Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 6674 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 1 Num. 6674 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 13/03/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n° NUMERO_DOCUMENTO del ruolo generale dell’anno 2019
, proposto da
COGNOME NOME , nato a Partinico (PA) DATA_NASCITA, titolare della omonima impresa individuale, con sede in INDIRIZZO, codice fiscale e numero d’iscrizione presso il RAGIONE_SOCIALE Palermo CODICE_FISCALE, rappresentato e difeso dall’AVV_NOTAIO (C.F. CODICE_FISCALE, fax NUMERO_TELEFONO, p.e.c.: EMAIL), presso lo studio del quale è elettivamente domiciliato in Palermo, INDIRIZZO, giusta procura speciale in calce al ricorso.
Ricorrente
contro
RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE Termini Imerese (Codice fiscale: CODICE_FISCALE), in persona del Vice Sindaco e legale rappresentante pro tempore AVV_NOTAIO, con sede in Termini Imerese, INDIRIZZO, rappresentato e difeso ai fini del presente giudizio dall’AVV_NOTAIO del Foro di Palermo (C.F. CODICE_FISCALE; il quale dichiara di voler ricevere le comunicazioni di Cancelleria a mezzo posta elettronica certificata al proprio indirizzo PEC EMAIL; telefax NUMERO_TELEFONO) ed elettivamente domiciliato in Roma, nella
INDIRIZZO, presso lo studio dell’AVV_NOTAIO), giusta deliberazione di Giunta Municipale n. 69 del 15 marzo 2019, in forza ed in virtù di procura speciale alle liti rilasciata con foglio separato da considerarsi apposta in calce al controricorso.
Controricorrente
nonché contro
RAGIONE_SOCIALE di COGNOME NOME , imprenditore individuale.
Intimato
avverso la sentenza della Corte d’appello di Palermo n° 123 depositata il 22 gennaio 2018.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 26 novembre 2024 dal consigliere NOME COGNOME.
FATTI DI CAUSA
1 .- L’imprenditore individuale NOME COGNOME conveniva davanti al Tribunale di Palermo, sezione di Partinico, l’imprenditore individuale NOME COGNOME ed il RAGIONE_SOCIALE di Termini Imerese, esponendo quanto segue.
Tra il COGNOME e l’COGNOME (mandante il primo e mandatario il secondo) era stata costituita un’RAGIONE_SOCIALE per l’esecuzione dell’appalto commissionato dal RAGIONE_SOCIALE predetto ed avente ad oggetto la costruzione di cinquanta alloggi in Termini Imerese.
L’COGNOME si era assunto la realizzazione RAGIONE_SOCIALE opere di categoria OG1 e il COGNOME quelle di categoria OG11, scorporabili.
Senonché, tra il settembre 2005 e l’11 ottobre 2005 il COGNOME aveva subito una carcerazione preventiva.
Il RAGIONE_SOCIALE aveva quindi invitato la mandataria a dare esecuzione ai lavori spettanti al COGNOME.
Tale carcerazione era terminata con l’ordinanza n° 46552/2005 emessa da questa SC e il COGNOME, appena libero, si era dichiarato pronto ad eseguire le opere di sua spettanza.
Il RAGIONE_SOCIALE aveva comunicato all’COGNOME la cessazione della causa ostativa alla prosecuzione dell’appalto da parte del COGNOME, ma quest’ultimo aveva comunque svolto i lavori spettanti all’imprenditore mandante.
Tanto premesso, sul presupposto che le condotte dell’RAGIONE_SOCIALE e del RAGIONE_SOCIALE costituissero inadempimento al contratto di appalto e di RAGIONE_SOCIALE, ne chiedeva la condanna solidale al risarcimento del mancato guadagno patito, fatto pari ad euro 30.675,87.
2 .- Il Tribunale rigettava la domanda e la Corte d’appello di Palermo confermava la decisione, che veniva quindi impugnata dal COGNOME.
Per quello che qui ancora rileva, osservava la Corte territoriale che il primo motivo di appello era infondato.
Infatti, anche in presenza di lavori scorporabili, l’impresa capoRAGIONE_SOCIALE rimaneva sempre direttamente responsabile verso la stazione appaltante e verso i terzi dell’adempimento dell’appalto.
