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Spese consulenza tecnica: chi paga nella divisione?

La Corte di Cassazione ha affrontato un caso di divisione immobiliare tra due fratelli, respingendo i motivi relativi all’indivisibilità del bene e alla costituzione di una servitù. Ha però accolto il ricorso sul punto cruciale delle spese di consulenza tecnica, stabilendo che queste devono essere ripartite tra tutti i condividenti in proporzione alle loro quote, poiché sostenute nell’interesse comune della massa da dividere, e non addebitate a una sola parte.

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Spese Consulenza Tecnica nella Divisione: La Cassazione Chiarisce la Ripartizione

Quando si affronta una causa per la divisione di un immobile, sorgono spesso questioni complesse, non solo sulla modalità di frazionamento ma anche sulla ripartizione dei costi. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ha fatto luce su un aspetto cruciale: la corretta attribuzione delle spese di consulenza tecnica (CTU), stabilendo un principio fondamentale per la tutela di tutti i condividenti.

I Fatti del Caso: La Divisione Contesa tra Fratelli

La vicenda riguarda due fratelli comproprietari di un compendio immobiliare composto da un’abitazione e un’area scoperta. Mentre il tribunale di primo grado aveva negato la possibilità di una comoda divisione del bene, la Corte d’Appello aveva ribaltato la decisione. Con una prima sentenza non definitiva, aveva affermato la divisibilità del compendio e, successivamente, con una sentenza definitiva, aveva attribuito le porzioni divise come individuate da un consulente tecnico.

Tuttavia, la Corte d’Appello aveva posto le spese di lite per due terzi a carico di uno dei fratelli e, soprattutto, gli aveva addebitato per intero le spese delle consulenze tecniche svolte in entrambi i gradi di giudizio. Insoddisfatto, quest’ultimo ha proposto ricorso in Cassazione.

L’Appello in Cassazione: Tre Motivi di Ricorso

Il ricorrente ha basato la sua impugnazione su tre motivi principali:
1. Erronea valutazione della comoda divisibilità: Sosteneva che la divisione avrebbe pregiudicato delle servitù preesistenti e richiesto modifiche alla sua proprietà esclusiva.
2. Omissione di pronuncia: Lamentava che la Corte non si fosse espressa sulla costituzione di una servitù di prelievo d’acqua da un pozzo a favore della sua porzione.
3. Violazione delle norme sulla ripartizione delle spese: Contestava l’addebito integrale delle spese di consulenza tecnica, sostenendo che dovessero gravare sulla massa comune da dividere.

La Decisione sulla Divisibilità e le Servitù

La Cassazione ha rigettato i primi due motivi. Sul primo, ha chiarito che la divisione di un fondo servente non modifica né estingue le servitù esistenti, che continuano ad essere esercitate come prima. Inoltre, ha sottolineato che la sentenza impugnata si limitava a distribuire le porzioni senza imporre opere o modifiche alle proprietà esclusive.

Anche il secondo motivo è stato ritenuto infondato. I giudici hanno spiegato che, in un giudizio di divisione, le servitù non vengono create da una pronuncia del giudice, ma sorgono ex lege (per legge) per “destinazione del padre di famiglia” se ne ricorrono i presupposti oggettivi. Il provvedimento di divisione è solo l’evento giuridico che ne determina la nascita.

Le Motivazioni: La Ripartizione delle Spese di Consulenza Tecnica

Il punto centrale e decisivo della pronuncia riguarda il terzo motivo, che è stato accolto. La Corte di Cassazione ha affermato un principio consolidato: nel procedimento divisorio, le spese per la consulenza tecnica d’ufficio sono sostenute nell’interesse comune di tutti i condividenti.

La prestazione del consulente è finalizzata ad aiutare il giudice nella valutazione di elementi tecnici complessi, un’attività che va a beneficio di tutte le parti coinvolte nel processo di divisione e della giustizia stessa. Pertanto, tali costi non possono essere considerati come spese di lite da attribuire alla parte “soccombente”, ma devono essere posti a carico della massa comune. Di conseguenza, vanno ripartiti tra i condividenti in ragione delle rispettive quote di proprietà.

Conclusioni: Un Principio Fondamentale per le Cause di Divisione

L’ordinanza ribadisce un principio di equità e correttezza procedurale. Le spese di consulenza tecnica in una causa di divisione non sono un’arma processuale, ma uno strumento necessario per giungere a una corretta e giusta ripartizione del bene comune. Addebitarle a una sola parte sarebbe contrario alla logica stessa del procedimento divisorio, che mira a sciogliere una comunione nell’interesse di tutti i suoi partecipanti. La decisione della Cassazione, cassando la sentenza d’appello su questo punto e decidendo nel merito, ha ripristinato questo equilibrio, stabilendo che i costi della CTU fossero divisi a metà tra i due fratelli, in conformità con le loro quote di comproprietà.

La divisione di un terreno su cui grava una servitù modifica o estingue la servitù stessa?
No, la divisione del fondo servente non modifica le precedenti modalità di esercizio della servitù, la quale permane così come era esercitata in precedenza.

In una causa di divisione, le spese della consulenza tecnica (CTU) possono essere addebitate a una sola parte?
No, di regola le spese di consulenza tecnica sono sostenute nell’interesse comune di tutti i condividenti e devono essere poste a carico della massa, venendo poi ripartite tra le parti in base alle rispettive quote.

Come si costituisce una servitù in un giudizio di divisione se il giudice non si pronuncia esplicitamente?
La servitù non viene costituita dal provvedimento del giudice, ma sorge automaticamente per legge (ex lege) secondo lo schema della “destinazione del padre di famiglia”, se esistono i presupposti di fatto (come la visibilità delle opere), essendo la divisione l’atto giuridico che ne determina la nascita.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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