Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 1595 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 1 Num. 1595 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME COGNOME
Data pubblicazione: 22/01/2025
sul ricorso 15169/2019 proposto da:
RAGIONE_SOCIALE rappresentata e difesa dall’avvocato NOME COGNOME
– ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE rappresentata e difesa dall’avvocato NOME COGNOME
– controricorrente –
avverso la sentenza della CORTE D’APPELLO di FIRENZE n. 534/2019 depositata il 7/03/2019;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 17/12/2024 dal Cons. Dott. NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
1. La Corte d’Appello di Firenze, con la sopra riportata sentenza, rigettandone il corrispondente atto di gravame, ha nuovamente respinto le domande articolate da RAGIONE_SOCIALE in danno della Banca Monte dei Paschi di Siena ed intese a far accertare, in relazione al contratto di mutuo corrente tra dette parti, l’usurarietà del saggio applicato agli interessi di mora e la violazione del divieto di anatocismo implicito nel piano di ammortamento “alla francese” adottato per il rimborso del mutuo.
In particolare, circa la prima statuizione, la Corte d’Appello ha inteso riportarsi al principio di simmetria, già enunciato dalle SS.UU. in relazione alla commissione di massimo scoperto e si è detta convinta, nel prendere le distanze da Cass. 27442/2018, ad avviso della quale il tasso soglia previsto dall’art. 2 l. 7 marzo 1986, n. 108 si rende applicabile anche agli interessi di mora, che, poiché l’accertamento in questione presuppone comunque un confronto tra patto contrattuale ed il tipo di operazione a cui il patto accede, analogamente al criterio enunciato per la c.m.s., «il tasso contrattuale degli interessi di mora dovrebbe compararsi autonomamente col tasso soglia maggiorato del 2,1%» oggetto delle rilevazioni statistiche periodicamente operate da Banca d’Italia ai fini dell’adozione dei decreti ministeriali previsti dall’art. 2, comma 1, l. 108/1996, sicché quello adottato nella specie non eccede il tasso soglia così determinato; circa la seconda statuizione il decidente, in replica delle tesi appellanti secondo cui l’ammortamento “alla francese” sarebbe fonte di indebita capitalizzazione e che era errato l’appello fatto al primo giudice al principio dell’imputazione dei pagamenti di cui all’art. 1194 cod. civ. in luogo del più pertinente richiamo all’art. 1283 cod. civ., ha inteso far rimarcare che nel mutuo “alla francese” «nel periodo successivo ad ogni loro scadenza,
gli interessi maturano non già sulla somma di capitale ed interessi, bensì sul solo capitale residuo (quindi al netto di capitale già rimborsato e dei precedenti interessi liquidati), di talché nessun interesse viene calcolato sugli interessi maturati nel periodo precedente con conseguenza insussistenza di anatocismo vietato dall’art. 1283 c.c.».
Il mezzo ora proposto dalla soccombente si fonda su due motivi, resistiti avversariamente dall’intimata con solo controricorso.
RAGIONI DELLA DECISIONE
2. Il primo motivo di ricorso -con cui si assume l’erroneità dell’impugnato pronunciamento per aver esso escluso l’usurarietà dei tassi di mora applicati al mutuo tra le parti, facendo ricorso alle rilevazioni statistiche operate dalla Banca d’Italia, quantunque le circolari in tal guisa da essa adottate non abbiano alcun effetto tra banche e clienti e non siano opponibili a questi ultimi ed il principio di simmetria, seppur in astratto coerente, non sia assumibile tout court, non bastando a legittimarlo appunto una semplice circolare, con la conseguenza che, come già affermato nel richiamato precedente delle Sezioni semplici di questa Corte, la maggiorazione applicata dal decidente costituisce un incremento arbitrario -ed il secondo motivo di ricorso -con cui si assume l’erroneità dell’impugnato pronunciamento per aver esso escluso la violazione del divieto di anatocismo nel rimborso del mutuo secondo l’ammortamento “alla francese”, quantunque l’anatocismo vada tenuto distinto dalla capitalizzazione, l’ammortamento alla francese dia corso ad una capitalizzazione degli interessi attuata in contrasto con le norme dettate a presidio della trasparenza bancaria e l’interesse maturi perciò in capitalizzazione composta e venga calcolato sul debito residuo maggiorato degli interessi, circostanze, queste, in ragione delle quali Corte d’Appello avrebbe dovuto
pronunciare ogni conseguente nullità -sebbene investano distinti capi della decisione, si prestano ad un comune giudizio di preliminare inammissibilità per chiara inottemperanza al principio di specificità del ricorso per cassazione.
