Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 3 Num. 12112 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 3 Num. 12112 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 07/05/2025
O R D I N A N Z A
sul ricorso n. 3203/24 proposto da:
-) Ministero della Difesa, COGNOME NOME, COGNOME NOME, COGNOME all’indirizzo PEC del
NOME e NOME NOME , tutti domiciliati ex lege proprio difensore, difes i dall’Avvocatura Generale dello Stato;
– ricorrente –
contro
-) NOME NOME
– intimato – avverso la sentenza della Corte d’appello di Roma 22 novembre 2023 n. 7510;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 18 marzo 2025 dal Consigliere relatore dott. NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
Nel 2012 NOME COGNOME convenne dinanzi al Tribunale di Roma, sezione specializzata per le imprese, il Ministero della Difesa ed i dipendenti di quest’ultimo NOME COGNOME NOME COGNOME e NOME COGNOME esponendo che:
-) il 25.1996 mentre percorreva una strada del Comune di Ronciglione (VT), inalò gas fosgene e ne rimase intossicato;
-) il gas proveniva dal vicino stabilimento militare; qui, durante operazioni di inertizzazione di bombole di gas fosgene, si verificò una fuoriuscita del gas;
Oggetto: spese di lite -soccombenza -nozione -danno da fatto illecito risultato già risarcito prima ancora dell’inizio del processo – conseguenze.
Camera di consiglio del 18 marzo 2025
-) NOME COGNOME NOME COGNOME e NOME COGNOME erano coloro che avrebbero dovuto assicurare lo sgombero delle aree circostanti lo stabilimento durante le suddette operazioni, e che non vi provvidero;
-) le tre persone suddette, rinviate a giudizio, erano state condannate dal Tribunale di Viterbo nel 2002, ma prosciolte per prescrizione nel 2004, con sentenza divenuta definitiva.
Chiese pertanto la condanna dei convenuti in solido al risarcimento dei danni.
Si costituirono tutti i convenuti, chiedendo il rigetto della domanda.
Con sentenza n. 24800/18 il Tribunale di Roma accolse la domanda e condannò i convenuti in solido al risarcimento del danno, quantificato in euro 6.060.
Il Tribunale ritenne che le condizioni di salute dell’attore solo in parte fossero conseguenza dell’inalazione del gas.
La sentenza fu appellata dai soccombenti.
La Corte d’appello di Roma con sentenza 22.11.2023 n. 7510 – per quanto qui rileva accolse l’appello in punto di quantum debeatur , ma confermò la statuizione di sussistenza della responsabilità del Ministero e dei suoi dipendenti.
La Corte d’appello ritenne che la sussistenza di un valido nesso di causa tra la inalazione di fosgene e il danno alla salute lamentato dell’attore dovesse desumersi:
-) delle deposizioni raccolte nel procedimento penale;
-) dalla cartella clinica redatto dai sanitari dell’ospedale, dove l’attore fu ricoverato nell’immediatezza del fatto;
-) dalle tre e diverse perizie svolte sui fatti: una nel corso delle indagini preliminari, l’altro nel corso del dibattimento penale, la terza nel corso del giudizio civile di primo grado.
5. La sentenza d’appello è stata impugnata per cassazione con ricorso unitario dal Ministero della difesa e da NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME e NOME COGNOME (questi ultimi quali eredi di NOME COGNOME), con ricorso fondato su sei motivi ed illustrato da memoria.
NOME COGNOME non si è difeso.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Col primo motivo è denunciata la violazione dell’articolo 2697 c.c..
Deducono i ricorrenti che le prove raccolte nel corso del giudizio non erano sufficienti per ritenere la sussistenza di un valido nesso causale tra il modesto danno alla salute lamentato dall’attore e l’ inalazione di fosgene. Deducono che le operazioni di inertizzazione delle bombole di gas non produssero alcun effetto negativo sulle persone che le eseguirono, e che la consulenza tecnica d’ufficio eseguita nel primo grado del giudizio civile aveva ritenuto solo ‘possibile’ , ma non certa, l’esistenza del suddetto nesso di causa.
