Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 10024 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 1 Num. 10024 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 16/04/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 6314/2021 R.G. proposto
da
RAGIONE_SOCIALE SIENA , in persona del legale rappresentante pro tempore ed elettivamente domiciliata in ROMA INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato COGNOME, rappresentata e difesa dall’avvocato COGNOME
-ricorrente –
contro
COGNOME elettivamente domiciliata in ROMA INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato COGNOME che la rappresenta e difende
Oggetto: personale
Prestito
R.G.N. 6314/2021
Ud. 28/03/2025 CC
-controricorrente –
avverso la sentenza della CORTE D’APPELLO ROMA n. 3945/2020 depositata il 05/08/2020.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del giorno 28/03/2025 dal Consigliere Dott. NOME COGNOME
RITENUTO IN FATTO
Con sentenza n. 3945/2020, pubblicata in data 5 agosto 2020, la Corte d’appello di Roma, nella regolare costituzione dell’appellata RAGIONE_SOCIALE ha accolto l’appello proposto da RAGIONE_SOCIALE avverso la sentenza del Tribunale di Velletri (indicato in sentenza come Tribunale di Roma) n. 2853/2017, pubblicata in data 12 ottobre 2017 e, per l’effetto, ha revocato il decreto ingiuntivo ottenuto da RAGIONE_SOCIALE e condannato quest’ultima alla corresponsione in favore dell’appellante della somma di € 9.568,64.
NOME COGNOME aveva opposto il decreto ingiuntivo riferendo in fatto di avere sottoscritto con la società RAGIONE_SOCIALE – poi incorporata da BANCA MONTE DEI PASCHI DI SIENA SPA -in data 21 aprile 2009 una richiesta di prestito personale per l’importo pari ad € 25.000,00 al fine di acquistare un autoveicolo ma che la somma mutuata non era stata erogata mentre erano state addebitate sul conto corrente della stessa MANILA COGNOME controricorrente le rate pattuite per il rimborso.
Aveva quindi chiesto di dichiarare la risoluzione del contratto di mutuo e di condannare RAGIONE_SOCIALE alla ripetizione delle somme addebitate.
Costituitasi RAGIONE_SOCIALE contestando la fondatezza della domanda e producendo una copia di una richiesta di emissione di assegno circolare che assumeva essere stata sottoscritta da NOME COGNOME il Tribunale di Velletri aveva r espinto la domanda, rigettando l’opposizione.
La Corte d’appello, decidendo sul gravame proposto da NOME COGNOME ha, in primo luogo, disatteso l’eccezione di inammissibilità dell’appello ex art. 342 c.p.c. ritenendo l’atto di appello sufficientemente specifico.
Nel merito, la Corte d’appello ha definito il gravame sulla scorta di quella che ha ritenuto costituire la ragione più liquida, osservando che era stata disposta consulenza tecnica per accertare l’autenticità della sottoscrizione apposta sulla richiesta di emissione dell’assegno circolare oggetto di disconoscimento da parte di NOME COGNOME ma che la consulenza non aveva avuto luogo, non avendo RAGIONE_SOCIALE prodotto l’originale di tale documento.
La Corte ha quindi concluso che, in assenza di adeguata prova della erogazione della somma, la pretesa dell’appellata era da ritenersi infondata, con conseguente diritto di NOME COGNOME a conseguire la restituzione della somma di € 9.568,64 e revoca d el decreto ingiuntivo.
Per la cassazione della sentenza della Corte d’appello di Roma ricorre RAGIONE_SOCIALE
Resiste con controricorso MANILA LASARACINA.
La trattazione del ricorso è stata fissata in camera di consiglio, a norma degli artt. 375, secondo comma, e 380bis .1, c.p.c.
La controricorrente ha depositato memoria.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è affidato a tre motivi.
1.1. Con il primo motivo il ricorso deduce, in relazione all’art. 360, n. 3, c.p.c., la violazione degli artt. 342 e 348 ss. c.p.c.
Si censura la decisione della Corte di Appello di Roma nella parte in cui quest’ultima si è pronunciata sull’eccezione di inammissibilità dell’appello, in quanto la Corte territoriale avrebbe omesso di motivare in modo idoneo la propria decisione ed avrebb e così violato l’art. 342 c.p.c.
