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Spese 696-bis: risarcimento o spese giudiziali?

Una società di arredamenti, sebbene vittoriosa in una consulenza tecnica preventiva, si è vista negare il rimborso delle spese legali come danno. La Cassazione ha dichiarato inammissibile il suo ricorso, sottolineando che l’appello non aveva contestato la motivazione centrale del giudice di merito: era stata la stessa società a rendere necessario il procedimento giudiziario, avendo precedentemente rifiutato un tentativo di mediazione. Questo comportamento ha influenzato la decisione sulle spese 696-bis, qualificandole come spese processuali e non come danno risarcibile.

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Pubblicato il 16 ottobre 2025 in Diritto Civile, Giurisprudenza Civile, Procedura Civile

Spese 696-bis: quando sono un danno risarcibile e quando spese legali?

La gestione delle spese 696-bis, ovvero i costi sostenuti per una Consulenza Tecnica Preventiva, rappresenta un tema cruciale nelle controversie civili. Questi costi sono da considerarsi un danno da risarcire o rientrano nelle normali spese processuali? Un’ordinanza della Corte di Cassazione fa luce sulla questione, evidenziando come il comportamento pre-processuale delle parti possa essere determinante. Analizziamo insieme questo interessante caso.

Il caso: una cucina difettosa e la questione delle spese

La vicenda ha origine dalla contestazione di un cliente riguardo alla rottura di un piano di lavoro di una cucina appena acquistata. Per accertare le responsabilità, il cliente avviava una Consulenza Tecnica Preventiva ai sensi dell’art. 696-bis c.p.c. La perizia si concludeva a favore della società venditrice, escludendone ogni responsabilità.

A seguito di ciò, la società chiedeva al cliente il rimborso delle spese sostenute per difendersi nel procedimento, quantificate in circa 1.760 euro, sostenendo che si trattasse di un danno subito ingiustamente. Se in primo grado il Giudice di Pace aveva accolto questa tesi, il Tribunale, in sede di appello, ribaltava la decisione. Secondo il Tribunale, non si trattava di un danno risarcibile, ma di spese processuali. La motivazione chiave, però, risiedeva in un dettaglio fondamentale: la società venditrice aveva precedentemente rifiutato, senza un valido motivo, l’invito del cliente a partecipare a un procedimento di mediazione presso la Camera di Commercio, procedimento che le stesse condizioni generali di vendita della società prevedevano come onere per poter adire l’autorità giudiziaria. Questo rifiuto, secondo il Tribunale, aveva di fatto costretto il cliente ad avviare la procedura giudiziaria, con costi maggiori.

La decisione della Cassazione sulle spese 696-bis

La società venditrice ha proposto ricorso in Cassazione, lamentando una violazione di legge e insistendo sul fatto che le spese 696-bis dovessero essere considerate un danno da risarcire, dato che era risultata vittoriosa nel merito dell’accertamento tecnico.

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza in esame, ha dichiarato il ricorso inammissibile. Questa decisione non entra nel merito della natura delle spese, ma si concentra su un vizio fondamentale del ricorso stesso.

Le motivazioni: perché il ricorso è stato dichiarato inammissibile

La ratio decidendi della pronuncia risiede nel fatto che il ricorso della società non ha in alcun modo contestato il punto centrale della motivazione del Tribunale. La Corte ha spiegato che il Tribunale non si era limitato a qualificare le spese come ‘giudiziali’ anziché ‘danno’, ma aveva fondato la sua decisione sul comportamento precedente della società stessa. Il rifiuto ingiustificato di partecipare alla mediazione, prevista contrattualmente, era stato l’elemento che aveva reso necessario il successivo e più costoso procedimento di consulenza tecnica.

Il ricorso in Cassazione, ignorando completamente questa argomentazione, si è rivelato inidoneo a scalfire la pronuncia d’appello, che è così passata in giudicato. In altre parole, la società ha criticato un aspetto della sentenza di secondo grado senza affrontare la vera ragione per cui aveva perso. Questo rende il motivo di ricorso non pertinente e, di conseguenza, inammissibile.

Conclusioni: implicazioni pratiche sulla gestione delle spese legali

Questa ordinanza offre spunti di riflessione molto importanti. Innanzitutto, ribadisce un principio fondamentale del processo: un ricorso per cassazione deve attaccare la specifica ratio decidendi della sentenza impugnata. Omettere di contestare il nucleo argomentativo del giudice di merito porta inevitabilmente all’inammissibilità.

In secondo luogo, e più specificamente sul tema delle spese 696-bis, emerge con chiarezza che il comportamento tenuto dalle parti prima ancora di entrare in un’aula di tribunale ha un peso significativo. Rifiutare ingiustificatamente strumenti di risoluzione alternativa delle controversie, come la mediazione, specialmente se previsti da contratto, può avere conseguenze dirette sulla ripartizione finale delle spese legali, anche in caso di esito favorevole nel merito. La parte che costringe l’altra a un’azione giudiziaria a causa della propria intransigenza potrebbe non vedersi rimborsare integralmente le spese, poiché queste non sono viste come un ‘danno’ causato da un atto illecito altrui, ma come una conseguenza del proprio stesso comportamento.

Le spese sostenute per una consulenza tecnica preventiva (art. 696-bis c.p.c.) sono considerate un danno risarcibile?
No, secondo la sentenza di merito confermata dalla Cassazione, tali spese hanno natura di spese giudiziali e non di danno risarcibile, specialmente se il procedimento è stato reso necessario dal comportamento della parte che poi ne chiede il rimborso.

Cosa rende un ricorso in Cassazione inammissibile?
Un ricorso è inammissibile quando non contesta la specifica ragione giuridica (ratio decidendi) su cui si fonda la decisione del giudice precedente. Se l’impugnazione si concentra su aspetti secondari ignorando il nucleo della motivazione, non può essere esaminata nel merito.

Il comportamento pre-processuale delle parti, come il rifiuto di una mediazione, può influenzare la decisione sulle spese legali?
Sì, assolutamente. La Corte ha confermato che il rifiuto ingiustificato di partecipare a un tentativo di conciliazione può essere un fattore decisivo per negare il rimborso delle spese legali alla parte che, pur risultando vittoriosa nel merito, ha contribuito con il suo comportamento a rendere necessaria l’azione giudiziaria.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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