1.1. Il motivo è inammissibile perché investe la ricostruzione dei fatti e la valutazione delle prove.
Col secondo motivo è denunciato il vizio di omessa pronuncia.
I ricorrenti espongono che in sede penale le tre persone fisiche imputate del reato di lesioni colpose erano state condannate a pagare ad NOME COGNOME una provvisionale di euro 10.000.
Tuttavia a ll’esito del giudizio civile il danno patito da NOME COGNOME fu quantificato in neuro 6.060.
La sentenza impugnata, accogliendo il motivo di appello proposto sul punto dall’amministrazione, aveva compensato il credito risarcitorio vantato dal danneggiato col credito restitutorio vantato da ll’amministrazione, e condannato il primo a pagare alla seconda la differenza.
Tuttavia, proseguono i ricorrenti, la C orte d’appello ha trascurato di provvedere sulla domanda di condanna di NOME COGNOME al pagamento degli interessi sulle somme dovute a titolo di indebito.
Camera di consiglio del 18 marzo 2025
2.1. Il motivo è manifestamente fondato.
L’obbligazione restitutoria è un’obbligazione di val uta; essa produce interessi ope legis dal momento in cui è liquida ed esigibile ex articolo 1283 c.c..
La difesa erariale aveva espressamente formulato la domanda di condanna di NOME COGNOME al pagamento degli interessi sulla somma che doveva restituire (p. 13 dell’atto d’appello) , domanda sulla quale la C orte d’appello non ha provveduto.
Col terzo motivo i ricorrenti deducono che gli interessi sul debito restitutorio scaturente dalla riforma in appello della sentenza di primo grado sono dovuti a prescindere da una domanda di parte.
3.1. Il motivo resta assorbito dall’accoglimento del secondo motivo di ricorso.
Va esaminato ora il quinto motivo, pregiudiziale rispetto al quarto.
Con tale motivo (p. 16) i ricorrenti deducono che erroneamente la Corte d’appello ha posto le spese del doppio grado a loro carico nella misura di due terzi.
Sostengono i ricorrenti che le spese si sarebbero dovute porre a carico di NOME COGNOME in quanto ‘sostanzialmente soccombente’, o almeno si sarebbero dovute compensare per l’intero.
Osservano, a sostegno di tali allegazioni, che il giudice civile accolse la domanda nella misura di euro 6.060, a fronte di una richiesta di euro 200.000; che in appello era stata accolta la ‘domanda riconvenzionale’ (così qualificata dagli odierni ricorrenti) della difesa erariale; che NOME COGNOME si era reso ir reperibile, sottraendosi all’obbligo di restituire la provvisionale ricevuta in sede penale.
4.1. Il motivo è fondato.
Il giudizio di appello si concluse con una condanna di NOME COGNOME a restituire all’amministrazione della difesa l’eccedenza ricevuta rispetto al credito risarcitorio effettivo.
L a pronuncia di una sentenza di condanna a carico dell’originario attore impediva di considerare l’amministrazione della difesa ‘soccombente’ per i fini di cui all’articolo 91 c.p.c..
Tale norma è stata pertanto violata, per avere la C orte d’appello posto le spese di lite a carico della parte vittoriosa non solo nel grado, ma anche considerando l’esito complessivo della lite.
Infatti al momento in cui NOME COGNOME introdusse il giudizio civile egli aveva già ricevuto dal debitore il pagamento di una somma di denaro eccedente l’importo del danno risultato effettivamente dovuto.
Col quarto motivo i ricorrenti lamentano che la Corte d’appello ha riformato in pejus per loro la regolazione delle spese compiuta dal giudice di primo grado (che le aveva compensate per intero) in assenza di un appello incidentale di NOME COGNOME.