1.2. Con il secondo motivo il ricorso deduce, in relazione all’art. 360, n. 3, c.p.c., la violazione degli artt. 277 e 276 c.p.c.
Argomenta, in particolare, il ricorso che erroneamente la Corte d’appello avrebbe ritenuto di definire il giudizio sulla base della ragione più liquida, in quanto tale principio non può ritenersi operante nel rapporto tra questioni di rito e questioni di merito.
Deduce, quindi, il ricorso che ‘L’adozione del criterio richiede dunque un approccio interpretativo che comporti la verifica delle soluzioni sul piano dell’impatto operativo piuttosto che su quello della coerenza logicosistematica e che sostituisca il profilo dell’evidenza a quello del l’ordine delle questioni da trattare ai sensi dell’articolo 276 c.p.c. (…). Verifica dell’impatto operativo che difetta assolutamente nella decisione della Corte di Appello che giunge ad un risultato paradossale rispetto all’ evidenza dei fatti oggettivi acquisiti al materiale processuale proprio per la prevalenza data -erroneamente e solo apparentemente -alla coerenza logicosistematica’ .
1.3. Con il terzo motivo il ricorso deduce, in relazione all’art. 360, n. 5, c.p.c., omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti.
Si censura la decisione impugnata, per avere la stessa omesso di valutare una serie di circostanze, quali:
-il fatto che l’odierna controricorrente in tutto il giudizio aveva dedotto unicamente l’inadempimento della banca per non avere accertato il carattere apocrifo della sottoscrizione sull’ordine di emissione di assegno circolare, senza tuttavia negare né la sottoscrizione del contratto di finanziamento né l’avvenuto incasso dell’assegno da parte della società terza;
-l’assenza di un valido e tempestivo disconoscimento della sottoscrizione nel giudizio di primo grado.
-l’effettivo incasso della somma di cui all’assegno da parte della società che aveva venduto l’autoveicolo all’odierna controricorrente;
-il ritardo con cui quest’ultima aveva poi sollevato le proprie contestazioni dopo aver corrisposto per anni i ratei del mutuo.
I motivi di ricorso sono, nel loro complesso, inammissibili.
2.1. L’inammissibilità del primo motivo discende direttamente dal mancato rispetto, da parte della ricorrente, della regola di specificità di cui all’art. 366 c.p.c., regola che, nella specie, avrebbe imposto alla ricorrente di localizzare e di riprodurre nei suoi elementi più significativi l’atto di appello di cui nella presente sede torna ad eccepire l’inammissibilità ex art. 342 c.p.c.
Tale radicale carenza viene a precludere anche l’esercizio, ad opera del giudice di legittimità, del potere di diretto esame degli atti del giudizio di merito, in quanto è necessariamente all’ammissibilità del motivo di ricorso che viene ad essere subordinato l ‘esercizio del potere -dovere del giudice di legittimità di accertare la sussistenza del denunciato vizio attraverso l’esame diretto degli atti (Cass. Sez. U Sentenza n. 20181 del 25/07/2019; Cass. Sez. 5 – Sentenza n. 27368
del 01/12/2020; Cass. Sez. U, Sentenza n. 8077 del 22/05/2012; Cass. Sez. 1, Sentenza n. 15071 del 10/09/2012) e ciò pur nella modulazione che questa Corte ha ritenuto di specificare in conformità alle indicazioni della sentenza CEDU del 28 ottobre 2021 (causa COGNOME ed altri c/Italia), e cioè secondo criteri di sinteticità e chiarezza, realizzati dalla trascrizione essenziale degli atti e dei documenti per la parte d’interesse, in modo da contemperare il fine legittimo di semplificare l’attività del giudice di legittimità e garantire al tempo stesso la certezza del diritto e la corretta amministrazione della giustizia, salvaguardando la funzione nomofilattica della Corte ed il diritto di accesso della parte ad un organo giudiziario in misura tale da non inciderne la stessa sostanza (Cass. Sez. L – Ordinanza n. 3612 del 04/02/2022; ma cfr. anche Cass. Sez. 1 – Ordinanza n. 24048 del 06/09/2021).
