Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 4024 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 1 Num. 4024 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 14/02/2024
ORDINANZA
sul ricorso n. 10499/2020 r.g. proposto da:
BANCA MONTE DEI PASCHI DI SIENA RAGIONE_SOCIALE.RAGIONE_SOCIALE, con sede in RAGIONE_SOCIALE, alla INDIRIZZO, in persona del procuratore speciale AVV_NOTAIO, rappresentata e difesa, giusta procura speciale allegata in calce al ricorso, d all’ AVV_NOTAIO, presso il cui studio elettivamente domicilia in RAGIONE_SOCIALE, alla INDIRIZZO.
RAGIONE_SOCIALE, già RAGIONE_SOCIALE (quale mandataria di RAGIONE_SOCIALE SECURITISATION), con sede in Verona, al INDIRIZZO , in persona del procuratore speciale dottAVV_NOTAIO, rappresentata e difesa, giusta procura speciale allegata al controricorso, da ll’ AVV_NOTAIO, presso il cui studio elettivamente domicilia in Napoli, alla INDIRIZZO.
-controricorrente –
avverso la sentenza, n. cron. 5601/2019, della CORTE DI APPELLO DI NAPOLI, pubblicata il giorno 20/11/2019; udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del giorno 07/02/2024 dal AVV_NOTAIO.
FATTI DI CAUSA
Con ricorso ex art. 702bis cod. proc. civ., la RAGIONE_SOCIALE, quale cessionaria della RAGIONE_SOCIALE (già RAGIONE_SOCIALE), chiese al Tribunale di Napoli la condanna di RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE dei RAGIONE_SOCIALE di RAGIONE_SOCIALE s.p.a. (d’ora in avanti, anche, breviter , RAGIONE_SOCIALE) al pagamento, in suo favore, della somma di € 81.511,05, oltre interessi di mora. Tanto sul presupposto che quest’ultima non aveva tenuto fede all’accordo interbancario, stipulato il 29 dicembre 1988 tra vari istituti di credito (tra i quali, MPS e RAGIONE_SOCIALE di RAGIONE_SOCIALE), in forza del quale le ipoteche iscritte dalle banche sui beni del debitore esecutato COGNOME NOME erano da intendersi tutte di pari grado, in maniera proporzionale ai crediti spettanti. Secondo la ricorrente, MPS non aveva tenuto conto dell’accordo, né della proporzione tra i vari crediti, incassando più del dovuto e rifiutandosi di restituire le somme in eccedenza incamerate, pari al 27,37%, giusta il piano di riparto, liquidatele in € 81.511,05. A sostegno del proprio rifiuto a restituire q uanto in eccedenza incassato, MPS aveva invocato il mancato rinnovo dell’ipoteca da parte della RAGIONE_SOCIALE di RAGIONE_SOCIALE.
1.1. Costituitasi la resistente, che contestò l’avversa richiesta chiedendone il rigetto, l’adito tribunale, con ordinanza ex art. 702ter cod. proc. civ. del 16 novembre 2018, accolse il descritto ricorso e condannò RAGIONE_SOCIALE al pagamento, il favore di RAGIONE_SOCIALE, di € 81.511,05 oltre interessi al tasso legale dal 31 ottobre 2016 al soddisfo.
