Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 14407 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 2 Num. 14407 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 23/05/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 10590/2018 R.G. proposto da:
COGNOME NOME, elettivamente domiciliata in INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE) che la rappresenta e difende unitamente all’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE); -ricorrente- contro
RAGIONE_SOCIALE, elettivamente domiciliata in INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE) che la rappresenta e difende unitamente agli avvocati COGNOME (CODICE_FISCALE), COGNOME NOME (CODICE_FISCALE), COGNOME NOME (CODICE_FISCALE);
avverso la SENTENZA della CORTE D’APPELLO di VENEZIA n. 2127/2017, depositata l ‘ 11/09/2017. Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 15/02/2024
dal Consigliere NOME COGNOME.
PREMESSO CHE
RAGIONE_SOCIALE conveniva in giudizio davanti al Tribunale di Rovigo AVV_NOTAIO, chiedendo che fosse condannata a pagare euro 3.447,01, a titolo di spese di mantenimento e gestione degli impianti e dei servizi di interesse comune per gli anni 2006, 2007 e 2008.
L’attrice deduceva che la COGNOME aveva acquistato un immobile sull’isola di RAGIONE_SOCIALE nel 1981 e che era tenuta al pagamento della somma quale contributo per le spese di gestione del supercondominio, amministrato dall’RAGIONE_SOCIALE. La convenuta, costituendosi, contestava la domanda, in quanto al rogito d’acquisto non erano allegati i patti relativi al mantenimento del supercondominio e l’atto di trasferimento degli immobili da RAGIONE_SOCIALE, originaria proprietaria dell’intero compendio, all’RAGIONE_SOCIALE era affetto da nullità formale, configurando una donazione.
Con sentenza n. 164/2015 il Tribunale di Rovigo accoglieva la domanda attorea.
La sentenza veniva impugnata dalla RAGIONE_SOCIALE.
La Corte d’appello di Venezia rigettava il gravame con la sentenza n. 2127/2017.
La Corte lagunare, dopo avere rilevato come l’appellante non contestasse di dovere contribuire alle spese supercondominiali, limitandosi a precisare che detto obbligo sarebbe contenuto nei limiti di lire 300.000, ha osservato come nel rogito d’acquisto, che riprendeva una previsione contenuta in tutti i precedenti titoli
attraverso i quali l’immobile era pervenuto all’appellante, si legge che la parte acquirente acquista ‘quota in comproprietà sulle parti comuni consortili o supercondominiali dell’intero complesso RAGIONE_SOCIALE di RAGIONE_SOCIALE, che in via indicativa sono strade, rete di distribuzione idrica, rete di distribuzione energia elettrica, reti di raccolta fognatura con eventuali impianti di depurazione, aree destinate a verde non attrezzate, arginature opere di protezione a mare’, nonché acquista ‘quote di comproprietà attualmente in uso al privato e trasferibili in tempi successivi al privato stesso dalla RAGIONE_SOCIALE o dall’RAGIONE_SOCIALE‘; alla luce del tenore testuale della clausola, ha rilevato il giudice d’appello, deve ritenersi che la COGNOME al momento dell’acquisto fosse consapevole di entrare a fare parte di un compendio edilizio complesso e di avere acquistato anche la comproprietà delle parti comuni consortili o supercondominiali dell’intero complesso RAGIONE_SOCIALE di RAGIONE_SOCIALE; l’obbligazione dedotta in giudizio andava, quindi, ad avviso del giudice d’appello, ricondotta alla categoria delle c.d. obbligazioni propter rem , cioè aa quella di oneri che gravano sul soggetto passivo, in quanto proprietario del bene che fruisce delle prestazioni condominiali; la Corte d’appello ha,, poi respinto il motivo di gravame che afferiva al difetto di legittimazione passiva dell’appellante, in quanto non socia dell’RAGIONE_SOCIALE, dato che risultava dagli atti che l’RAGIONE_SOCIALE era divenuta l’amministratore dei beni supercondominiali.
Avverso la sentenza di appello ha proposto ricorso per cassazione la NOME.
Ha resistito con controricorso l’RAGIONE_SOCIALE, che anche depositato memoria.
CONSIDERATO CHE
Il ricorso è articolato in quattro motivi.
I primi tre motivi sono tra loro strettamente connessi e ne è, pertanto, opportuna la trattazione congiunta.
