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Sostituto d’imposta: obbligo anche post-licenziamento?

Due lavoratori, licenziati illegittimamente da un ente pubblico, si vedono riconosciuto un risarcimento. Nasce una controversia sul calcolo dell’importo: deve essere versato al lordo o al netto delle ritenute fiscali? I tribunali di merito sostengono l’obbligo per l’ente di agire come sostituto d’imposta e versare il netto. La Corte di Cassazione, rilevando orientamenti giurisprudenziali non univoci sulla persistenza di tale obbligo dopo la cessazione del rapporto di lavoro, ha emesso un’ordinanza interlocutoria, rinviando la decisione a un’udienza pubblica per un esame più approfondito della questione.

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Pubblicato il 20 settembre 2025 in Diritto del Lavoro, Giurisprudenza Civile, Procedura Civile

Sostituto d’imposta: il Datore Deve Trattenere le Tasse sul Risarcimento Anche se il Lavoro è Finito?

L’obbligo del datore di lavoro di agire come sostituto d’imposta cessa con la fine del rapporto lavorativo? Questa è la domanda cruciale che la Corte di Cassazione si trova ad affrontare in un recente caso. Con un’ordinanza interlocutoria, la Suprema Corte ha deciso di non decidere subito, ma di rinviare la questione a una pubblica udienza per la sua particolare rilevanza. Il caso riguarda due dipendenti di un ente pubblico licenziati illegittimamente e la successiva disputa su come calcolare il risarcimento loro dovuto: al lordo o al netto delle ritenute fiscali?

I Fatti del Caso

La vicenda ha origine dalla dichiarazione di illegittimità del licenziamento di due dipendenti da parte di un Comune. La Corte d’Appello aveva condannato l’ente a un risarcimento pari alle retribuzioni lorde maturate dalla data del recesso fino al raggiungimento dei requisiti per la pensione. In fase di esecuzione della sentenza, è sorta la controversia: i lavoratori pretendevano il pagamento dell’intera somma lorda, sostenendo che, essendo il rapporto di lavoro cessato da anni, il Comune non rivestisse più la qualifica di sostituto d’imposta. L’ente, al contrario, riteneva di dover applicare le ritenute fiscali e previdenziali.

Sia il Tribunale in primo grado che la Corte d’Appello in secondo grado hanno dato ragione al Comune. Secondo i giudici di merito, l’obbligo di effettuare le ritenute grava sempre sul datore di lavoro quando eroga somme che trovano la loro causa nel rapporto di lavoro, indipendentemente dal fatto che quest’ultimo sia ancora in corso o sia già cessato.

L’obbligo del datore come sostituto d’imposta in discussione

I lavoratori hanno quindi presentato ricorso in Cassazione, basando la loro difesa su un punto cardine: la cessazione del rapporto di lavoro estingue la figura del sostituto d’imposta. Senza un rapporto attivo, l’ex datore di lavoro non avrebbe più il potere-dovere di trattenere le imposte per conto del fisco. Di conseguenza, le obbligazioni fiscali e previdenziali graverebbero direttamente sui lavoratori, i quali dovrebbero ricevere l’intero importo lordo e provvedere autonomamente a dichiararlo e a versare le relative imposte.

Questa tesi si scontra con l’orientamento seguito dai giudici di merito, i quali hanno affermato che la natura retributiva o risarcitoria delle somme è irrilevante. Ciò che conta è l’origine di tali somme: se derivano da un rapporto di lavoro, anche se concluso, si applica la disciplina fiscale prevista per i redditi da lavoro dipendente, che impone al datore di operare come sostituto d’imposta.

Le motivazioni dell’ordinanza interlocutoria

La Corte di Cassazione, nell’analizzare il ricorso, ha rilevato una questione di particolare importanza e la presenza di orientamenti giurisprudenziali non perfettamente allineati. Da un lato, alcune sentenze della stessa Sezione Lavoro hanno affermato che la liquidazione dei crediti del lavoratore deve avvenire al lordo, poiché la questione fiscale riguarda il rapporto tra contribuente ed erario e si attualizza solo al momento dell’effettiva percezione delle somme da parte del lavoratore. Dall’altro lato, altre pronunce, anche della Sezione Tributaria, hanno concluso che l’obbligo di ritenuta sussiste per tutte le indennità che risarciscono la perdita di redditi da lavoro, prevedendo un assoggettamento a tassazione separata e ritenuta d’acconto.

Proprio a causa di questa complessità e delle significative implicazioni pratiche della decisione, la Suprema Corte ha ritenuto opportuno non risolvere la questione in camera di consiglio. Ha invece optato per un rinvio a pubblica udienza.

Le conclusioni: rinvio a udienza pubblica

Con questa ordinanza interlocutoria, la Cassazione non fornisce una risposta definitiva, ma prende atto della delicatezza del quesito. La decisione di fissare un’udienza pubblica, un ‘luogo’ privilegiato per il dibattito giuridico, permetterà un’analisi più approfondita e un confronto diretto tra le parti e con il Pubblico Ministero. L’obiettivo è giungere a una sentenza che possa fare chiarezza e stabilire un principio di diritto solido e uniforme su quando e come l’ex datore di lavoro debba agire quale sostituto d’imposta per somme erogate a titolo risarcitorio dopo la fine del rapporto.

Il datore di lavoro deve sempre effettuare le ritenute fiscali sul risarcimento per licenziamento illegittimo?
Secondo i giudici di merito in questo caso, sì, l’obbligo sussiste. Tuttavia, la Corte di Cassazione ha ritenuto la questione meritevole di un approfondimento in udienza pubblica, poiché esistono orientamenti giurisprudenziali non del tutto uniformi.

La fine del rapporto di lavoro fa cessare la qualifica di sostituto d’imposta per l’ex datore di lavoro?
Questo è il punto centrale della controversia. I lavoratori sostengono di sì, ma la Corte d’Appello ha affermato che l’obbligo di effettuare le ritenute non dipende dal fatto che il rapporto di lavoro sia in corso o cessato, poiché l’indennità trae origine da esso. La Cassazione valuterà in modo definitivo questo aspetto.

Cosa ha deciso la Corte di Cassazione con questa ordinanza?
La Corte di Cassazione non ha emesso una decisione definitiva sul merito della questione. Ha emesso un’ordinanza interlocutoria con cui ha rinviato la causa a una nuova udienza pubblica, riconoscendo l’importanza e la complessità della questione giuridica e la necessità di un esame più approfondito prima di formulare un principio di diritto.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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