Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 3 Num. 20687 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 3 Num. 20687 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 25/07/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 08432/2021 R.G., proposto da
NOME COGNOME ; rappresentato e difeso, congiuntamente e disgiuntamente, da ll’AVV_NOTAIO (pec dichiarata: EMAIL), e dall’AVV_NOTAIO (pec dichiarata: EMAIL) in virtù di procura su foglio separato;
-ricorrente-
nei confronti di
RAGIONE_SOCIALE (già RAGIONE_SOCIALE ), in persona del procuratore speciale dottAVV_NOTAIO NOME COGNOME, NOME COGNOME ,
NOME COGNOME , NOME COGNOME , NOME COGNOME ; tutti rappresentati e difesi dagli AVV_NOTAIO.ti NOME COGNOME (pec dichiarata: EMAIL) e NOME COGNOME (pec dichiarata: EMAIL), in virtù di procura su foglio separato;
-controricorrenti-
nonché di
RAGIONE_SOCIALE, in persona del procuratore, Dott. NOME COGNOME; rappresentata e difesa dagli AVV_NOTAIO.ti NOME AVV_NOTAIO (pec dichiarata: EMAIL) e NOME COGNOME (pec: EMAIL);
-controricorrente-
e di
NOME COGNOME ;
-intimato-
per la cassazione della sentenza n. 4379/2020 della CORTE d ‘ APPELLO di ROMA, depositata il 22 settembre 2020;
udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 17 maggio 2024 dal Consigliere NOME COGNOME.
FATTI DI CAUSA
NOME COGNOME, deputato e, all’epoca dei fatti, Ministro delle Politiche Agricole e Forestali, in seguito alla pubblicazione di tre articoli di stampa sul quotidiano ‘La Repubblica’ , sul settimanale ‘L’RAGIONE_SOCIALE‘ e sul quotidiano ‘City’ , da lui ritenuti diffamatori, convenne in giudizio risarcitorio, dinanzi al Tribunale di Roma, la RAGIONE_SOCIALE ( già RAGIONE_SOCIALE), NOME COGNOME e NOME COGNOME, rispettivamente direttori del quotidiano ‘ La Repubblica ‘ e del settimanale ‘LRAGIONE_SOCIALE‘ , i giornalisti NOME COGNOME e NOME
COGNOME, nonché la RAGIONE_SOCIALE e NOME COGNOME, direttore del quotidiano ‘ City ‘ e autore dell’articolo pubblicato su di esso.
L ‘attore -dopo aver ricordato che, durante il suo mandato ministeriale, era stato sottoposto a procedimento penale e che, con ordinanza dell’8 luglio 2011 , il GIP del Tribunale di Palermo, rigettata la richiesta di archiviazione formulata dal pubblico ministero, aveva invitato quest’ultimo a formulare l’imputazione coatta nei suoi confronti -espose che gli articoli pubblicati sui citati giornali, prendendo le mosse dalla suddetta ordinanza, per un verso avevano riportato la falsa notizia della formalizzazione a suo carico di un mandato di cattura per RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE, per altro verso, e più in generale, avevano evocato vicende atte ad accostarlo a soggetti destinatari di vere e proprie richieste di arresto, nonché a suggerire che egli aveva contatti con esponenti di spicco dell’RAGIONE_SOCIALE .
Il Tribunale di Roma, con sentenza n. 15275/2016, esclusa la portata diffamatoria dei tre articoli di stampa, rigettò la domanda e condannò l’attore alla rifusione delle spese di lite sostenute dai convenuti.
Con sentenza 22 settembre 2020, n. 4379, la Corte d ‘ appello di Roma ha dichiarato l’inammissibilità del gravame interposto dall’attore , ai sensi dell’ art. 342 cod. proc. civ., perché contenente una generica reiterazione degli assunti già esposti in primo grado; inoltre, la Corte territoriale ha reputato l’appello anche infondato nel merito, rinviando, al riguardo, alla motivazione della sentenza di primo grado, espressamente condivisa.
Avverso detta sentenza propone ricorso per cassazione NOME COGNOME sulla base di tre motivi.
Rispondono con controricorso la RAGIONE_SOCIALE, NOME COGNOME, NOME, NOME COGNOME e NOME COGNOME.
Con distinto controricorso risponde anche la RAGIONE_SOCIALE.
Non svolge difese in sede di legittimità l’intimato NOME COGNOME. La trattazione del ricorso è stata fissata in adunanza camerale, ai sensi dell’art.380 -bis .1 cod. proc. civ..
Il Procuratore Generale non ha depositato conclusioni scritte.
