SENTENZA CORTE DI APPELLO DI NAPOLI N. 6331 2025 – N. R.G. 00000997 2020 DEPOSITO MINUTA 09 12 2025 PUBBLICAZIONE 09 12 2025
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
La Corte d’ appello di Napoli, seconda sezione civile, riunita in camera di consiglio in persona dei magistrati:
dr.ssa NOME COGNOME
Presidente –
dr.ssa NOME COGNOME
dr.ssa NOME COGNOME
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nella causa civile iscritta al nNUMERO_DOCUMENTO , riservata in decisione all’udienza del 14.5.2025, con concessione alle parti dei termini di cui all’art.190 c.p.c. per il deposito degli scritti conclusionali, e vertente
TRA
(c.f. , rappresentata e difesa, giusta procura allegata all’atto di appello, dall’AVV_NOTAIO (c.f. ), presso il cui studio, sito in Mugnano di Napoli alla INDIRIZZO, è elettivamente domiciliata C.F. RAGIONE_SOCIALE.F.
APPELLANTE
CONTRO
(c.f. , in persona del legale rappresentate pro tempore , rappresentata e difesa, giusta procura in atti, dall’AVV_NOTAIO (c.f. ), presso il cui studio, sito in Roma alla INDIRIZZO, è elettivamente domiciliata P. C.F.
APPELLATA
Ragioni di fatto e di diritto della decisione
1.Con atto di opposizione, ritualmente notificato in data 2.3.2020, proponeva opposizione innanzi al Tribunale di Napoli Nord avverso il decreto ingiuntivo n.1768/14,
Consigliere –
Consigliere relatore –
con cui le era stato ingiunto il pagamento della somma complessiva di € 12.281,70 oltre interessi e spese, per oneri condominiali non versati dall’opponente per gli anni 2005 -2013 in favore della
1.2 A fondamento dell’opposizione monitoria eccepiva il difetto di procura conferita alla dal legale rappresentante della nonché il difetto di titolarità attiva della per aver ingiunto il pagamento di somme spettanti in via esclusiva alla contestava, altresì, la prescrizione dei crediti relativi agli anni dal 2005/2006 al 2007/2008, ai sensi dell’art 2948, co. 4, c.c. nonché l’errata ripartizione delle spese in violazione dell’art. 1104 c.c. ; infine, eccepiva di aver effettuato versamenti in acconto dal 2004 al 2014, per un totale complessivo di € 13.901,20, di cui chiedeva tenersi conto nella quantificazione delle somme dovute.
1.3 Instaurato ritualmente il contradditorio, si costituiva in giudizio la , RAGIONE_SOCIALE chiedendo il rigetto dell’opposizione.
1.4 Istruita la causa, il Tribunale di Napoli, con sentenza n. 2279/2019, ha accolto parzialmente l’opposizione ed ha, per l’effetto, revoca to il decreto ingiuntivo n. 1768/14, condannando al pagamento della (minor) somma dovuta di € 4.591,06 oltre interessi legali.
1.5 Segnatamente, il Tribunale ha rigettato le eccezioni preliminari; ha respinto, altresì, l’eccezione di prescrizione dei crediti relativi agli anni dal 2005/2006 al 2007/2008, in quanto formulata in modo generico, senza alcun riferimento alle date delle delibere assembleari di approvazione, e comunque idoneamente interrotta da un atto di costituzione in mora; sulla scorta della CTU contabile espletata ha riconosciuto la debenza della somma di € 4.591,06, oltre interessi, detraendo dall ‘importo ingiunto le voci di spesa non correttamente imputate ex artt. 17 e art 18 del regolamento della Comunione e quanto già versato dall’opponente , per un complessivo importo di € 13.901,20; ha compensato le spese di lite nella misura del 30%, ponendole per il restante 70% a carico dell ‘ opponente.
1.6 Avverso tale pronuncia, pubblicata in data 12.8.2019, con atto di citazione notificato il 2.3.2020, ha proposto appello affidato ad un unico articolato motivo di gravame.
