Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 11233 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 1 Num. 11233 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME COGNOME
Data pubblicazione: 29/04/2025
sul ricorso 4048/2021 proposto da:
COGNOME rappresentato e difeso dall’avvocato NOME COGNOME
– ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE rappresentata e difesa dall’avvocato NOME COGNOME
– controricorrente –
avverso la sentenza della CORTE D’APPELLO di MILANO n. 3254/2020 depositata il 10/12/2020;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 14/3/2025 dal Cons. Dott. NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
NOME COGNOME nella sua qualità di fideiussore della RAGIONE_SOCIALE ricorre per cassazione, sulla base di otto motivi, seguiti da memoria, ai quali resiste il Banco di Desio e della Brianza s.p.a. con controricorso, avverso la sopra riportata sentenza con la quale la Corte di appello di Milano, pronunciando sul gravame interposto dal COGNOME avverso l’impugnata decisione di primo grado, che ne aveva respinto l’opposizione al decreto ingiuntivo notificatogli dalla banca a fronte dello scoperto di conto imputato alla società debitrice, ha rigettato il proposto atto di appello ed ha confermato in ogni sua non diversa statuizione la decisione di prima istanza.
Per quel che qui ancora rileva, la Corte decidente, esaminate le difese appellanti ha confutato, nell’ordine, l’eccezione in punto alla mancata prova scritta del credito azionato, facendo richiamo ai documenti a tal fine già delibati dal primo giudice ed osservando conclusivamente che «a fronte della chiara e completa elencazione dei documenti prodotti contenuta nella sentenza impugnata l’appellante non indica, infatti, quali siano le lacune non rilevate dal tribunale e non spiega perché dovrebbero considerarsi quali lacune le gli eventuali (e come si vedrà non provati) addebiti illegittimi»; l’eccezione in punto all’illegittimo addebito di interessi ultralegali, asseritamente non pattuiti per iscritto, e all’illegittimo esercizio dello ius variandi , opponendo «che la circostanza dedotta dall’appellante non trova rispondenza nei documenti poiché, come ha rilevato il Tribunale, il contratto di conto corrente prodotto sub documento 2 fascicolo monitorio, debitamente sottoscritto dalla debitrice principale (legalmente rappresentata dall’odierno appellante) contiene la chiara indicazione del tasso debitore» e «che come ha
correttamente già rilevato il tribunale non è stata indicata in modo specifico alcuna concreta variazione applicata»; l’eccezione in punto all’illegittimo addebito delle commissioni di messa a disposizione fondi (CMDF) e di istruttoria veloce (CID), facendo richiamo alle argomentazioni del primo giudice intese ad evidenziare come la loro pattuizione rispecchiasse i limiti di legge e notando, in chiosa, che «anche in relazione a tale motivo non è spiegato il fondamento della reiterata eccezione di nullità, posto che le clausole risultano conformi, come ha rilevato il Tribunale, alle previsioni normative»; l’eccezione in punto all’illegittima applicazione delle valute, replicando che «seppure il Tribunale non si sia specificatamente pronunciato sul punto, deve rilevarsi che il motivo non è comunque idoneo a far pervenire ad una diversa decisione, poiché nel contratto prodotto sub 2 fascicolo monitorio sono espressamente pattuite le condizioni di valuta sui prelevamenti e versamenti e non è stato provato dall’appellante che tali pattuizioni fossero più sfavorevoli rispetto a quelle pubblicizzate, né che siano state unilateralmente modificate senza preventive comunicazioni, risolvendosi la doglianza dell’appellante ancora una volta in una generica contestazione»; l’eccezione in punto alla mancata rilevazione della violazione del principio di trasparenza delle condizioni contrattuali, ritenendo che il rigetto implicito pronunciato al riguardo dal Tribunale non sia privo di fondamento «non essendo ancora una volta neppure indicate le condizioni contrattuali che avrebbero trovato applicazione e che non sarebbero state rese note in modo chiaro»; l’eccezione in punto ancora di violazione dell’art. 1284 cod. civ. e degli artt. 116, 117, 117-bis e 118 TUB, costituendo la relativa allegazione «una ripetizione di quanto lamentato con i motivi relativi alla pattuizione degli interessi ultralegali, della CMDF e della CIV», sicché il motivo rimane assorbito nella decisione sui motivi precedenti; le eccezioni formulate con riferimento alla fideiussione, osservando che «non è,
infatti, prescritto, ai fini della validità della fideiussione omnibus, che siano indicati i tassi e le condizioni relativi alle obbligazioni garantite né il tipo di obbligazioni garantite, né si richiede che il creditore comunichi periodicamente al fideiussore l’entità dell’esposizione complessiva del garantito, essendo sufficiente, ai sensi dell’art. 1938 c.c., l’indicazione dell’importo massimo garantito», così come non sussistono la violazione degli artt. 117, 118 e 119 TUB, «posto che le disposizioni del TUB, dettate per i contratti stipulati con il cliente, non si applicano in modo automatico ai rapporti fra banca e garante», la violazione dell’art. 1956 cod. civ. poiché, a parte l’onere di informazione gravante a riguardo sul garante, «non vi è prova, infatti, della manifestazione di un peggioramento delle condizioni del debitore tale da mettere a rischio la solvibilità» e poiché «non risulta poi