Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 121 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 2 Num. 121 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 03/01/2024
ORDINANZA
sul ricorso n. 14353/2023 R.G. proposto da:
NOME, c.f. LKNJNP76D01Z404V, NOME, c.f. LKNLDV77R07Z404J, NOME, c.f. LKNGVR79P64Z114Q, rappresentati e difesi dall’avv. NOME COGNOME e dall’avv. NOME COGNOME con indirizzo pec EMAILped.ordineavvocatitorino.it e EMAILpec.ordineavvocatitorino.it
ricorrenti e controricorrenti nel ricorso riunito contro
COGNOME IN NOME COGNOME, c.f. GNLMGR55R66Z133C, NOME COGNOME nato a Londra l’8 -2-1986, NOME COGNOME NOMECOGNOME nata a Neully sur Seine il 12-10-1988, NOME COGNOME nata a Neully sur Seine l’1 -8-1990, NOME COGNOME nata a Neully sur Seine il 12-101988, rappresentati e difesi dall’avv. NOME COGNOME con indirizzo pec EMAIL controricorrenti e ricorrenti nei ricorsi riuniti nonché contro
OGGETTO:
regolamento di competenza litispendenza internazionale sospensione ex art. 7 co. 3 legge 218/1995
R.G. 14353/2023
C.C. 6-12-2023
COGNOME nella qualità di esecutore testamentario e amministratore dell’eredità di NOME COGNOME cittadino svizzero, codice fiscale CODICE_FISCALE, rappresentato e difeso dall’avv. NOME COGNOME e dall’avv. NOME COGNOME con indirizzo pec EMAIL e EMAIL
ricorrente e controricorrente nei ricorsi riuniti avverso l’ordinanza cron. 844/2023 del Tribunale di Torino in R.G. 4373/2020 depositata il 5-6-2023;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 6-122023 dal consigliere NOME COGNOME
lette le conclusioni del Pubblico Ministero nella persona del Sostituto Procuratore Generale NOME COGNOME la quale ha chiesto che i regolamenti di competenza siano rigettati.
FATTI DI CAUSA
1.NOME COGNOME in COGNOME ha convenuto avanti il Tribunale di Torino i suoi figli NOMECOGNOME NOME COGNOME e NOME COGNOME, nonché il notaio NOME COGNOME esecutore del testamento della madre NOME COGNOME in causa nella quale sono anche intervenuti ex art. 105 cod. proc. civ. gli altri suoi figli NOME NOME e NOME COGNOME. L’attrice ha chiesto, in sintesi, che sia dichiarata l’invalidità o l’inefficacia del testamento della madre -deceduta il 23-2-2019- di data 12-8-2011 e delle aggiunte del 14-8-2012 e 22-8-2014, ai sensi degli artt. 591 co.2 n.3 e co.3 cod. civ. e/o dell’art. 603 cod. civ. e/o dell’art. 606 c.c. e/o dell’art. 624 c.c., o ai sensi della legge applicabile , per l’effetto che sia dichiarata aperta la successione legittima, sia accertata in capo all’attric e la sua qualità di unica erede legittima della madre, sia accertata la quota della quale la madre poteva disporre e,
previo accertamento delle donazioni anche indirette e dissimulate, sia accertata la lesione della quota di riserva a essa spettante, con la conseguente reintegra della quota mediante riduzione delle donazioni, anche indirette e dissimulate, e condanna dei convenuti alle restituzioni; ha altresì chiesto che sia dichiarata l’invalidità o l’inopponibilità dell’accordo tran sattivo da lei concluso il 18-2-2004 con la madre, con il quale erano state definite le questioni relative alla successione del padre NOME COGNOME deceduto il 24-1-2003 e nell’ambito del quale NOME COGNOME aveva rinunciato a qualsiasi ulteriore diritto sulla successione di NOME COGNOME e ad avanzare qualsiasi diritto sulla successione della madre, con accordo poi concluso il 2-3-2004; in via subordinata, ha chiesto il riconoscimento dei diritti di legittimaria pretermessa e in ogni caso ha chiesto la dichiarazione della sua qualità di erede del padre ex art. 533 cod. civ. o della legge applicabile e la condanna dei convenuti a restituire i beni dell’eredità del padre. Gli intervenienti hanno aderito alle domande dell’attrice e a loro volta hanno chiesto l’accertamento del loro diritto di subentro successorio nel luogo e nel grado della loro madre in relazione alla successione COGNOME ai sensi degli artt. 467, 457 e 536 cod. civ. e per l’effetto la dichiarazione di invalidità o inopponibilità del testamento COGNOME e delle aggiunte, proponendo ulteriori domande analoghe a quelle della madre (cfr. ordinanza impugnata, da pag. 33 a 47 per la trascrizione delle conclusioni dell’attrice e da pag. 47 a pag. 55 per le conclusioni degli intervenienti).
