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Sovracanone rivierasco: quando l’obbligo è ex lege

Una società energetica contestava una richiesta di pagamento del sovracanone rivierasco, sostenendo la necessità di un preventivo atto impositivo. La Corte di Cassazione ha stabilito che l’obbligazione sorge direttamente dalla legge (ex lege), rendendo il pagamento dovuto a prescindere da un provvedimento discrezionale dell’amministrazione. La sentenza chiarisce anche che la parte vittoriosa in appello, ma contumace in primo grado, non ha diritto al rimborso delle spese per quella fase del giudizio.

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Pubblicato il 7 novembre 2025 in Diritto Civile, Giurisprudenza Civile, Procedura Civile

Sovracanone rivierasco: quando l’obbligo è automatico e sorge dalla legge

L’obbligo di pagamento del sovracanone rivierasco da parte dei concessionari di derivazioni d’acqua a scopo idroelettrico sorge direttamente dalla legge (ex lege) e non necessita di un preventivo atto impositivo discrezionale da parte della Pubblica Amministrazione. Lo hanno stabilito le Sezioni Unite della Corte di Cassazione con una recente ordinanza, che consolida un importante principio sull’automatismo di questa prestazione patrimoniale. Analizziamo insieme i dettagli di questa decisione e le sue implicazioni pratiche.

I Fatti del Caso

Una società operante nel settore energetico, titolare di una concessione per la derivazione di acqua a scopo idroelettrico, ha impugnato un avviso di accertamento con cui un’Amministrazione Provinciale richiedeva il pagamento di una somma a titolo di sovracanoni per l’anno 2014.

La società sosteneva che l’obbligazione non fosse sorta, in quanto mancava un provvedimento amministrativo specifico che istituisse il canone. In primo grado, il Tribunale Regionale delle Acque Pubbliche accoglieva la domanda della società. Successivamente, il Tribunale Superiore delle Acque Pubbliche (TSAP), in accoglimento dell’appello della Provincia, riformava la decisione, affermando la natura ex lege dell’obbligazione. La società energetica ha quindi proposto ricorso per cassazione, portando la questione dinanzi alle Sezioni Unite.

L’Evoluzione Normativa del Sovracanone Rivierasco

La Corte ha ricostruito l’evoluzione normativa in materia per motivare la sua decisione. In origine, il Testo Unico del 1933 (R.D. n. 1775/1933) conferiva al Ministero delle Finanze un ampio potere discrezionale di stabilire un ulteriore canone. L’amministrazione poteva decidere se imporlo (an debeatur) e in quale misura (quantum debeatur), sebbene entro un limite massimo.

Con le leggi successive, in particolare la Legge n. 925/1980, questo potere è stato progressivamente limitato e trasformato. La norma ha introdotto l’obbligo del pagamento del sovracanone rivierasco, stabilendone una misura fissa per ogni kilowatt di potenza nominale media concessa. Il potere dell’amministrazione (oggi l’Agenzia del Demanio) è stato così ridotto a un’attività meramente vincolata: la revisione biennale dell’importo sulla base dei dati ISTAT relativi al costo della vita.

Le Motivazioni della Cassazione

Le Sezioni Unite hanno respinto il motivo di ricorso principale della società, confermando l’interpretazione del TSAP. La Corte ha chiarito che l’evoluzione normativa ha eliminato ogni discrezionalità in capo all’amministrazione riguardo all’istituzione del canone.

L’obbligo di pagamento, pertanto, non dipende più da un atto che ne valuti l’opportunità, ma sorge automaticamente al verificarsi dei presupposti previsti dalla legge: essere titolari di una concessione di grande derivazione idroelettrica con potenza superiore a una certa soglia. La determinazione dell’importo dovuto è il risultato di un semplice calcolo aritmetico: la misura unitaria fissata dal decreto ministeriale di aggiornamento (un atto non discrezionale) moltiplicata per la potenza nominale media concessa. Di conseguenza, l’ente creditore, come la Provincia nel caso di specie, è legittimato a richiedere il pagamento direttamente, senza la necessità di un preventivo atto impositivo discrezionale.

La Questione delle Spese Legali della Parte Contumace

La Corte ha, invece, accolto il secondo motivo di ricorso, relativo alla condanna della società a rimborsare alla Provincia le spese del primo grado di giudizio. Poiché l’Amministrazione Provinciale era rimasta contumace in primo grado (cioè non si era costituita in giudizio), non aveva sostenuto alcun costo per la difesa. La Cassazione ha affermato il principio secondo cui la condanna alle spese presuppone che la parte vittoriosa le abbia effettivamente sopportate. Liquidare le spese a favore di una parte che non si è difesa costituisce una pronuncia emessa in assenza del relativo potere. Per questo motivo, la Corte ha cassato la sentenza su questo punto, eliminando la statuizione relativa al rimborso delle spese del primo grado.

Le Conclusioni

L’ordinanza delle Sezioni Unite consolida un principio fondamentale per gli operatori del settore idroelettrico. Il pagamento del sovracanone rivierasco è un’obbligazione che nasce direttamente dalla legge. I concessionari non possono attendere o pretendere un atto amministrativo discrezionale per adempiere al loro dovere. L’unico atto rilevante è il decreto periodico di aggiornamento monetario, che ha natura vincolata e serve solo a determinare il quantum. La decisione offre anche un importante chiarimento processuale: una parte che rimane contumace in un grado di giudizio non ha diritto alla liquidazione delle spese legali per quella fase, anche qualora risulti vittoriosa in un grado successivo.

L’obbligo di pagare il sovracanone rivierasco richiede un atto specifico dell’amministrazione?
No, secondo la Corte di Cassazione, l’obbligo di pagamento del sovracanone rivierasco sorge direttamente dalla legge (ex lege) al verificarsi dei presupposti normativi (essere titolare di una grande derivazione idroelettrica). Non è necessario un preventivo provvedimento amministrativo discrezionale che lo imponga.

Qual è il ruolo dell’amministrazione finanziaria riguardo al sovracanone rivierasco?
Il ruolo dell’amministrazione (oggi Agenzia del Demanio) è limitato a un’attività vincolata: provvedere ogni biennio alla revisione dell’importo del canone sulla base dei dati ISTAT relativi all’andamento del costo della vita. Non ha più il potere discrezionale di decidere se imporre o meno il sovracanone.

Una parte che vince in appello ha diritto al rimborso delle spese del primo grado se in quella fase era contumace?
No. La Corte ha stabilito che la parte che è rimasta contumace in un grado di giudizio, e che quindi non ha sostenuto spese di difesa, non può ottenere la liquidazione di tali spese a suo favore, anche se l’esito finale del giudizio le è favorevole. La condanna alle spese è assimilabile a un rimborso di costi effettivamente sostenuti.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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