1.2.1. Ritenuti pacifici i fatti di causa, quel giudice disattese l’eccezione di intangibilità del piano di riparto sollevata dalla resistente, precisando che la ricorrente, in realtà, muovendo proprio dal presupposto di tale intangibilità, aveva inteso ag ire per l’adempimento dell’accordo interbancario suddetto, sicché si era limitata ad allegarne l’inadempimento spettando alla controparte
la dimostrazione dei fatti impeditivi, modificativi e/o estintivi della sua pretesa. Considerò, poi, non condivisibile l’assunto di MPS secondo cui, in assenza di qualsiasi esplicita deroga -contenuta nell’accordo -alla previsione di cui all’art. 2847 cod. civ., che disciplina la durata dell’efficacia dell’iscrizione ipotecaria sancendone l’inefficacia se non rinnovata nel ventennio, le banche, per poter beneficiare degli affetti dell’accordo predetto, avessero l’obbligo di rinnovare l’ipoteca. Rimarcò, in proposito, che « l’accordo tra le banche prevedeva di estendere la par condicio creditorum ai soggetti partecipanti, tutti portatori di garanzia reale di vario grado. La funzione dell’accordo interbancario, stipulato al di fuori della procedura esecutiva e dell’approvazione del piano di riparto, era proprio quella di accordare alle banche, che avevano ipoteche di vario grado al momento dell’accordo, un trattament o concorsuale nel riparto della vendita giudiziale con l’evidente fine di svincolare i diritti di riparto dalle successive evenienze riguardanti i diritti di garanzia ipotecaria. Ne deriva che, trattandosi di un accordo assunto solo tra i creditori ipotecari, non v’è dubbio che tale caratteristica ipotecaria doveva sussistere al momento dell’accordo e non a quello del pagamento in distribuzione, peraltro di molto successivo alla stipula dell’accordo interbancario. Proprio il tenore delle clausole contrattuali evidenzia la corretta interpretazione in questa sede sostenuta nella misura in cui esse, per un verso, riconoscono che le garanzie ipotecarie già ‘acquisite’ ‘si intendono di pari grado reciproco’ e, per altro verso, impegnano gli istituti paciscenti ‘a ripartire tutte le somme… fra tutti i creditori menzionati nel precedente paragrafo’, con ciò evidentemente legando la partecipazione concorsuale all’essere creditore ipotecario al momento dell’accordo. La stessa clausola menzionata da parte convenuta, per cui ‘I crediti di cui innanzi, anche se eventualmente non dovessero consolidarsi le ipoteche, godranno dell’estensione dei benefici delle ipoteche consolidate’, costituisce non già smentita ma vieppiù conferma della volontà delle parti di svincolare i loro reciproci rapporti di credito dalle vicende inerenti le varie garanzie ipotecarie ».
Il gravame promosso contro quella decisione da RAGIONE_SOCIALE fu dichiarato inammissibile dall’adita Corte di appello di Napoli, con sentenza del 20 novembre 2019, n. 5601, pronunciata nel contraddittorio con RAGIONE_SOCIALE, costituitasi in quella sede tramite la sua mandataria DoRAGIONE_SOCIALE s.p.a. (nuova denominazione assunta da RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE.p.a.).
2.1. Per quanto ancora qui di interesse, quella corte ritenne che l’appellante si fosse limitata « a riprodurre le medesime due eccezioni già compiutamente esaminate dal primo giudice » ed « a trascrivere i brani della decisione censurata e alcuni precedenti giurisprudenziali che, a suo giudizio, dimostrerebbero che l’accordo interbancario dedotto in lite non avrebbe potuto derogare al disposto di cui all’art. 2847 c.c. che impone il rinnovamento della trascrizione altrimenti ne cessa l’effetto. E, però, ha trascurato che l’accordo interbancario invocato dall’istante in primo grado non presupponeva affatto l’operatività della garanzia ipotecaria iscritta a favore dei suoi contraenti; ché, anzi, la sua finalità è stata proprio quella di superarne gli effetti, attribuendo ai creditori stipulanti pari grado di iscrizione ipotecaria di iscrizione e disponendo che, qualunque fossero state attribuite le somme attribuite in sede esecutiva, a ciascuno avrebbe dovuto essere corrisposta la p ercentuale dell’accordo stesso indicata. Rispetto a tali dati documentalmente provati e compiutamente posti in luce dal primo giudice, nessuna critica ragionata e puntuale l’appellante è riuscita ad imbastire, non dando conto neppure in minima parte di quali siano state le ragioni o i dati di fatto eventualmente trascurati dal primo giudice e in che misura gli stessi avrebbero potuto incidere sull’esito della lite; ancora insistendo sull’affermazione delle sue generiche teorie difensive. In conclusiva, deve solo precisarsi che questo collegio ha già avuto modo di chiarire, in altre pronunce, che, in base alla novellata formulazione dell’art. 342 c.p.c., l’appellante, a pena di inammissibilità, ha l’onere di motivare l’atto di impugnazione e di proporre critiche conferenti alla pronuncia, esponendo gli elementi di giudizio che giustifichino le modifiche richieste al giudice del gravame, ai fini della diversa soluzione da dare alla controversia, rapportata
alla decisione assunta dal primo giudice. In altri termini, l’atto di appello deve possedere una intrinseca logicità ed il necessario e coerente collegamento tra la decisione impugnata che si intende sottoporre a critica, i motivi che la sorreggono e le conseguenze che si vogliono fare discendere rispetto alla decisione di primo grado, senza limitarsi alla trascrizione del passo motivazionale non condiviso. A tali considerazioni non è affatto estranea l’ulteriore osservazione che, secondo quanto statuito da lla giurisprudenza delle Sezioni Unite della Suprema Corte, l’appellante è tenuto a fornire la dimostrazione della fondatezza delle singole censure mosse alle singole soluzioni offerte dalla sentenza impugnata, giacché egli è assimilabile all’attore nella invocata ‘revisio’ e deve, pertanto, dimostrare il fondamento della propria domanda, deducendo l’ingiustizia o invalidità della decisione assunta dal primo giudice, onde superare la presunzione di legittimità che assiste la sentenza di primo grado ».
