Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 17126 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 1 Num. 17126 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME COGNOME
Data pubblicazione: 25/06/2025
ORDINANZA
sul ricorso 20661-2021 proposto da:
RAGIONE_SOCIALE rappresentata e difesa dall ‘ Avvocato NOME COGNOME per procura in calce al ricorso;
– ricorrente –
contro
NOME COGNOME RAGIONE_SOCIALE rappresentata e difesa dagli Avvocati NOME COGNOME e NOME COGNOME per procura in calce al controricorso;
– controricorrente –
avverso la SENTENZA n. 142/2021 della CORTE D ‘ APPELLO DI FIRENZE, depositata il 26/1/2021;
udita la relazione della causa svolta dal Consigliere NOME COGNOME nell ‘ adunanza in camera di consiglio del 10/6/2025;
FATTI DI CAUSA
1.1. Il tribunale di Firenze, con sentenza del 24/4/2019, ha respinto l ‘ opposizione proposta da RAGIONE_SOCIALE avverso il decreto con cui lo stesso tribunale le aveva ingiunto il pagamento dell ‘importo di €. 4.320,14, oltre accessori, a titolo
di oneri sociali correlati alla sua partecipazione alla società RAGIONE_SOCIALE
1.2. La RAGIONE_SOCIALE ha proposto appello avverso tale sentenza che la corte d ‘ appello, con la pronuncia in epigrafe, ha respinto.
1.3. La corte d ‘ appello, in particolare, quanto all ‘ eccepita incompetenza territoriale della sezione specializzata in materia d ‘ imprese del tribunale, ha ritenuto che: – la questione oggetto del giudizio afferisce ai rapporti societari tra RAGIONE_SOCIALE e Marina Cala de ‘ Medici e, come tale, attiene appunto alla ‘ materia societaria ‘ ; -l ‘ ingiunzione è stata, infatti, richiesta sul fondamento di un ‘ rapporto di debito/credito … correlato esclusivamente alla partecipazione azionaria ‘ della RAGIONE_SOCIALE in Marina RAGIONE_SOCIALE e non ad una fonte di obbligazione diversa da tale fatto.
1.4. La corte d ‘ appello, inoltre, per ciò che riguarda il merito della pretesa azionata, ha ritenuto che: – l ‘ adesione al contratto sociale in forza del ‘ titolo partecipativo ‘ dà a ciascun azionista il diritto di usufruire di un ‘ posto di ormeggio ‘ e di un ‘ box nautico ‘ , e cioè di ‘ beni che sono della società, ma in uso agli azionisti ‘ ; -‘ il titolo in forza del quale RAGIONE_SOCIALE aveva il diritto di fruire del posto barca è ‘, di conseguenza, ‘ rappresentato dallo stesso contratto di società, senza che sia necessario in tal senso un apposito contratto di scambio ‘ ; – la società RAGIONE_SOCIALE, infatti, ‘ non è una normale società commerciale ma una società appositamente creata per gestire e mantenere in vita il porto turistico …’, secondo lo schema previsto dalla l. n. 172/2003; -‘ le spese di gestione e manutenzione poste a carico degli utilizzatori sono ripartite ‘ , come correttamente sostenuto dal tribunale, non per ‘ esigere dai soci ulteriori sovvenzioni ‘, ‘ che sono in sé incoercibili e
possono avvenire solo su base volontaria ‘, ‘ ma nella logica della condivisione delle spese per l ‘ uso dei beni sociali ‘ ; – tale ricostruzione del rapporto giuridico esclude, dunque, la possibilità di invocare l ‘ art. 2345 c.c. per sostenere l ‘ inesigibilità da parte del consiglio di amministrazione di somme di danaro per ‘ le spese di gestione ‘; – nel caso di specie, infatti, rileva la specialità del ‘ titolo partecipativo ‘ , che conferisce, oltre alla partecipazione al capitale sociale, anche ‘ la possibilità di utilizzare di beni che appartengono alla società ‘; – l ‘ appellante, in quanto socia di RAGIONE_SOCIALE, ha, per contratto sociale, conferito al consiglio di amministrazione della stessa ‘ il potere di assumere le decisioni relative alla gestione della società, ed è quindi tenuta a darvi seguito, anche per ciò che concerne la esigibilità di tali spese, che hanno tuttavia il limite intrinseco della loro ripartizione in proporzione alle azioni possedute ‘ ; -‘ l ‘ art. 13 dello statuto societario conferisce al consiglio di amministrazione il potere di compiere qualsiasi atto ritenuto opportuno per il raggiungimento degli scopi sociali compresa dunque la possibilità di chiedere ai soci proporzionalmente alle azioni da esse detenute quei contributi che siano necessari a garantire il conseguimento dello scopo sociale ‘ .