E, nonostante il COGNOME si fosse dichiarato pronto ad eseguire i lavori di sua competenza con lettere del 26 ottobre e del 9 novembre 2005, la capoRAGIONE_SOCIALE l’aveva sollecitato già con missiva del 1° giugno 2005, cui erano seguite le lettere del 7 e 30 luglio, del 23 e 29 agosto, del 27 settembre e del 17 ottobre, cui il COGNOME non aveva fatto seguire alcuna risposta, fatta eccezione per la citata missiva del 26 ottobre 2005, che tuttavia conteneva una dichiarazione meramente formale di disponibilità a proseguire i lavori ed era condizionata ad una gestione autonoma nei confronti dell’Amministrazione appaltante, in aperto contrasto con l’esclusiva rappresentanza processuale e sostanziale della capoRAGIONE_SOCIALE nei confronti dell’appaltante, anche in materia fiscale e tributaria.
Il secondo motivo di appello, col quale il COGNOME prospettava la responsabilità del RAGIONE_SOCIALE per non essersi opposto alla sostituzione dell’COGNOME, era infondato, in quanto -a parte la constatazione che il RAGIONE_SOCIALE aveva rigettato la richiesta di autorizzazione dell’In-
COGNOME a sostituirsi al COGNOME -il rigetto del primo motivo implicava l’insussistenza di qualunque illiceità della condotta.
Il terzo motivo, che presupponeva l’accertamento dell’inadempimento contrattuale, era assorbito.
3 .- Ricorre per cassazione il COGNOME, affidando il gravame a tre motivi, dei quali il secondo articolato in tre distinte censure.
Resiste il RAGIONE_SOCIALE, che conclude per l’inammissibilità e, in ogni caso, per il rigetto dell’impugnazione.
Il fallimento dell’COGNOME, dichiarato nel corso del giudizio di merito, è rimasto contumace in appello e intimato nella presente sede.
Il ricorso è stato, quindi, assegnato per la trattazione in adunanza camerale ai sensi dell’art. 380 bis cod. proc. civ.
Solo il RAGIONE_SOCIALE di Termini Imerese ha depositato memoria ex art. 380bis .1 cod. proc. civ.
RAGIONI DELLA DECISIONE
4 .- Col primo motivo , intitolato ‘ violazione e falsa applicazione dell’art. 1453 cod. civ., in combinato disposto con gli artt. 13 della legge n° 109/1994, 93, quarto comma, e 94, secondo comma, del d.P.R. n° 554/1999 ‘, formulato sulla base dell ‘art. 360, primo comma, n° 3, cod. proc. civ., il ricorrente fa osservare che le norme citate non consentivano alla mandataria capoRAGIONE_SOCIALE di sostituirsi alla mandante nell’esecuzione dei lavori di categoria OG11, essendo priva dei requisiti di qualificazione.
La Corte territoriale avrebbe dovuto ravvisare nella indebita sostituzione un inadempimento al contratto di RAGIONE_SOCIALE ed a quello di appalto e condannare, quindi, la RAGIONE_SOCIALE ed il RAGIONE_SOCIALE al risarcimento del danno.
5 .- Il motivo è inammissibile per difetto di autosufficienza e per novità della censura.
In nessuna parte della sentenza impugnata risulta affrontata la questione riguardante il possesso, da parte della mandataria capo-
RAGIONE_SOCIALE, dei requisiti di idoneità o di qualificazione per l’esecuzione dei lavori previsti dalla categoria OG11.
Il motivo è, dunque, formulato senza il rispetto del principio enunciato da questa SC, in base al quale qualora una determinata questione giuridica, che implichi un accertamento di fatto, non risulti trattata in alcun modo nella sentenza impugnata, il ricorrente che proponga la suddetta questione in sede di legittimità, al fine di evitare una statuizione di inammissibilità, per novità della censura, ha l’onere non solo di allegare l’avvenuta deduzione della questione dinanzi al giudice di merito, ma anche, per il principio di autosufficienza del ricorso per cassazione, di indicare in quale atto del giudizio precedente lo abbia fatto, onde dar modo alla Corte di controllare ex actis la veridicità di tale asserzione, prima di esaminare nel merito la questione stessa (per tutte: Cass., Sez. VI-T, 13 dicembre 2019, n° 32804).
Rimane, pertanto, incensurabile nella presente sede la conclusione della Corte di merito, secondo la quale, ai sensi dell’art. 13, secondo comma, della legge n° 109/1994, anche in presenza di categorie di lavori scorporabili e di Ati verticale, l’impresa capoRAGIONE_SOCIALE, mandataria RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE associate, è direttamente responsabile dell’adempimento del contratto di appalto nei confronti dell’Amministrazione e dei terzi.
