Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 10121 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 2 Num. 10121 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 17/04/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 832/2019 R.G. proposto da :
NOME COGNOME, NOME, RAGIONE_SOCIALE, elettivamente domiciliati in ROMA, INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato COGNOME rappresentati e difesi dall’avvocato COGNOME;
-ricorrenti- contro
COGNOME rappresentato e difeso dall’avvocato COGNOME;
-ricorrente incidentale-
NOME COGNOME elettivamente domiciliato in ROMA, INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato COGNOME NOME COGNOME rappresentato e difeso dall’avvocato COGNOME NOMECOGNOME
-controricorrente-
nonché contro
RAGIONE_SOCIALE COGNOME NOMERAGIONE_SOCIALE NOME, CONTI NOMERAGIONE_SOCIALE NOME, CONTI NOME, COGNOME NOMERAGIONE_SOCIALE, CONDOMINIO DI NOME COGNOME IN COGNOME, CERA NADIA;
-intimati-
Avverso la SENTENZA della CORTE D’APPELLO di PERUGIA n. 698/2018, depositata il 20/09/2018. Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 21/01/2025
dal Consigliere NOME COGNOME
PREMESSO CHE
Il presente giudizio trae origine da quattro cause:
L’impresa edile RAGIONE_SOCIALE ha convenuto in giudizio la procuratrice del condominio di INDIRIZZO in Spoleto, nonché i condomini NOME COGNOME, NOME COGNOME e NOME COGNOME chiedendone la condanna in solido al pagamento di lire 293.860.909 quale saldo di lavori edili. L’attrice deduceva di aver eseguito opere di ristrutturazione, consolidamento e straordinaria manutenzione in favore dei condomini dell’immobile, gravemente danneggiato a seguito di un sisma avvenuto nel 1997 e di avere terminato i lavori collaudati dai direttori dei lavori NOME COGNOME e NOME COGNOME Si costituiva la procuratrice del condominio, eccependo il proprio difetto di legittimazione passiva, non essendo l’amministratrice del condominio, ma la procuratrice speciale incaricata dai condomini ai fini di ottenere un contributo pubblico e di stipulare il contratto d’appalto con l’impresa per l’esecuzione dei lavori ammessi al finanziamento. Si costituivano i condomini, tra l’altro eccependo il difetto del contraddittorio, avendo dovuto l’attrice agire nei confronti di tutti i condomini.
b) Con separato atto di citazione l’impresa COGNOME ha convenuto in giudizio i quattordici condomini, chiedendo la condanna dei medesimi in solido ovvero pro quota a pagare la medesima somma di denaro a titolo di saldo dei lavori effettuati. Si costituivano i condomini RAGIONE_SOCIALE, NOME COGNOME, NOME COGNOME e NOME COGNOME che chiedevano di essere autorizzati a chiamare in causa NOME COGNOME proponendo nei suoi confronti domanda di risarcimento dei danni. COGNOME si costituiva, contestava la fondatezza della domanda proposta nei suoi confronti, proponeva a sua volta domanda riconvenzionale nei confronti dei condomini e del condominio, chiedendo la condanna al pagamento del saldo di quanto a lui dovuto, e domandava di essere autorizzato a chiamare in causa NOME COGNOME affinché fosse dichiarato responsabile in solido nei confronti dei condomini, e la compagnia assicuratrice RAGIONE_SOCIALE per essere dalla stessa garantito.
Con distinto atto di citazione il condominio ha convenuto in giudizio l’impresa, sostenendo di dovere la minore somma di lire 237.487.378, somma inferiore agli acconti versati dai condomini, e ha chiesto la condanna dell’impresa alla restituzione di quanto versato in eccedenza oltre al risarcimento del danno e al pagamento della penale.
Con distinto atto di citazione NOME COGNOME ha convenuto in giudizio l’impresa e NOME COGNOME chiedendo in via preliminare di riunire la causa a quelle precedentemente instaurate e nel merito di condannare l’impresa alla restituzione del maggiore importo versato, nonché l’impresa in solido con il direttore dei lavori COGNOME al risarcimento dei danni.
Le quattro cause sono state riunite.
Con la sentenza n. 155/2015 il Tribunale di Spoleto ha accertato che l’impresa è creditrice della somma di euro 64.248,91 e ha condannato i condomini, ciascuno secondo le rispettive quote di proprietà, al pagamento della suddetta somma.