1.5. Né, ha osservato la corte, può ritenersi che la dedotta ‘ rinuncia all ‘ utilizzo del posto barca ‘ da parte di RAGIONE_SOCIALE possa costituire una causa di esenzione dalle spese, non essendo possibile scorporare il diritto all ‘ utilizzo dei beni dal titolo partecipativo, trattandosi di diritto che spetta all ‘ appellante in base appunto alla titolarità da parte della stessa delle azioni emessi dalla Marina Cala de ‘ Medici quale società costituita appositamente allo scopo di gestire il porto turistico: -‘ la rinuncia all ‘ utilizzo di detta facoltà, quindi, non consente ad
RAGIONE_SOCIALE di liberarsi dall ‘ obbligo di corrispondere gli apporti a RAGIONE_SOCIALE ‘; -non essendovi, infatti, alcun rapporto sinallagmatico fra prestazione di servizi e oneri di gestione, è evidente che gli stessi sono comunque sempre dovuti fino a quando il socio non trasferisce le proprie azioni ad altro soggetto; -‘ per sottrarsi all ‘ obbligazione di versamento dei costi di gestione, assunta da RAGIONE_SOCIALE nel momento in cui ha acquisito la titolarità delle azioni di Marina Cala de ‘ Medici, l ‘ appellante avrebbe dovuto dismetterle e trasferirle a terzi ‘; -‘ in mancanza di tale cessione, RAGIONE_SOCIALE resta quindi tenuta ad adempiere alle proprie obbligazioni e a dar seguito alle decisioni del Consiglio di Amministrazione ‘.
1.6. Né, ha concluso la corte d ‘ appello, può ritenersi che non era stata fornita la prova della ‘ qualità di socio in capo ad RAGIONE_SOCIALE ‘ : -‘ tale qualifica è stata ampiamente provata dall ‘ appellata mediante la produzione dei certificati azionari e dell ‘ atto di trasferimento delle azioni in favore di RAGIONE_SOCIALE ‘; -‘ la mancata esibizione del libro soci è del tutto irrilevante ai fini della prova della qualifica di socio in capo ad RAGIONE_SOCIALE perché l ‘ esibizione del libro soci potrebbero rilevare solo nel caso di mancata emissione dei titoli azionari (quindi nell ‘ ipotesi di azioni non cartolarizzate) ove appunto il trasferimento delle azioni ha affetto nei confronti della società solo con l ‘ iscrizione nel libro soci ‘; – nel caso in esame, invece, le azioni sono nominative, quindi cartolarizzate e si trasferiscono ex art. 2355 c.c. mediante girata del certificato azionario autenticato dal notaio; – risulta poi che RAGIONE_SOCIALE sia stata socia di RAGIONE_SOCIALE dal 6/5/2013 al luglio 2019, quando ha ceduto le proprie azioni partecipative in RAGIONE_SOCIALE; – il presupposto o fatto giuridico da cui il tribunale fa discendere l ‘ obbligazione (e cioè la qualità di socio) risulta, dunque, ‘ per
quanto riguarda il periodo a cui sono riferite le spese oggetto di ingiunzione ‘ , pienamente provato in giudizio.
1.7. La RAGIONE_SOCIALE con ricorso notificato il 23/7/2021, ha chiesto, per sette motivi, la cassazione della sentenza.
1.8. La RAGIONE_SOCIALE ha resistito con controricorso.
1.9. Le parti hanno depositato memorie.
RAGIONI DELLA DECISIONE
2.1. Con il primo motivo, la ricorrente, lamentando la violazione e la falsa applicazione della l. n. 172/2003 ed, in particolare, dell ‘ art. 12 della stessa, nonché degli artt. 132, comma 2°, c.p.c., 111, comma 6°, Cost., in relazione all ‘ art. 360 n. 4 c.p.c. e all ‘ art. 360 n. 5 c.p.c., ha censurato la sentenza impugnata nella parte in cui la corte d ‘ appello, senza motivazione o con motivazione solo apparente, ha ritenuto che la RAGIONE_SOCIALE, che ha costruito e gestisce un porto turistico, non sia una ‘ normale ‘ società commerciale bensì una società ‘ speciale ‘ , disciplinata dalla normativa prevista dalla l. n. 172/2003, che imporrebbe ai soci l ‘ obbligo di far fronte a tutte le spese di funzionamento della società secondo la logica della condivisione delle spese per l ‘ uso dei beni sociali, senza, tuttavia, considerare che: – tale normativa nulla prevede in ordine all ‘ obbligo dei soci di pagare, in aggiunta rispetto ai conferimenti, i ‘ contributi ‘ determinati e richiesti annualmente dall ‘organo amministrativo della società per coprire ‘ le spese per l ‘ uso dei beni sociali ‘ da parte dei soci ; – l ‘ art. 12 della l. n. 172 cit. si limita, del resto, a consentire, per le sole società che come l ‘ appellata sono concessionarie di porti turistici, l ‘ emissione di azioni che attribuiscano ai soci il diritto di servirsi dei posti ormeggio rientranti nella disponibilità sociale; – l ‘ art. 2345 c.c., inoltre, vieta, salvo che per le società consortili, la possibilità di
stabilire un obbligo per i soci di società per azioni di effettuare prestazioni accessorie mediante apporti ‘ consistenti in denaro ‘; – non è, del resto, ammissibile una società, costituita sotto la forma di società per azioni e come tale destinata a svolgere attività commerciale d ‘ impresa, che sia viceversa gestita con l ‘ unico scopo di far godere i beni comuni ai soci, vietato espressamente dall ‘ art. 2248 c.c., che non risulta derogato dalla l. n. 172 cit.; – l ‘ obbligo dei soci di partecipare alle spese per l ‘ uso dei beni sociali non è, del resto, previsto né dallo statuto sociale né da altra convenzione tra i soci e la società, mentre il contratto di società non costituisce un valido titolo per richiedere ai soci contribuzioni ulteriori rispetto all ‘ apporto del capitale sottoscritto.