Per la cassazione di questa sentenza ha proposto ricorso RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE dei RAGIONE_SOCIALE di RAGIONE_SOCIALE s.p.a., affidandosi a due motivi, illustrati anche da memoria ex art. 380bis .1 cod. proc. civ., cui ha resistito, con controricorso, corredato da analoga da memoria, RAGIONE_SOCIALE, tramite la sua mandataria RAGIONE_SOCIALE (già RAGIONE_SOCIALE).
RAGIONI DELLA DECISIONE
1 . I formulati motivi di ricorso di MPS denunciano, rispettivamente, in sintesi:
« Nullità della sentenza per violazione dell’art. 112 c.p.c. ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 4, c.p.c.: omessa pronuncia sul primo motivo di appello ». Si censura la sentenza impugnata perché la corte territoriale, nel decidere l’inammissibilità dell’atto di appello per assenza dei requisiti di cui all’art. 342 cod. proc. civ., ha motivato esclusivamente in merito all’interpretazione dell’accordo interbancar io, senza prendere in esame il primo motivo di gravame, relativo all’inammissibilità della domanda di restituzione originariamente proposta, in primo grado, da RAGIONE_SOCIALE ed accolta dal tribunale, perché « finalizzata a modificare il piano di
riparto, una volta conclusa la procedura esecutiva, sebbene una simile domanda mirasse alla modifica del primo di distribuzione, ormai intangibile »;
II) « Violazione di legge, errata interpretazione e falsa applicazione dell’art. 342 c.p.c. ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c., per avere ritenuto la Corte d’Appello di Napoli inammissibile l’atto di appello nonostante fosse dotato dei requisiti di ammissibilità di cui all’art. 342 c.p.c. ». Si assume che « La sentenza della Corte d’Appello di Napoli è gravemente ingiusta e va riformata nella parte in cui ha dichiarato l’inammissibilità del gravame della RAGIONE_SOCIALE MPS, in quanto privo dei requisiti richiesti dall’art. 342 c.p.c., per essersi limitata l’appellante ad una riproduzione delle difese svolte nel primo grado di giudizio senza fornire una critica ragionata e puntuale alla decisione del Tribunale. Ciò nonostante dalla lettura dell’atto di appello emergesse sia l’indicazione delle parti della sentenza impugnata sia l’indicazione degli errori commessi dal primo Giudice nella ricostruzione del fatto sia le norme che il Tribunale avrebbe violato nell’assumere l’ingiusta decisione ».
2. Il primo di tali motivi è infondato perché, nella specie, non ricorre un’omessa pronuncia, bensì il rigetto implicito della relativa questione che risulta incompatibile con la decisione adottata ( cfr ., anche nelle rispettive motivazioni, Cass. nn. 1863 e 1798 del 2024; Cass. nn. 24953 e 12652 del 2020; Cass. nn. 20718 e 3860 del 2018, Cass. n. 29191 del 2017) nella parte in cui la corte partenopea ha opinato ( cfr . pag. 6 della sentenza impugnata) che l’appellante « ha trascurato che l’accordo interbancario invocato dall’istante in primo grado non presupponeva affatto l’operatività della garanzia ipotecaria iscritta a favore dei suoi contraenti; ché, anzi, la sua finalità è stata proprio quella di superarne gli effetti, attribuendo ai creditori stipulanti pari grado di iscrizione ipotecaria e disponendo che, qualunque fossero state attribuite le somme attribuite in sede esecutiva, a ciascuno avrebbe dovuto essere corrisposta la percentuale dell’accordo stesso indicata ». È innegabile, infatti, che proprio l’inciso « qualunque fossero state attribuite le somme attribuite in sede esecutiva, a ciascuno avrebbe dovuto essere corrisposta la percentuale dell’accordo stesso indicata », altro non rappresenta che l’implicita conferma dell’affermazione del giudice di prime
cure secondo cui RAGIONE_SOCIALE, muovendo dal presupposto dell’intangibilità del piano di riparto predisposto dal giudice dell’esecuzione nel corso della procedura espropriativa immobiliare n.r.g. 1276/1988 del Tribunale di Napoli, aveva inteso agire per l’adempimento dell’accordo interbancario suddetto, sicché si era limitata ad allegarne l’inadempimento spettando alla controparte la dimostrazione dei fatti impeditivi, modificativi e/o estintivi della sua pretesa.