In particolare, l’appellante impugna il capo della sentenza sul governo delle spese di lite; denuncia la violazione dei criteri di regolazione di cui agli artt. 91 e 92 c.p.c, instando, in via principale, per la condanna della Comunione, prevalentemente soccombente, alla refusione, in suo favore, delle spese di lite nella misura del 70%; in subordine chiede che le spese di lite del primo grado siano compensate nella misura ritenuta equa, tenuto conto del l’importo dell’obbligazione risultat o dovuto all’esito del giudizio rispetto a quell o notevolmente superiore richiesto nella fase monitoria.
1.7 Con comparsa depositata in data 14.12.2020 si è costituita in giudizio la
eccependo l’infondatezza ha chiesto il rigetto con vittoria di spese e competenze di lite.
del gravame, di cui
1.8 All’ udienza del 14.5.2025 la Corte, sulle conclusioni in epigrafe, ha riservato la causa in decisione, assegnando alle parti i termini ordinari ex art.190 c.p.c. per lo scambio degli scritti conclusionali.
Preliminarmente deve essere affermata, all’esito d ella verifica d’ufficio, la tempestività dell’appello, proposto con citazione notificata in data 2.3.2020, nel rispetto del termine di decadenza di sei mesi di cui all’art. 327 c.p.c., decorrente dalla pubblicazione della sentenza impugnata, non notificata, avvenuta in data 12.8.2019, applicata la sospensione feriale dei termini processuali.
2.1 L ‘appello è fondato nei termini che di seguito si espongono.
Come affermato a più riprese dalla Suprema Corte, l’opposizione a decreto ingiuntivo dà luogo a un autonomo giudizio ordinario di cognizione, che ha precipuamente per oggetto la fondatezza nel merito della pretesa azionata in via monitoria, sulla quale comunque il giudice deve pronunciare, indipendentemente dalle condizioni di ammissibilità dello speciale procedimento sommario (Cass. 10 marzo 2009 n. 5754).
L’accertata non debenza di una parte delle somme ingiunte con il titolo monitorio impone , dunque, la revoca del decreto ingiuntivo. E, tuttavia, non potendo il giudizio introdotto con l’opposizione a decreto ingiuntivo, per le ragioni sopra chiarite, limitarsi a verificare la sussistenza o meno dei presupposti per l’emissione del provvedimento monitorio, essendo il giudice dell’opposizione investito del potere -dovere di pronunziarsi sulla complessiva pretesa creditoria fatta valere, rimane ferma la necessità di condannare il soggetto debitore al pagamento della minor somma dovuta.
La ricaduta di siffatta struttura sul piano delle spese processuali è che l’onere relativo , coerentemente alla appartenenza unitaria, ad un unico processo, della fase sommaria e di quella di opposizione, è governato in base all’esito finale del giudizio di opposizione e alla complessiva valutazione del suo svolgimento; allorché il giudizio di opposizione si concluda con una pronuncia di merito sulla dedotta pretesa, anche quando il decreto sia revocato sul presupposto della sua parziale erroneità, la pronuncia sulle spese è, quindi, regolata dai principi di cui agli artt. 91 e ss. cod. proc. civ.
Ne deriva che, ove l’opponente risulti vittorioso in ordine alla dedotta illegittimità del titolo monitorio, ma resti soccombente nel merito, potrà essere condannato alle spese del giudizio (Cass. Civ. 19560/2009).
Alla luce di tali principi deve essere, pertanto, respinta la richiesta principale dell’appellante di riformare il capo della statuizione condannando la Comunione alla refusione del 70% della spese del giudizio di opposizione, essendo quest’ultima , nella qualità di parte creditrice, risultata comunque vittoriosa all’esito del giudizio , sia pure per una somma inferiore a quella richiesta in fase monitoria (vedi Cass. SU 32061/2022, secondo cui in caso di accoglimento parziale della domanda il giudice può disporre la totale o parziale compensazione delle spese in presenza degli altri presupposti di cui all’art. 92 c.p.c. , ma non mai condannare l’attore, pur sempre parzialmente vittorioso, al pagamento di parte delle spese sostenute dal convenuto).