Il primo motivo denuncia nullità della sentenza impugnata ai sensi dell’art. 360, n. 4 c.p.c. in relazione al disposto degli artt. 112 e 345 c.p.c., sul presupposto che il giudice d’appello avrebbe gravemente violato i principi di corrispondenza tra chiesto e pronunciato e del tantum devolutum quantum appellatum : la Corte d’appello avrebbe, infatti, erroneamente ritenuto che essa appellante non avesse contestato l’ an , ma unicamente il quantum delle pretese di parte appellata, attrice in primo grado.
Il secondo motivo lamenta nullità della sentenza impugnata in relazione al disposto degli artt. 112 e 115 c.p.c., per avere la Corte d’appello ritenuto che la ricorrente fosse obbligata a versare i contributi all’associazione per il solo fatto di essere comproprietaria delle parti comuni supercondominiali; si specifica che mai l’RAGIONE_SOCIALE aveva dedotto che la ricorrente fosse comproprietaria delle parti comuni consortili o supercondominiali e anzi aveva pacificamente ammesso che il passaggio di proprietà di dette quote non era mai avvenuto; perciò, fondando la propria decisione sull’asserita comproprietà delle parti comuni, la Corte d’appello aveva violato ‘in un sol colpo’ tanto l’art. 112 quanto l’art. 115 c.p.c.
Il terzo motivo contesta falsa applicazione delle norme in materia di comunione e condominio degli edifici e in particolare degli artt. 1104 e 1123 c.c.: la Corte d’appello ha affermato che la legittimazione passiva della ricorrente discende dalla natura reale dell’obbligazione e dal fatto che, trattandosi di supercondominio, l’adesione allo stesso fosse superflua, posto che gli obblighi di contribuzione discendevano direttamente dal diritto di proprietà sui beni comuni, cosicché il presupposto di fatto su cui si fonda la sentenza è la comproprietà dei beni comuni e la natura di supercondominio dell’associazione che li gestisce, quando invece secondo la COGNOME -nel caso in esame mancavano i presupposti del supercondominio, trattandosi di consorzio costituito tra i proprietari
di immobili per la gestione delle parti e dei servizi comuni di una zona residenziale; il consorzio infatti, a differenza del condominio, appartiene alla categoria delle associazioni, con la conseguente rilevanza della volontà del singolo di partecipare o meno all’ente sociale.
Ritiene il collegio che i tre motivi sono infondati.
Come ha affermato questa Corte in una causa svoltasi tra le medesime parti in relazione a un diverso periodo temporale (Cass. n. 19942/2022), è necessario, innanzitutto, osservare come -indipendentemente dalla erroneità del passaggio della motivazione dell’impugnata sentenza laddove si sostiene che l’attuale ricorrente avesse, con l’atto di appello, contestato solo il quantum della contribuzione ex adverso pretesa, e non anche i presupposti ritenuti come legittimanti la relativa imposizione -emerga univocamente che la Corte d’appello ha preso in esame anche l’ an di tale pretesa, motivando sia sulla rilevanza della condizione proprietaria acquisita dalla RAGIONE_SOCIALE con riferimento all’RAGIONE_SOCIALE e al costituitosi supercondominio (che viene in essere ipso iure et facto , se il titolo non dispone altrimenti, senza, cioè, bisogno di apposite manifestazioni di volontà o altre esternazioni e tantomeno di approvazioni assembleari, cfr., tra le tante, Cass. n. 17332/2011 e Cass. n. 27094/2017), sia con riguardo alla valutazione del contenuto del contratto di acquisto della sua unità immobiliare, in relazione alla interpretazione della specifica clausola implicante l’assunzione degli obblighi riconducibili alla compartecipazione alle spese delle parti comuni. Pertanto, non si è venuta a configurare alcuna violazione dell’art. 112 c.p.c., né tantomeno la sentenza ha pronunciato su una questione nuova (ossia estranea al thema decidendum ), decidendo la causa in sede di gravame apprezzando correttamente le risultanze probatorie acquisite, non incorrendo così nemmeno nella denunciata violazione dell’art. 115 c.p.c. Oltretutto, con i motivi in discorso, la ricorrente non ha prospettato
alcuna specifica violazione di appositi criteri ermeneutici, né violazioni di legge attinenti alla possibile insussistenza della costituzione del supercondominio, avendo, peraltro, la Corte di appello, con la sentenza impugnata, individuato il fondamento dell’obbligo di contribuzione dell’attuale ricorrente nel suddetto contratto di acquisto.