2.1. Resta solo da dire, quindi, che, secondo costante giurisprudenza di questa Corte, ad integrare gli estremi del vizio di omessa pronuncia non basta la mancanza di un’espressa statuizione del giudice, essendo necessaria la totale pretermissione del provvedimento che si palesa indispensabile alla soluzione del caso concreto ( cfr . Cass. n. 1798 del 2024; Cass. nn. 24667 e 2151 del 2021; Cass. n. 841 del 2014; Cass. n. 772 del 2011). Tale vizio, pertanto, non ricorre quando la decisione, adottata in contrasto con la pretesa fatta valere dalla parte, ne comporti, come in questo caso, il rigetto o la non esaminabilità pur in assenza di una specifica argomentazione ( cfr . Cass. nn. 1863 e 1798 del 2024; Cass. n. 2151 del 2021; Cass. n. 24953 del 2020). Il Giudice, invero, non è tenuto ad occuparsi espressamente e singolarmente di ogni allegazione, prospettazione ed argomentazione delle parti, risultando necessario e sufficiente, in base all’art. 132, n. 4, cod. proc. civ., che esponga, in maniera concisa, gli elementi posti a fondamento della sua decisione e dovendo ritenersi per implicito disattesi tutti gli argomenti, le tesi ed i rilievi che, seppure non espressamente esaminati, siano incompatibili con la soluzione adottata e con l’ iter argomentativo seguito. Ne consegue che: i ) il vizio di omessa pronuncia – configurabile allorché risulti completamente omesso il provvedimento del giudice indispensabile per la soluzione del caso concreto -non ricorre laddove, seppure manchi una specifica argomentazione, la decisione adottata in contrasto con la pretesa fatta valere dalla parte ne comporti il rigetto ( cfr . Cass. n. 1863 del 2024; Cass. n. 12652 del 2020); ii ) la reiezione implicita di una tesi difensiva o di una eccezione è censurabile mediante ricorso per cassazione non per omessa pronuncia (e, dunque, per la violazione di una norma sul procedimento), bensì come
violazione di legge e come difetto di motivazione, sempreché la soluzione implicitamente data dal giudice di merito si riveli erronea e censurabile, oltre che utilmente censurata, in modo tale, cioè, da portare il controllo di legittimità sulla decisione inespressa e sulla sua decisività ( cfr . Cass. n. 1863 del 2024; Cass. n. 12131 del 2023; Cass. n. 24953 del 2020).
Fondato è, invece, il secondo motivo di ricorso.
3.1. Invero, giova premettere, quanto alla contestazione della inammissibilità dell’appello a norma dell’art. 342 cod. proc. civ., integrante un error in procedendo legittimante l’esercizio dal giudice di legittimità del potere di diretto esame degli atti del giudizio di merito, come ciò presuppone pur sempre l’ammissibilità del motivo: sicché, il ricorrente che censuri la statuizione di inammissibilità, per difetto di specificità, di un motivo di appello, ha l’onere di puntualizzare, nel ricorso, le ragioni per cui ritiene erronea tale statuizione e non può limitarsi a rinviare all’atto di appello, ma deve riportarne il contenuto nella misura necessaria ad evidenziarne la pretesa specificità ( cfr . Cass. n. 2320 del 2023; Cass. n. 24048 del 2021; Cass. n. 22880 del 2017).
