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Sospensione termini processuali: appello salvo

Una società cooperativa si vede dichiarare inammissibile un appello per tardività. La Corte di Cassazione ribalta la decisione, chiarendo il corretto calcolo della sospensione termini processuali introdotta dalla normativa emergenziale COVID-19. Il caso viene rinviato al Tribunale per una decisione nel merito.

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Pubblicato il 22 settembre 2025 in Diritto Civile, Giurisprudenza Civile, Procedura Civile

Sospensione termini processuali: la Cassazione fa chiarezza sul calcolo post-COVID

La recente ordinanza della Corte di Cassazione n. 11567 del 2025 offre un’importante lezione sul corretto calcolo dei tempi processuali, in particolare riguardo alla sospensione termini processuali introdotta durante l’emergenza sanitaria da COVID-19. La Suprema Corte ha annullato una decisione di merito che aveva erroneamente dichiarato inammissibile un appello, ripristinando il diritto della parte a ottenere una pronuncia sul fondo della controversia.

I fatti di causa: multe in ZTL e il primo giudizio

Una cooperativa di tassisti si opponeva a una serie di ordinanze-ingiunzione emesse dalla Prefettura di una grande città italiana. Le sanzioni, per un valore complessivo di oltre 13.000 euro, contestavano il transito non autorizzato di un taxi in corsie riservate e zone a traffico limitato (ZTL) in un periodo di circa un mese nel 2018.

Il Giudice di Pace, in primo grado, rigettava il ricorso della cooperativa. La motivazione si basava sulla constatazione che il veicolo, al momento delle infrazioni, era stato rimosso dalla cosiddetta ‘lista bianca’ dei mezzi autorizzati all’accesso nelle aree a circolazione ristretta.

L’appello e la dichiarazione di inammissibilità

La cooperativa proponeva appello dinanzi al Tribunale, sostenendo diverse ragioni: non aver mai ricevuto comunicazione dell’esclusione dalla lista bianca, il possesso di una licenza taxi valida e la mancanza dell’elemento soggettivo necessario per la sanzione.

Tuttavia, il Tribunale non entrava nel merito della questione. Dichiarava l’appello inammissibile per tardività, sostenendo che fosse stato depositato oltre il ‘termine lungo’ di sei mesi previsto dall’art. 327 del codice di procedura civile. Secondo il giudice di secondo grado, la sentenza del Giudice di Pace era stata depositata il 13 novembre 2019, mentre l’appello risultava depositato il 10 luglio 2020, quindi ben oltre i sei mesi.

La sospensione termini processuali secondo la Cassazione

La cooperativa non si arrendeva e ricorreva in Cassazione, lamentando un ‘error in procedendo’, ovvero un errore nell’applicazione delle norme processuali. Il cuore del motivo di ricorso era la violazione dell’art. 327 c.p.c. in relazione alle disposizioni emergenziali che avevano decretato la sospensione termini processuali a causa della pandemia.

Il calcolo corretto durante l’emergenza sanitaria

La ricorrente sosteneva che, sebbene il termine di sei mesi sarebbe ordinariamente scaduto il 13 maggio 2020, le normative anti-COVID (in particolare i D.L. n. 18/2020 e n. 23/2020) avevano sospeso il decorso di tutti i termini processuali dal 9 marzo 2020 fino all’11 maggio 2020. Di conseguenza, il conteggio doveva riprendere dal 12 maggio 2020, portando la scadenza finale al 16 luglio 2020. Essendo stato l’appello depositato il 10 luglio 2020, esso risultava pienamente tempestivo.

Le motivazioni della decisione

La Corte di Cassazione ha ritenuto il motivo fondato, accogliendo pienamente la tesi della cooperativa. Gli Ermellini hanno confermato che la normativa emergenziale ha stabilito una sospensione generalizzata dei termini per le impugnazioni dal 9 marzo al 15 aprile 2020, periodo poi prorogato fino all’11 maggio 2020. I termini, pertanto, hanno ricominciato a decorrere solo a partire dal 12 maggio 2020.

La Suprema Corte ha quindi riconosciuto che il calcolo effettuato dalla ricorrente era corretto e che l’appello era stato depositato ampiamente entro la scadenza del 16 luglio 2020. Di conseguenza, la sentenza del Tribunale è stata cassata per non aver correttamente applicato le norme sulla sospensione termini processuali.

Conclusioni

La decisione della Cassazione è di fondamentale importanza pratica. Essa non solo riafferma il diritto della parte a un giudizio nel merito quando i termini sono rispettati, ma serve anche da monito per i giudici di merito sull’attenta applicazione delle normative speciali, come quelle emanate durante l’emergenza sanitaria. La Corte ha cassato la sentenza e rinviato la causa allo stesso Tribunale, ma in diversa composizione, affinché esamini finalmente le censure proposte dalla cooperativa ed entri nel merito della legittimità delle sanzioni, decidendo anche sulle spese del giudizio di legittimità.

Come ha inciso la normativa emergenziale COVID-19 sulla scadenza per presentare appello?
La normativa ha sospeso il decorso di tutti i termini processuali, inclusi quelli per le impugnazioni, per il periodo compreso tra il 9 marzo 2020 e l’11 maggio 2020. Il conteggio dei termini è ripreso a decorrere solo dal 12 maggio 2020.

Perché il Tribunale aveva dichiarato l’appello inammissibile?
Il Tribunale aveva erroneamente calcolato il termine di sei mesi per l’appello senza applicare correttamente il periodo di sospensione previsto dalla legislazione emergenziale COVID-19, ritenendo quindi che l’atto fosse stato depositato tardivamente.

Qual è stata la decisione finale della Corte di Cassazione?
La Corte di Cassazione ha accolto il ricorso, cassando la sentenza del Tribunale. Ha stabilito che l’appello era stato presentato tempestivamente, in quanto il calcolo della scadenza doveva tenere conto della sospensione dei termini. Ha quindi rinviato il caso al Tribunale per una nuova decisione sul merito della causa.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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