Sentenza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 5533 Anno 2024
Civile Sent. Sez. 2 Num. 5533 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 01/03/2024
R.G.N. NUMERO_DOCUMENTO
U.P. 30/01/2024
Contratto preliminare -questione processuale sull’art. 342 cpc
SENTENZA
sul ricorso (iscritto al N.R.G. NUMERO_DOCUMENTO) proposto da: RAGIONE_SOCIALE, in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentata e difesa, in virtù di procura speciale apposta in calce al ricorso, dall’AVV_NOTAIO e con indicazione del relativo indirizzo PEC: EMAIL;
–
ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE, in persona del liquidatore -legale rappresentante pro tempore , rappresentata e difesa, in virtù di procura speciale apposta a margine del controricorso, dagli AVV_NOTAIO e NOME COGNOME ed elettivamente domiciliata
presso lo studio dell’AVV_NOTAIO, in Roma, INDIRIZZO;
–
contro
ricorrente – avverso la sentenza della Corte di appello di Venezia n. 413/2021 (pubblicata il 23 febbraio 2021);
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 30 gennaio 2024 dal AVV_NOTAIO relatore NOME COGNOME;
udito il P.G., in persona del AVV_NOTAIO procuratore generale NOME COGNOME, il quale ha concluso per l’inammissibilità o, in subordine, per il rigetto del ricorso;
uditi gli AVV_NOTAIO (per delega), nell’interesse della ricorrente, e NOME COGNOME (per delega), nell’interesse della controricorrente.
RITENUTO IN FATTO
Con atto di citazione ritualmente notificato, la RAGIONE_SOCIALE conveniva in giudizio, dinanzi al Tribunale di Verona, l’RAGIONE_SOCIALE, esponendo di essere promissaria acquirente di un immobile oggetto di preliminare di compravendita concluso tra le parti il 22 ottobre 2009, asseritamente gravato da un vincolo non dichiarato e non apparente che la promittente venditrice non aveva provveduto ad eliminare nonostante la scadenza del termine fissato per la stipula del contratto definitivo; sulla base di questa premessa, previo esercizio del diritto di recesso, chiedeva la condanna della convenuta al pagamento del doppio della caparra pattuita.
RAGIONE_SOCIALE si costituiva in giudizio e, oltre ad instare per il rigetto della pretesa attorea, formulava domanda riconvenzionale per sentir accertato il suo diritto a trattenere la somma versatale a titolo di caparra.
Con sentenza n. 1207/2014, l’adito Tribunale, dopo aver preso atto della comune intenzione delle parti di ritenere risolto il citato contratto preliminare, rigettava la domanda principale ed accoglieva quella riconvenzionale.
Decidendo sull’appello formulato dalla RAGIONE_SOCIALE e nella costituzione della società appellata, la Corte di appello di Venezia, con sentenza n. 413/2021, dichiarava l’inammissibilità dell’appello per violazione dell’art. 342 c.p.c., ritenendo il difetto di specificità del gravame, sul presupposto che lo stesso non era stato suddiviso -nella rappresentazione del suo contenuto -in punti, né numeri, né risultando chiaramente individuabili i punti argomentativi contestati, così come non era stati indicati, in modo dettagliato, i capi della sentenza di primo grado da considerarsi contestati, né era stato predisposto un progetto di provvedimento alternativo.
Contro la suddetta di secondo grado ha proposto ricorso per cassazione, affidato a due motivi, la RAGIONE_SOCIALE
Ha resistito con controricorso l’RAGIONE_SOCIALE, già in liquidazione, cancellata dal registro delle imprese in data 11 febbraio 2021.
Con il relativo atto costitutivo la controricorrente ha, in via pregiudiziale, eccepito l’inammissibilità del ricorso in
quanto -pur essendo la stessa società collocata in liquidazione volontaria dal 22 gennaio 2020, per essere, poi, cancellata dal registro delle imprese in data 11 febbraio 2021 in virtù della chiusura della liquidazione -il ricorso era stato notificato -in data 29 luglio 2021 alla medesima in persona del legale rappresentante pro tempore e non ai soci.