3.1.1. La prescrizione di specificità posta, a pena di inammissibilità, dall’art. 366, comma 1, nn. 4 e 6 , cod. proc. civ. (in riferimento al profilo cd. di ‘ autosufficienza ‘ o, altrimenti detto, del ‘ principio di autonomia ‘ del ricorso per cassazione), deve essere declinata, peraltro, secondo le indicazioni della sentenza CEDU 28 ottobre 2021, Succi e altri c/Italia , la quale, anche richiamando (al p.to 23, in motivazione) il protocollo concluso il 17 dicembre 2015 tra la Corte di cassazione ed il RAGIONE_SOCIALE (il quale, nel dichiarato obiettivo di ‘ arrivare ad una disciplina concreta del principio di autosufficienza del ricorso per cassazione ‘, ha chiarito che il suo rispetto ‘ non comporta un onere di trascrizione integrale nel ricorso e nel controricorso di atti o documenti ai quali negli stessi venga fatto riferimento ‘, essendo sufficiente all’osservanza del principio di specificità imposto dal codice di rito, modulato nei criteri di sinteticità e chiarezza, la trascrizione essenziale di atti e documenti, per la parte d’interesse) e d il RAGIONE_SOCIALE (il ‘ PNRR ‘) adottato dal Governo nel 2021, mirante a rendere
effettivo il principio della natura sintetica degli atti e quello della leale collaborazione tra il giudice e le parti (al punto 24, in motivazione), ha affermato, in sintesi: a ) il fine legittimo, in linea generale ed astratta, del principio di autosufficienza del ricorso, in quanto destinato a semplificare l’attività del giudice di legittimità e allo stesso tempo a garantire la certezza del diritto e la corretta amministrazione della giustizia, salvaguardando la funzione nomofilattica della Corte (ai punti 74 e 75, in motivazione); b ) la necessità, tuttavia, nell’applicazione concreta, della rispondenza di tale principio ad un criterio di proporzionalità della restrizione rispetto allo scopo, non potendosi giustificare una interpretazione troppo formale delle limitazioni imposte ai ricorsi, al punto da trasformarsi in uno strumento per limitare il diritto di accesso ad un organo giudiziario in modo o in misura tale da incidere sulla sostanza stessa di tale diritto (al punto 81, in motivazione); c ) una tende nza da parte della Corte di cassazione, nell’applicazione del principio dell’autosufficienza del ricorso (almeno fino alle sentenze nn. 5698 e 8077 del 2012), a concentrarsi su aspetti formali esorbitanti rispetto alla legittimità dello scopo, in particola re ‘ per quanto riguarda l’obbligo di trascrivere integralmente i documenti inclusi nei motivi di ricorso e il requisito della prevedibilità della restrizione dell’accesso alla Corte ‘ (al p unto 82, in motivazione).
3.1.2. Alla luce degli appena enunciati rilievi e principi di diritto, dunque, deve essere ritenuta l’ammissibilità del motivo in esame, in quanto rispettoso del principio di specificità posto dall’art. 366, comma 1, nn. 4 e 6, cod. proc. civ., avendo la ricorrente trascritto nel ricorso (pag. 14 e ss.) in modo adeguato il motivo di appello della cui avvenuta declaratoria di genericità, da parte della corte partenopea, oggi si duole, così da illustrare il contenuto della critica mossa al provvedimento impugnato ( cfr . Cass. n. 22880 del 2017; Cass. n. 29495 del 2020; Cass. n. 24048 del 2021; Cass. n. 2320 del 2023).
