Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 20971 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 2 Num. 20971 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 23/07/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 5023/2019 R.G. proposto da:
COGNOME elettivamente domiciliato in ROMA INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato COGNOME NOME, difeso personalmente ex art. 86 c.p.c.
-ricorrente-
contro
CONDOMINIO INDIRIZZO PALERMO, elettivamente domiciliato in ROMA INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato COGNOME che lo rappresenta e difende
-controricorrente-
avverso la SENTENZA della CORTE D’APPELLO di PALERMO n. 1772/2018 depositata il 11/09/2018.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 03/04/2025 dal Consigliere NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
1.L’avvocato NOME COGNOME ha proposto ricorso articolato in cinque motivi avverso la sentenza n. 1772/2018 della Corte d’appello di Palermo, depositata l’11 settembre 2018.
Resiste con controricorso il Condominio di INDIRIZZO di Palermo. Le parti hanno depositavo memorie.
-La Corte d’appello di Palermo ha respinto il gravame del condomino avvocato COGNOME contro la sentenza n. 3461/2015 del Tribunale di Palermo, la quale aveva rigettato l’opposizione al decreto ingiuntivo intimato dal Condominio di INDIRIZZO avente ad oggetto la riscossione di contributi condominiali dell’importo di € 15.099,94.
La Corte d’appello ha affermato che il COGNOME era comproprietario di metà dell’immobile sito nel Condominio di INDIRIZZO in comunione con la moglie, e che il credito azionato in sede monitoria trovasse fondamento nella deliberazione di approvazione del rendiconto 2010/2011 adottata dall’assemblea in data 15 giugno 2012 e recante la ripartizione dei lavori straordinari eseguiti in forza di precedente delibera del 7 aprile 2011. I giudici di appello hanno poi affermato di non poter sindacare la validità di tale delibera nel giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1.- Va superata l’eccezione pregiudiziale del controricorrente in ordine alla inammissibilità del ricorso, dovendo verificarsi in relazione ad ogni singolo motivo l’osservanza di quanto prescritto dall’art. 366, comma 1, nn. 4) e 6), c.p.c., in termini di sufficiente specificità, completezza e riferibilità del motivo alla decisione impugnata, nonché di analitica indicazione delle parti rilevanti dei documenti sui quali la singola censura si fonda.
-Il primo motivo di ricorso denuncia la violazione e falsa applicazione degli artt. 1117, 1135, 1136, 1137, 1421 e 2697 c.c., avendo la Corte d’appello errato nel ritenere fondato il credito azionato in via monitoria dal Condominio in base al bilancio 2011, approvato con delibera assembleare del 15 giugno 2012, senza avere verificato anche d’ufficio -la validità di quest’ultima. Si deduce che la precedente delibera di approvazione dei lavori straordinari del 7 aprile 2011 ricomprendesse anche la realizzazione di interventi di rifacimento della pavimentazione dei balconi e di una terrazza di proprietà esclusiva del ricorrente, con conseguente nullità.
Il secondo motivo di ricorso deduce la violazione e falsa applicazione dell’art. 2697 c.c., avendo errato la Corte d’appello nel ritenere che il Condominio avesse assolto l’onere di provare il credito azionato in via monitoria con la mera produzione del bilancio 2011, approvato nella delibera assembleare del 15 giugno 2012, nonché della delibera del 7 aprile 2011.
2.1. -I primi due motivi di ricorso possono esaminarsi congiuntamente e vanno respinti.
Nel giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo concernente il pagamento di contributi per spese, il condominio soddisfa l’onere probatorio su esso gravante con la produzione del verbale dell’assemblea condominiale in cui sono state approvate le spese, nonché dei relativi documenti (Cass. n. 15696 del 2020).
La delibera condominiale di approvazione della spesa costituisce, così, titolo sufficiente del credito del condominio e legittima non solo la concessione del decreto ingiuntivo, ma anche la condanna del condomino a pagare le somme nel processo oppositorio a cognizione piena ed esauriente, il cui ambito è ristretto alla verifica della (perdurante) esistenza della deliberazione assembleare di approvazione della spesa e di ripartizione del relativo onere.