6 .- Il secondo motivo è suddiviso in tre profili, esposti alle lettere A, B e C.
Col profilo sub A il ricorrente lamenta, ex art. 360, primo comma, n° 3, la violazione dell’art. 115 cod. proc. civ., poiché la Corte avrebbe ritenuto ‘ pacifica tra le parti ‘, mentre non lo era affatto, la circostanza che l’impresa del RAGIONE_SOCIALE aveva continuato ad operare in altri cantieri anche durante lo stato (peraltro ingiusto) di custodia cautelare in carcere subita dal titolare.
Col profilo sub B il COGNOME lamenta la violazione degli artt. 1453 e 1220 cod. civ., sempre ai sensi dell’art. 360, primo comma, n° 3, del codice di rito.
La Corte aveva ritenuto che la missiva 26 ottobre 2005 inviata dal COGNOME alla Stazione appaltante, al direttore dei lavori ed alla mandataria, con la quale egli si dichiarava pronto ad eseguire i lavori di sua competenza, non era ‘ tempestiva ‘, mentre la tempestività di essa era desumibile dal fatto che essa costituiva una pronta risposta (ribadita anche con successiva raccomandata del 9 novembre 2005) alla nota del RAGIONE_SOCIALE del 17 ottobre precedente, con la quale l’Ente informava la mandataria della cessazione RAGIONE_SOCIALE cause ostative all’esecuzione dell’appalto da parte dell’impresa mandante e disponeva che fosse quest’ultima, e non più la prima, a proseguire i lavori.
In ogni modo, la pretesa non tempestività della risposta, ritenuta dalla Corte, non giustificava l’esecuzione dei lavori da parte della mandataria.
Col profilo sub C il ricorrente, sulla base dell’art. 360, primo comma, n° 3, del codice di rito si duole della violazione e falsa applicazione degli artt. 1453 e 1220 cod. civ., in combinato disposto con l’art. 95, settimo comma, del d.P.R. n° 554/1999.
La Corte di merito, oltre ad aver ritenuto ‘ non tempestiva ‘ la missiva del COGNOME datata 26 ottobre 2005, l’ aveva anche ritenuta ‘ non risolutiva ‘, sull ‘erroneo assunto che la ripresa dei lavori sarebbe stata condizionata ‘ a una gestione autonoma nei confronti dell’Amministrazione appaltante, in aperto contrasto con l’esclusiva rappresentanza processuale e sostanziale della capoRAGIONE_SOCIALE nei confronti dell’appaltante, anche in materia fiscale e tributaria ‘, mentre il contenuto della lettera era perfettamente rispondente al dettato dell’ art. 95, settimo comma, del d.P.R. n° 554/1999 (‘ Ai fini del presente regolamento, il rapporto di mandato non determina di per sé organizzazione o associazione RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE riunite,
ognuna RAGIONE_SOCIALE quali conserva la propria autonomia ai fini della gestione, degli adempimenti fiscali e degli oneri sociali ‘).
Sicché, anche sotto tale profilo, la Corte di merito avrebbe erroneamente ritenuto legittima l’esecuzione dei lavori di competenza del COGNOME da parte della COGNOME.
7 .- I tre profili, esaminabili congiuntamente in ragione del comune tema che pongono, sono infondati, in quanto non colgono tutte le rationes decidendi della Corte di merito.
Invero, quest’ultima non ha predicato la legittimità della sostituzione della capoRAGIONE_SOCIALE alla mandante sulla sola base degli elementi censurati nei tre profili (ossia: la circostanza pacifica dell’esecuzione di lavori in altri cantieri da parte del COGNOME e l’intempestiva e non risolutiva lettera del 26 ottobre 2005), ma ha più diffusamente motivato sulla legittimità della sostituzione tra le due RAGIONE_SOCIALE facendo leva sull’inerzia del COGNOME, che, secondo la sentenza, non inviò alcuna risposta alle missive del 1° giugno, del 7 e del 30 luglio, del 23 e del 29 agosto, del 27 settembre e del 17 ottobre 2005, tutte contenenti solleciti della capoRAGIONE_SOCIALE all’impresa mandante.
In considerazione di tale inerzia ha poi plausibilmente ritenuto che la missiva del COGNOME datata 26 ottobre 2005 non potesse valere a far apparire come seria la dichiarazione di ‘ prontezza ‘ alla ripresa dei lavori.