I convenuti NOME COGNOME NOME COGNOME e NOME COGNOME hanno chiesto che sia dichiarata la carenza di giurisdizione sulle domande dell’attrice e degli intervenienti nei loro confronti, ai sensi dell’ art. 8 della Convenzione Italo-Svizzera del 1933 e/o dell’art. 17 (oggi 23) della Convenzione di Lugano; in via subordinata hanno chiesto che sia dichiarata la litispendenza con riguardo a tutte le
domande ai sensi dell’art. 7 co. 2 e 3 legge 218/2015 e/ o dell’art. 27 della Convenzione di Lugano; in via ulteriormente subordinata hanno chiesto la sospensione della causa in attesa del giudicato svizzero e nel merito il rigetto di tutte le domande (pagg. 5557 dell’ordinanza impugnata per la trascrizione delle conclusioni dei convenuti).
Il convenuto NOME COGNOME NOME a sua volta ha chiesto in via pregiudiziale di rito la dichiarazione di carenza di giurisdizione, la sospensione della causa in attesa del giudicato svizzero e ha formulato le conclusioni nel merito (pagg. 5759 dell’ordinanza impugnata).
2.Con ordinanza depositata il 5-6-2023 , dopo l’assegnazione della causa in decisione e la discussione orale avanti il collegio, il Tribunale di Torino ha statuito in dispositivo: ‘ Il Tribunale visto l’art. 8 della Convenzione tra l’Italia e la Svizzera del 3 gennaio 1933, rigetta l’eccezione di litispendenza internazionale;
visto l’art. 7, comma 3, l. 218/1995, sospende il processo sino alla definizione dei seguenti giudizi pendenti in Svizzera:
-giudizio originariamente promosso da NOME COGNOME nei confronti di NOME COGNOME in de Pahlen con domanda di conciliazione giudiziale in data 2 luglio 2015 (indicato in atti come ‘Ginevra III’);
-giudizio promosso da NOME COGNOME NOME COGNOME NOME COGNOME nei confronti di NOME COGNOME in de Pahlen con domanda di conciliazione giudiziale in data 23 febbraio 2019 (indicato in atti come ‘Thun I’);
-giudizio promosso da NOME COGNOME NOME COGNOME NOME COGNOME nei confronti di NOME COGNOME in de Pahlen con domanda di conciliazione giudiziale in data 17 gennaio 2020 (indicato in atti come ‘Thun II’)’.