In accoglimento della conclusione subordinata va, invece, rideterminata la misura della compensazione, sulla cui ammissibilità si è formato il giudicato interno, non essendo stato, sul punto, interposto gravame incidentale.
Al fine di individuare la parte alla quale siano imputabili gli oneri processuali e la misura di siffatta imputazione, il giudice di merito è chiamato ad effettuare una valutazione discrezionale, sebbene non arbitraria ma fondata sul criterio costituito dal principio di causalità, il quale si specifica nell’imputare idealmente a ciascuna parte gli oneri processuali causati all’altra per avere resistito a pretese fondate ovvero per avere avanzato pretese infondate e ciò sempre che non sussistano particolari motivi tali da giustificare la integrale compensazione.
Nella specie, la compensazione operata dal giudice a quo, ponendo le spese per il 70% a carico dell’opponente e per il 30% a carico della non risulta proporzionale al
rapporto tra importo risultato dovuto a titolo di sorte capitale all’esito dell’accertamento condotto nel giudizio di opposizione (€ 4.591,06) con quello originariamente ingiunto con il titolo monitorio poi revocato (€ 12.281,70) .
Nella determinazione della misura della compensazione va, tuttavia, tenuto conto che l’opponente ha sollevato una serie di preliminari eccezioni, di rito e di merito, che sono state respinte dal primo giudice.
All’esito , dunque, di una rivalutazione globale delle posizioni processuali delle parti, non limitata al solo dato aritmetico della differenza tra la somma domandata e quella effettivamente riconosciuta, appare equo, nel rinnovato esercizio del potere discrezionale riservato all’organo giudicante, compensare nella misura di ½ le spese di l ite del giudizio di primo grado, con condanna di quale parte sia pur parzialmente soccombente, alla refusione, in favore della del restante 50%.
In una diversa percentuale vanno, invece, ripartite le spese di CTU, che, pur rientrando tra gli altri costi del processo suscettibili di regolamentazione ai sensi degli artt. 91 e 92 c.p.c., possono essere liquidate con un criterio differente da quello seguito per il governo dei compensi professionali, in ragione della finalità propria della consulenza tecnica d’ufficio di fornire al giudice le specifiche conoscenze tecniche per la risoluzione delle questioni controverse, con l’unico limite di dare compiuta spiegazione della scelta differenziale, che si pone come eccezione alla regola generale della omogeneità della liquidazione delle spese giudiziarie (Cass. 22647/2013).
Ebbene, poiché alla consulenza tecnica d’ufficio è stata affidata l’indagine contabile i cui esiti sono stati recepiti dal giudice a quo nell’accertamento del quantum effettivamente dovuto da la regolazione delle relative spese può tener esclusivamente conto dello scarto tra il petitum ed il decisum , con conseguente determinazione delle corrispondenti percentuali di compensazione nella misura del 70% a carico della Comunione e del 30% a carico dell’opponente. A riguardo non è pertinente l’argomentazione difensiva dell’appellata tesa ad evidenziare l’omessa impugnativa delle delibere assembleari di approvazione delle somme ingiunte a titolo di oneri di contribuzione, che, incidendo sulla ammissibilità delle contestazioni cui il Tribunale ha dato ingresso, ritenendole, poi, sia pur parzialmente fondate nel merito, avrebbe dovuto essere devoluta mediante una impugnazione incidentale, invece non interposta.
3.La riforma della statuizione impugnata limitatamente al capo sulle spese di lite implica che, nella specie, debba essere declinata, in modo peculiare, la regola secondo cui, in caso di modifica anche parziale della decisione gravata, debba procedersi ad un nuovo regolamento delle spese processuali, il cui onere va attribuito e ripartito tenendo presente l’esito complessivo della lite (tra le molte, v. da ultimo Cass. 1 giugno 2016, n. 11423; Cass. 18 marzo 2014, n. 6259).