La sentenza è stata appellata in INDIRIZZO dal condominio insieme ad alcuni condomini. Ha proposto appello incidentale NOME COGNOME Hanno resistito agli appelli RAGIONE_SOCIALE (divenuta RAGIONE_SOCIALE.aRAGIONE_SOCIALE) e NOME COGNOME
Con la sentenza n. 698/2018 la Corte d’appello di Perugia ha parzialmente accolto l’appello principale e ha condannato l’impresa alla restituzione al condominio di euro 696,50; la Corte ha poi ritenuto infondata la censura degli appellanti principali che contestavano il mancato riconoscimento della responsabilità di NOME quale direttore dei lavori, in quanto l’omesso controllo da parte del medesimo aveva comportato l’addebito di costi per lavori non eseguiti pari a lire 171.169.366. La Corte ha poi rigettato l’appello incidentale di COGNOME, che aveva chiesto in via riconvenzionale il saldo delle sue competenze. Quanto alle spese del doppio grado, la Corte d’appello ha ritenuto che, essendo state respinte le domande reciproche tra i condomini e il direttore dei lavori, sia giustificata la compensazione delle spese di lite; quanto invece alle spese di lite sostenute da Gan Italia e da Luna, la Corte ha ritenuto corretto l’addebito a carico di chi ha provocato e giustificato la chiamata, ossia i condomini che hanno convenuto in giudizio COGNOME
Avverso la sentenza ricorrono i tre condomini NOME COGNOME NOME COGNOME e RAGIONE_SOCIALE
Resiste con controricorso NOME COGNOME che fa valere ricorso incidentale.
Resiste con controricorso al ricorso principale NOME COGNOME.
Gli intimati indicati nell’intestazione non hanno proposto difese.
Memoria è stata depositata dai ricorrenti principali.
CONSIDERATO CHE
Il ricorso principale dei tre condomini censura il provvedimento di compensazione delle spese con Galli e la condanna al pagamento delle spese in favore di RAGIONE_SOCIALE e di Luna.
Il ricorso è articolato in tre motivi.
1. Il primo motivo denuncia violazione dell’art. 2 Cost. e dell’art. 1226 c.c.: la Corte d’appello ha rigettato le domande reciproche tra i condomini ricorrenti e il direttore dei lavori, dichiarando pertanto la soccombenza reciproca e confermando anche per l’appello la compensazione delle spese di lite tra le due parti disposta in primo grado; anzitutto va chiarito che il rigetto della domanda non si è basato su un difetto di responsabilità di Galli, ma sulla mancata dimostrazione del danno da risarcire, in quanto l’omessa o errata rendicontazione dei lavori effettivamente svolti non avrebbe danneggiato i ricorrenti; in tal modo la Corte d’appello non ha considerato che la non corretta rendicontazione dei lavori da parte di COGNOME ha avuto come effetto il presente contenzioso con l’impresa appaltatrice che, basandosi sull’errata contabilità del direttore dei lavori, ha chiesto delle somme non dovute; vi è quindi un danno che può essere ricondotto alla lesione del diritto di proprietà che poteva essere liquidato in via equitativa ai sensi dell’art. 1226 c.c. Il motivo non può essere accolto. La domanda proposta dai ricorrenti nei confronti del direttore dei lavori attiene all’omesso controllo nella rendicontazione dei lavori da parte del medesimo, il che ‘aveva comportato l’addebito a carico dei proprietari di costi per lavori non eseguiti pari a lire 171.169.366’. Al riguardo la Corte ha rilevato che l’importo lavori rilevato da Galli ‘non ha determinato un maggiore esborso in capo ai condomini, che hanno pagato importi appena inferiori a quelli effettivamente dovuti’. Con la presente censura i ricorrenti fanno valere un danno diverso, ossia quello relativo all’avere dovuto affrontare il presente processo per quindici anni, che si prospetta quindi quale domanda nuova, certamente inammissibile di fronte a questa Corte di legittimità.
