Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 3 Num. 5953 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 3 Num. 5953 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 05/03/2024
ORDINANZA
sul ricorso 33658-2019 proposto da:
RAGIONE_SOCIALE, in proprio e nella qualità di titolare e RAGIONE_SOCIALE rappresentante dello RAGIONE_SOCIALE, domiciliata ‘ ex lege ‘ in Roma, INDIRIZZO, presso la cancelleria di questa Corte di Cassazione, rappresentata e difesa da sé medesima e dall’AVV_NOTAIO ;
– ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE, in persona della procuratrice speciale DottAVV_NOTAIO COGNOME, elettivamente domiciliata in Roma, INDIRIZZO, presso lo RAGIONE_SOCIALE dell’AVV_NOTAIO, che la rappresenta e difende;
– controricorrente –
nonché contro
Oggetto
VENDITA
Inammissibilità del ricorso
R.G.N. NUMERO_DOCUMENTO
COGNOME.
Rep.
Ud. 21/09/2023
Adunanza camerale
RAGIONE_SOCIALE, in persona del procuratore speciale, AVV_NOTAIO, elettivamente domiciliata in Roma, INDIRIZZO, presso lo RAGIONE_SOCIALE de ll’AVV_NOTAIO, che la rappresenta e difende;
– controricorrente –
nonché contro
RAGIONE_SOCIALE, in persona del l’amministratore delegato, AVV_NOTAIO NOME COGNOME, elettivamente domiciliata in Roma, INDIRIZZO, presso lo RAGIONE_SOCIALE degli AVV_NOTAIO NOME AVV_NOTAIO NOME COGNOME, che la rappresentano e difendono;
– controricorrente –
e contro
RAGIONE_SOCIALE, IN LIQUIDAZIONE, RAGIONE_SOCIALE IN LIQUIDAZIONE;
– intimate –
Avverso la sentenza n. 5190/19 d ella Corte d’appello di Roma, depositata il 30/07/2019;
udita la relazione della causa svolta nell ‘adunanza camerale del 21/09/2023 dal AVV_NOTAIO COGNOME.
FATTI DI CAUSA
NOME COGNOME, in proprio e nella qualità già indicata in epigrafe, ricorre, sulla base di tre motivi, per la cassazione della sentenza n. 5190/19, del 19 febbraio 2019, della Corte d ‘a ppello di Roma, che -nel pronunciarsi sul gravame dalla stessa esperito avverso la sentenza n. 4684/14, del 3 marzo 2014, del Tribunale di Roma -ne ha dichiarato l’inammissibilità a norma dell’art. 342 cod. proc. civ.
Riferisce, in punto di fatto, l’odierna ricorrente che, a ‘seguito del libello citativo ai sensi dell’art. 111 cod. proc. civ. per la riassunzione in giudizio per successione a titolo particolare nel diritto controverso e per successione processuale di litisconsorti necessari e facolta tivi’, essa RAGIONE_SOCIALE instaurava giudizio per chiedere, in via di principalità, l’annullamento del rogito notarile del 28 novembre 2006 con cui la società RAGIONE_SOCIALE, sottoscrivendo l’atto di ‘conferimento e/o apporto’ al fondo comune di investimento immobiliare speculativo di tipo chiuso, denominato ‘RAGIONE_SOCIALE‘, gestito dalla RAGIONE_SOCIALE, trasferiva a quest’ultima un complesso immobiliare comprensivo anche di un’unità ubicata nel Comune di Foggia. In subordine, ella chiedeva che le fosse consentito, in relazione a detta unità immobiliare, l’esercizio del diritto di prelazione ai sensi della legge 27 luglio 1978, n. 392, ‘nei confronti di tutti gli atti pubblici di trasferimento immobiliare a titolo oneroso in violazione del diritto prelazione risultante dalla legge e dal contratto di locazione registrato il 17 giugno 1999’. In via gradata, infine, veniva formulata domanda di risarcimento di tutti i danni materiali e morali subiti.