Allorquando, infatti, la riforma interessi solo la decisione sulle spese, l’osservanza proprio di tali principi rende necessaria una scissione della valutazione, nel decidere sul punto, rispetto all’esito della pronuncia sul merito, in quanto, in tal caso, la responsabilità per la prosecuzione del processo dipende dalla fondatezza o meno delle censure strettamente attinenti alle spese di giudizio (Cass. 602/2019).
Nella specie e sse seguono la soccombenza dell’appellat a.
Giova sottolineare che non integra soccombenza parziale l’accoglimento della conclusione subordinata rispetto a quella articolata in via principale, allorquando esse non siano, come nella specie, tra loro distinte ed autonome, bensì fondate sulle medesime circostanze di fatto e su analoghe ragioni di diritto (Cass. 26043/2020). Inoltre, soltanto con l’arresto nomofilattico sopravvenuto alla proposizione del gravame (SU 32061/2022) la Suprema Corte ha definitivamente chiarito l’inaccettabilità della soluzione interpretativa che aveva ritenuto ammissibile la condanna alla spese dell’attore parzialmente vittorioso, come propugnato dall’odierna appellante nella conclusione principale.
I compensi professionali si liquidano in applicazione del D.M. 55/2014, come modificato dal D.M. 147/2022, entrato in vigore il 23.10.2022.
E, invero, in tema di spese processuali i parametri introdotti da una nuova disposizione, cui devono essere commisurati i compensi dei professionisti, trovano applicazione ogni qual volta la liquidazione giudiziale intervenga in un momento successivo alla data di entrata in vigore del predetto decreto, ancorché la prestazione abbia avuto inizio e si sia in parte svolta nella vigenza della pregressa regolamentazione (Cass. 19989/2021).
Tali parametri sono determinati con riferimento allo scaglione delle cause di valore fino ad € 5.200,00, tenuto conto del disputatum oggetto della impugnazione (vedi Cass. Sezioni Unite 19014/2007, secondo cui, nelle ipotesi in cui il giudizio prosegua in un grado di impugnazione soltanto per la determinazione del rimborso delle spese di lite a carico della
parte soccombente, il differenziale tra la somma attribuita dalla sentenza impugnata e quella ritenuta corretta secondo l’atto di impugnazione costituisce il ” disputatum ” della controversia nel grado e sulla base di tale criterio, integrato parimenti dal criterio del ” decisum “, vanno determinate le ulteriori spese di lite riferite all’attività difensiva svolta nel grado). I parametri sono determinati nei valori minimi, tenuto conto della bassa complessità delle questioni implicate dalla decisione.
P.Q.M.
la Corte di Appello di Napoli – II sezione civile, definitivamente pronunciando su ll’ appello come in epigrafe proposto e tra le parti ivi indicate, avverso la sentenza del Tribunale di Napoli Nord n. 2279/2019, così provvede:
accoglie l’appello e, per l’effetto, in riforma del capo c) della statuizione impugnata, compensa nella misura del 50% le spese di lite del giudizio di opposizione e condanna alla refusione, in favore della
del restante 50%, che in tale ridotta misura liquida in € 1.215,00 per compensi, oltre rimborso delle spese generali nella misura del 15%, IVA e CPA, se dovute, come per legge, con attribuzione in favore dell’AVV_NOTAIO dichiaratosene anticipatario;
2)
in riforma del capo d) pone le spese di CTU nella misura del 70% a carico della RAGIONE_SOCIALE e del 30% a carico di
condanna la alla refusione, delle spese di lite del presente grado, che liquida in € 970,00 per compensi, oltre rimborso delle spese generali nella misura del 15%, IVA e CPA, se dovute, come per legge, con attribuzione in favore
in favore di 174,0 0 per spese ed € dell’AVV_NOTAIO dichiaratosene anticipatario.
Così deciso in Napoli, nella Camera di Consiglio del 26.11.2025
Il Consigliere estensore Il Presidente
dr.ssa NOME COGNOME dr.ssa NOME COGNOME