L’ordinanza ha dichiarato che:
-non era necessario, allo stato, decidere se sussistesse o meno la giurisdizione italiana sulla materia oggetto del contendere, essendo pregiudiziale la verifica sull’esistenza d ella litispendenza internazionale eccepita dai convenuti;
-per verificare la litispendenza internazionale doveva farsi riferimento alla Convenzione italo-svizzera relativa al riconoscimento e all’esecuzione delle sentenze in materia civile e commerciale del 3 gennaio 1933 approvata con legge 15 giugno 1933 n. 743, il cui art. 8 disponeva ‘ A richiesta di una delle parti i tribunali di uno dei due Stati devono ricusare di prendere cognizione di contestazioni ad essi sottoposte, quando queste contestazioni si trovano già pendenti davanti a un tribunale dell’altro Stato, purch é questo tribunale sia competente secondo le norme della presente Convenzione ‘; ciò in quanto l’art. 2 co.1 legge 218/1995 prevedeva che le disposizioni della legge non pregiudicassero l’applicazione delle convenzioni internazionali in vigore per l’Italia e l’art. 75 co.1 Regolamento UE n. 650/2012 a sua volta prevedeva che il regolamento non pregiudicava l’appl icazione delle convenzioni internazionali di cui uno o più Stati membri fossero parte al momento dell’adozione del regolamento, mentre non si applicava l’art. 75 co.2 sulla prevalenza del regolamento rispetto alle convenzioni concluse tra Stati membri, in quanto la Svizzera non era Stato membro dell’Unione Europea;
-rispetto alla causa avanti il Tribunale di Torino instaurata con atto di citazione notificato il 14-2-2020, era preveniente il procedimento indicato in atti come ‘Ginevra III’ , instaurato con domanda di conciliazione giudiziale di data 2-7-2015 seguita da domanda giudiziale formulata il 5-1-2016 da NOME COGNOME nei confronti di NOME COGNOME davanti al Tribunale di Prima istanza presso il Cantone di Ginevra per fare confermare l’efficacia dell’accordo transattivo di data 18-2-2004, essendo falliti i tentativi da lei già promossi presso i giudici
ginevrini nel 2012 e nel 2016; in tale causa NOME COGNOME era intervenuto sulla base del diritto processuale svizzero assumendo la posizione della nonna e NOME COGNOME aveva formulato domanda riconvenzionale per fare dichiarare l ‘invalidità dell’accordo transattivo e di tutti gli accordi conclusi in esecuzione dello stesso, tra i quali il patto successorio del 2-3-2004, in applicazione del diritto svizzero;
-era preveniente il procedimento indicato in atti come ‘Thun I’, instaurato dai fratelli COGNOME nei confronti della madre con domanda di conciliazione giudiziale avanti al Schlicthungsbehorde Oberland di Thun in data 23-2-2019 seguita da domanda giudiziale del 4/6-11-2019, avente a oggetto la validità del patto successorio, la dichiarazione che NOME COGNOME non è erede di NOME COGNOME, nonché la condanna di NOME COGNOME alla restituzione di tutti i beni e diritti in suo possesso caduti nella successione di NOME COGNOME
-era preveniente anche il procedimento indicato in atti come ‘Thun II’ , instaurato dai fratelli COGNOME nei confronti della madre con domanda di conciliazione giudiziale avanti al Schlichtungsbehorde Oberland di Thun di data 17-1-2020, seguita da domanda giudiziale dinanzi al Tribunale di Thun successiva all’atto di citazione notificato in Italia , con cui i fratelli COGNOME avevano chiesto che fosse dichiarata la validità ed efficacia dei tre testamenti di NOME COGNOME che fosse accertato che loro erano gli unici eredi della stessa, che NOME COGNOME non aveva alcun diritto nei loro confronti in relazione all’eredità COGNOME , neppure con riguardo alla restituzione dei beni ricevuti da NOME COGNOME in vita; ciò in quanto la Convenzione italo-svizzera del 1933 non conteneva una disciplina uniforme circa la determinazione del momento in cui pendeva la lite, il momento della pendenza della lite con riferimento alla causa in Italia doveva essere determinato secondo il diritto processuale italiano e perciò ex art. 39 co. 3 cod. proc. civ. sulla base della data di notificazione dell’atto di citazione avvenuta il
14-22020; la pendenza del procedimento ‘Thun II’ , pure determinata secondo la lex fori e perciò secondo il diritto svizzero, per il quale -art. 62 co.1 ZPO e art. 9 co.2 legge federale di diritto internazionale privato svizzero del 18-12-1987- doveva farsi riferimento al giorno in cui era stata depositata la domanda di mediazione, individuava la data del 171-2020;