Dall’approvazione del rendiconto annuale dell’amministratore, pertanto, per effetto della vincolatività tipica dell’atto collegiale stabilita dal primo comma dell’art. 1137 c.c., discende l’insorgenza, e quindi anche la prova, dell’obbligazione in base alla quale ciascuno dei condomini è tenuto a contribuire alle spese ordinarie per la conservazione e la manutenzione delle parti comuni dell’edificio o per la prestazione dei servizi nell’interesse comune (Cass. n. 11981 del 1992).
Correggendo parzialmente la motivazione della sentenza impugnata, occorre precisare che, alla stregua dei principi enunciati nella sentenza Cass. Sez. Unite n. 9839 del 2021, nel giudizio di opposizione al decreto ingiuntivo emesso per la riscossione di contributi condominiali, il giudice può sindacare sia la nullità dedotta dalla parte o rilevata d’ufficio della deliberazione assembleare posta a fondamento dell’ingiunzione, sia l’annullabilità di tale deliberazione, a condizione che quest’ultima sia dedotta mediante apposita domanda riconvenzionale di annullamento contenuta nell’atto di citazione, ai sensi dell’art. 1137, comma 2, c.c.
Effettivamente è nulla la deliberazione assembleare che abbia ad oggetto l’approvazione delle opere ed il riparto delle spese inerenti a manutenzione straordinaria, riparazioni o ricostruzione delle parti di proprietà esclusiva, trattandosi di affari che non rientrano tra le attribuzioni dell’assemblea condominiale (da ultimo, Cass. n. 5528 del 2025; Cass. n. 16760 del 2024).
Tuttavia, il principio per cui il giudice, anche d’appello, ha il potere -dovere di rilevare (anche d’ufficio, e quindi in difetto di un’espressa deduzione di parte) la nullità di una deliberazione condominiale suppone che la stessa emerga dagli atti ritualmente acquisiti al processo. Ne consegue che chi, in sede di legittimità, lamenti il mancato rilievo ufficioso della menzionata invalidità deve specificare,
agli effetti dell’art. 366, comma 1, n. 6, c.p.c., quali atti e documenti, prodotti nei pregressi gradi del giudizio di merito e sottoposti alla discussione in contraddittorio, lasciassero emergere gli elementi idonei ad indurre il giudice a ravvisare detta nullità (nella specie, come visto, per aver riguardato le spese rendicontate lavori svolti su beni di proprietà esclusiva).
2.2. -A ciò si aggiunga che, come eccepito dal Condominio di INDIRIZZO nella memoria ex art. 380bis .1 c.p.c. depositata il 18 marzo 2025, per effetto del decreto di estinzione n. 4506 del 2025 reso ai sensi dell’art. 380 -bis c.p.c., è passata in giudicato inter partes la sentenza n. 884/2024 della Corte di appello di Palermo, pubblicata il 21 maggio 2024, che aveva rigettato, fra l’altro, l’impugnazione ex art. 1137 c.c. della delibera del 7 aprile 2011 di approvazione dei lavori straordinari e del relativo riparto, con conseguente formazione di un giudicato sulla ‘ non nullità’ della stessa (Cass. Sez. Un. n. 26242 del 2014).
3. -Il terzo motivo di ricorso deduce la violazione e falsa applicazione dell’art. 1175 c.c., per non avere la Corte d’appello ritenuto inammissibile o improcedibile la pretesa monitoria del Condominio, proposta in violazione dei principi di correttezza e buona fede. La tesi del ricorrente poggia sull’assunto dell’illegittimo frazionamento del medesimo credito unitario in più procedimenti monitori, avendo il Condominio richiesto, prima di quello qui opposto, altri due decreti ingiuntivi, uno nei soli confronti della comproprietaria del ricorrente, signora NOME COGNOME ed altro nei confronti di entrambi i coniugi, tutti relativi alle spese per i lavori di ristrutturazione, ragion per cui il Condominio resistente avrebbe potuto (anzi avrebbe dovuto) richiedere l’emissione di un unico decreto ingiuntivo nei confronti di entrambi i comproprietari (Di COGNOME/Fiore) per l’intera
somma oggetto della delibera medesima, anziché frazionarla in due diversi procedimenti monitori.
3.1. -Il terzo motivo di ricorso è infondato.
