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Sospensione termini Covid: appello tempestivo

Una società si è vista dichiarare inammissibile un appello perché ritenuto tardivo. La Corte di Cassazione ha ribaltato la decisione, affermando che la Corte d’Appello ha erroneamente ignorato la sospensione termini Covid, un periodo di stop forzato per tutti i procedimenti legali. Di conseguenza, l’appello era in realtà tempestivo e il caso è stato rinviato per essere riesaminato nel merito.

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Pubblicato il 9 ottobre 2025 in Giurisprudenza Civile, Procedura Civile

Sospensione Termini Covid: la Cassazione Corregge l’Errore sull’Appello Tardivo

La legislazione emergenziale ha introdotto misure eccezionali, tra cui la sospensione termini Covid per i procedimenti giudiziari. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ha riaffermato l’importanza di applicare correttamente queste norme, annullando una decisione di secondo grado che aveva erroneamente dichiarato inammissibile un appello per tardività. Questo caso offre uno spunto fondamentale per comprendere come le disposizioni speciali abbiano impattato il normale decorso della giustizia.

I Fatti di Causa

La vicenda trae origine da un’opposizione a un’esecuzione immobiliare, promossa da una società e da un privato. Il Tribunale di primo grado rigettava l’opposizione e condannava gli opponenti al pagamento delle spese legali e di una somma per lite temeraria. La sentenza veniva notificata il 28 febbraio 2020.

Successivamente, la società proponeva appello con un atto notificato il 27 maggio 2020. La Corte d’Appello, tuttavia, dichiarava l’impugnazione inammissibile. Secondo i giudici di secondo grado, l’appello era stato proposto oltre il termine breve di trenta giorni previsto dal codice di procedura civile, decorrente dalla data di notifica della sentenza di primo grado.

La Decisione della Corte d’Appello e la Sospensione Termini Covid

Il cuore del problema risiedeva nel calcolo dei termini. La Corte d’Appello non aveva tenuto conto della disciplina emergenziale introdotta per fronteggiare la pandemia. In particolare, il D.L. “Cura Italia” e le successive modifiche avevano disposto una sospensione generalizzata di tutti i termini processuali dal 9 marzo 2020 fino all’11 maggio 2020.

Ignorando questa fondamentale parentesi normativa, i giudici di secondo grado avevano considerato il termine di trenta giorni come decorso senza interruzioni, concludendo per la tardività dell’appello. Contro questa decisione, la società ha presentato ricorso in Cassazione, lamentando proprio la violazione delle norme sulla sospensione termini Covid.

L’Analisi della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha accolto pienamente le ragioni della società ricorrente, definendo il ricorso “palesemente fondato”.

Le Motivazioni

I giudici di legittimità hanno chiarito che l’effetto della disciplina emergenziale è stato quello di sospendere inequivocabilmente i termini processuali per un totale di sessantaquattro giorni (dal 9 marzo all’11 maggio 2020). Questo periodo di sospensione doveva essere sommato al termine ordinario per l’impugnazione.

Il calcolo corretto era il seguente: il termine di trenta giorni per appellare, iniziato a decorrere il 28 febbraio 2020, è stato sospeso il 9 marzo. La sua decorrenza è ripresa solo a partire dal 12 maggio 2020. Di conseguenza, la scadenza effettiva per la presentazione dell’appello era fissata al 1° giugno 2020. Poiché l’atto di appello era stato notificato il 27 maggio 2020, esso risultava pienamente tempestivo.

La Corte di Cassazione ha quindi censurato l’operato della Corte d’Appello, che ha omesso di applicare una normativa eccezionale ma cogente, portando a una declaratoria di inammissibilità ingiusta e illegittima.

Le Conclusioni

In definitiva, la Corte di Cassazione ha cassato la sentenza impugnata e ha rinviato la causa alla Corte d’Appello di Milano, in diversa composizione. Quest’ultima dovrà ora procedere a un nuovo esame dell’appello, entrando nel merito delle questioni sollevate dalla società. La decisione ribadisce un principio cruciale: le normative emergenziali, pur nella loro eccezionalità, devono essere applicate con rigore da tutti gli organi giudiziari per garantire il diritto di difesa. Questo caso serve da monito sull’importanza di una corretta interpretazione e applicazione delle leggi, specialmente quelle che incidono sui presupposti processuali come i termini per le impugnazioni.

Perché l’appello era stato inizialmente dichiarato inammissibile?
L’appello è stato dichiarato inammissibile dalla Corte d’Appello perché, secondo un calcolo errato, era stato depositato oltre il termine di 30 giorni dalla notifica della sentenza di primo grado, senza considerare il periodo di sospensione dei termini processuali introdotto dalla legislazione per l’emergenza Covid-19.

Qual è stato l’effetto della legislazione emergenziale Covid-19 sui termini processuali?
La legislazione emergenziale, in particolare il D.L. “Cura Italia”, ha sospeso tutti i termini processuali dal 9 marzo 2020 all’11 maggio 2020. Questo significa che il conteggio dei giorni per qualsiasi scadenza processuale è stato “congelato” durante quel periodo e ha ripreso a decorrere solo dal 12 maggio 2020.

Qual è stata la decisione finale della Corte di Cassazione?
La Corte di Cassazione ha accolto il ricorso, annullando (cassando) la sentenza della Corte d’Appello. Ha stabilito che l’appello era tempestivo, in quanto presentato entro la nuova scadenza ricalcolata tenendo conto della sospensione. Di conseguenza, ha rinviato il caso alla Corte d’Appello affinché proceda a un nuovo esame nel merito della causa.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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