2.2. Con il secondo motivo, la ricorrente, lamentando la violazione e/o la falsa applicazione dell ‘ art. 112 c.p.c., in relazione all ‘ art. 360 n. 3 c.p.c., o la violazione degli artt. 132, comma 2°, n. 4, c.p.c., 118 disp. att. c.p.c. e 111, comma 6°, Cost., in relazione all ‘ art. 360 n. 4 c.p.c. o all ‘ art. 360 n. 5 c.p.c., ha censurato la sentenza impugnata nella parte in cui la corte d ‘ appello ha ritenuto che la ripartizione delle spese tra i fruitori dei posti-barca così come operata dalla società appellata era legittima, omettendo, tuttavia, di considerare che, come eccepito con l ‘ atto d ‘ appello, il consiglio di amministrazione dell ‘ opposta non solo ha ripartito tra i soci tutte le spese di funzionamento della stessa, imposte comprese, e non soltanto, come la stessa corte d ‘ appello ha ritenuto, le spese per l ‘ uso dei beni sociali, come i posti-barca, ma ha utilizzato, per tale ripartizione, la ‘ Tabella millesimale di ripartizione delle spese di gestione ‘ , non approvata a tal fine dall ‘ opponente, che il tribunale, senza che ve ne fosse alcuna prova, aveva assunto costituire l ‘ allegato B) allo statuto sociale, e che era stata redatta
in base alle dimensioni del posto barca oggetto di utilizzo da parte dei singoli soci e non, come la corte d ‘ appello ha assunto, in proporzione alle azioni possedute da ciascuno.
2.3. Con il terzo motivo, la ricorrente, lamentando la violazione e/o la falsa applicazione dell ‘ art. 1236 c.c., in relazione all ‘ art. 360 n. 3 c.p.c., nonché la violazione dell ‘ art. 132, comma 2°, n. 4, c.p.c. e dell ‘ art. 111, comma 6°, Cost., in relazione all ‘ art. 360 n. 4 o all ‘ art. 360 n. 5 c.p.c., ha censurato la sentenza impugnata nella parte in cui la corte d ‘ appello ha ritenuto che la società appellante era tenuta a partecipare alla condivisione delle spese sostenute dalla società appellata in relazione all ‘ uso dei posti ormeggio, omettendo, tuttavia, di considerare che: – l ‘ appellante, quale creditrice verso la società appellata di un obbligo di facere (e cioè di consentirle l ‘ utilizzo di un posto barca e box auto), aveva rinunciato ad esigere tale credito, rimettendole pertanto il debito relativo, e che, di conseguenza, una volta estinta la relativa obbligazione a carico di quest ‘ ultima, si era estinta anche l ‘ asserita e corrispettiva obbligazione della RAGIONE_SOCIALE, e cioè di condividere le spese per l ‘ uso del bene sociale in questione; – l ‘ obbligo della società appellante di partecipare alla condivisione delle spese sostenute dalla società appellata in relazione all ‘ uso dei posti ormeggio non è previsto da alcuna convenzione in tal senso, posto che le spese sono state ripartite dall ‘ organo ammnistrativo tra i soci della stessa in base ad una tabella millesimale che l ‘ RAGIONE_SOCIALE non aveva contrattualmente approvato; – sono state ripartite tra gli azionisti non solo le spese sostenute dalla società per assolvere all ‘ obbligo di far utilizzare il posto barca (e box auto) all ‘ azionista ma, in realtà, tutte le spese sostenute dalla società, a prescindere dalle loro finalità.
2.4. Con il quarto motivo, la ricorrente, lamentando la violazione e/o la falsa applicazione degli artt. 112, 115 e/o 116 c.p.c., nonché dell ‘ art. 183, comma 6°, c.p.c., in relazione all ‘ art. 360 n. 4 c.p.c., ha censurato la sentenza impugnata nella parte in cui la corte d ‘ appello ha ritenuto che la ripartizione dei costi sociali in proporzione alle azioni possedute era legittima, senza, tuttavia, considerare che il criterio adottato dal consiglio di amministrazione della società appellata era diverso perchè fondato sul criterio esposto nella citata tabella millesimale, e cioè i millesimi attribuiti ai singoli posti barca in base alla lunghezza degli stessi.
