Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 3 Num. 10691 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 3 Num. 10691 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 23/04/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 15471/2022 R.G. proposto da :
RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante p.t., elettivamente domiciliata in POTENZA INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato COGNOME che l a rappresenta e difende;
-ricorrente-
contro
COGNOME e COGNOME elettivamente domiciliati presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME che l i rappresenta e difende;
-controricorrenti-
nonchè contro
COGNOME
-intimata- avverso la SENTENZA della CORTE D’APPELLO di POTENZA n. 297/2021 depositata il 06/05/2021.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 07/03/2025 dalla Consigliera NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
Nel 2003 la società RAGIONE_SOCIALE (cui è subentrata la società RAGIONE_SOCIALE) conveniva in giudizio, dinanzi al Tribunale di Potenza, i sig.ri COGNOME COGNOME NOME e COGNOME per far dichiarare l’inefficacia dell’atto di vendita immobiliare, per notar dott. COGNOME del 05/06/1995, trascritto in data 21/06/1995, stipulato tra i predetti convenuti, legati tra loro da vincolo di affinità.
A fondamento della propria pretesa, la società attrice deduceva che il bene immobile oggetto di vendita era stato precedentemente alienato, in data 15/12/1994, dal sig. COGNOME Michele ai coniugi COGNOME e COGNOME, legati all’alienante da vincolo di affinità, in pregiudizio della garanzia patrimoniale dei suoi creditori, tra i quali figurava la società istante.
Costituitisi in giudizio, i coniugi COGNOMECOGNOME rilevavano che la convenuta COGNOME COGNOME nata il 05/07/1991 e figlia di COGNOME NOME, non era l’acquirente dell’immobile in oggetto, trattandosi invece di altra COGNOME COGNOME nata il 05/12/1969, e nipote dell’originario proprietario. Eccepivano, pertanto, l’improcedibilità
della domanda, nonché la prescrizione dell’azione revocatoria esperita dalla società attrice.
Quindi, nel 2005, la società RAGIONE_SOCIALE conveniva in altro giudizio, con domanda avente identico contenuto, la sig.ra COGNOME COGNOME nata il 05/12/1969.
Con sentenza n. 1244/2010, il Tribunale di Potenza, riuniti i giudizi, rigettava la domanda di parte attrice, dichiarando l’intervenuta prescrizione dell’azione revocatoria.
Con la sentenza n. 297/2021, del 6 maggio 2021, la Corte d’Appello di Potenza, rigettava il gravame interposto dalla società RAGIONE_SOCIALE confermando la sentenza di primo grado.
Avverso la suindicata pronunzia della corte di merito la società RAGIONE_SOCIALE propone ora ricorso per cassazione, affidato ad un solo motivo.
3.1. Resistono con controricorso COGNOME NOME e NOMECOGNOME
Le parti hanno depositato rispettiva memoria.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con unico motivo parte ricorrente denunzia la ‘violazione e falsa applicazione di norme di legge, ex art. 360, comma I, n.3 c.p.c.’.
Il ricorso è inammissibile, per violazione dell’art. 366, comma 1, n. 4, c.p.c., in quanto il ricorrente, senza neanche evocare (né in rubrica, né nel corpo del ricorso) le norme di cui lamenta la violazione e le statuizioni della sentenza ritenute viziate, si è limitato a censurare la pronunzia d’appello «per essere stata assunta in – violazione e falsa applicazione di norme di legge, ex art. 360, comma I, punto 3 c.p.c.» (a pag. 5 del ricorso), con un motivo in cui ha soltanto passato in rassegna taluni precedenti di questa Corte (peraltro inconferenti, perché relativi all’istituto della simulazione), disattendendo – pertanto – il costante orientamento della giurisprudenza di legittimità secondo cui l’onere di specificità dei motivi, ex art. 366, comma 1, n. 4, c.p.c., impone al ricorrente, a pena d’inammissibilità della censura, di indicare puntualmente le
norme di legge di cui intende lamentare la violazione, di esaminarne il contenuto precettivo e di raffrontarlo con le affermazioni in diritto contenute nella sentenza impugnata, che è tenuto espressamente ad indicare, al fine di dimostrare che queste ultime contrastano col precetto normativo, non potendosi demandare a questa Corte il compito di individuare -con una ricerca esplorativa officiosa che trascende le sue funzioni- la norma violata o i punti della sentenza che si pongono in contrasto con essa (Sez. U, Sentenza n. 23745 del 28/10/2020).
6. Le spese del giudizio di legittimità, liquidate come in dispositivo in favore dei controricorrenti, seguono la soccombenza.
P. Q. M.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso. Condanna la ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in complessivi euro 3.200,00, di cui euro 3.000,00 per onorari, oltre a spese generali e accessori di legge, in favore dei controricorrenti.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater, del d.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall’art. 1, comma 17 della l. n. 228 del 2012, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, per il ricorso, a norma del comma 1-bis del citato art. 13.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Terza