Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 16392 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 2 Num. 16392 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 18/06/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 25540/2020 R.G. proposto da :
COGNOME rappresentato e difeso dall’avvocato COGNOME;
-ricorrente-
contro
CONDOMINIO RAGIONE_SOCIALE di INDIRIZZO, in AVOLA, rappresentato e difeso dall’avvocato COGNOME
-controricorrente-
avverso la SENTENZA della CORTE D’APPELLO di CATANIA n. 1174/2019, depositata il 21/05/2019.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 12/06/2025 dal Consigliere NOME COGNOME
PREMESSO CHE
Nel marzo 2008 NOME COGNOME conveniva dinanzi al Tribunale di Siracusa il Condominio RAGIONE_SOCIALE di INDIRIZZO , in Avola, chiedendo la condanna del convenuto al pagamento in suo favore della somma di euro 9.482,30, a titolo di compenso pattuito per l’attività di amministratore svolta dal maggio 2001 al maggio 2007, compenso deliberato dall’assemblea dei condomini e quantificato in lire 7.404.000. Si costituiva il convenuto, chiedendo di rigettare la domanda, dato l’inadempimento dell’attore nello svolgimento del suo incarico; proponeva inoltre domanda riconvenzionale, con cui domandava il risarcimento dei danni causati dalla condotta dell’attore, responsabile del mancato ottenimento dei fondi previsti dalla legge 433/1991 ai fini della ricostruzione post sisma, avendo omesso di depositare entro i termini previsti la necessaria documentazione.
Il Tribunale di Siracusa, con la sentenza n. 1770/2014, rigettava sia la domanda dell’attore che quella riconvenzionale del convenuto.
La sentenza è stata impugnata da NOME COGNOME con atto articolato in quattro motivi. Con sentenza n. 1174/2019, la Corte d’appello di Catania ha ritenuto generiche le prime tre censure e contenente una domanda nuova la quarta, con la quale è chiesto il pagamento di euro 22.997,83, a fronte della richiesta in primo grado di euro 9.482,30. L’appello veniva quindi dichiara inammissibile ‘perché privo del requisito della specificità di cui all’art. 342 c.p.c.’.
Avverso la sentenza d’appello ricorre per cassazione NOME COGNOME
Resiste con controricorso il Condominio MI.MAR.
CONSIDERATO CHE
Il ricorso è articolato in quattro motivi.
A) Il primo motivo denuncia violazione e/o falsa applicazione dell’art. 345 c.p.c., nella parte in cui la Corte territoriale ha erroneamente ritenuto, in riferimento alla somma richiesta di euro 22.997,83, che l’appellante avesse proposto una domanda nuova, desumendone l’improcedibilità dell’appello, quando invece la differente quantificazione della somma richiesta era da imputare a un mero errore di calcolo contenuto nella quantificazione dell’importo dovuto nella conversione da lire ad euro; in ogni caso, il ricorrente aveva sin dall’origine richiesto il compenso stabilito dall’assemblea dei condomini.
B) Il secondo motivo denuncia violazione e/o falsa applicazione dell’art. 342 c.p.c., in relazione all’errata dichiarazione dell’inammissibilità dell’appello per carenza del requisito della specificità: la Corte territoriale ha confuso genericità con sinteticità; la citazione in appello era da considerarsi esaustiva in quanto contenente una chiara individuazione delle questioni e dei punti contestati della sentenza, sorretta da un’adeguata parte argomentativa volta a confutare le ragioni addotte dal primo giudice; inoltre, la controparte era stata in grado di conoscere con precisione e immediatezza l’oggetto e le ragioni del gravame, difendendosi adeguatamente; la Corte, nel giudicare dell’ammissibilità dell’impugnazione, avrebbe dovuto conformarsi ai principi CEDU (in particolare quello enunciato all’art. 6) che impongono l’effettività della tutela giurisdizionale, da intendersi quale esigenza che la domanda di giustizia dei consociati debba essere, per quanto possibile, sempre esaminata nel merito.
C) Il terzo motivo denuncia violazione e falsa applicazione degli artt. 112, 342, 345 e 346 c.p.c., perché, dopo avere erroneamente ritenuto l’appello inammissibile, la Corte territoriale ha omesso di pronunciarsi sul merito del giudizio, così disattendendo il fondamentale principio dell’effetto devolutivo dell’appello.
D) Il quarto motivo denuncia violazione di legge ex art. 360, comma 1, n. 3 c.p.c. in relazione agli artt. 1455, 1458 e 1460 ultimo comma c.c., perché, omettendo di pronunciarsi sul merito, perpetuava gli errori valutativi commessi dal primo giudice e per avere applicato le norme sulla risoluzione in luogo di quelle sull’eccezione di inadempimento, violando così il diritto ad un giusto processo del ricorrente, riconosciuto dagli artt. 6 e 11 CEDU. I motivi sono fondati, laddove censurano la declaratoria di inammissibilità dell’appello per violazione dell’art. 342 c.p.c. La pronuncia di primo grado ha negato il compenso del ricorrente in quanto ‘dall’istruttoria è certamente emersa (cfr. prove per testi) una gestione disordinata da parte dell’attore nell’amministrazione del Condominio, anche se il Sirugo ha depositato i rendiconti gestionali, i quali però non contemplano l’intero periodo, ma si fermano al 2004, così rafforzando l’idea che quanto emerso in sede testimoniale corrisponda alla realtà’. Il ricorrente con l’atto d’appello ha contestato il rigetto della propria domanda, sottolineando come, a fondamento della pretesa, vi fosse l’incontestata approvazione da parte dell’assemblea del quantum del proprio compenso e l’altrettanto non contestata circostanza di avere svolto il mandato dalla nomina giudiziale del 6 aprile 2001 al 24 maggio 2007 e negando che controparte avesse provato le ‘gravissime colpe’ del ricorrente, essendosi il Tribunale basato su prove testimoniali di cui ha ribadito l’inammissibilità e irrilevanza eccepite in primo grado, evidenziando la contraddittorietà del riferimento alle dichiarazioni del testo COGNOME. Quanto poi alla domanda riconvenzionale del Condominio -rigettata dal giudice di primo grado -l’appellante ha censurato la mancata declaratoria di inammissibilità.
A fronte di un atto di appello che enucleava le parti della pronuncia di primo grado impugnate e delle ragioni della impugnazione (cfr. al riguardo Cass., sez. un., n. 36481/2022), la Corte d’appello lo ha
dichiarato inammissibile con considerazioni più che altro volte a sindacarne la fondatezza: l’atto d’appello non apporta ‘valide’ censure, non fornisce alcun ‘riscontro probatorio in merito’, né ‘alcun valido elemento in merito per confutare l’impugnata sentenza’, ‘superflua’ è la doglianza in ordine alla inammissibilità della domanda riconvenzionale, alla luce del rigetto da parte del primo giudice della suddetta domanda; la censura relativa al pagamento di euro 22.997,83, a fronte della richiesta in primo grado di euro 9.482,30, introduce poi ad avviso della Corte d’appello una domanda nuova, affermazione che contrasta con la declaratoria di inammissibilità per mancata specificità dell’atto di appello.
La sentenza impugnata va pertanto cassata, in ragione della censura accolta, e la causa va rinviata alla Corte d’appello di Catania, che si pronuncerà sull’appello proposto dal ricorrente; il giudice di rinvio provvederà sulle spese del presente giudizio.
P.Q.M.
La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia la causa, anche per le spese del giudizio di legittimità, alla Corte d’appello di Catania in diversa composizione.
Così deciso in Roma, nella adunanza camerale della sezione