2.5. Con il quinto motivo, la ricorrente, lamentando la violazione e/o la falsa applicazione dell ‘ art. 183, comma 6°, c.p.c. e dell ‘ art. 61 c.p.c., in relazione all ‘ art. 360 n. 3 c.p.c. e all ‘ art. 360 n. 4 c.p.c., nonché la violazione dell ‘ art. 111 Cost. e dell ‘ art. 132, comma 2°, n. 4 c.p.c., in relazione all ‘ art. 360 n. 4 e 5 c.p.c., ha censurato la sentenza impugnata: a) innanzitutto, nella parte in cui la corte d ‘ appello non ha tenuto in nessun conto le richieste di prova articolate in primo grado dall ‘ opponente e riproposte dalla stessa in appello, e cioè: l ‘ espletamento di una consulenza tecnica d ‘ ufficio per verificare la natura delle spese chieste a rimborso, al fine di verificare, all ‘ interno delle voci che contribuivano a determinare le suddette spese di gestione, quali fossero quelle effettivamente riferibili a costi effettivi per l ‘ uso dei posti barca utilizzati dai soci e quali invece fossero del tutto estranee a tale uso; – l ‘ esibizione ex art. 210 c.p.c. del libro soci della società appellata onde verificare l ‘ effettiva iscrizione della RAGIONE_SOCIALE in detto registro all ‘ epoca del provvedimento monitorio; b) in secondo luogo, nella parte in cui la corte d ‘ appello non ha in alcun modo motivato sull ‘ eccezione dell ‘ opponente secondo la quale le spese
richieste a rimborso riguardavano tutti i costi sostenuti dalla società appellata, compresi gli investimenti per l ‘ acquisto di aziende terze e le imposte d ‘ esercizio.
2.6. Con il sesto motivo, la ricorrente, lamentando la violazione e/o la falsa applicazione degli artt. 2697 c.c. e 115 c.p.c., in relazione all ‘ art. 360 n 3 c.p.c., ha censurato la sentenza impugnata nella parte in cui la corte d ‘ appello non ha considerato che la sussistenza e/o l ‘ inesigibilità del credito azionato dalla società appellata era stata contestata dall ‘ opponente anche sul rilievo che nel corso del giudizio era emersa la prova che la stessa non era iscritta nel libro dei soci della società appellata e non poteva, quindi, esercitare i diritti sociali come previsto dalla rigida previsione dell ‘ art. 9 dello statuto.
2.7. Con il settimo motivo, la ricorrente, lamentando la violazione e/o la falsa applicazione degli artt. 7 e 9 c.p.c. e dell ‘ art. 3 del d.lgs. n. 168/2003, in relazione all ‘ art. 360 n. 2 c.p.c., ha censurato la sentenza impugnata nella parte in cui la corte d ‘ appello ha ritenuto che la competenza ad emettere il decreto ingiuntivo e a decidere sulla relativa opposizione era la sezione specializzata del tribunale in materia d ‘ impresa, senza, tuttavia, considerare che, come eccepito con l ‘ atto d ‘ opposizione e poi con l ‘ atto d ‘ appello, la controversia non poteva di certo ritenersi attratta dalle disposizioni relative alla competenza della indicata sezione, non riguardando un ‘ rapporto societario ‘ ai sensi dell ‘ art. 3, comma 2, lett. a) del d.lgs. n. 168 cit., né trattandosi, stante l ‘ asserita ma inesistente fonte dichiarata, di una pretesa avente ragioni di connessione con tale rapporto.
