controricorso; al termine della camera di consiglio, il Collegio si è riservato il deposito dell’ordinanza;
CONSIDERATO CHE
con il primo motivo di ricorso si censura la sentenza impugnata, ex art. 360, primo comma, n. 3, c.p.c., per violazione e falsa applicazione degli artt. 435 e 436 c.p.c., per avere la Corte territoriale erroneamente dichiarato che l’atto contenente l’appello incidentale era stato notificato entro i termini e con le modalità previste dalla legge;
con il secondo motivo di ricorso viene dedotta violazione e falsa applicazione di norma di diritto in relazione alla procura alle liti;
con il terzo motivo, ex art. 360, n. 3, c.p.c., parte ricorrente denuncia violazione e falsa applicazione di norma di diritto, deducendo nullità del contraddittorio e carenza di interesse sull’appello incidentale;
con il quarto motivo di ricorso la sentenza impugnata viene censurata (art. 360 c.p.c.) per violazione e falsa applicazione di norma di diritto (art. 91 c.p.c.), per l’incongruità degli effetti in punto spese, avendo ottenuto il lavoratore in sede di opposizione una pronuncia più favorevole di quella ottenuta in fase sommaria, ma con compensazione di spese, discutendosi in questa sede proprio delle spese liquidate in esito alla fase sommaria, in violazione del principio della soccombenza per la liquidazione delle spese di giudizio;
con il quinto motivo, parte ricorrente denuncia, ex art. 360, n. 3, c.p.c., violazione e falsa applicazione di norme di diritto, per avere la Corte territoriale dichiarato che ‘ i motivi di appello principale sarebbero stati comunque respinti ‘,
affermazione ritenuta inconferente rispetto all’oggetto del giudizio;
il primo motivo non è fondato;
la Corte territoriale ha dato atto dell’ottemperanza, da parte della società appellata, all’obbligo impostole dall’art. 436 c.p.c., ossia il deposito e la notifica della memoria di costituzione contenente l’appello incidentale, e ha rilevato un malfunzionamento del sistema informatico; in ogni caso, ha evidenziato che la parte appellante principale (l’odierno ricorrente) aveva avuto effettiva conoscenza del gravame incidentale, tanto da depositare note di replica precedenti l’udienza di discussione;
osserva il Collegio che le norme processuali hanno natura servente, sicché la deduzione dei vizi derivanti dalla loro inosservanza (cd. vizi formali) non serve a tutelare l’astratta regolarità dell’attività giudiziaria, ma a eliminare i pregiudizi conseguenti all’esercizio delle facoltà in cui si esprime il diritto di difesa, pregiudizi, nella fattispecie concreta, insussistenti;
i motivi secondo e terzo sono inammissibili, per violazione del dovere di specificità;
in tema di ricorso per cassazione, l’onere di specificità dei motivi, sancito dall’art. 366, comma 1, n. 4, c.p.c., impone al ricorrente che denunci il vizio di cui all’art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c., a pena d’inammissibilità della censura, di indicare le norme di legge di cui intende lamentare la violazione, di esaminarne il contenuto precettivo e di raffrontarlo con le affermazioni in diritto contenute nella sentenza impugnata, che è tenuto espressamente a richiamare, al fine di dimostrare che queste ultime contrastano col precetto normativo, non potendosi demandare alla Corte il compito di individuare – con una ricerca esplorativa ufficiosa, che trascende le sue funzioni –
la norma violata o i punti della sentenza che si pongono in contrasto con essa (Cass. S.U. n. 23745/2020 e successive conformi; v. anche Cass. n. 17224/2020, che precisa che, in tema di ricorso per cassazione, il principio di specificità di cui all’art. 366, comma 1, n. 4, c.p.c. richiede per ogni motivo l’indicazione della rubrica, la puntuale esposizione delle ragioni per cui è proposto nonché l’illustrazione degli argomenti posti a sostegno della sentenza impugnata e l’analitica precisazione delle considerazioni che, in relazione al motivo, come espressamente indicato nella rubrica, giustificano la cassazione della pronunzia);
il quarto motivo non è ammissibile in questa sede di legittimità;
il sindacato di questa Corte sulle spese di lite dei gradi di merito è limitato al controllo del rispetto del divieto di porre le spese a carico della parte integralmente vittoriosa e del fatto che le spese liquidate non fuoriescano dai limiti minimi e massimi della tariffa professionale, profili qui insussistenti (Cass. n. 19613/2017, n. 11329/2019);
il quinto motivo risulta non meritevole di accoglimento in via derivata, perché assorbito;
infatti, poiché con esso si censura la seconda ratio decidendi della decisione gravata (infondatezza nel merito dei motivi di appello principale), il rigetto dei motivi di impugnazione relativi alla ritenuta ammissibilità e fondatezza dell’appello incidentale, questioni che, dalla Corte di merito, sono state condivisibilmente ritenute pregiudiziali sul piano logico-giuridico e, quindi, idonee a giustificare autonomamente la statuizione, rendono superfluo l’esame del motivo; invero, anche ove questo fosse accoglibile, comunque la sentenza impugnata non potrebbe essere cassata, in quanto
autonomamente e sufficientemente sostenuta dall’altra ratio decidendi confermata;
in ragione della soccombenza, parte ricorrente deve essere condannata alla rifusione delle spese del presente giudizio, liquidate come da dispositivo;
al rigetto dell’impugnazione consegue il raddoppio del contributo unificato, ove dovuto nella ricorrenza dei presupposti processuali;
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso.
Condanna parte ricorrente alla rifusione delle spese del presente giudizio, che liquida in € 1.000 per compensi, € 200 per esborsi, spese generali al 15%, accessori di legge.
Ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater del d.p.r. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1 bis dello stesso art. 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, nell’Adunanza camerale del 12 giugno 2025.