Rigettata ogni domanda dal primo giudice, il gravame esperito dalla RAGIONE_SOCIALE veniva dichiarato inammissibile, sul rilievo che l’allora appellante avesse ‘omesso di contrapporre alla sentenza impugnata argomenti idonei ad inficiare il fondamento logicogiu ridico della motivazione’, essendosi ella limitata ‘a riproporre le domande già spiegate in primo grado riguardanti il merito della controversia ma estranee alla pronuncia del Tribunale relativa al difetto di interesse ad agire’.
Avverso la sentenza della Corte capitolina ha proposto ricorso per cassazione la RAGIONE_SOCIALE, sulla base -come detto -di tre motivi.
3.1. Il primo motivo denuncia -ex art. 360, comma 1, n. 3), cod. proc. civ. -violazione e falsa applicazione dell’art. 100 cod. proc. civ., censurando la statuizione del giudice di appello circa il difetto di specificità dei motivi di gravame, ‘nel mentre l’atto di appello, pur riscrivendo le questioni di merito introdotte in primo grado, ha voluto evidenziare le carenze in cui era incorso il primo giudice’, donde l’impossibilità di ‘imputarsi di genericità l’appello proposto’.
3.2. Il secondo motivo denuncia -ex art. 360, comma 1, n. 3), cod. proc. civ. -nullità della sentenza e del procedimento, per mancato esame di un documento decisivo, ipotesi sussistente allorché l’omissione sia in grado di invalidare, con un grado di certezza e non di mera probabilità l’efficacia della sentenza impugnata.
3.3. Il terzo motivo -ex art. 360, comma 1, n. 5), cod. proc. civ. -censura la sentenza impugnata, non avendo la Corte territoriale affermato e risolto ‘la questione inerente alla proposizione di prove proposte’ da essa ricorrente, ‘avendo apportato all’uopo una motivazione insufficiente’, in quanto, a dire della stessa, ‘la questione rimaneva assorbita dall’inammissibilità dichiarata’. Risulterebbe, dunque, evidente ‘la omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione su un punto decisivo della contro versia’, ovvero quello del diritto di prelazione vantato sull’immobile.
Hanno resistito all’avversaria impugnazione, con distinti controricorsi, le società RAGIONE_SOCIALE, RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE, chiedendo che la stessa sia dichiarata inammissibile o, comunque, rigettata.
Sono rimaste, invece, solo intimate le società RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE
La trattazione del ricorso è stata fissata ai sensi dell’art. 380bis .1 cod. proc. civ.
Le controricorrenti hanno depositato memoria.
Non consta, invece, la presentazione di conclusioni scritte da parte del Procuratore Generale presso questa Corte.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Il ricorso è inammissibile, sotto più profili.
9.1.1. Tale esito s’ impone -in primo luogo -ai sensi dell’art. 366, comma 1, n. 3), cod. proc. civ., per difetto di indicazione dei fatti di causa.
Infatti, solo la lettura del controricorso di COGNOME (pagg. da 6 a 9) consente di comprendere quale sia la vicenda sottoposta dapprima al vaglio dei giudici di merito, e oggi a quello di legittimità.
Ciò premesso, questa Corte ha più volte affermato che quello della esposizione sommaria dei fatti di causa, ponendosi quale specifico requisito di contenuto-forma del ricorso, deve consistere in una narrazione idonea garantire al giudice di legittimità ‘di avere una chiara e completa cognizione dei fatti che hanno originato la controversia ed oggetto di impugnazione, senza dover ricorrere ad altre fonti o atti in suo possesso, compresa la stessa sentenza impugnata’ (Cass. Sez. Un., sent. 18 maggio 2006, n. 11653, Rv. 588760-01). Peraltro, la prescrizione di tale requisito ‘risponde non ad un’esigenza di mero formalismo, ma a quella di
consentire una conoscenza chiara e completa dei fatti di causa, sostanziali e/o processuali, che permetta di bene intendere il significato e la portata delle censure rivolte al provvedimento impugnato’ (Cass. Sez. Un., sent. 20 febbraio 2003 n. 2602, Rv. 560622-01), con la conseguenza che, perché possa ritenersi soddisfatto il requisito ‘ de quo ‘ occorre che il ricorso per cassazione rechi ‘l’esposizione chiara ed esauriente, sia pure non analitica o particolareggiata, dei fatti di causa, dalla quale devono risultare le reciproche pretese delle parti, con i presupposti di fatto e le ragioni di diritto che le giustificano, le eccezioni, le difese e le deduzioni di ciascuna parte in relazione alla posizione avversaria, lo svolgersi della vicenda processuale nelle sue articolazioni, le argomentazioni essenziali, in fatto e in diritto, su cui si fonda la sentenza impugnata e sulle quali si richiede alla Corte di cassazione, nei limiti del giudizio di legittimità, una valutazione giuridica diversa da quella asseritamene erronea, compiuta dal giudice di merito’ (Cass. Sez. 6 -3, ord. 3 febbraio 2015, n. 1926, Rv. 634266-01; in senso analogo pure Cass. Sez. 3, ord. 9 marzo 2018, n. 5640, Rv. 648290-01 e Cass. Sez. 1, ord. 3 novembre 2020, n. 24432, Rv. 659427-01).