2.8. I motivi, da trattare congiuntamente, sono inammissibili.
2.9. La ricorrente, invero, non si confronta realmente con la sentenza che ha impugnato, la quale, infatti, con statuizioni rimaste del tutto inoppugnate, ha, in sostanza, ritenuto, in fatto, che: – l ‘ RAGIONE_SOCIALE, nel ‘periodo a cui sono riferite le spese oggetto di ingiunzione ‘, è stata senz’ altro socia della Marina Cala dei Medici RAGIONE_SOCIALE, come dimostrato ‘ mediante la produzione dei certificati azionari e dell ‘ atto di trasferimento delle azioni in favore di RAGIONE_SOCIALE ‘; – Marina Cala de ‘ Medici s.p.a. è una ‘ società appositamente creata per gestire e mantenere in vita ‘, come previsto dalla l. n. 172/2003, ‘il porto turistico’ ; -l ‘ adesione da parte dell ‘ opponente al relativo contratto sociale e il conseguente rilascio in suo favore del ‘ titolo partecipativo ‘ le ha attribuito il ‘ diritto di usufruire di beni che sono della società, ma in uso agli azionisti ‘ , e cioè ‘ un posto di ormeggio e un box nautico ‘ ; -‘ l ‘ art. 13 dello statuto societario conferisce al consiglio di amministrazione il potere di compiere qualsiasi atto ritenuto opportuno per il raggiungimento degli scopi sociali’, e cioè la gestione del ‘porto turistico di Marina INDIRIZZO‘, ‘compresa … la possibilità di chiedere ai soci ‘, ‘ proporzionalmente alle azioni da esse detenute ‘, ‘ quei contributi che siano necessari ‘ a tale fine, come la ‘ condivisione delle spese per l ‘ uso dei beni sociali ‘ da parte di ciascuno di essi nonché delle ‘ spese di gestione e manutenzione ‘ degli stessi; -l ‘ opponente, quindi, aderendo al contratto sociale, ha conferito al consiglio di amministrazione della RAGIONE_SOCIALE ‘ il potere di assumere le decisioni relative alla gestione della società ed è quindi tenuta ‘, quale socia della stessa, ‘ a darvi seguito, anche per ciò che concerne … le spese di gestione e manutenzione poste a carico degli utilizzatori ‘, che sono ripartite ‘ tra i soci ‘ in proporzione alle azioni possedute ‘ ; e, sul fondamento dei fatti storici così accertati (compresa
l ‘ interpretazione dello statuto sociale nei termini esposti), ha ritenuto, in diritto, che l ‘ opponente, a partire dal ‘ momento in cui ha acquisito la titolarità delle azioni di Marina Cala de ‘ Medici’ e fino al loro trasferimento a terzi (e la conseguente cessazione del suo status di socia), era, proprio in quanto tale, tenuta ‘ad adempiere alle proprie obbligazioni ‘ ‘ di versamento ‘ della sua quota di partecipazione alle ‘ spese per l ‘ uso dei beni sociali ‘ , dando ‘ seguito alle decisioni ‘ (che non risultano impugnate dall ‘ opponente, a norma degli artt. 2388, comma 4°, c.c., in quanto, in ipotesi, illegittimamente lesive dei suoi diritti) periodicamente assunte, sul punto, dal ‘ Consiglio di Amministrazione ‘ , e cioè la ripartizione tra i soci ‘ utilizzatori ‘ delle ‘ spese di gestione e manutenzione ‘ , ‘proporzionalmente alle azioni da esse detenute’, dei beni sociali dei quali hanno l ‘ uso, e cioè un posto di ormeggio e un box nautico.
2.10. Le statuizioni assunte dalla corte d ‘ appello sono, del resto, giuridicamente corrette.
2.11. Questa Corte, infatti, dapprima, a sezione semplice, con la sentenza n. 4088/1997 (che ha confermato la correttezza dell ‘ interpretazione svolta dall ‘ impugnata decisione della corte di merito, la quale aveva ritenuto ‘ che tra le parti era stato concluso un valido contratto complesso di multiproprietà azionaria, caratterizzato dalla conservazione della proprietà immobiliare, da parte della società, e dalla combinazione di due autonomi negozi giuridici, quello di sottoscrizione delle azioni, da cui era derivata la qualità di socio …, e l ‘ altro d ‘ accettazione del c.d. regolamento condominiale, con il quale quest ‘ ultimo aveva acquistato un diritto personale di godimento su una frazione spazio-temporale dell ‘ immobile della società ‘ ), e poi, a sezioni unite, con la sentenza n. 1868/2020 (che alla prima fa testuale riferimento), ha, in effetti, ritenuto che, nel caso in cui
due distinti ed autonomi rapporti giuridici, sia pure tra loro collegati: con la conseguenza (tra l’altro) che la sicura competenza della sezione specializzata in materia d ‘ imprese per le cause relative al primo rapporto dedotto in giudizio ai sensi dell ‘ art. 3, comma 2, lett. a, del d.lgs. n. 168/2003, si estende senz ‘ altro, a norma dell ‘ art. 3, comma 3, anche a quelle che (come la controversia in esame) riguardano il secondo.
2.12. Un ‘ primo rapporto si costituisce tra la società e l ‘ acquirente delle azioni (socio), il quale diviene titolare delle situazioni giuridiche proprie di tale stato, tra le quali è compreso il diritto all ‘ attiva partecipazione alla vita della società e alla percezione degli utili alla chiusura di ogni esercizio finanziario ‘ .
2.13. Un ‘ secondo rapporto ‘ tra la società e l ‘ azionista attribuisce, invece, a quest ‘ ultimo, proprio in quanto tale (e, dunque, a fronte del collegamento ex lege tra la partecipazione sociale e il diritto di godimento del bene sociale, fino a che rimane tale, avendo ‘ il godimento del multiproprietario … la sua giustificazione causale nella partecipazione sociale ‘: Cass. n. 4088/1997, in motiv.), ‘ il diritto personale al godimento dell ‘ unità immobiliare ‘ o, come nel caso in esame, il posto di ormeggio nel porto turistico gestito dalla società (quale diritto ulteriore e diverso rispetto a quelli che tipicamente spettano ai soci: art. 2348, comma 2°, c.c.).
