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Spese di giudizio: chi paga se l’opposizione è respinta?

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 23596/2024, ha chiarito il principio della soccombenza nella fase di opposizione per equo indennizzo. Se un cittadino propone opposizione a un decreto e questa viene integralmente respinta, le spese di giudizio di questa fase sono interamente a suo carico. La Corte ha cassato la decisione di merito che aveva parzialmente condannato il Ministero della Giustizia, sebbene quest’ultimo fosse risultato vittorioso nella fase di opposizione.

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Pubblicato il 15 dicembre 2025 in Diritto Civile, Giurisprudenza Civile, Procedura Civile

Spese di Giudizio: La Cassazione Chiarisce Chi Paga in Caso di Opposizione Respinta

Comprendere come vengono ripartite le spese di giudizio è fondamentale per chiunque intraprenda un’azione legale. Un recente provvedimento della Corte di Cassazione, l’ordinanza n. 23596/2024, offre un chiarimento cruciale in materia di equo indennizzo per irragionevole durata del processo, noto anche come ‘legge Pinto’. La Corte ha stabilito un principio netto: se la parte privata, insoddisfatta di un primo decreto, propone opposizione e questa viene respinta, le spese legali di questa seconda fase ricadono interamente su di essa, applicando rigorosamente il criterio della soccombenza.

I Fatti di Causa

Un cittadino aveva richiesto un equo indennizzo al Ministero della Giustizia per la durata eccessiva di un processo civile. La Corte d’Appello aveva accolto parzialmente la domanda, riconoscendo l’indennizzo solo per il secondo grado di giudizio. Insoddisfatto, il cittadino aveva proposto opposizione per ottenere il pieno accoglimento della sua richiesta.

La Corte d’Appello, tuttavia, rigettava integralmente l’opposizione, confermando l’importo originario. Sorprendentemente, pur dando ragione al Ministero, il giudice condannava quest’ultimo a pagare i due terzi delle spese legali della fase di opposizione, motivando la decisione sulla base dell’ ‘esito complessivo del procedimento’. Il Ministero della Giustizia, ritenendo ingiusta tale condanna, ha presentato ricorso in Cassazione proprio su questo punto.

La Decisione della Corte di Cassazione sulle spese di giudizio

La Suprema Corte ha accolto il ricorso del Ministero, cassando la decisione della Corte d’Appello. Il principio affermato è che la fase di opposizione, introdotta dalla parte privata ai sensi dell’art. 5-ter della legge n. 89/2001, costituisce una fase processuale autonoma ai fini della regolamentazione delle spese di giudizio.

Quando l’opposizione, che ha carattere pretensivo, viene integralmente respinta, il criterio da applicare è unicamente quello della soccombenza. Di conseguenza, la parte opponente che ha perso deve farsi carico di tutte le spese legali di quella fase, senza possibilità di compensazione basata sull’esito generale della vicenda.

Le Motivazioni della Sentenza

La Cassazione ha spiegato che l’opposizione non è un semplice proseguimento della fase precedente, ma una nuova fase a contraddittorio pieno, innescata dall’iniziativa della parte privata insoddisfatta. Il Ministero, in questo caso, aveva prestato ‘acquiescenza’ al primo decreto, accettandolo. È stato quindi ‘costretto’ a difendersi in un giudizio che non aveva interesse a provocare.

Essendo risultato completamente vittorioso in questa fase, il Ministero non può essere chiamato a sopportarne le spese. Farlo violerebbe il principio fondamentale secondo cui chi vince una causa non deve subire un pregiudizio economico per essersi dovuto difendere. La valutazione ‘complessiva’ dell’esito, applicata dalla Corte d’Appello, è stata quindi ritenuta errata perché non teneva conto della netta autonomia della fase di opposizione e della soccombenza totale della parte privata in quel contesto.

Conclusioni

Questa ordinanza della Cassazione lancia un messaggio chiaro: l’azione di opposizione in materia di equo indennizzo non è priva di rischi. Chi decide di contestare un decreto, pur avendo già ottenuto un parziale riconoscimento del proprio diritto, deve essere consapevole che, in caso di rigetto totale della sua opposizione, sarà tenuto a pagare integralmente le spese di giudizio di quella fase. La decisione riafferma la centralità del principio di soccombenza come criterio guida per la liquidazione delle spese legali, garantendo che la parte vittoriosa in una specifica fase processuale non venga ingiustamente penalizzata.

Chi paga le spese legali se l’opposizione per l’equo indennizzo viene respinta?
Secondo la Corte di Cassazione, se l’opposizione proposta dalla parte privata viene integralmente respinta, le spese di giudizio di quella specifica fase processuale sono poste interamente a carico della parte privata opponente, in base al principio della soccombenza.

Il giudice può compensare le spese anche se l’opposizione è totalmente respinta?
No. La sentenza chiarisce che, in caso di rigetto totale dell’opposizione, le spese devono seguire la soccombenza e non possono essere compensate sulla base di una valutazione dell’esito ‘complessivo’ del procedimento. La fase di opposizione è considerata autonoma.

Perché la fase di opposizione viene considerata autonoma per le spese di giudizio?
Perché realizza una fase a contraddittorio pieno, avente ad oggetto la stessa pretesa della fase precedente, ma innescata su iniziativa della parte privata. Se l’amministrazione aveva accettato il primo provvedimento (prestando acquiescenza), non può essere penalizzata con l’addebito delle spese di una fase processuale che non aveva interesse a promuovere e in cui è risultata vittoriosa.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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