2.2. Quanto al secondo motivo, lo stesso, pur richiamando in astratto un principio corretto, risulta tuttavia, ancora una volta, privo della necessaria specificità, dal momento che la ricorrente -che contesta la possibilità di applicare il criterio della ragione più liquida alle questioni in rito, operando tale criterio unicamente per le questioni di merito (Cass. Sez. U, Sentenza n. 9936 del 08/05/2014; Cass. Sez. 6 – 3, Ordinanza n. 30745 del 26/11/2019) -omette radicalmente di indicare di quale questione in rito la decisione impugnata avrebbe omesso l’esame sulla base del criterio della ragione più liquida e si limita alla (inammissibilmente) generica deduzione dell’omessa valutazione della ‘evidenza dei fatti oggettivi acquisiti al materiale processuale’ , con locuzione che, peraltro, non sembra riferibile a profili in rito bensì, appunto, a questioni di merito.
2.3. Il terzo motivo risulta invece inammissibile almeno sotto un duplice profilo.
Il primo è costituito -ancora una volta -dalla radicale trasgressione della regola di cui all’art. 366, n. 6), c.p.c.: la ricorrente , infatti, si diffonde in argomentazioni volte a suffragare la tesi per cui la Corte d’appello sarebbe venuta a valorizzare profili che l’odierna controricorrente non aveva tempestivamente dedotto nelle proprie difese ma, nei suoi reiterati richiami a circostanze processuali, omette del tutto qualsiasi minimo richiamo o minima localizzazione degli atti processuali dai quali dovrebbe trarsi conferma delle deduzioni in questione.
Il secondo profilo è costituito dalla constatazione che i ‘fatti’ di cui la ricorrente lamenta l’omesso esame, ben lungi dal costituire ‘fatti storici’ secondo i criteri da tempo individuati da questa Corte -e cioè precisi accadimenti o precise circostanze in senso storico-naturalistico, come tali non ricomprendenti questioni o argomentazioni (Cass. Sez. 6 – 1, Ordinanza n. 22397 del 06/09/2019; Cass. Sez. 1 – Ordinanza n. 26305 del 18/10/2018; Cass. Sez. 2 – Sentenza n. 14802 del 14/06/2017) -costituiscono invece dei meri elementi indiziari che in teoria avrebbero dovuto incidere sulla valutazione del giudice, senza che, tuttavia, la ricorrente venga a specificare né i dati, testuali o extratestuali, da cui tali fatti risulterebbero esistenti né la sede processuale nella quale tali fatti sarebbero stati oggetto di discussione processuale tra le parti, né la loro sua decisività (Cass. Sez. U, Sentenza n. 8053 del 07/04/2014; Cass. Sez. 6 – 3, Sentenza n. 25216 del 27/11/2014; Cass. Sez. 3 – Sentenza n. 9253 del 11/04/2017).
Il ricorso deve quindi essere dichiarato inammissibile, con conseguente condanna della ricorrente alla rifusione in favore della controricorrente delle spese del giudizio di legittimità, liquidate direttamente in dispositivo, dovendosi altresì disporre la distrazione
delle spese medesime in favore del procuratore, dichiaratosi antistatario.
Stante il tenore della pronuncia, va dato atto, ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater D.P.R. n. 115/02, della “sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso a norma del comma 1-bis dello stesso art. 13, se dovuto” , spettando all’amministrazione giudiziaria verificare la debenza in concreto del contributo, per la inesistenza di cause originarie o sopravvenute di esenzione dal suo pagamento (Cass. Sez. U, Sentenza n. 4315 del 20/02/2020).
P. Q. M.
La Corte, dichiara inammissibile il ricorso, condanna la ricorrente a rifondere alla controricorrente le spese del giudizio di Cassazione, che liquida in € 3.500,00 , di cui € 200,00 per esborsi, oltre spese generali al 15% ed accessori di legge, disponendo la distrazione in favore del procuratore, dichiaratosi antistatario.
Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13 comma 1quater, nel testo introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, ove dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Sezione Prima