Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 7816 Anno 2025
Civile Ord. Sez. L Num. 7816 Anno 2025
Presidente: RAGIONE_SOCIALE
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 24/03/2025
ORDINANZA
sul ricorso 30401-2020 proposto da:
AZIENDA RAGIONE_SOCIALE ENNA, in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME che la rappresenta e difende;
– ricorrente –
contro
DI NOMECOGNOME in proprio e nella qualità di Coordinatore Territoriale per la PROVINCIA DI ENNA DELLA FEDERAZIONE SINDACATI INDIPENDENTI -UNIONE SINDACATI AUTONOMI EUROPEI, NOME COGNOME DI COGNOME NOME COGNOME, COGNOME LILIANA, SOTTOSANTI NOME COGNOME tutti domiciliati in ROMA INDIRIZZO presso INDIRIZZO
Oggetto
RETRIBUZIONE
PUBBLICO
IMPIEGO
R.G.N. 30401/2020
COGNOME
Rep.
Ud. 21/02/2025
CC
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DELLA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE, rappresentati e difesi dall’avvocato NOME COGNOME
– controricorrenti –
avverso la sentenza n. 133/2020 della CORTE D’APPELLO di CALTANISSETTA, depositata il 21/05/2020 R.G.N. 263/2018; udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 21/02/2025 dal Consigliere Dott. NOME COGNOME.
RILEVATO
che, con sentenza del 21 maggio 2020, la Corte d’Appello di Caltanissetta, chiamata a pronunziarsi sul gravame proposto avverso la decisione resa dal Tribunale di Enna di accoglimento della domanda proposta dalla RAGIONE_SOCIALE (RAGIONE_SOCIALE) e da NOME COGNOME, NOME COGNOME NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME NOME COGNOME e NOME COGNOME nei confronti dell’Azie nda Sanitaria Provinciale di Enna, avente ad oggetto il riconoscimento, in favore dei lavoratori istanti, originariamente impiegati come LSU e poi stabilizzati con rapporti a tempo determinato, del salario accessorio di produttività che assumevano loro spettante in virtù del concorso al conseguimento degli obiettivi per l’ann o di deposito del ricorso e per gli anni pregressi, dichiarava inammissibile l’appello proposto dalla ASP di Enna;
che la decisione della Corte territoriale discende dall’aver questa ritenuto non aver l’ASP di Enna preso posizione sul pronunciamento del primo giudice fondato sulla ritenuta titolarità da parte dei lavoratori istanti di un vero e proprio rapporto a termi ne implicante l’applicazione della relativa disciplina ivi compresa la previsione relativa al salario accessorio di produttività, ciò imponendosi per il principio di non
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discriminazione desumibile dalla normativa nazionale e comunitaria, essendosi limitata a ribadire le difese svolte in primo grado che facevano leva sulla riconducibilità dei rapporti in essere con gli istanti alla disciplina prevista per gli LSU, senza tener conto della costituzione tra le parti, a seguito dell’intervenuta stabilizzazione, di un ordinario rapporto a termine;
che per la cassazione di tale decisione ricorre la ASP di Enna, affidando l’impugnazione a quattro motivi, cui resistono, con controricorso, tutti gli originari istanti;
che la ricorrente ASP di Enna ha poi presentato memoria.