5.1. Il motivo resta assorbito dall’accoglimento del quinto motivo di ricorso.
Col sesto motivo la sentenza di appello è impugnata nella parte in cui ha rigettato il motivo di gravame inteso a censurare la sentenza di primo grado nella parte in cui aveva posto le spese di consulenza tecnica d’ufficio a carico dei convenuti.
6.1. Il motivo è fondato. Per quanto detto, al l’esito del doppio grado di giudizio è emerso che l’attore, al momento in cui introdusse la lite, era già stato integralmente risarcito.
Di conseguenza la sua domanda di risarcimento è stata nella sostanza rigettata, con la conseguenza che l’amministrazione della difesa si sarebbe dovuta ritenere parte vittoriosa, e non poteva essere condannata alla rifusione in favore della controparte delle spese di consulenza.
La ritenuta fondatezza del motivo non impone di cassare con rinvio alla sentenza impugnata.
Infatti, non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto, è possibile decidere la causa nel merito, provvedendo come segue.
Per quanto attiene la domanda di interessi, i princìpi di diritto da applicare sono i seguenti:
chi ha pagato una somma in esecuzione di un titolo giudiziale, poi riformato, ha diritto agli interessi sul credito restitutorio dalla data del pagamento e non dalla data della sentenza di riforma della condanna al pagamento (Cass. Sez. 1, 09/03/2001, n. 3460);
il credito re che, prima dell’introduzione del giudizio abbia ricevuto un pagamento satisfattivo del capitale e degli interessi, non ha diritto ad ulteriori interessi essendo il suo credito ormai estinto (Cass. Sez. 1, 07/05/2019, n. 12016).
7.1. Nel caso di specie il credito di NOME COGNOME, sorto nel 1996 ma liquidato nel 2019, fu monetizzato dal Tribunale nella somma di euro 6.060 comprensiva degli interessi compensativi di mora.
Nel 2002 tuttavia NOME COGNOME aveva già incassato la somma di euro 10.000 dal Ministero della Difesa. Dalla data di tale pagamento pertanto il credito risarcitorio si è estinto e non ha più prodotto interessi.
Spettano dunque al Ministero della Difesa gli interessi al saggio legale sulla somma di euro 3.940 (ovvero euro 10.000-6.060) con decorrenza della data del pagamento.
Per quanto attiene le spese di lite, la decisione nel merito impone di provvedere sulle spese del doppio grado.
A tal fine le spese del primo grado di giudizio possono essere compensate tra tutte le parti. Ne consegue che NOME COGNOME è tenuto a rifondere al Ministero della Difesa la metà delle spese della consulenza tecnica d’ufficio.
8.1. Le spese del giudizio di appello e di legittimità seguono la soccombenza e si liquidano in:
euro 3.500 per il giudizio di appello;
euro 2.000 per il giudizio di legittimità.
Per questi motivi
la Corte di cassazione:
-) dichiara inammissibile il primo motivo di ricorso;
-) accoglie il secondo, il quinto ed il sesto motivo di ricorso; dichiara assorbiti i restanti motivi;
-) cassa la sentenza impugnata in relazione ai motivi accolti e, decidendo nel merito, così provvede:
condanna NOME COGNOME al pagamento in favore del Ministero della Difesa degli interessi al saggio legale sulla somma di euro 3.940, con decorrenza dalla data in cui ricevette il pagamento della provvisionale di euro 10.000;
compensa le spese del primo grado di giudizio, e condanna per l’effetto NOME COGNOME a rifondere al Ministero della Difesa la metà delle spese di consulenza tecnica d’ufficio;
(c) condanna NOME COGNOME alla rifusione in favore di Ministero della Difesa delle spese del giudizio di appello, che si liquidano nella somma di euro 3.500, oltre spese prenotate a debito;
(c) condanna NOME COGNOME alla rifusione in favore di Ministero della Difesa delle spese del presente giudizio di legittimità, che si liquidano nella somma di euro 2.000, oltre spese prenotate a debito.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Terza Sezione civile