-sussisteva il presupposto richiesto dall’art. 8 della Convenzione del 1933, della competenza del giudice preventivamente adito secondo le disposizioni della stessa Convenzione, perché le cause ‘Ginevra III’, ‘Thun I’ e ‘Thun II’ erano state promosse nei confronti di NOME COGNOME pacificamente domiciliata in Svizzera, per cui era integrata l’ipotesi di cui all’art. 2 punto 1 della Convenzione , relativa al domicilio del convenuto nello Stato del giudice preventivamente adito;
-l’applicazione dei criteri di collegamento di cui alla Convenzione del 1933 non era impedita dall’art. 17 co.3 del Trattato di domicilio e consolare tra la Svizzera e l’Italia del 1868, secondo la quale ‘le controversie che potessero nascere tra gli eredi di un Italiano morto in Svizzera riguardo all’eredità da lui relitta, saranno portate davanti al giudice dell’ultimo domicilio che l’Italiano aveva in Italia’, in quanto si doveva escludere che la giurisdizione prevista dall ‘art. 17 co.3 , volta alla tutela dei cittadini di uno dei due Stati che si fossero stabiliti nell’altro, fosse esclusiva e tale da impedire di adire le autorità giudiziarie svizzere ove esistesse un diverso criterio di collegamento;
-non ricorreva l’ipotesi prevista dall’art. 2 infine della Convenzione del 1933, secondo la quale i criteri di collegamento ivi previsti non si applicavano ‘alle contestazioni per le quali il diritto dello Stato richiesto riconosca come esclusivamente competenti i propri tribunali o quelli di un altro Stato’ , in quanto il Regolamento UE n. 650/2012 e la legge 218/1995 risultavano cedevoli rispetto all’applicazione delle
convenzioni internazionali e neppure ponevano criteri di giurisdizione esclusiva;
-non erano fondati gli argomenti dell’attrice e degli interven ienti volti a sostenere, in base al disposto degli artt. 1, 2 e 13 della Convenzione del 1933, che i criteri di collegamento previsti dall’art. 2 operassero solo in mancanza di convenzione internazionale;
-ai sensi dell’art. 8 della Convenzione del 1933 la litispendenza operava ‘ quando queste contestazioni si trovano già pendenti davanti un tribunale dell’altro Stato’ e ai fini di individuare la nozione di identità di cause bisognava considerare che la previsione per la quale il giudice adito per secondo doveva spogliarsi della causa costituiva una previsione eccezionale, in quanto le norme internazionali per lo più utilizzavano meccanismi di sospensione che consentivano, nel caso in cui il giudice preventivamente adito si dichiarasse privo di giurisdizione, di riassumere la causa avanti il secondo giudice; si imponeva perciò l’interpretazione della nozione di ‘contestazioni’ ‘già pendenti davanti un tribunale dell’altro Stato’ come facente riferimento unica mente alle cause pendenti tra gli stessi soggetti, con lo stesso oggetto e il medesimo titolo, essendo tale interpretazione in linea con l’art. 6 Convenzione Europea dei diritti dell’Uomo e con quanto già statuito da Cass. 5295/1998 e Cass. 5758/1998;
-dal punto di vista soggettivo, nel giudizio italiano introdotto per ultimo erano parti, oltre ai soggetti già parti delle tre cause svizzere, altri soggetti –NOME COGNOME, NOME, NOME, NOME e NOME COGNOME– che non erano parti delle cause svizzere, per cui la causa dal punto di vista soggettivo era più ampia di quelle prevenienti;
-dal punto di vista oggettivo nel giudizio italiano vi erano domande ulteriori rispetto a quelle proposte nei giudizi svizzeri, in quanto: non costituivano oggetto della causa ‘Ginevra III’ le domande di invalidità dei testamenti di NOME COGNOME e le domande relative
alla successione di NOME COGNOME , svolte dall’attrice e dagli intervenienti; non costituivano oggetto della causa ‘Thun I’ l’azione di riduzione per lesione della quota di legittima spettante a NOME COGNOME nella successione della madre, la relativa azione di reintegrazione, previo accertamento delle donazioni anche indirette e simulate, la domanda di restituzione dei beni dell’eredità di NOME COGNOME, previa impugnazione dei negozi di trasferimento e delle donazioni anche indirette e le domande degli intervenienti; non costituivano oggetto della causa ‘Thun II’ la domanda di condanna dei convenuti NOME alla restituzione dei beni dell’eredità di NOME COGNOME previa impugnazione dei negozi di trasferimento e delle donazioni anche indirette e le domande degli intervenienti;
-in conclusione non sussisteva identità soggettiva né identità oggettiva tra la causa pendente avanti il Tribunale di Torino e quelle pendenti in Svizzera e perciò non poteva essere dichiarata la litispendenza internazionale;