CONSIDERATO
che, con il primo motivo, l’ASP ricorrente, nel denunciare la violazione e falsa applicazione dell’art. 342 c.p.c., lamenta la non conformità a diritto della pronunzia di inammissibilità del ricorso in appello proposto dalla ASP ricorrente resa dalla Corte territoriale risultando dall’atto sia le parti del provvedimento che si intendeva sottoporre a gravame sia le modifiche che venivano richieste con precipua indicazione delle norme applicabili;
che, con il secondo motivo, denunciando la violazione e falsa applicazione degli artt. 6 d.lgs. n. 368/2001 e 77 l. Regione Sicilia n. 17/2004, la ASP ricorrente lamenta la non conformità a diritto del passo della sentenza impugnata intesa a sancire l’appl icazione del principio di parità di trattamento tra gli ex LSU stabilizzati ed il personale di ruolo della ASP, sostenendo risultare ciò escluso dal disposto dell’art. 77, comma 2, l. R. n. 17/2004 secondo cui ‘le disposizioni di cui al decreto legislativo 6 settembre 2001, n. 368, non si intendono applicabili ai contratti a termine volti alla stabilizzazione dei soggetti destinatari del regime transitorio dei lavori socialmente utili’ e argomentando trattarsi di contratti di diritto privato di durata
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quinquennale rientranti tra le misure di fuoriuscita dal bacino del precariato del personale interessato, fonte di un rapporto del tutto peculiare non assimilabile ai contratti a termine ammessi nell’impiego pubblico;
che, con il terzo motivo, rubricato con riferimento alla violazione e falsa applicazione dell’art. 46 CCNL comparto Sanità 1994 -1997 e dell’art. 49, comma 4, l. n. 833/1978, l’ASP ricorrente lamenta a carico della Corte territoriale l’essersi questa comunque espressa con riguardo a quanto dalla stessa Asp denunciato circa l’indisponibilità di risorse destinate ad implementare il fondo per il pagamento del salario di produttività agli ex LSU contrattualizzati ai fini della stabilizzazione in contrasto con la disciplina contrattuale che prevede di provvedere alla corresponsione di quell’emolumento accessorio attingendo ai fondi del personale dipendente del comparto cui gli ex LSU non concorrono;
che nel quarto motivo la violazione e falsa applicazione dell’art. 91 c.p.c. è prospettata in relazione alla ritenuta fondatezza delle tesi difensive dell’ASP ricorrente idonea, a suo dire, ad escludere la soccombenza in relazione alla quale la Corte ha pronunciato la condanna alle spese di lite;
che il primo motivo si rivela inammissibile, non essendo idoneo a contrastare il convincimento espresso dalla Corte territoriale per cui la pedissequa riproposizione delle originarie difese non valeva ad adeguatamente censurare quanto statuito dal primo gi udice circa l’intervenuta conclusione , con i lavoratori istanti, di ordinari contratti a termine, il loro inserimento nell’organico aziendale, lo svolgimento di mansioni analoghe a quelle dei colleghi di pari inquadramento assunti a tempo indeterminato, l’applicabilità ad essi del contratto collettivo, l’operatività del
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principio di parità di trattamento imposto dall’ordinamento eurounitario;
che gli artt. 342 e 434 c.p.c., nel testo formulato dal d.l. n. 83 del 2012, conv. con modif. dalla l. n. 134 del 2012, vanno interpretati nel senso che l’impugnazione deve contenere, a pena di inammissibilità, una chiara individuazione delle questioni e dei punti contestati della sentenza impugnata e, con essi, delle relative doglianze, affiancando alla parte volitiva una parte argomentativa che confuti e contrasti le ragioni addotte dal primo giudice, pur senza che occorra l’utilizzo di particolari forme sacramentali o la redazione di un progetto alternativo di decisione da contrapporre a quella di primo grado, tenuto conto della permanente natura di ” revisio prioris instantiae ” del giudizio di appello, il quale mantiene la sua diversità rispetto alle impugnazioni a critica vincolata (v., Cass., 36481 del 2022);
che la Corte d’Appello, dopo aver ricordato le statuizioni della sentenza di primo grado, ha affermato che sulle stesse l’appellante non aveva preso posizione, limitandosi a ribadire le difese svolte nel primo grado di giudizio, in violazione degli artt. 342 e 434, c.p.c., e della relativa giurisprudenza di legittimità, di talché ha confermato la sentenza di primo grado;
che la censura pur dolendosi di tale statuizione non riporta le difese svolte con la costituzione in primo grado, né la sentenza di primo grado, né evidenzia in modo circostanziato la correlazione rispetto agli specifici passaggi motivazionali di quest’ultima, riportandoli, con i motivi di appello, con conseguente inammissibilità del motivo per mancanza di specificità;
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che attesa l’inammissibilità del primo motivo di ricorso, parimenti inammissibili sono il secondo ed il terzo motivo per difetto di rilevanza; che ancora inammissibile è il quarto motivo condizionato all’accoglimento dei motivi che precedono qui esclusa; che il ricorso va dunque dichiarato inammissibile; che le spese seguono la soccombenza e sono liquidate come da dispositivo.
P.Q.M.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna parte ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio di legittimità, che liquida in euro 200,00 per esborsi ed euro 4.000,00 per compensi, oltre spese generali al 15% ed altri accessori di legge.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 quater del D.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto tanto per il ricorso, a norma del comma 1 bis dello stesso art. 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Sezione