Resta inteso, poi, che il requisito di ammissibilità del ricorso di cui alla richiamata previsione normativa ‘deve essere assolto necessariamente con il ricorso e non può essere ricavato da altri atti, quali la sentenza impugnata o il controricorso, perché la causa di inammissibilità non può essere trattata come una causa di nullità cui applicare il criterio del raggiungimento dello scopo, peraltro, riferibile ad un unico atto’ (C ass. Sez. 6-3, ord. 22 settembre 2016, n. 18623, Rv. 642617-01).
Infine, un diverso esito -rispetto a quello sopra indicato -neppure potrebbe giustificarsi alla stregua del principio di effettività della tutela giurisdizionale di cui all’art. 111, commi 1 e 2, Cost. e alle fonti sovranazionali in materia di ‘giusto processo’.
Si è evidenziato, invero, da parte di questa Corte come ‘la stessa giurisprudenza della Corte E.D.U. 28 ottobre 2021, ricorso n. 55064/11 e altri 2 Succi e altri contro Italia’, abbia di recente chiarito ‘che la ricostruita lettura del « principe d’autonomie du pourvoi en cassation », ovvero dell’art. 366, cod. proc. civ., e in questo caso del numero 3 del primo comma, «garantisce un utilizzo appropriato e più efficace delle risorse disponibili» dall’amministrazione della giustizia, quale conformata dalle no rme nazionali e dal diritto vivente a fronte delle domande ad essa rivolte’ (così, in motivazione, Cass. Sez. 3, sent. 14 marzo 2022, n. 8117, Rv. 664252-01).
Su tali basi, dunque, si è rimarcato come ‘tale approccio sia attinente alla natura stessa del ricorso per cassazione che protegge, da una parte, l’interesse del ricorrente a che siano accolte le sue critiche contro la decisione impugnata e, dall’altra, l ‘interesse generale alla cassazione di una decisione che rischi di pregiudicare la corretta interpretazione del diritto’, sicché, anche nell’ottica della Corte EDU, ‘in applicazione del principio di specificità del ricorso per cassazione, ai fini del rispetto del requisito stabilito dall’art. 366, n. 3, cod. proc. civ., debbono essere precisate e riferite, con chiara sintesi idoneamente funzionale a elidere dubbi di comprensione, le pretese quali svolte nelle fasi di merito, e le risposte date dai precedenti giudici, così da poter apprezzare la concludenza delle censure a quelle risposte’ (cfr., nuovamente in motivazione, Cass. Sez. 3, sent. n. 8117 del 2022, cit .).
Nella specie, come si notava, la carenza totale di descrizione della fattispecie, avuto riguardo tanto alla vicenda sostanziale portata all’esame dell’autorità giudiziaria, quanto allo svolgimento del processo nel suo sviluppo diacronico, integra, appunto, violazione dell’art. 366, comma 1, n. 3), cod. proc. civ.
9.2. In ogni caso, anche i singoli motivi sono affetti da inammissibilità.
9.2.1. In particolare, il primo motivo -oltre a palesarsi inammissibile in ragione dell’evocazione di una norma (l’art. 100 cod. proc. civ.) del tutto inconferente rispetto alla censura sviluppata -non rispetta l’art. 366, comma 1, n. 6), cod. proc. civ., dato che non riproduce il contenuto dell’atto di appello ritenuto inammissibile dal secondo giudice ex art. 342 cod. proc. civ.