-la sospensione ai sensi dell’art. 7 co. 3 legge 218/1995 , chiesta in via subordinata dai convenuti, era ipotesi di sospensione facoltativa e lasciava ampi margini alla discrezionalità del giudice circa l’opportunità di sospendere il giudizio;
-numerose domande del giudizio erano oggetto anche dei giudizi prevenienti e altre domande erano connesse, in quanto la decisione della domanda di riduzione per lesione della quota di legittima relativa alla successione COGNOME dipendeva dalla decisione sulla validità dell’accordo transattivo 18 -2-2004 e del patto successorio 2-3-2004, nonché dalla domanda di accertamento della validità ed efficacia dei testamenti COGNOME e dalla domanda di accertamento della qualità di unici eredi di NOME Caracciolo dei fratelli COGNOME la decisione delle domande degli intervenienti dipendeva dalla decisione sulla validità degli accordi successori, dalla domanda di validità dei testamenti
COGNOME e dalla domanda di accertamento della qualità di unici eredi COGNOME in capo ai fratelli COGNOME; la decisione sulla domanda relativa alla successione COGNOME dipendeva dalla validità, efficacia e opponibilità dell’accordo transattivo;
-perciò, nel caso in cui il giudizio non fosse stato sospeso, vi era il concreto rischio che nei due Stati fossero emesse decisioni difformi e ciò sarebbe stato ostativo al riconoscimento in Italia delle decisioni svizzere in applicazione dell’art. 1 Convenzione italo -svizzera del 1933;
-sussisteva anche l’ulteriore requisito richiesto dall’art. 7 co. 3 legge 218/1995 ai fini della sospensione, potendo operarsi una prognosi di riconoscibilità delle decisioni emesse in Svizzera ai sensi dell’art.1 della Convenzione del 1933 . Sussisteva il requisito richiesto dall’art. 1 n.1) della Convenzione, relativo al fatto che la decisione doveva e manare da Tribunale competente giusta l’art. 2 della Convenzione, secondo quanto esposto per verificare il ricorrere delle condizioni per l’applicazione dell’art. 8 della Convenzione ; poiché si doveva operare una prognosi di riconoscibilità delle future decisioni svizzere in Italia, non rilevava che la Convenzione del 1933 non fosse attributiva della giurisdizione ma fosse funzionale al riconoscimento e all’esecuzione delle decisioni emesse nell’altro Stato contraente, perché proprio della riconoscibilità delle decisioni si trattava e quindi si doveva fare riferimento ai criteri di competenza giurisdizionale previsti dalla stessa Convenzione. Non si poteva neppure escludere la riconoscibilità per mancanza del requisito richiesto dall’art. 1 n.2, secondo cui il riconoscimento non doveva essere contrario all’ordine pubblico, non essendo contrari all’ordine pubblico internazionale i patti successori, ivi compresi quelli rinunciativi, qualora consentiti dalla legge straniera ad essi applicabile;
-in conclusione la sospensione del processo risultava opportuna, essendo l’unico strumento che nel la fattispecie -nella quale, pur in
mancanza dei presupposti della litispendenza, vi erano numerose interferenze tra i giudizi pendenti all’estero e quelli pendenti in Italia -consentiva di scongiurare il rischio di giudicati contraddittori e il conseguente ostacolo alla circolazione delle decisioni.
3.Avverso l’ordinanza , con atto notificato il 5-7-2023 e depositato il 6-7-2023 hanno proposto ricorso per regolamento necessario di competenza NOME COGNOME NOME COGNOME e NOME COGNOME proponendo unico motivo e chiedendo che l’ordinanza sia riformata nel capo con cui ha rigettato l’eccezione di litispendenza internazionale, dichiarando il difetto di potestas iudicandi e in subordine rinviando al Tribunale di Torino per l’adozione del relativo provvedimento.
Con atto notificato il 6-7-2023 e depositato il 10-7-2023 ha proposto regolamento necessario di competenza Urs COGNOME in qualità di notaio esecutore testamentario e amministratore dell’eredità di NOME COGNOME proponendo unico motivo e chiedendo a sua volta che l’ordinanza sia riformata nel capo con cui ha rigettato l’eccezione di litispendenza internazionale, dichiarando il difetto di potestas iudicandi del Tribunale di Torino e in subordine rinviando al Tribunale di Torino per l’adozione del r elativo provvedimento
Avverso l’ordinanza , con atto notificato il 5-7-2023 e depositato il in data 11-7-2023 NOME COGNOME in de Pahlen, NOME, NOME, NOME e NOME COGNOME hanno proposto ricorso per regolamento necessario di competenza, proponendo cinque motivi e chiedendo che l’ordinanza sia cassata o revocata nella parte in cui dispone la sospensione del giudizio ex art. 7 co.3 legge 218/1995, ordinando la prosecuzione del giudizio di merito.
