Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 20343 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 2 Num. 20343 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 23/07/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 28960/2019 R.G. proposto da:
COGNOME NOME, elettivamente domiciliata in INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE), rappresentata e difesa dall’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE);
– ricorrente –
contro
NOME, domiciliata ex lege in ROMA, INDIRIZZO presso la CANCELLERIA della CORTE di CASSAZIONE, rappresentata e difesa dall’avvocato NOME (CODICE_FISCALE);
– controricorrente –
nonchè contro
RAGIONE_SOCIALE, domiciliata ex lege in ROMA, INDIRIZZO presso la CANCELLERIA della CORTE di CASSAZIONE,
rappresentata e difesa dall’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE);
– controricorrente –
nonchè contro
COGNOME NOME, NOME COGNOME NOME, COGNOME NOME, COGNOME NOME, COGNOME NOME, COGNOME NOME;
– intimati –
avverso la SENTENZA della CORTE D’APPELLO DI CATANIA n. 1441/2019 depositata il 17/06/2019;
udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 12/07/2024 dal Consigliere NOME COGNOME.
RILEVATO CHE:
NOME COGNOME conveniva davanti al Tribunale di Catania la società RAGIONE_SOCIALE, i fratelli NOME, NOME e NOME COGNOME, affinché fosse dichiarato il suo acquisto per usucapione della proprietà di un terreno sito nel Comune di Aci Castello, frazione Cannizzaro e, per l’effetto, che fosse dichiarato inefficace l’atto pubblico di compravendita del 21.03.2007 con il quale i suddetti fratelli avevano venduto tale terreno alla RAGIONE_SOCIALE
A sostegno della sua pretesa, l’attrice asseriva di essere nel possesso del terreno di cui è causa dal 1986, di averlo coltivato e venduto i prodotti (olive).
1.1. Il Tribunale di Catania rigettava la domanda ritenendo che l’attrice si era limitata allo svolgimento di un’attività che non può essere considerata manifestamente pubblica e pacifica del possesso uti dominus, e ciò per due motivi: sia perché tale attività non ha impedito ai proprietari di accedere al fondo e di continuare ad esercitare il loro dominio, sia perché il possesso della COGNOME non
si è esplicato in attività visibili e tali da manifestarsi in maniera pubblica, come prescrive il possesso anche nei confronti dei terzi.
Avverso la suddetta pronuncia interponeva appello NOME COGNOME innanzi alla Corte d’Appello di Catania, che lo dichiarava inammissibile per difetto di specificità dei motivi ex art. 342 cod. proc. civ.: così come articolato, osservava il giudice di seconde cure, il gravame non sembra cogliere interamente la ratio decidendi , che poggia su considerazioni di fatto e di diritto non oggetto di censura da parte dell’appellante. Più precisamente, la sentenza di prime cure si fonda su una pluralità di autonome rationes decidendi, ciascuna di per sé sufficiente a giustificare la decisione: era onere della parte censurare con il gravame ciascuna delle due delle autonome ragioni. In particolare, precisa la Corte, non risulta aggredita la sentenza del Tribunale nella parte in cui ha anche rigettato la domanda sotto il profilo della qualità e dell’esclusività del possesso vantato dalla COGNOME, ritenendo che l’attività espletata dall’appellante non aveva comunque impedito il contemporaneo possesso da parte dei proprietari del terreno. L’appellante, prosegue il giudice di seconde cure, si limita a censurare la sentenza nella parte in cui non avrebbe adeguatamente valorizzato l’attività di vendita di frutti del terreno da lei coltivato.
La sentenza viene impugnata per la Cassazione da NOME COGNOME e il ricorso affidato ad un unico motivo illustrato da memoria.
Resistono con separati controricorsi RAGIONE_SOCIALE e NOME COGNOME.
In prossimità dell’adunanza NOME COGNOME depositava memoria Resta intimata NOME COGNOME.
.
A séguito del decesso di NOME COGNOME, la ricorrente procedeva a nuova notificazione agli eredi NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME, che restano intimati nel presente giudizio.
CONSIDERATO CHE:
1. Con l’unico motivo di ricorso si deduce violazione e falsa applicazione dell’art. 342 cod. proc. civ. in relazione all’art 360, comma 1, n. 3) cod. proc. civ., nella parte in cui il giudice di appello ha rigettato il motivo di gravame ritenendo inammissibile l’impugnazione per non aver censurato ciascuna delle autonome ragioni poste a fondamento della decisione di primo grado. Riportate in ricorso le parti di interesse della sentenza di primo grado e del motivo d’appello, la ricorrente ritiene non condivisibile la decisione di inammissibilità cui è pervenuta la Corte d’Appello: l’odierna deducente aveva, infatti, anche contestato nel mezzo di gravame che gli elementi di prova raccolti in giudizio deponessero per un compossesso della controparte chiedendo, quindi, al giudice di seconde cure una diversa valutazione complessiva delle prove.
1.1. Il motivo è fondato.
E’ opportuno ricordare che le Sezioni Unite di questa Corte hanno stabilito che gli artt. 342 e 434 cod. proc. civ. (nel testo riformulato dal decreto-legge 22 giugno 2012, n. 83, convertito, con modificazioni, nella legge 7 agosto 2012, n. 134) vanno interpretati nel senso che l’impugnazione deve contenere una chiara individuazione delle questioni e dei punti contestati della sentenza impugnata e, con essi, delle relative doglianze, affiancando alla parte volitiva una parte argomentativa che confuti e contrasti le ragioni addotte dal primo giudice, escludendosi che l’atto di appello debba rivestire particolari forme sacramentali o che debba contenere la
redazione di un progetto alternativo di decisione da contrapporre a quella di primo grado (Cass. Sez. U., 16.11.2017, n. 27199; più di recente: Cass., Sez. 2, n. 27529 del 20.09.2022, Cass. 6-3 civ., 17.12.2021, n. 40560; Cass. Sez. Lav., 23.04.2019, n. 11187).
Nel caso di specie, dal raffronto tra la motivazione del provvedimento appellato e la formulazione dell’atto di appello, puntualmente riportate nel presente ricorso, emerge che la ricorrente aveva contrastato le statuizioni del giudice di prime cure in merito, in primis , al compossesso dei fratelli COGNOME: sostenendo la consistenza delle prove a favore dell’appellante e l’inconsistenza delle prove contrarie, la ricorrente ha voluto dimostrare l’inidoneità delle emergenze probatorie a sostenere la sussistenza del compossesso del terreno in capo ai fratelli COGNOME. In secundis , la ricorrente ha contrastato la pronuncia di primo grado relativamente alla qualità del possesso della COGNOME, non pubblico e non visibile, da un lato valorizzando quanto già dedotto in primo grado e dimostrato dalle risultanze istruttorie, ossia la coltivazione del fondo e la vendita delle olive da parte della COGNOME; dall’altro lato, sminuendo la rilevanza delle prove testimoniali prodotte dai convenuti a dimostrazione dell’esercizio dei loro diritti proprietari (v. soprattutto p. 12 del ricorso con atto di integrazione del contraddittorio).
In definitiva, il Collegio ritiene l’atto di appello sufficientemente specifico.
La sentenza della Corte d’Appello di Catania merita, dunque, di essere cassata e il giudizio rinviato alla medesima Corte in diversa composizione, affinché decida la causa nel merito e si pronunci anche sulle spese del presente giudizio.
P.Q.M.
La Corte Suprema di Cassazione, in accoglimento del ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Corte d’Appello di Catania in diversa composizione, che deciderà anche sulle spese del presente giudizio.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio della Seconda