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Sospensione sentenza appello: quando viene negata?

La Corte d’Appello di Bologna ha rigettato un’istanza di sospensione sentenza appello. La decisione si basa sulla mancanza dei presupposti previsti dalla nuova normativa (art. 283 c.p.c.): l’impugnazione non è stata ritenuta ‘manifestamente fondata’ e non è stato provato un ‘pregiudizio grave e irreparabile’ derivante dall’esecuzione della sentenza di primo grado.

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Sospensione Sentenza Appello: Analisi di un Diniego della Corte

L’impugnazione di una sentenza di primo grado non ne blocca automaticamente l’esecuzione. Per ottenere un tale effetto, è necessario presentare un’istanza specifica. Una recente ordinanza della Corte di Appello di Bologna chiarisce i criteri per la concessione della sospensione sentenza appello, evidenziando come la riforma del processo civile abbia modificato i presupposti per la sua concessione. Analizziamo insieme questa decisione per capire quando un’istanza di sospensione può essere respinta.

Il Caso: La Richiesta di Sospensione in Appello

Una società, condannata in primo grado, ha presentato appello chiedendo contestualmente la sospensione dell’efficacia esecutiva della sentenza. La controversia originaria riguardava un contratto di locazione commerciale. L’appellante sosteneva l’inadeguatezza di una parte dell’immobile locato (un piazzale) e, in primo grado, aveva presentato una domanda riconvenzionale per accertare la nullità parziale del contratto e ottenere una riduzione del canone.

Il giudice di primo grado aveva respinto le richieste della società, che si è quindi rivolta alla Corte di Appello per riformare la decisione e, nell’attesa, bloccarne gli effetti.

I Criteri della Sospensione Sentenza Appello dopo la Riforma

L’ordinanza della Corte si sofferma sull’interpretazione del nuovo art. 283 del codice di procedura civile. La norma, modificata dalla Riforma Cartabia (D.Lgs. 149/2022), stabilisce che il giudice d’appello può sospendere, in tutto o in parte, l’efficacia esecutiva della sentenza impugnata al verificarsi di almeno una delle seguenti condizioni:

1. Manifesta fondatezza dell’impugnazione: l’appello deve apparire, a una prima valutazione, palesemente fondato.
2. Pregiudizio grave e irreparabile: l’esecuzione della sentenza deve poter causare un danno serio e non risarcibile alla parte soccombente.

La Corte sottolinea come la nuova formulazione, utilizzando la congiunzione disgiuntiva “o”, suggerisca che sia sufficiente la presenza di uno solo dei due presupposti, a differenza del passato dove si richiedeva la compresenza di entrambi (i cosiddetti fumus boni iuris e periculum in mora).

Le Motivazioni della Corte d’Appello

Nonostante la possibilità di una valutazione disgiunta, la Corte ha rigettato l’istanza di sospensione, ritenendo insussistenti entrambi i presupposti.

Sulla Manifesta Fondatezza

La Corte ha escluso che l’appello fosse manifestamente fondato per tre ragioni principali:

* Motivo processuale non contestato: La sentenza di primo grado aveva dichiarato inammissibile la domanda riconvenzionale per un vizio procedurale. L’appellante non ha criticato questo specifico punto della decisione, rendendo difficile sostenere la fondatezza dell’appello su tale aspetto.
* Valutazione di merito non palesemente errata: Il primo giudice aveva comunque esaminato nel merito la questione della nullità parziale del contratto, respingendola. La Corte d’Appello, in questa fase cautelare, non ha ravvisato un errore evidente in tale valutazione.
* Esiti della CTU: Una consulenza tecnica d’ufficio (CTU) aveva accertato una morosità significativa da parte dell’appellante, tale da configurare un grave inadempimento contrattuale anche nell’ipotesi di una riduzione del canone.

Sul Pregiudizio Grave e Irreparabile

Anche il secondo requisito è stato ritenuto insussistente. La Corte ha osservato che:

* Comportamento contraddittorio: L’appellante insisteva sull’inadeguatezza del piazzale per le proprie esigenze, ma allo stesso tempo manifestava l’intenzione di continuare a utilizzare l’immobile. Questo comportamento è stato giudicato contraddittorio.
* Mancata allegazione di difficoltà: La società non ha fornito alcuna prova di specifiche difficoltà nel reperire sul mercato un altro immobile più adatto alle sue necessità.

In sostanza, il pregiudizio lamentato non è stato considerato superiore al normale danno che ogni debitore subisce a seguito di un’esecuzione forzata, né è stata provata una sproporzione tra il danno subito dall’appellante e il beneficio per il creditore.

Conclusioni

Questa ordinanza offre un’importante lezione pratica sulla richiesta di sospensione sentenza appello. Dimostra che, anche dopo la riforma, ottenere l’inibitoria non è automatico. Per avere successo, l’appellante deve argomentare in modo solido almeno uno dei due presupposti previsti dalla legge. È cruciale non solo dimostrare un potenziale danno, ma anche evitare contraddizioni e fornire prove concrete. In questo caso, la mancata contestazione di un punto processuale chiave e le risultanze della CTU hanno reso l’appello non ‘manifestamente fondato’, mentre la genericità delle lamentele sul danno ha impedito di riconoscerne la gravità e l’irreparabilità, portando al rigetto dell’istanza.

Quali sono le condizioni per ottenere la sospensione di una sentenza di primo grado durante l’appello, secondo la nuova legge?
Secondo l’art. 283 c.p.c. novellato, è sufficiente che ricorra almeno una di queste due condizioni: che l’impugnazione appaia manifestamente fondata, oppure che dall’esecuzione della sentenza possa derivare un pregiudizio grave e irreparabile per la parte che ha perso in primo grado.

Perché la Corte d’Appello ha ritenuto che l’appello non fosse ‘manifestamente fondato’?
La Corte ha basato la sua valutazione su tre elementi: 1) l’appellante non aveva contestato uno specifico punto processuale della sentenza di primo grado che dichiarava inammissibile una sua domanda; 2) la decisione di merito del primo giudice non appariva palesemente errata; 3) una perizia tecnica (CTU) aveva confermato una grave morosità dell’appellante, anche in caso di riduzione del canone.

Su quale base la Corte ha escluso l’esistenza di un ‘pregiudizio grave e irreparabile’?
La Corte ha ritenuto che non vi fosse un pregiudizio grave e irreparabile perché l’appellante mostrava un comportamento contraddittorio (lamentava l’inadeguatezza dell’immobile ma voleva continuare a usarlo) e non aveva allegato alcuna prova di specifiche difficoltà nel trovare una soluzione alternativa più adatta alle sue esigenze.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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