2.14. E se, dunque, è certo che, in relazione al primo rapporto, i soci non possono essere obbligati, neppure se
previsto dall’atto costitutivo, all’esecuzione di prestazioni in denaro ulteriori rispetto all’obbligo di eseguire i conferimenti (art. 2345, comma 1°, c.c.), diversamente è a dirsi, invece, con riferimento al secondo rapporto, il quale, avendo ad oggetto la disciplina dell ‘ uso dei beni sociali e dei servizi comuni, può ben comprendere non solo le regole sui modi di esercizio da parte dei soci dei diritti di godimento attribuiti dalle azioni ma anche l’attribuzione in capo agli stessi del particolare obbligo (che, come può argomentarsi dall’ art. 2354, comma 3°, n. 5, c.c., non è incompatibile, per disposizione statutaria, con lo status di azionista) di partecipare agli oneri determinati dall’ uso e dalla gestione di tali beni, con la previsione dei criteri per il loro riparto tra gli utilizzatori.
2.15. I soci, in relazione a tale rapporto (e solo ad esso), possono, dunque, senz’altro obbligarsi, in forza delle norme dello statuto sociale (come, nel caso in esame, è stato accertato dal giudice di merito), al pagamento, in proporzione alle relative quote di partecipazione, delle somme di denaro corrispondenti (non già, come nel caso del divieto previsto dall’art. 2345 , comma 1°, c.c., a semplici apporti in denaro in aggiunta ai conferimenti, ma, più specificamente) alle spese determinate dall’ ‘uso ‘, da parte de gli azionisti, ‘ dei beni sociali ‘ (e dei servizi ‘di gestione e manutenzione ‘ erogati dalla società in ordine agli stessi) nella misura periodicamente determinata dal consiglio di amministrazione: con deliberazioni che, peraltro, ove lesive dei loro diritti, sono da ciascuno di essi direttamente impugnabili a norma dell’art. 2388, comma 4°, c.c., ed, in ogni caso, assoggettate (a differenza del l’ipotesi d i rimessione della prestazione dovuta alla determinazione di una delle parti che non sia ancorata ad elementi prestabiliti ed aventi una preordinata rilevanza obiettiva ma a fatti concernenti la fase di
esecuzione del rapporto, come, appunto, il comportamento successivo delle parti, vietata dall’ art. 1349 c.c.: cfr. Cass. n. 6519/2007) al controllo dell’assemblea dei soci , ‘ composta ‘ , in effetti, (come rilevato da Cass. n. 4088/1997 in motiv.) proprio ‘ dalle controparti ‘ (e cioè dai soci tenuti al versamento delle somme così determinate) ‘ … tutte interessate al controllo degli oneri e alla misura dei dividendi, le quali possono sempre porre in risalto la sussistenza di eventuali errori nella ripartizione degli … oneri e chiederne la correzione ‘ .
2.16. L’ordinamento, del resto, già conosce il caso in cui i titolari dei diritti di godimento di immobili (come gli appartamenti di un edificio) che appartengono ad un terzo, si riuniscono in assemblea per deliberare sulle spese e le modalità di gestione di taluni servizi comuni, provvedendo alla relativa ripartizione (art. 10, commi 1°, 3° e 5°, della l. n. 392/1978, che rinvia, tra l’altro, alle disposizioni del codice civile sull’assemblea dei condomini, come l’art. 1135, comma 1°, n. 2, c.c.).
2.17. Non a caso, l’assemblea di una società cooperativa può legittimamente imporre ai soci (proprio perché ‘ partecipi, altresì, di una comunione ‘) versamenti in denaro per la manutenzione e il miglior godimento della cosa comune (Cass. n. 6802/1986, in motiv.).
2.18. Quanto al resto, la società ricorrente, pur lamentando la violazione di norma di diritto sostanziale o processuale, ha finito, in sostanza, per censurare la ricognizione asseritamente erronea dei fatti che, alla luce delle prove raccolte (ovvero di quelle offerte), hanno operato i giudici di merito, lì dove, in particolare, questi, ad onta delle presunte emergenze delle stesse, hanno ritenuto che la società opposta aveva fornito in giudizio la prova sia del fatto dell ‘ assunzione della qualità di
socio da parte dell ‘ opponente, sia dell ‘ obbligo statutario della stessa di contribuire, in tale qualità e fino al momento in cui l ‘ avesse conservata, alle spese ‘per l’ uso dei beni sociali ‘ e per i servizi di ‘gestione e manutenzione ‘ degli stessi, nella misura periodicamente e proporzionalmente determinata dal consiglio di amministrazione.