Il AVV_NOTAIO delegato della VI Sezione civile -sottosez. II -formulava, in data 14 gennaio 2022, proposta di manifesta fondatezza del ricorso (sul presupposto della ravvisata sussistenza della denunciata violazione dell’art. 342 c.p.c.).
Senonché all’esito della fissata adunanza camerale del 17 febbraio 2022, con ordinanza interlocutoria n. 28451/2022, la causa veniva rimessa alla pubblica udienza stante l’insussistenza dell’evidenza decisoria con riferimento alla richiamata eccezione di inammissibilità del ricorso prospettata dalla controricorrente.
Il ricorso veniva, quindi, rifissato per la sua trattazione alla pubblica udienza del 30 gennaio 2024, in prossimità della quale i difensori della controricorrente hanno depositato memoria ai sensi dell’art. 378 c.p.c.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Con il primo motivo, la ricorrente ha denunciato la violazione e falsa applicazione dell’art. 342 c.p.c., prospettando l’illegittimità della sentenza impugnata dichiarativa dell’inammissibilità dell’appello per difetto dei requisito di specificità previsto dalla evocata norma processuale, poiché -in senso contrario l’atto di
gravame conteneva e rappresentava adeguatamente i punti della pronuncia gravata, le relative doglianze e la chiara percettibilità della natura, portata e senso delle critiche avverso la stessa decisione formulate.
Con la seconda censura, la ricorrente ha dedotto la violazione e falsa applicazione degli artt. 342 e 348-bis c.p.c. nella parte in cui, con la sentenza impugnata, la Corte di appello aveva inammissibilmente ed illegittimamente statuito con essa sull’eccezione di cui all’art. 342 c.p.c. dopo averla già esaminata e respinta con ordinanza del 29 aprile 2015, dichiarativa dell’inapplicabilità del citato art. 348 -bis sul presupposto, per l’appunto, dell’insussistenza della dedotta inammissibilità dell’appello.
Rileva il collegio che occorre farsi carico, in via preliminare, dell’esame dell’eccezione formulata dalla controricorrente – di inammissibilità del ricorso per le ragioni in precedenza richiamate.
Essa è infondata dal momento che -secondo la pacifica giurisprudenza di questa Corte (cfr. Cass. n. 26495/2014, Cass. n. 23563/2017 e Cass. n. 190/2022) – la cancellazione di una società di persone dal registro delle imprese, costituita in giudizio a mezzo di procuratore che tale evento non abbia dichiarato nel corso dello stesso o notificato alle altre parti nei modi e nei tempi di cui all’art. 300 c.p.c., comporta, giusta la regola dell’ultrattività del mandato alla lite, che detto procuratore continua a rappresentare la parte come se l’evento interruttivo non si fosse verificato, con
conseguente ammissibilità della notificazione dell’impugnazione presso di lui, ex art. 330, comma 1, c.p.c., senza che rilevi la conoscenza aliunde dell’avvenuta cancellazione da parte del notificante.
E’ stato anche puntualizzato (con la sentenza delle Sezioni unite n. 15295/2014) che il principio di ultrattività del mandato alla lite, in forza del quale il difensore continua a rappresentare la parte come se l’evento estintivo non si fosse verificato, si applica anche quando, avvenuta la cancellazione della società dal registro delle imprese in data successiva alla pubblicazione della sentenza di appello (e anche quando quest’ultima non sia ancora stata emessa successivamente alla precisazione delle conclusioni, come verificatosi nel caso di specie, in cui queste ultime furono rassegnate all’udienza del 16 novembre 2020, con deposito della relativa sentenza in data 23 febbraio 2021, senza che la cancellazione della società sopravvenuta in data 11 febbraio 2021 fosse stata portata comunque a conoscenza della controparte) ed in pendenza del termine per proporre ricorso per cassazione, non ne sia possibile, per tale ragione, la declaratoria, ed il procuratore della società estinta non abbia inteso notificare l’evento stesso alla controparte, sicché quest’ultima, legittimamente, può notificare alla società, pur cancellata ed estinta, il ricorso per cassazione presso il domicilio del suddetto difensore.