Tutte le parti costituite hanno depositato memorie.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo è denunciata «V iolazione dell’art. 111 Cost. e dell’art. 132 n.4 c.p.c., i n relazione all’art. 342 c.p.c. Motivazione mancante per la elusa, seppure enunciata come premessa, comparazione fra sentenza ritenuta esaustiva nella sua motivazione e appello ritenuto generico per la reiterazione degli assunti originari. Error in procedendo . Nullità della sentenza (art. 360 n.3 e n.4 c.p.c.)».
Il ricorrente denuncia la nullità della sentenza perché affetta da error in procedendo, esaurendosi la stessa in una motivazione meramente apparente, inidonea a rendere comprensibile il ragionamento seguito dalla Corte territoriale a fondamento della pronuncia di inammissibilità ex art. 342 cod. proc. civ..
Sostiene, in particolare, che, pur ponendo a premessa del sindacato dei requisiti di specificità dell’appello la comparazione tra la sentenza di primo grado e l’atto di impugnazione della stessa, la Corte territoriale si sarebbe poi limitata alla (pigra) riproduzione della prima, senza nulla dire sul contenuto delle censure veicolate con il secondo.
Con il secondo motivo è denunciata «V iolazione dell’art. 342 c.p.c. anche in relazione all’art. 111 Cost. ed art. 132 n.4 c.p.c. Error
in procedendo . Nullità della sentenza. Violazione dell’art. 118 co. 1 disp. att. c.p.c. (art. 360. n.3 e art. 360 n.4 c.p.c.)».
La sentenza impugnata viene censurata nella parte in cui ha dichiarato l’appello inammissibile per difetto di specificità .
Il ricorrente sostiene che l’atto d’appello era « del tutto coerente con lo schema legale dell’art. 342 c .p.c. » e che tale coerenza, indebitamente e immotivatamente esclusa dal giudice del merito, ben potrebbe essere affermata da quello di legittimità, stante la sua natura di giudice del ‘ fatto processuale ‘ .
Assume, in particolare, che dalla lettura dell ‘ atto d ‘ appello emergerebbero chiaramente le parti della sentenza di primo grado delle quali era stata invocata la riforma, con indicazione delle premesse ritenute errate, delle modifiche richieste alla ricostruzione del fatto e con doglianze specifiche ed ampiamente argomentate mediante richiamo alle norme di diritto ritenute applicabili.
2.1. I primi due motivi di ricorso -da trattarsi congiuntamente per evidente connessione -sono infondati.
2.1.a. In primo luogo, non sussiste il vizio di motivazione costituzionalmente rilevante, in quanto la Corte di merito, sebbene con una statuizione stringata, ha ritenuto che l’appellante (odierno ricorrente) avesse proposto motivi di impugnazione generici ed ha argomentato, al riguardo, dal confronto tra la motivazione della sentenza di primo grado e le censure formulate avverso di essa, reputate genericamente reiterative degli assunti originari.
Sulla base di questa argomentazione, la Corte territoriale ha RAGIONE_SOCIALE il giudizio secondo il quale l’atto di impugnazione , nella fattispecie , non soddisfaceva l’esigenza, prevista a pena di inammissibilità, di individuare chiaramente le questioni e i punti
contestati della sentenza impugnata e, con essi, le relative doglianze, in funzione della confutazione delle ragioni addotte dal primo giudice.
2.1.b. In secondo luogo -premesso che la doglianza diretta suscitare il diretto sindacato di questa Corte, quale giudice del ‘ fatto processuale ‘ sulla specificità dell’atto di appello implicava, a carico del ricorrente, l’onere di specificare, nel ricorso, le ragioni per cui ritenesse erronea la statuizione del giudice di appello e sufficientemente specifici, invece, i motivi di gravame ad esso sottoposti ( ex aliis , Cass. 29/09/2017 n. 22880; Cass. 20/09/2006, n. 20405) -deve escludersi che tale onere sia stato debitamente assolto con i generici richiami a passi del detto atto, disseminati nel ricorso per cassazione, i quali non sono idonei a riportarne il contenuto nella misura necessaria ad evidenziarne la pretesa specificità, se non altro perché precipuamente riferiti alla parte della motivazione della sentenza di primo grado concernente, tra i tre articoli reputati diffamatori, quello in cui sarebbe stata riportata la falsa notizia della formalizzazione del mandato di cattura per RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE.