specificamente contestata la ratio decidendi della sentenza appellata e relativa all’infondatezza dell’eccezione, ove sollevata dal fideiussore, che sia socio e/o legale rappresentante della debitrice principale» e la violazione dell’art. 1341 cod. civ. «non essendo indicate le clausole che dovrebbero trovare applicazione nel caso di specie» e constandone, in ogni caso, l’approvazione per iscritto, e neppure la dedotta nullità per la violazione della normativa antitrust, dato che, delle clausole rilevanti sotto tale profilo, «la clausola 2 non viene in rilievo, non essendo intervenuti i pagamenti suscettibili di restituzione, e allo stesso modo non rilevano le clausole 6 e 8, poiché, come si è già detto, non ricorrono ragioni di invalidità dell’obbligazione garantita, né vi sono i presupposti per l’applicazione dell’art. 1957 c.c., la cui violazione non è stata comunque nemmeno eccepita»; e l’eccezione in punto alla mancata ammissione della CTU, posto che «l’accertamento contabile, deve, infatti, essere disposto quando, ai fini della decisione, il giudice, necessiti di ausilio tecnico per la verifica di dati che non è in grado di ricostruire con le conoscenze di cui dispone, sulla base degli allegazioni e produzioni
delle parti», sicché ove queste siano, come nella specie, tali da far escludere che sussistano le lamentate nullità contrattuali, «non è necessario ai fini del decidere alcuno accertamento tecnico».
RAGIONI DELLA DECISIONE
2. Il primo motivo di ricorso -con cui si deduce la violazione o falsa applicazione delle norme di diritto ed omessa decisione su un fatto decisivo per il giudizio, nonché la violazione dell’art. 2697 cod. civ. e dell’art. 50 TUB, avendo il decidente di appello erroneamente ritenuto che la documentazione versata in atti dalla banca fosse sufficiente a provare il credito azionato, sebbene i mentovati documenti fossero lacunosi e privi della valenza probatoria nella fase di cognizione -; il secondo motivo di ricorso -con cui si deduce la violazione degli artt. 1284 e 1346 cod. civ. in punto di interessi ultralegali e la violazione degli artt. 117 e 118 TUB in punto di esercizio dello ius variandi , avendo il decidente di appello erroneamente ritenuto insussistente l’una e l’altra violazione denunciate, sebbene solo inizialmente fosse stato convenuto un tasso ultralegale e la successiva variazione di esso non fosse stata comunicata al correntista -; il quarto motivo di ricorso -con cui si deduce la violazione di legge e di un fatto decisivo in punto di applicazione delle valute, avendo il decidente di appello erroneamente ritenuto insussistente la denunciata violazione, sebbene la banca avesse applicato alle operazione di accredito e di addebito una diversa data di valuta -; il quinto motivo di ricorso -con cui si deduce violazione e falsa applicazione dell’art. 116 TUB in punto di violazione del principio di trasparenza delle condizioni contrattuali applicate al rapporto, avendo il decidente di appello erroneamente ritenuto insussistente la denunciata violazione sebbene la banca non avesse indicato in modo chiaro ed univoco i tassi di interesse applicati, i prezzi e le altre condizioni economiche
regolanti il rapporto -; il sesto motivo di ricorso -con cui si deduce la violazione e falsa applicazione dell’art. 1284 cod. civ. e degli artt. 116, 117, 117bis e 118 TUB in punto di interessi ultralegali, CMDF e CIV, avendo il decidente di appello erroneamente ritenuto reiterativa la violazione così denunciata, sebbene fosse intenzione del deducente evidenziare ulteriormente le gravi violazioni in cui era al riguardo incorso il giudice di primo grado -; il settimo motivo di ricorso -con cui si deduce la violazione e falsa applicazione e l’ omesso esame di un fatto decisivo, nonché la violazione dell’art. 1956 cod. civ. e degli artt. 117, 118 e 119 TUB in punto di nullità della fideiussione, avendo il decidente di appello erroneamente ritenuto insussistenti le violazioni denunciate al riguardo, sebbene la banca avesse dovuto rendere noti al fideiussore i tassi, i prezzi e le condizioni applicate al rapporto, fosse provato dal successivo fallimento della debitrice il peggioramento delle sue condizioni economiche, fosse contrario agli obblighi di buona fede e correttezza imposti alla banca l’onere di vigilanza imposto al fideiussore, fosse provata la vessatorietà delle clausole applicate al rapporto e fosse dimostrata la nullità della fideiussione per contrarietà alla normativa antitrust -; l’ottavo motivo di ricorso -con cui si deduce la violazione e falsa applicazione degli artt. 115 e 116 cod. proc. civ. e la violazione di un fatto rilevante per la decisione in punto alla mancata ammissione della CTU, avendo il decidente di appello erroneamente pronunciato nei riferiti termini sebbene l’istanza in tal senso indirizzata dal deducente, essendo diretta a far accertare, calcolare e quantificare le maggiori somme introitate indebitamente dalla banca, assumesse nel contesto delineato carattere determinativo di verifica delle contestazioni sollevate -esaminabili congiuntamente in quanto tutti affetti dal medesimo vulnus espositivo, si prestano ad un preliminare ed assorbente giudizio di inammissibilità per evidente difetto di specificità in quanto essi si
astengono dallo sviluppare qualsiasi confronto con le ragioni della decisione e si risolvono nella mera testuale riproposizione delle stesse doglianze già rapportate nei gradi di merito ed ivi motivatamente disattese.