3.2. È opportuno rimarcare, altresì, che: i ) il ricorrente per cassazione che intenda impedire il passaggio in giudicato della sentenza impugnata nella parte relativa alla dichiarata inammissibilità di uno dei motivi di gravame, ha l’onere ( a ) di denunziare l’errore in cui è incorsa la sentenza predetta e ( b ) di
dimostrare che il motivo d’appello, ritenuto non specifico, aveva, invece, i requisiti di cui all’art. 342 cod. proc. civ. ( cfr . Cass. nn. 35844 e 18776 del 2023; Cass. n. 21514 del 2019; Cass. n. 9243 del 2004; Cass. n. 2749 del 1995); ii ) ai fini della specificità dei motivi d’appello richiesta dall’art. 342 cod. proc. civ., l’esposizione delle ragioni di fatto e di diritto, invocate a sostegno del gravame, può sostanziarsi anche nella prospettazione delle medesime ragioni addotte nel giudizio di primo grado; non è necessaria, pertanto, l’allegazione di profili fattuali e giuridici aggiuntivi, purché ciò determini una critica adeguata e specifica della decisione impugnata e consenta al giudice del gravame di percepire con certezza il contenuto delle censure, in riferimento alle statuizioni adottate dal primo giudice ( cfr . Cass. n. 1798 del 2024; Cass. n. 2320 del 2023; Cass. n. 23781 del 2020. Si vedano pure Cass., SU, n. 36481 del 2022 e Cass., SU, n. 27199 del 2017, a tenore delle quali ‘ Gli artt. 342 e 434 c.p.c., nel testo formulato dal d.l. n. 83 del 2012, convertito, con modificazioni dalla legge n. 134 del 2012, vanno interpretati nel senso che l’impugnazione deve contenere, a pena di inammissibilità, una chiara individuazione delle questioni e dei punti contestati della sentenza impugnata e, con essi, delle relative doglianze, affiancando alla parte volitiva una parte argomentativa che confuti e contrasti le ragioni addotte dal primo giudice, senza che occorra l’utilizzo di particolari forme sacramentali o la redazione di un progetto alternativo di decisione da contrapporre a quella di primo grado, tenuto conto della permanente natura di revisio prioris instantiae del giudizio di appello, il quale mantiene la sua diversità rispetto alle impugnazioni a critica vincolata ‘). Invero, essendo l’appello un mezzo di gravame con carattere devolutivo pieno, non limitato al controllo di vizi specifici, ma rivolto ad ottenere il riesame della causa nel merito, il principio della necessaria specificità dei motivi – previsto dall’art. 342, comma 1, cod. proc. civ. – prescinde da qualsiasi particolare rigore di forme, essendo sufficiente che al giudice siano esposte, anche sommariamente, le ragioni di fatto e di diritto su cui si fonda l’impugnazione, ovvero che, in relazione al contenuto della sentenza appellata, siano indicati, oltre ai punti e ai capi formulati, anche, seppure in forma succinta, le ragioni
per cui è chiesta la riforma della pronuncia di primo grado, con i rilievi posti a base dell’impugnazione, in modo tale che restino esattamente precisati il contenuto e la portata delle relative censure ( cfr. Cass. n. 2320 del 2023; Cass. n. 21745 del 2006).
3.2.1. In definitiva, come significativamente chiarito da Cass. n. 30858 del 2023 ( cfr . in motivazione), « I motivi dell’impugnazione – prima e dopo il 2012 – devono quindi non solo indicare il quantum appellatum, ma anche il quia : il motivo d’appello deve allora individuare le parti di cui l’appellante chiede la riforma e gli errori, in iudicando o in procedendo , da cui esse sono affette. In breve, si può allora dire schematizzando, il motivo di appello è specifico quando, esaminato ex ante, è idoneo a privare la sentenza impugnata della sua base logico-giuridica. Insomma, è come si diceva motivo specifico quello che, valutato ex ante, ossia prima ancora della verifica di fondatezza, possiede l’attitudine a scardinare la ratio decidendi che sorregge la sentenza impugnata: la specificità si riassume, dunque, in ciò, tra il motivo e la sentenza impugnata deve correre una relazione di incompatibilità, di reciproca esclusione, nel senso che, ipotizzato il motivo come fondato, allora la sentenza impugnata è necessariamente errata. Non è superfluo aggiungere che il concetto di specificità del motivo di appello, come emergente dalla giurisprudenza di questa Corte, e che il legislatore del 2022 ha non solo espressamente ripristinato ma anche ampiamente rafforzato, non manifesta alcunché di formalistico od eccessivamente rigido e severo, ed anzi esso costituisce valorizzazione dei poteri delle parti, il che è perfettamente in armonia con principi basilari del nostro processo civile, quali il principio dispositivo, che si realizza anche attraverso la necessaria corrispondenza tra il chiesto e il pronunciato, ed il principio del contraddittorio ».
3.3. Tanto premesso, il Collegio osserva che il diretto esame della ordinanza decisoria di primo grado e dell’atto di appello, operato da questa Corte in ragione della natura processuale della questione posta con il ricorso (che, in sostanza, deduce un error in procedendo. Cfr. Cass. n. 20716 del 2018; Cass. n. 2320 del 2023), consente di apprezzare l’idoneità della censura mossa nel gravame di MPS ( cfr . il suo secondo motivo) a sottoporre
a critica adeguata e puntuale la decisione impugnata e, quindi, la sufficiente specificità della stessa.