Ciò posto e passando all’esame dei motivi formulati con il ricorso (valutabili congiuntamente perché concernenti la medesima questione processuale), ritiene il collegio che essi sono manifestamente fondati.
Diversamente da quanto ravvisato con l’impugnata sentenza di secondo grado, la RAGIONE_SOCIALE -con il proposto atto di appello -aveva formulato specifici motivi avverso la pronuncia di prime cure, denunciandone l’erroneità sotto molteplici profili, per come idoneamente rappresentato nel ricorso per cassazione (v. pag. 9), adducendo -a sostegno degli stessi -apposite argomentazioni idonee a confortarne la possibile fondatezza, in tal senso intendendo specificamente confutare la decisione gravata (per quanto puntualmente riprodotto alla pagg. 27-32 dello stesso ricorso avanzato in sede di legittimità), come, del resto, già rilevato con la proposta ex art. 380-bis c.p.c.
Deve, quindi, trovare applicazione il consolidato principio (riferito alla versione dell’art. 342 c.p.c. modificata dall’art. 54, comma 1, lett. 0a) del d.l. n. 83/2012, conv., con modif., dalla legge n. 134/2012, applicabile agli atti di appello proposti successivamente all’11 settembre 2012, come avvenuto nel caso di specie) affermato da questa Corte (cfr., in particolare, Cass. SU 27199/2017, Cass. n. 13535/2018 e Cass. SU n. 36481/2022) secondo cui gli artt. 342 e 434 c.p.c., nel testo così come inciso dalla novellazione del 2012, vanno interpretati nel senso che l’impugnazione deve
contenere, a pena di inammissibilità, una chiara individuazione delle questioni e dei punti contestati della sentenza impugnata e, con essi, delle relative doglianze, affiancando alla parte volitiva una parte argomentativa che confuti e contrasti le ragioni addotte dal primo giudice, senza che occorra l’utilizzo di particolari forme sacramentali o la redazione di un progetto alternativo di decisione da contrapporre a quella di primo grado, tenuto conto della permanente natura di revisio prioris instantiae del giudizio di appello, il quale mantiene la sua diversità rispetto alle impugnazioni a critica vincolata.
A tal proposito va evidenziato che -contrariamente a quanto ritenuto dal giudice di appello -ai fini del soddisfacimento del requisito prescritto dal citato art. 342 c.p.c., come interpretato dalla giurisprudenza di questa Corte, non è affatto necessario che l’atto di appello venga suddiviso in punti o che i motivi debbano essere numerati, risultando sufficiente che le censure -comprensibili nel loro svolgimento logico-giuridico -tendano a confutare le statuizioni della pronuncia di primo grado, senza che risulti indispensabile predisporre un progetto di provvedimento alternativo.
Ciò è certamente avvenuto nella vicenda processuale in questione dal momento che l’atto di appello conteneva, comunque, l’indicazione delle parti della sentenza del Tribunale che si intendevano impugnare con la prospettazione delle modifiche richieste in ordine alla ricostruzione dei fatti compiuta con detta sentenza e con
la illustrazione dei rilievi in punto di diritto dai quali potevano derivare le denunciate violazioni di legge tali da condurre alla possibile riforma della decisione oggetto di gravame.
5. In definitiva, alla stregua delle argomentazioni svolte, il ricorso deve essere accolto, con la conseguente cassazione della sentenza impugnata ed il correlato rinvio della causa alla Corte di appello di Venezia, in diversa composizione, la quale -oltre a pronunciare nel merito sui motivi proposti con il gravame formulato avverso la sentenza di primo grado (ove non sussistano possibili impedimenti di carattere pregiudiziale o preliminare) -provvederà anche a regolare le spese del presente giudizio di legittimità.
P.Q.M.
La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia, anche per le spese del giudizio di cassazione, alla Corte di appello di Venezia, in diversa composizione.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della II