3. Sicché è perciò appena il caso di ricordare che «il ricorso per cassazione non introduce un terzo grado di giudizio tramite il quale far valere la mera ingiustizia della sentenza impugnata, caratterizzandosi, invece, come un rimedio impugnatorio, a critica vincolata ed a cognizione determinata dall’ambito della denuncia attraverso il vizio o i vizi dedotti» (Cass. Sez. U,. 29/03/2013, n. 7931). Il controllo che la Corte di Cassazione è chiamata infatti ad esercitare in funzione della legalità della decisione «non consente di riesaminare e di valutare autonomamente il merito della causa» ( ex plurimis , Cass., Sez. I, 6/03/2019, n. 6519), così come a sua volta il controllo di logicità «non consente alla parte di censurare la complessiva valutazione delle risultanze processuali contenuta nella sentenza impugnata, contrapponendo alla stessa una sua diversa interpretazione, al fine di ottenere la revisione da parte del giudice di legittimità degli accertamenti di fatto compiuti dal giudice di merito» ( ex plurimis , Cass., Sez. II, 19/07/2021, n. 20553). Riposa, non a caso, proprio su queste premesse il corollario che si ritrae in punto di formulazione dei motivi di ricorso quando si raccomanda, siccome il ricorso, onde soddisfare la condizione imposta a pena di inammissibilità dall’art. 366, comma 1, n. 4, cod. proc. civ., «deve contenere, a pena di inammissibilità, l’esposizione dei motivi per i quali si chiede la cassazione della sentenza impugnata, aventi i requisiti della specificità, completezza e riferibilità alla decisione impugnata» ( ex plurimis , Cass., Sez. I, 17/07/2007, n. 15952), che «nell’esposizione del motivo trovino espressione le ragioni del dissenso che la parte intende marcare nei riguardi della decisione
impugnata, formulate in termini tali da soddisfare esigenze di specificità, di completezza e di riferibilità a quanto pronunciato proprie del mezzo azionato e, insieme, da costituire una critica precisa e puntuale e, dunque, pertinente delle ragioni che ne hanno indotto l’adozione» (così in motivazione ex plurimis , Cass., Sez. I, 24/04/2024, n. 11164). Di conseguenza, «con i motivi di ricorso per cassazione la parte non può limitarsi a riproporre le tesi difensive svolte nelle fasi di merito e motivatamente disattese dal giudice dell’appello, senza considerare le ragioni offerte da quest’ultimo, poiché in tal modo si determina una mera contrapposizione della propria valutazione al giudizio espresso dalla sentenza impugnata che si risolve, in sostanza, nella proposizione di un “non motivo”, come tale inammissibile ex art. 366, comma 1, n. 4, c.p.c.» ( ex plurimis , Cass., Sez. I, 24/09/2018, n. 22478).
Condivide questa sorte anche il terzo motivo di ricorso -con cui si deduce la violazione di legge e violazione di un fatto decisivo per il giudizio, nonché la violazione dell’art. 117 TUB in punto di commissione di messa a disposizione fondi e di commissione istruttoria veloce, avendo il decidente di appello erroneamente ritenuto insussistente la violazione denunciata quantunque la CMDF fosse stata applicata anche in difetto di utilizzazione dei fondi e l’adeguamento della CIV alle modifiche normative intervenute non fosse stato comunicato -dovendo solo soggiungersi, riguardo alla prima doglianza, che essa del pari si sottrae allo scrutinio qui richiesto in quanto priva di autosufficienza limitandosi il deducente ad assumere che la CMDF non possa essere applicata in difetto di utilizzo dei fondi senza tuttavia specificare se i fondi messi a disposizione fossero stati o meno della specie oggetto di utilizzazione.
Il ricorso va dunque dichiarato inammissibile.
Le spese seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo.
Ove dovuto sussistono i presupposti per il raddoppio a carico del ricorrente del contributo unificato ai sensi del dell’art. 13, comma 1quater, d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115.
P.Q.M.
Dichiara il ricorso inammissibile e condanna parte ricorrente al pagamento delle spese di lite che liquida in favore di parte resistente in euro 6200,00, di cui euro 200,00 per esborsi, oltre al 15% per spese generali ed accessori di legge.
Ai sensi del dell’art. 13, comma 1-quater, d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115 dichiara la sussistenza dei presupposti per il versamento da parte del ricorrente, ove dovuto, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio della I sezione civile il