3.3.1. Il tribunale aveva considerato non condivisibile l’assunto di MPS secondo cui, in assenza di qualsiasi esplicita deroga -contenuta nell’accordo -alla previsione di cui all’art. 2847 cod. civ., che disciplina la durata dell’efficacia dell’iscrizion e ipotecaria sancendone l’inefficacia se non rinnovata nel ventennio, le banche, per poter beneficiare degli affetti dell’accordo predetto, avessero l’obbligo di rinnovare l’ipoteca. La motivazione adottata sul punto è quella di cui si è ampiamente dato conto nel § 1.2.1. dei ‘ Fatti di causa ‘, da intendersi qui interamente riprodotto per intuibili ragioni di sintesi.
3.3.2. La corte distrettuale, a sua volta, ha ritenuto che l’appellante non avesse compiutamente criticato la decisione del tribunale, essendosi limitata a riprodurre le proprie generiche difese, senza indicare le pattuizioni o i dati di fatto trascurati dal primo giudice e l’incidenza che essi avrebbero avuto se fossero stati considerati nella decisione della lite.
3.3.3. Osserva, per contro, il Collegio che l’atto d’appello di MPS ( cfr., amplius , pag. 7-12) aveva censurato specificamente la decisione suddetta di primo grado, criticando la valutazione, a suo dire errata, dell’accordo interbancario de quo e lamentando la violazione dell’art. 2847 cod. civ.. Aveva sostenuto, in proposito, l’erroneità di quella decisione e la sua contraddittorietà assumendo che « la volontà delle banche nell’accordo di pari grado era tesa solo ed esclusivamente a garantire il pari grado ipotecario delle diverse e molteplici iscrizioni ipotecarie. In sostanza, le Banche volevano assicurarsi il consolidamento (anche solo convenzionale) delle ipoteche acquisite in presenza di fattori pregiudizievoli e precisamente la fallibilità del debitore e la molteplicità dei creditori. Infatti, l’accordo era efficace solo tra i creditori ipotecari, ancorché in forza di ipoteche mai consolidatesi. Insomma, il presupposto era che il privilegio ipotecario esistesse (e persistesse) in sede di distribuzione, al di là del suo consolidamento ». Del resto, aveva continuato l’appellante, se l’accordo stipulato tra le banche era teso a salvaguardare le garanzie ipotecarie acquisite, non c’era ragione per cui le stesse non
avrebbero poi dovuto essere rinnovate. « Pertanto, una volta raggiunto lo scopo, era pacifico che ogni banca avesse l’onere e/o l’obbligo di promuovere o comunque partecipare all’esecuzione incardinata sui beni del debitore e, all’occorrenza, di rinnovare altresì le relativa iscrizione come del resto hanno fatto gli altri creditori ».
3.3.4. Era chiarissimo, dunque, che MPS aveva indicato le pattuizioni trascurate dal tribunale nell’ordinanza impugnata ed aveva ascritto al primo un ‘ erronea interpretazione dell’accordo interbancario non avendo considerato che presupposto dell’accordo medesimo era proprio l’iscrizione ipotecaria, sicché esso non avrebbe potuto dispiegare i suoi effetti nei confronti di quei creditori che avevano consentito l’estinzione dell’ipoteca, non avendo provveduto alla sua rinnovazione. Si legge, infatti, nell’atto di appello in esame che ( cfr . pag. 10) « l’accordo di parità di grado, invocato dal Giudice di prime cure, trova il suo indefettibile presupposto proprio nell”iscrizione ipotecaria, quindi non può produrre alcun effetto a beneficio dei creditori che non abbiano provveduto neppure ad impedire l’estinzione della formalità per mancata rinnovazione ex art. 2847 c.c. ».