Il secondo e il terzo motivo sono tra loro strettamente connessi:
il secondo motivo contesta violazione degli artt. 91 e 92 c.p.c., 1917 c.c.; la Corte d’appello ha accertato l’inadempimento di Galli all’incarico ricevuto e ha ritenuto non dovuto il pagamento a saldo
del compenso richiesto da COGNOME il che significa che i ricorrenti hanno ottenuto un vantaggio rispetto a quello idealmente preteso da COGNOME cosicché non è giustificato parlare di soccombenza da parte dei ricorrenti e addirittura porre a loro carico le spese dei chiamati in causa; la Corte d’appello, pur sostenendo la reciproca soccombenza dei ricorrenti e di COGNOME, non ha utilizzato lo stesso criterio nei confronti dei ricorrenti rispetto ai chiamati in causa, così violando le disposizioni richiamate;
b) il terzo motivo contesta violazione degli artt. 91 e 92 c.p.c.; rispetto alle spese processuali del terzo chiamato NOME va sottolineato che le spese di chiamata del terzo vanno poste a carico della parte soccombente del giudizio principale; la Corte d’appello ha dichiarato una corresponsabilità di NOME alla stessa stregua di NOME; anche volendo seguire la tesi della Corte d’appello, secondo la quale esiste un rapporto contrattuale tra i condomini, il condominio e NOME, anch’esso firmatario del computo metrico insieme a COGNOME è chiaro che può parlarsi di responsabilità solidale tra i tecnici a causa della mancata rendicontazione della contabilità dei lavori, cosicché entrambi devono essere ritenuti soccombenti.
I motivi non possono essere accolti. Anzitutto non si può parlare di soccombenza di Galli rispetto alla domanda proposta dai condomini, essendo appunto la domanda di risarcimento del danno stata rigettata. Quanto alle spese poste a carico dei ricorrenti per quanto concerne NOME e la compagnia assicuratrice, la Corte d’appello ha applicato il principio di causalità. Secondo l’insegnamento di questo Corte, ‘in tema di spese giudiziali sostenute dal terzo chiamato in garanzia, una volta rigettata la domanda principale, il relativo onere va posto a carico della parte soccombente che ha provocato e giustificato la chiamata in garanzia, in applicazione del principio di causalità, e ciò anche se l’attore soccombente non abbia formulato alcuna domanda nei confronti del terzo’ (così Cass. n. 2492/2016). Nel caso in esame la
domanda di risarcimento del danno proposta dai ricorrenti nei confronti di COGNOME domanda che ha provocato e giustificato la chiamata di NOME COGNOME e di NOME, è stata rigettata, cosicché correttamente le spese sostenute dai due chiamati sono state poste a carico dei ricorrenti.
Il ricorso principale va pertanto rigettato.
Il ricorso incidentale di COGNOME è basato su tre motivi:
1. il primo motivo contesta violazione/falsa applicazione del d.m. n. 596/1993 e allegata tabella I2, lettera i), nonché del protocollo d’intesa relativo agli onorari professionali per i lavori di ricostruzione e di recupero delle opere pubbliche e private danneggiate dagli eventi sismici dell’8 luglio 1998; a fronte del pagamento di un acconto pari a euro 11.620,28 oltre a spese e accessori, va rilevato che il ricorrente ha eseguito prestazioni sia come progettista architettonico che come direttore dei lavori sino al consuntivo finale del 15 maggio 2001 e alla chiusura dei lavori del 16 maggio 2001, cosicché non è stata effettuata dal ricorrente la sola fase della rendicontazione/liquidazione; la Corte d’appello avrebbe dovuto ritenere applicabile il d.m. n. 596/1993 e in particolare la tabella I2, lettera i) contenente la valorizzazione delle prestazioni parziali, nonché l’art. 8 del richiamato protocollo d’intesa; la Corte ha invece ritenuto che l’acconto ricevuto dal ricorrente sia pienamente esaustivo delle prestazioni effettivamente rese, anche perché a fronte dell’abbandono della pratica nella fase finale della rendicontazione non vi sarebbe titolo per ulteriori pretese di pagamento; la Corte non ha considerato che l’importo delle prestazioni professionali del ricorrente era stato determinato dal Comune, sulla base della normativa vigente, calcolandolo in misura pari al 10% dell’importo dei lavori cui andava detratta la percentuale del 4% prevista dalla richiamata tabella I2; considerato l’ammontare dei lavori, così come ridotti dal consulente tecnico d’ufficio, pari ad euro 147.608,53, su tale somma va
calcolato il 10% pari a euro 14.760,80, cui va aggiunto il 2% della cassa geometri (euro 15.056), cui va sottratto l’acconto versato, per un totale di credito dovuto pari a euro 3.435,79; a tale importo va ancora sottratto il 4%, relativo all’omessa attività di rendicontazione/liquidazione, con un residuo credito in favore di Galli pari a euro 2.856,71.