Dato che il ricorrente, pur impugnando le due rationes decidendi (sopra riassunte) adottate dalla Corte a giustificazione della sostituzione, non sottopone ad alcuna critica la terza, cioè quella fondata sulla pluralità di missive inviate al COGNOME e rimaste senza replica dal 1° giugno al 17 ottobre 2005.
8 .- Col terzo motivo il ricorrente lamenta, sempre in base all’art. 360, primo comma, n° 3, cod. proc. civ., la violazione dell’art. 1453 cod. civ. in combinato disposto con gli artt. 1372 e 1375 dello stesso codice e con gli artt. 13 della legge n° 109/1994 e 93, quarto comma, e 94, secondo comma, del d.P.R. n° 554/1999.
L’illegittima estromissione dell’impresa COGNOME e la sostituzione ad essa della mandataria COGNOME avrebbero determinato anche l’inadempimento alle obbligazioni derivanti dal contratto d’appalto stipulato tra RAGIONE_SOCIALE ed RAGIONE_SOCIALE e, quindi, anche tra RAGIONE_SOCIALE ed impresa COGNOMERAGIONE_SOCIALE, attesa la natura verticale dell’Ati e, dunque, l’assunzione di diritti ed obblighi diretti ed esclusivi in capo alla mandante.
Da qui la responsabilità della Stazione appaltante, autonoma rispetto a quella dell’impresa RAGIONE_SOCIALE, dedotta dal COGNOME in sede di appello col secondo motivo, dichiarato dalla Corte assorbito a seguito del rigetto del primo.
9 .- Il motivo è infondato, in quanto -alla luce di quanto sopra esposto -non vi è stata alcuna illegittima sostituzione.
Giova solo aggiungere che il legislatore ha da sempre previsto la responsabilità dell’impresa capofila nei confronti della Stazione appaltante in solido con le RAGIONE_SOCIALE associate o, in caso di lavori scorporabili, con le RAGIONE_SOCIALE assuntrici di tali lavorazioni (art. 13, secondo comma, della legge n° 109/1994, applicabile ratione temporis ; successivamente si veda l’art. 37, quinto comma, del dlsg n° 163/2006, l’art. 48, quinto comma, del d.lgs. n° 50/2016 e l’art. 68, nono comma, del d.lgs. n° 36/2023), sicché -sia che questa responsabilità solidale venga qualificata come coobbligazione in senso stretto, sia che essa venga considerata come obbligazione di garanzia di tipo fideiussorio -è evidente che l’COGNOME ha correttamente ed in buona fede eseguito sia il contratto di appalto, sia il contratto di Ati, evitando di far incorrere l’RAGIONE_SOCIALE nelle responsabilità derivanti dal ritardo nell’esecuzione dei lavori, le cui conseguenze (sempre ratione temporis ) sono disciplinate dall’art. 119 del d.P.R. n° 554/1999.
10 .- Alla soccombenza del COGNOME segue la sua condanna alla rifusione RAGIONE_SOCIALE spese del presente grado di giudizio in favore del RAGIONE_SOCIALE controricorrente, per la cui liquidazione -fatta in base al d.m. n° 55 del 2014, come modificato dal d.m. n° 147 del 2022, ed
al valore della lite (euro 30,6 mila) -si rimanda al dispositivo che segue.
Nulla sulle spese predette tra COGNOME e RAGIONE_SOCIALE, in ragione del fatto che quest’ultimo è rimasto nella presente sede meramente intimato.
Infine, va dato atto della sussistenza dei presupposti di cui all’articolo 13, comma 1-quater, del decreto del presidente della repubblica 30 maggio 2002 n° 115, per il raddoppio del contributo unificato a carico del ricorrente, ove dovuto.
p.q.m.
la Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente a rifondere al RAGIONE_SOCIALE di Termini Imerese le spese del presente giudizio di legittimità, che liquida in euro 5.000,00 per compensi ed euro 200,00 per esborsi, oltre al rimborso forfettario RAGIONE_SOCIALE spese in ragione del 15%, oltre al cp ed all’iva, se dovuta. Dà atto della sussistenza dei presupposti di cui all’articolo 13, comma 1-quater, del decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 2002 n° 115, per il raddoppio del contributo unificato a carico del ricorrente, ove dovuto.
Così deciso in Roma il 26 novembre 2024, nella camera di consiglio