3.3.5. RAGIONE_SOCIALE, poi, aveva criticato l’ordinanza ex art. 702ter cod. proc. civ. anche nella parte in cui aveva opinato che l’accordo interbancario fosse stato implicitamente derogato per la mancata espressa pattuizione di una clausola contrattuale che condizionasse la permanenza dell’ipoteca (e quindi la sua rinnovazione) all’operatività dell’accordo stesso, in quanto la rinnovazione dell’ipoteca era obbligo discendente dalla stessa disposizione di cui all’art. 2847 cod. civ.. A tal fine, aveva dedotto che tale principio non può « ritenersi implicitamente derogato in conseguenza della mancata espressa pattuizione in tal senso, né, del resto, ‘il tenore delle clausole contrattuali” menzionato dal Tribunale può in alcun modo autorizzare una diversa interpretazione che esoneri le parti dal rinnovo delle ipoteche dovuto peraltro ex lege. Infatti, dalla lettura dell’accordo interbancario, giammai si evince che le parti, abbiano inteso derogare e/o integrare al disposto normativo di cui all’art. 2847 c.c. (che disciplina la durata del l’ efficacia dell’iscrizione ipotecaria sancendo l’inefficacia della stessa se non rinnovata nel ventennio). Una
deroga a siffatto principio sarebbe dovuta essere chiaramente esplicitata nel menzionato accordo. Tant’è che, contrariamente a quanto affermato ex adverso, anche altri istituti di credito hanno ritenuto -giustamente -di rinnovare l’ipoteca mentre, invece, il RAGIONE_SOCIALEo Italiano (già Do RAGIONE_SOCIALE, già RAGIONE_SOCIALE di RAGIONE_SOCIALE) ha non solo pacificamente confessato di non averla rinnovata ma non ha nemmeno menzionato in sede di riparto -la esistenza di eventuali accordi derogativi in tal senso ».
3.3.6. L’appellante, poi, aveva censurato la menzionata ordinanza di primo grado per avere erroneamente interpretato le clausole dell’accordo interbancario di cui ai paragrafi 2 e 3, che, a suo dire, e diversamente da quanto sostenuto dal tribunale, confermavano che l’esistenza e l’efficacia dell’ipoteca costituiva presupposto necessario per l’applicazione dell’accordo ( cfr., amplius , le argomentazioni rinvenibili alle pag. 10-11 del gravame). Aveva sostenuto, in particolare, che « l’accordo interbancario del 29.12.88, a cui fa riferimento il Tribunale, è senza alcun dubbio manifestazione di quell’autonomia privata che il Legislatore ha voluto massimamente tutelare. Esso rientra certamente nel genus dei contratti i cui confini sono ben delimitati dal combinato disposto degli artt. 1321, 1174 e 1175 c.c. . Tuttavia, il Legislatore, prima, e la giurisprudenza, poi, hanno chiaramente subordinato il godimento delle prededuzioni -TUTTE -dell’ipoteca al rinnovo della stessa nel termine dei venti anni dalla sua accensione con tutte le conseguenze del caso (cfr., da ultimo, Cass. 14/2610, Cass.14/ 10632). Né vi, è nell’accordo, alcuna esplicita deroga a tale principio che potesse consentire -come ha fatto, invece, il Tribunale -la restituzione delle somme fruite dalla RAGIONE_SOCIALE in forza del piano di riparto della esecuzione r.g.e. 1276/88 e che giustamente furono assegnate ai soli creditori ipotecari che avevano rinnovato le iscrizioni ».
3.3.7. MPS, in definitiva, aveva chiesto alla corte di appello, proprio in ragione delle censure mosse alla decisione del tribunale, una diversa interpretazione del menzionato accordo interbancario, che, a suo avviso, differentemente da quanto opinato dal giudice di prime cure, aveva come
unico scopo quello di consentire alle parti il consolidamento delle ipoteche iscritte ( cfr . pag. 12 del suo atto di appello).
3.4. Pertanto, a lla stregua del descritto contenuto dell’atto di appello in questione e dei principi giurisprudenziali tutti in precedenza richiamati ai §§ 3.2. e 3.2.1. di questa motivazione, la doglianza in esame deve ritenersi fondata, sicché la sentenza impugnata va cassata in relazione al corrispondente motivo, con rinvio della causa alla Corte d’appello di Napoli, in diversa composizione, affinché si pronunci, esaminandola, sulla censura proposta da RAGIONE_SOCIALE con il suo secondo motivo di gravame, da ritenersi ammissibilmente formulato, e provveda, altresì, alla regolazione delle spese di questo giudizio di legittimità.
PER QUESTI MOTIVI
La Corte accoglie il ricorso di RAGIONE_SOCIALE limitatamente al suo secondo motivo, rigettandone il primo. Cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e rinvia la causa alla Corte d’appello di Napoli, in diversa composizione, per il corrispondente nuovo esame e per la regolazione delle spese del presente giudizio di legittimità.
Così deciso in RAGIONE_SOCIALE, nella camera di consiglio della Prima sezione civile