Invero, occorre muovere dalla premessa che ‘ove il ricorrente censuri la statuizione di inammissibilità, per difetto di specificità, di un motivo di appello, ha l ‘ onere di specificare, nel ricorso, le ragioni per cui ritiene erronea tale statuizione del giudice di appello e sufficientemente specifico, invece, il motivo di gravame sottoposto a quel giudice, e non può limitarsi a rinviare all’atto di appello, ma deve riportarne il contenuto nella misura necessaria ad evidenziarne la pretesa specificità’ (da u ltimo, Cass. Sez. 1, ord. 6 settembre 2021, n. 24048, Rv. 662388-01; in senso conforme Cass. Sez. 5, ord. 29 settembre 2017, n. 22880, Rv. 645637-01; Cass. Sez. 6-3, sent. 28 novembre 2014, n. 25308, Rv. 633637-01; Cass. Sez. 3, sent. 10 gennaio 2012, n. 82, Rv. 621100-01; Cass. Sez. 1, sent. 20 settembre 2006, n. 20405, Rv. 594136-01).
Difatti, ‘la deduzione della questione dell’inammissibilità dell’appello, a norma dell’art. 342 cod. proc. civ.’, seppur ‘integrante « error in procedendo », che legittima l’esercizio, ad opera del giudice di legittimità, del potere di diretto esame degli atti del giudizio di merito, presuppone pur sempre l’ammissibilità del motivo di censura, avuto riguardo al principio di specificità di cui all’art. 366, c omma 1, n. 4) e n. 6), cod. proc. civ., che deve essere modulato, in conformità alle indicazioni della sentenza
CEDU del 28 ottobre 2021 (causa Succi ed altri c/Italia), secondo criteri di sinteticità e chiarezza, realizzati dalla trascrizione essenziale degli atti e dei documenti per la parte d ‘ interesse, in modo da contemperare il fine legittimo di semplificare l’attività del giudice di legittimità e garantire al tempo stesso la certezza del diritto e la corretta amministrazione della giustizia, salvaguardando la funzione nomofilattica della Corte ed il diritto di accesso della parte ad un organo giudiziario in misura tale da non inciderne la stessa sostanza’ (Cass. Sez. Lav., ord. 4 febbraio 2022, n. 3612, Rv. 663837-01).
9.3. Anche i motivi secondo e terzo sono inammissibili.
9.3.1. Essi articolano censure del tutto eccentriche rispetto al ‘ decisum ‘ del giudice di appello, consistito in via esclusiva -come detto -nel dichiarare il difetto di specificità del gravame, sicché essi si rivelano per ciò solo inammissibili (Cass. Sez. 6-1, ord. 7 settembre 2017, n. 20910, Rv. 645744-01; in senso conforme Cass. Sez. 6-3, ord. 3 luglio 2020, n. 13735, Rv. 658411-01).
Le spese del presente giudizio seguono la soccombenza, essendo pertanto poste a carico del ricorrente e liquidate come da dispositivo.
A carico della ricorrente, stante la declaratoria di inammissibilità del ricorso, sussiste l’obbligo di versare un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, se dovuto secondo un accertamento spettante all’amministrazione giudiziaria (Cass. Sez. Un., sent. 20 febbraio 2020, n. 4315, Rv. 657198-01), ai sensi dell’art. 13, comma 1quater , del d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115.
PQM
La Corte inammissibile il ricorso, condannando NOME COGNOME a rifondere, alle società RAGIONE_SOCIALE, RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE, le spese del presente giudizio di legittimità, liquidate per ciascuna si esse in € 4.0 00,00, più € 200,00 per esborsi, oltre spese forfetarie nella misura del 15% ed accessori di legge.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater , del d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, nel testo introdotto dall’art. 1, comma 17, della legge 24 dicembre 2012, n. 228, la Corte dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte della ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1bis dello stesso art. 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, all’esito dell’adunanza camerale della