2.1.c. In terzo luogo -proprio l’ e same del contenuto dell’atto di appello -nei limiti in cui viene riprodotto nel ricorso per cassazione (pp.10-15) -, in correlazione con quello degli stralci della sentenza di primo grado citati dalla Cote territoriale, induce a confermare il giudizio RAGIONE_SOCIALE da quest’ultim a circa il mancato soddisfacimento, n ell’atto di gravame, dei requisiti di specificità richiesti dall’art.342 cod. proc. civ. .
Premesso, infatti, che tali requisiti (sui quali v. Cass., Sez. Un., 13/12/2022, n. 36481; in precedenza, Cass., Sez. Un., 16/11/2017, n. 27199; Cass. 30/05/2018, n. 13535), postulano la necessità che l’atto contenga sia la chiara individuazione delle questioni e dei punti contestati della sentenza impugnata e, con essi, delle relative
doglianze, sia una sufficiente parte argomentativa, affiancata alla parte volitiva, diretta a confutare le ragioni addotte dal primo giudice, nel caso in esame si deve rilevare che, invece, l’attore -appellante, dopo aver censurato in primo grado la pubblicazione contenente la notizia sul mandato di cattura per mancato rispetto del requisito della verità, nel grado di appello aveva nuovamente insistito su tale originaria censura, reiterandola più volte, senza attribuire il giusto peso alla circostanza che il giudicante aveva convenuto sul carattere ‘ inesatto ‘ della notizia, formulando tuttavia aliunde un giudizio di non offensività della stessa.
I primi due motivi di ricorso, pertanto, devono essere rigettati.
Con l’ultimo motivo è denunciata «V iolazione dell’art. 132 n.4 c.p.c.; dell’art. 111 Cost. i n relazione all’art. 24 C ost. e all’art. 112 c.p.c.. Contraddittorietà assoluta della motivazione o, comunque, motivazione esorbitante. Nullità della sentenza. Error in procedendo (art. 360 n.3 e n.4 c.p.c.)».
La sentenza impugnata è censurata perché, pur dichiarando preliminarmente l’inammissibilità dell’appello, ha ugualmente RAGIONE_SOCIALE il giudizio di infondatezza dell’impugnazione attinente al merito della fattispecie controversa.
3.1. Il motivo è inammissibile.
Le Sezioni Unite di questa Corte hanno già in epoca ormai risalente affermato -e più volte successivamente ribadito -che, ove in una sentenza, dopo una statuizione di inammissibilità (o declinatoria di giurisdizione o di competenza), siano state impropriamente inserite argomentazioni sul merito della controversia, la parte soccombente non ha l’onere di (né l’interesse ad) impugnarle, poiché tali ulteriori statuizioni sono state emesse dal giudice dopo essersi spogliato della
‘ potestas iudicandi ‘ (Cass., Sez. Un., 20/02/2007, n. 3840; Cass., Sez. Un., 17/06/2013, n. 15122; Cass., Sez. Un. 27/11/2019, n.31024; Cass., Sez. Un., 1/02/2021, n. 2155; tra le pronunce a Sezione semplice, cfr. Cass.16/06/2020, n. 11675; Cass. 19/09/2022, n. 27388; Cass. 4/01/2023, n.155; Cass.10/11/2023, n. 31342).
Pertanto, nell’ipotesi di gravame avverso la sentenza, le doglianze con le quali si pretenda un sindacato anche in ordine alla motivazione sul merito restano inammissibili, per difetto di interesse, mentre sono invece ammissibili quelle che investono la statuizione sulla questione pregiudiziale di rito, la pronuncia sulla quale ha privato di efficacia quella successiva sul merito, emessa dal giudice senza avere il potere di farlo.
Il terzo motivo di ricorso, in quanto diretto a sindacare la statuizione sul merito, va dunque dichiarato inammissibile.
In definitiva, il ricorso va rigettato.
Le spese del giudizio di legittimità seguono la soccombenza del ricorrente e, tenuto conto dell’attività processuale espletata, in relazione al valore della controversia, sono liquidate come da dispositivo.
L a decisione di inammissibilità dell’impugnazione comporta che deve darsi atto, ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater , del d.P.R. n. 115 del 2002, della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, al competente ufficio di merito, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1bis dello stesso articolo 13, se dovuto.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso.
Condanna il ricorrente a rimborsare ai controricorrenti le spese del giudizio di legittimità, che liquida, per ciascuna delle due parti controricorrenti, in Euro 3.200,00, oltre agli esborsi liquidati in Euro 200,00, alle spese generali e agli accessori di legge.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater , del d.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall’art. 1, comma 17, della legge n. 228 del 2012, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente , al competente ufficio di merito, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso a norma del comma 1bis dello stesso art.13, ove dovuto.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Terza Sezione