3. Seppur qua e là la perorazione ricorrente mostra qualche fugace tratto di perscrutabilità, comunque pur sempre faticosa -per esempio laddove si dubita dell’efficacia vincolante delle istruzioni a mezzo delle quali Banca d’Italia provvede a raccogliere periodicamente l’andamento dei tassi praticati dagli operatori ai fini della loro comunicazione al MEF, a cui però si può replicare annotando la funzione eterointegrativa della norma primaria che il precetto testé citato conferisce a BdI; o ancora laddove si dissente, richiamandosi ad una lettura giurisprudenziale non più attuale, dal criterio incrementale applicato, in difetto di una rilevazione non consentita ai fini del TEGM, per determinare il tasso soglia degli interessi moratori, su cui ogni discussione è stata chiusa dalle SS.UU. 19597/20; o ancora laddove si disserta sulla legittimità del metodo di rimborso dei mutui che adottano l’ammortamento “alla francese”, su cui, da ultimo, anche sgombrando il terreno da ogni suggestione anatocistica, hanno fatto chiarezza in modo altrettanto definitivo, SS.UU. 15130/2024 -in linea generale va osservato che essa si muove su un terreno che ha il solo scopo di sollecitare un contributo di riflessione della Corte, chiamata, per il modo in cui i motivi sono esposti, non già a verificare la legittimità della decisione impugnata, valutandone segnatamente la coerenza e la concludenza sotto il profilo logico e la conformità al quadro di diritto attinto, ma, talora, ad interrogarsi su un fascio di considerazioni estemporanee, come quelle che si leggono nel primo motivo, talaltra, ad intrattenersi su profili problematici, probabilmente interessanti, ma di non immediata perspicuità decisionale, come accade leggendo il
secondo motivo, nell’uno e nell’altro caso evocando, in definitiva, l’intervento chiarificatore di questa Corte ben al di fuori di quelli che sono i compiti accordatigli dall’ordinamento processuale vigente.
Più in dettaglio la perorazione in parola, a maggior riscontro di ciò -come ben si intende a scorrere ciascuno dei riportati motivi di ricorso, ove appunto le criticità imputate alla decisione impugnata non si stagliano in modo chiaro e sintetico, come oggi raccomanda il novellato art. 366, comma 1, n. 4, cod. proc. civ. -mostra di non tenere in alcun cale il comando più volte impartito da questa Corte, in guisa del quale «il vizio della sentenza previsto dall’art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c., dev’essere dedotto, a pena d’inammissibilità del motivo giusta la disposizione dell’art. 366, n. 4, c.p.c., non solo con l’indicazione delle norme che si assumono violate ma anche, e soprattutto, mediante specifiche argomentazioni intellegibili ed esaurienti, intese a motivatamente dimostrare in qual modo determinate affermazioni in diritto contenute nella sentenza impugnata debbano ritenersi in contrasto con le indicate norme regolatrici della fattispecie o con l’interpretazione delle stesse fornite dalla giurisprudenza di legittimità, diversamente impedendo alla corte regolatrice di adempiere al suo compito istituzionale di verificare il fondamento della lamentata violazione. Risulta, quindi, inidoneamente formulata la deduzione di errori di diritto individuati per mezzo della sola preliminare indicazione delle singole norme pretesamente violate, ma non dimostrati per mezzo di una critica delle soluzioni adottate dal giudice del merito nel risolvere le questioni giuridiche poste dalla controversia, operata mediante specifiche e puntuali contestazioni nell’ambito di una valutazione comparativa con le diverse soluzioni prospettate nel motivo e non attraverso la mera contrapposizione di queste ultime a quelle
desumibili dalla motivazione della sentenza impugnata» ( ex plurimis Cass., Sez. I, 29/11/2016, n. 24298).
Nulla di tutto questo è rinvenibile nell’illustrazione delle doglianze rassegnate con i richiamati motivi, che si sottraggono perciò al sindacato qui richiesto e che vanno di conseguenza dichiarati inammissibili.
Le spese seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo.
Ove dovuto sussistono i presupposti per il raddoppio a carico della ricorrente del contributo unificato ai sensi del dell’art. 13, comma 1quater, d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115.
P.Q.M.
Dichiara il ricorso inammissibile e condanna parte ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio che liquida in favore della parte controricorrente in euro 5200,00, di cui euro 200,00 per esborsi, oltre al 15% per spese generali ed accessori di legge.
Ai sensi del dell’art. 13, comma 1quater, d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115 dichiara la sussistenza dei presupposti per il versamento da parte della ricorrente, ove dovuto, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso.
Cosi deciso in Roma nella camera di consiglio della I sezione civile il giorno 17.12.2024.
Il Presidente Dott. NOME COGNOME