2.19. La valutazione delle prove raccolte, però, costituisce, un ‘ attività riservata in via esclusiva all ‘ apprezzamento discrezionale del giudice di merito, le cui conclusioni in ordine alla ricostruzione della vicenda fattuale non sono sindacabili in cassazione: se non per il vizio (che, nel caso in esame, non risulta dedotto con la dovuta specificità) consistito, come stabilito dall ‘ art. 360 n. 5 c.p.c., nell ‘ avere quest ‘ ultimo, in sede di accertamento della fattispecie concreta: – a) omesso del tutto l ‘ esame (e cioè la ‘ percezione ‘) di uno o più fatti storici, principali o secondari, la cui esistenza risulti per contro dal testo della sentenza o (più probabilmente) dagli atti processuali, che siano stati oggetto di discussione (e cioè controversi) tra le parti ed abbiano carattere decisivo (cfr. Cass. SU n. 8053 del 2014), nel senso che, ove percepiti, avrebbero senz ‘ altro imposto al giudice di merito di ritenere sussistenti i fatti dedotti dalla parte ricorrente a fondamento della domanda o dell ‘ eccezione dalla stessa proposta; – b) supposto l ‘ esistenza di uno o più fatti storici, principali o secondari, la cui verità risulti per contro incontrastabilmente esclusa dal testo della stessa sentenza o dagli atti processuali, sempre che siano stati controversi tra le parti ed abbiano avuto, nei termini esposti, carattere decisivo (Cass. SU n. 5792 del 2024, in motiv., punto 10.14), nel senso che, ove esclusi, avrebbero senz ‘ altro imposto al giudice di merito di ritenere sussistenti i fatti dedotti dalla
parte ricorrente a fondamento della domanda o dell ‘ eccezione dalla stessa proposta.
2.20. L ‘ omesso esame degli elementi istruttori forniti o invocati non dà luogo, pertanto, al vizio di omesso esame di un fatto decisivo qualora gli accadimenti storici rilevanti ai fini della decisione sulla domanda proposta (quali fatti costitutivi del diritto azionato ovvero come fatti estintivi, modificativi ovvero impeditivi dello stesso) siano stati comunque presi in considerazione dal giudice di merito (ancorché la sentenza non abbia dato conto di tutte le risultanze asseritamente emergenti dalle prove acquisite o richieste in giudizio) e il convincimento espresso sul punto dal giudice di merito sia stato motivato (anche se in misura insufficiente) e la motivazione resa al riguardo non sia apparente, contraddittoria ovvero perplessa (Cass. SU n. 8053 del 2014).
2.21. Nello stesso modo, il travisamento della prova (ove non si traduca in un errore di percezione del dato probatorio nella sua oggettività che, come tale, ove il fatto non abbia costituito un punto controverso sul quale la sentenza si sia pronunciata, ‘ è per sua natura destinato ad essere controllato attraverso lo strumento della revocazione ‘ prevista dall’ art. 395 n. 4 c.p.c.), vale a dire (il diverso) errore in cui il giudice di merito sia, in ipotesi, caduto nell ” individuazione delle informazioni probatorie che dal dato probatorio, considerato nella sua oggettività, possono per inferenza logica desumersi ‘, è sottratto al giudizio di legittimità, a condizione, beninteso, che il giudice di merito si sia in proposito speso in una motivazione eccedente la soglia del ‘ minimo costituzionale’ .
2.22. Una volta, infatti, che ‘ il giudice di merito abbia fondato la propria decisione su un dato probatorio preso in considerazione nella sua oggettività, … ed abbia adottato la
propria decisione sulla base di informazioni probatorie desunte dal dato probatorio, il tutto sostenuto da una motivazione rispettosa dell ‘ esigenza costituzionale di motivazione, si è dinanzi ad una statuizione fondata su basi razionali idonee a renderla accettabile ‘ (Cass. SU n. 5792 del 2024, in motiv., punto 10.11).
2.23. Il giudice di legittimità ha, per contro, soltanto la facoltà di controllare, sotto il profilo della coerenza logicoformale, le argomentazioni svolte in ordine alla ricognizione della fattispecie concreta dal giudice di merito, così come esposte nella pronuncia impugnata, cui spetta, in via esclusiva, il compito di individuare le fonti del proprio convincimento, di controllarne l ‘ attendibilità e la concludenza, di scegliere tra le complessive risultanze del processo quelle ritenute maggiormente idonee a dimostrare la veridicità dei fatti ad essi sottesi, dando così liberamente prevalenza all ‘ uno o all ‘ altro dei mezzi di prova acquisiti, salvo i casi tassativamente previsti dalla legge (cfr., ex plurimis , Cass. n. 40872 del 2021, in motiv.; Cass. n. 21098 del 2016; Cass. n. 27197 del 2011).