Il motivo non può essere accolto. Nella prospettazione del ricorrente gli spetterebbe, rispetto all’acconto versato, l’ulteriore somma di euro 2.856,71. Tale credito risulterebbe dalla somma corrispondente al 10% dei lavori effettivamente compiuti, così come determinati dal consulente tecnico, somma dalla quale andrebbe unicamente detratto -oltre a quanto già versato -il 4% previsto dalla tabella delle parzializzazioni I2, lettera i), del richiamato d.m. 596/1993. Tale prospettazione è anzitutto carente sotto il profilo della specificità, non ponendo questa Corte di legittimità nella condizione di valutare la censura ad essa proposta. Il ricorrente si limita infatti a dire di avere predisposto il progetto di massima di cui alla lettera a) e la direzione lavori di cui alla lettera g) della invocata tabella, ma nulla dice rispetto all’assistenza al collaudo o all’accertamento della regolare esecuzione di cui alla lettera h), attività per la quale è previsto il 3%. Il ricorrente nella sua prospettazione non considera poi di avere condiviso l’incarico del progetto e della direzione lavori con NOME, fatto -così afferma la Corte d’appello (v. la pag. 12 della sentenza impugnata) ‘pacifico fra le parti in primo grado, convenendo sul punto anche il geom. COGNOME nella propria comparsa conclusionale’ e avendo d’altro canto lo stesso ricorrente chiamato in causa NOME, sostenendone la corresponsabilità rispetto alla domanda di risarcimento dei danni proposta nei suoi confronti dai condomini.
2. Il secondo motivo lamenta violazione/falsa applicazione dell’art. 91 c.p.c.: la Corte d’appello ha erroneamente compensato le spese tra gli appellanti e il ricorrente, sul presupposto del rigetto delle
reciproche domande, nonostante la loro rilevante differenza di valore; considerata tale rilevante differenza di valore sussistevano i presupposti per una compensazione solo parziale delle spese in favore del ricorrente e non totale come disposto dalla Corte d’appello.
Il motivo non può essere accolto. La Corte d’appello ha ritenuto di compensare le spese, a fronte del rigetto delle reciproche domande delle parti, e tale decisione non è censurabile da parte di questa Corte di legittimità, non avendo la Corte d’appello violato alcun principio in materia di attribuzione delle spese di lite. Va infatti ricordato che ‘la valutazione delle proporzioni della soccombenza reciproca e la determinazione delle quote in cui le spese processuali debbono ripartirsi o compensarsi tra le parti, ai sensi dell’art. 92, comma 2, c.p.c., rientrano nel potere discreziona-le del giudice di merito, che resta sottratto al sindacato di legittimità, non essendo egli tenuto a rispettare un’esatta proporzionalità fra la domanda accolta e la misura delle spese poste a carico del soccombente’ (così Cass. n. 30592/2017).
3. Il terzo motivo fa valere falsa applicazione dell’art. 13, comma 1quater , del d.p.r. 115/2002: la Corte d’appello ha errato nel condannare il ricorrente al pagamento del doppio del contributo unificato.
Il motivo è inammissibile in quanto non formula una censura rispetto alla sentenza impugnata, ma prospetta che, una volta accertata la fondatezza del ricorso incidentale -fondatezza che va invece, come si è appena stabilito, esclusa -verrebbe meno il presupposto della condanna al pagamento del doppio del contributo unificato.
Il ricorso incidentale va pertanto rigettato.
III. Alla luce del rigetto di entrambi i ricorsi, le spese del presente giudizio vanno compensate tra il ricorrente principale e quello incidentale; i ricorrenti principali vanno condannati al pagamento
delle spese in favore del controricorrente NOMECOGNOME che ha resistito nei confronti del loro ricorso.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1quater del d.P.R. n. 115/2002, si d à atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte dei ricorrenti, principale e incidentale, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso a norma del comma 1bis dello stesso art. 13, se dovuto.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso principale e il ricorso incidentale; compensa le spese di lite del presente giudizio tra il ricorrente principale e il ricorrente incidentale e condanna i ricorrenti principali al pagamento delle medesime in favore del controricorrente Luna, che liquida in euro 3.300, di cui euro 200 per esborsi, oltre spese generali (15%) e accessori di legge.
Sussistono, ex art. 13, comma 1quater del d.P.R. n. 115/2002, i presupposti processuali per il versamento, da parte dei ricorrenti, principale e incidentale, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso a norma del comma 1bis dello stesso art. 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella adunanza camerale della sezione