In particolare, il giudice di appello ha basato la ratio della sua motivazione sull’individuazione degli specifici obblighi incombenti sulla AVV_NOTAIO sulla scorta della specifica clausola (contestata a torto dalla AVV_NOTAIO), evidenziando che, con l’acquisto della relativa unità immobiliare, ella aveva acquistato anche la quota in comproprietà sulle parti comuni consortili o supercondominiali dell’intero complesso RAGIONE_SOCIALE di RAGIONE_SOCIALE, nonché le quote di comproprietà, all’epoca in uso al privato e trasferibili in tempi successivi allo stesso dall’RAGIONE_SOCIALE
In tal senso, quindi, il giudice di secondo grado si è correttamente uniformato al condivisibile orientamento giurisprudenziale di questa Corte (v. Cass. n. 18560/2016 e Cass. n. 14440/2019), in virtù del quale, in tema di consorzi di urbanizzazione, deve ritenersi lecito il meccanismo di adesione al consorzio predisposto dall’autonomia privata, che si attua attraverso la semplice stipulazione del contratto di compravendita di una unità immobiliare ricadente nel comprensorio, essendo tale adesione -alla quale si ricollega l’assunzione dei corrispondenti obblighi dell’aderente -contemplata sia da una clausola statutaria, che implica il preventivo assenso degli altri proprietari di immobili partecipanti al consorzio, sia dallo stesso atto di trasferimento immobiliare, espressione della volontà di partecipare al consorzio del nuovo acquirente.
Legittimamente, quindi, la Corte di appello ha statuito che, essendo divenuta la COGNOME già comproprietaria delle parti comuni, di cui aveva già ricevuto la quota con l’atto di acquisto del 27
febbraio 1981, era destinata -per l’acquisizione ab initio di tale qualità -a diventare anche comproprietaria delle ulteriori parti comuni che sarebbero venute a far parte del complesso condominiale (e trasferibili in tempi successivi), come, per l’appunto, previsto dalla clausola specificamente esaminata.
B) Il quarto motivo denuncia violazione dell’art. 1372 c.c., deucendosi che la Corte d’appello avrebbe ritenuto che sulla ricorrente gravasse un’obbligazione propter rem per il solo fatto di essere proprietaria del bene che fruiva delle prestazioni condominiali, mentre in altri passi della motivazione il giudice aveva fatto riferimento alla comproprietà delle parti comuni.
Il motivo è infondato.
Non sussiste la violazione dell’art. 1372 c.c. poiché – come già precisato e come ha sottolineato questa Corte nel precedente sopra richiamato – il fondamento giustificativo degli obblighi contributivi in capo alla AVV_NOTAIO è stato esattamente rinvenuto negli effetti legali derivanti dal contratto di acquisto, con la conseguente acquisizione di tutti gli inerenti diritti e obblighi specificamente elencati, emergendo la volontà dei contraenti di assoggettare il contraente aderente a tutti i complessi rapporti in corso fra il proprietario dell’unità immobiliare individuale oggetto di compravendita e il soggetto gestore dei beni comuni condominiali e supercondominiali, compreso quello futuro che sarebbe subentrato all’RAGIONE_SOCIALE ed ad RAGIONE_SOCIALE e, quindi, anche con riguardo al futuro ammontare dovuto a titolo di corrispettivo per l’uso delle relative quote supercondominiali, per quanto espressamente previsto proprio nel citato contratto di acquisto.
II. Il ricorso va, pertanto, integralmente rigettato.
Le spese, liquidate in dispositivo, seguono la soccombenza.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater del d.P.R. n. 115/ 2002, si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, di un ulteriore importo a
titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso a norma del comma 1 -bis dello stesso art. 13, se dovuto.
P.Q.M .
La Corte rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese del giudizio in favore della controricorrente, che liquida in euro 2.700,00, di cui euro 200 per esborsi, oltre spese generali (15%) e accessori di legge.
Dà atto della sussistenza, ex art. 13, comma 1 -quater del d.P.R. n. 115/2002, dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso a norma del comma 1 -bis dello stesso art. 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della seconda