2.24. Il compito di questa Corte, in effetti, non è quello di condividere o non condividere la ricostruzione dei fatti contenuta nella decisione impugnata né quello di procedere ad una rilettura degli elementi di fatto posti a fondamento della decisione, al fine di sovrapporre la propria valutazione delle prove a quella compiuta dai giudici di merito (Cass. n. 3267 del 2008), anche se il ricorrente prospetta (con le prove ammesse ovvero offerte) un migliore e più appagante (ma pur sempre soggettivo) coordinamento dei dati fattuali acquisiti in giudizio (Cass. n. 12052 del 2007), dovendo, invece, solo controllare se costoro abbiano dato effettivamente conto, in ordine ai fatti storici rilevanti in causa, delle ragioni del relativo apprezzamento,
come imposto dall ‘ art. 132 n. 4 c.p.c., e se tale motivazione sia solo apparente ovvero perplessa o contraddittoria (ma non più se sia sufficiente: Cass. SU n. 8053 del 2014), e cioè, in definitiva, se il loro ragionamento probatorio, qual è reso manifesto nella motivazione del provvedimento impugnato in ordine all ‘ accertamento dei fatti storici rilevanti ai fini della decisione sul diritto azionato, si sia mantenuto, come in effetti è accaduto nel caso in esame, nei limiti del ragionevole e del plausibile (Cass. n. 11176 del 2017, in motiv.).
2.25. La sentenza impugnata, in effetti, dopo aver valutato le prove raccolte in giudizio ed (implicitamente) escluso quelle (asseritamente contrarie) invocate dall ‘ appellante, ha ritenuto, motivando il proprio convincimento sul punto in modo non apparente, perplesso o contraddittorio, che l ‘ opponente, nella qualità di socia della società opposta, era, come tale, obbligata a contribuire, fino al momento in cui avesse conservato tale qualità, alle spese ‘ per l ‘ uso dei beni sociali ‘ e per i servizi ‘ di gestione e manutenzione ‘ degli stessi nella misura periodicamente e proporzionalmente determinata dal consiglio di amministrazione.
2.26. Si tratta, com’è evidente, di un apprezzamento in fatto che non risulta utilmente censurato (nell ‘ unico modo possibile), e cioè, a norma dell ‘ art. 360 n. 5 c.p.c., per avere il giudice di merito supposto l ‘ inesistenza (o, per converso, l ‘ esistenza) di uno o più fatti storici, principali o secondari, controversi tra le parti, la cui esistenza, (o, rispettivamente, inesistenza) sia risultata con certezza (come doverosamente esposto in ricorso ed emergente dagli atti allo stesso allegati nel rigoroso rispetto degli artt. 366 n. 6 e 369 n. 4 c.p.c.) dal testo della sentenza stessa o (più probabilmente) dagli atti processuali ed aventi carattere decisivo ai fini della soluzione della
contro
versia (nel senso che, ove percepiti o, rispettivamente, esclusi, avrebbero senz ‘ altro imposto al giudice di merito di ricostruire la vicenda storica in termini tali da integrare il fondamento della domanda proposta o dell ‘ eccezione invocata nel giudizio di merito dalla parte poi ricorrente).
2.27. Ed una volta che il giudice di merito ha ritenuto, in fatto (non importa se a torto o a ragione), che fosse emersa in giudizio la prova sia dello status di socio in capo all ‘ opponente, sia del suo obbligo di contribuire, nella misura periodicamente determinata dal consiglio di amministrazione, alle spese di gestione dei posti-barca, (così prendendo in esame, pur senza dar conto di tutte le risultanze istruttorie asseritamente acquisite in giudizio, il fatto storico rilevante ai fini della decisione sulla domanda proposta dall ‘ opponente, e cioè l ‘ assunzione dello status di socio e il corrispondente obbligo di contribuire alle spese di gestione della società), non si presta, evidentemente, a censure, per violazione di norme di legge, la decisione che la corte d’appello ha conseguentemente assunto, e cioè l ‘ accoglimento della domanda della società opposta in quanto volta, appunto, ad ottenere la condanna dell ‘ opponente al pagamento delle somme corrispondenti a tale obbligazione.
Il ricorso è, dunque, infondato e dev’essere, quindi, respinto.
Le spese del giudizio seguono la soccombenza e sono liquidate in dispositivo.
La Corte dà atto che sussistono i presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, ai sensi dell ‘ art. 13, comma 1quater del d.P.R. n. 115/2002, nel testo introdotto dall ‘ art. 1, comma 17, della l. n. 228/2012, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, in misura pari a quello
dovuto per il ricorso, a norma del comma 1 bis dello stesso art. 13.
P.Q.M.
La Corte così provvede: rigetta il ricorso; condanna la ricorrente a rimborsare alla controricorrente le spese del giudizio, che liquida nella somma di €. 2.200,00, di cui €. 200,00 per esborsi, oltre spese generali nella misura del 15% e accessori di legge; dà atto che sussistono i presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, ai sensi dell ‘ art. 13, comma 1quater del d.P.R. n. 115/2002, nel testo introdotto dall ‘ art. 1, comma 17, della l. n. 228/2012, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, in misura pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1 bis dello stesso art. 13.
Così deciso a Roma, nella camera di consiglio della Prima