I comproprietari di un’unità immobiliare sita in condominio sono tenuti in solido, nei confronti del condominio medesimo, al pagamento degli oneri condominiali, sicché non è configurabile un indebito frazionamento di pretese ove il condominio agisca per l’intero o pro quota nei confronti di uno o di entrambi i debitori.
Non essendo poi stato soddisfatto per intero, a seguito della procedura esecutiva intrapresa in base al primo decreto ingiuntivo n. 3761/2011, il credito vantato dal Condominio, è rilevabile l’interesse oggettivo dello stesso a sperimentare una nuova domanda monitoria per l’importo documentato nel rendiconto 2010/2011 approvato con la delibera del 15 giugno 2012.
– Il quarto motivo di ricorso lamenta la violazione dell’art. 112 c.p.c., avendo la Corte di Palermo omesso di pronunciare sul motivo di appello relativo alla natura parziaria dell’obbligazione gravante sui condomini/comproprietari COGNOME e COGNOME
4.1. -Anche questo motivo deve essere respinto, essendo prima facie infondata la domanda in ordine alla quale si deduce l’omessa pronuncia.
Per costante orientamento di questa Corte, come già accennato a proposito del terzo motivo di ricorso, i comproprietari di un’unità immobiliare sita in condominio sono tenuti in solido, nei confronti del condominio medesimo, al pagamento degli oneri condominiali, sia perché detto obbligo di contribuzione grava sui contitolari della porzione come cosa unica, sia in virtù del principio generale dettato dall’art. 1294 c.c. Tale orientamento non contraddice il principio enunciato da Cass Sez. Unite n. 9148 del 2008, riguardando questa sentenza la diversa problematica delle obbligazioni contratte dal
rappresentante del condominio verso i terzi e non la questione se le obbligazioni dei comproprietari inerenti alle spese condominiali ricadano o meno nella disciplina del condebito ad attuazione solidale (Cass. n. 33039 del 2018; n. 14530 del 2017; Cass. n. 21907 del 2011).
5. -Infine, il quinto motivo di ricorso deduce la violazione e falsa applicazione del d.m. n. 55 del 2014, avendo la Corte di Palermo rigettato il motivo di appello relativo alla errata quantificazione delle spese del giudizio di primo grado (€ 4.200,00 per compensi e anticipazioni, oltre IVA e CPA e spese generali come per legge). Si sarebbe trattato di somma sproporzionata rispetto al valore della causa, liquidata senza tener conto della natura e dell’oggetto della controversia, e senza neppure considerare che nel corso del giudizio di primo grado era mancata del tutto una ‘fase istruttoria’.
5.1. -Anche questo motivo è infondato.
L’importo di € 4.200,00 liquidato per le spese del giudizio di primo grado risulta anche inferiore ai ‘valori medi’ indicati per lo scaglione 5.201 – 26.000 dal d.m. n. 55 del 2014, applicabile ratione temporis . Il ricorrente non indica nemmeno quali specifiche voci del compenso sarebbero state liquidate in misura eccessiva rispetto ai parametri normativi. Peraltro, ai fini della liquidazione del compenso spettante al difensore per la fase istruttoria, rilevano non solo l’espletamento di prove orali e di ctu, ma anche le ulteriori attività difensive che l’art. 4, comma 5, lett. c), del d.m. n. 55 del 2014 include in detta fase, tra cui pure le richieste di prova e le memorie illustrative o di precisazione o integrazione delle domande già proposte (tra le tante, Cass. n. 4698 del 2019; n. 20993 del 2020; n. 28627 del 2023).
6. – Il ricorso va perciò rigettato.
Segue la condanna del ricorrente a rimborsare al controricorrente le spese del giudizio di cassazione nell’importo liquidato in dispositivo.
Sussistono i presupposti processuali per il versamento -ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater, del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115 -, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per l’impugnazione, se dovuto.
P. Q. M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente a rimborsare al controricorrente le spese sostenute nel giudizio di cassazione, che liquida in complessivi € 3.200,00, di cui € 200,00 per esborsi, oltre a spese generali e ad accessori di legge.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater del D.P.R. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1bis dello stesso articolo 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della 2 Sezione civile