Tutte le parti hanno depositato memoria di replica al ricorso avversario.
I ricorsi sono stati avviati alla trattazione in camera di consiglio ai sensi degli artt. 377, 375 co. 1 n. 4 e 380bis.1 cod. proc. civ., in
prossimità dell’adunanza in camera di consiglio il Procuratore Generale ha depositato la sua requisitoria nella quale ha chiesto il rigetto di tutti i ricorsi e tutte le parti hanno depositato memoria illustrativa.
All’esito della camera di consiglio del 6-12-2023 la Corte ha riservato il deposito dell’ordinanza.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1.Preliminarmente tutti i ricorsi devono essere riuniti ex art. 335 cod. proc. civ.
A.RICORSO di NOME COGNOME NOME COGNOME e NOME COGNOME e RICORSO di NOME COGNOME da esaminare logicamente per primi e unitariamente in quanto fondati su argomentazioni analoghe.
2.Con unico motivo ugualmente rubricato ‘ violazione e/o falsa applicazione dell’art. 8 della Convenzione italo -svizzera del 1933 anche in relazione all’art. 2, comma 2, della L. 218/1995, per avere il Tribunale di Torino ritenuto che i giudizi di ‘Ginevra III’ e/o ‘Thun I’ e/o ‘Thun II’ non siano in rapporto di identità con il giudizio di ‘Torino II” i ricorrenti NOME e NOME COGNOME evidenziano che la decisione dell’ordinanza impugnata è stata in primo luogo influenzata dall ‘erronea premessa di fondo, se condo la quale l’art. 8 della Convenzione del 1933 prevede una pronuncia declinatoria della giurisdizione, in base a un meccanismo eccezionale, in quanto le restanti disposizioni internazionali che regolano la litispendenza optano per la sospensione; rilevano che, diversamente, il regime dell’art. 8 si iscrive nel solco tradizionale della disciplina della litispendenza internazionale, che è coerente con quella della litispendenza nazionale e si distanzia dai più recenti meccanismi pattizi della sospensione necessaria. Sostengono che il secondo errore dell’ordinanza impugnata sia consistito nel fare ricorso a una nozione di identità di cause così restrittivo da rendere in concreto inapplicabile il regime di declaratoria della competenza giurisdizionale previsto dalla Convenzione del 1933,
mentre il giudice avrebbe dovuto applicare la nozione di litispendenza internazionale che in ambito comunitario, internazionale e bilaterale si è consolidata; quindi richiamano il concetto di identità di cause data dal Tribunale federale svizzero con decisione del 15-5-2012, proprio sulla vicenda di causa, ed evidenziano che lo ‘scopo pratico’ e il ‘centro gravitazionale’ delle cause prevenienti rispetto a quella prevenuta coincidono, essendo doveroso prescindere dall’op portunistico spezzettamento delle ‘ma crodomande’ in ‘micro -domande’, dovendosi considerare come il ‘cuore’ di tutte le domande sia l’esistenza di diritti ereditari di NOME COGNOME e dei suoi discendenti sulla successione COGNOME e di NOME COGNOME sulla successione COGNOME.
I ricorrenti aggiungono che, per il giudizio ‘Thun II’, erroneamente l’ordinanza impugnata abbia disatteso la valenza confessoria della dichiarazione di controparte in ordine al fatto che si tratta di giudizio ‘del tutto speculare’ a quello attualmente pendente e sospeso dal Tribunale di Torino ‘Torino II’ -e non abbia ritenuto l’identità delle cause anche a fronte di una nozione restrittiva dell’identità stessa.
Infine rilevano che l’esigenza di giungere all’interpretazione da loro sostenuta si fondi anche sul disposto dell’art. 2 co. 2 legge 218/1995 e dell’art. 31 co. 3 lett. b) della Convenzione di Vienna sul diritto dei trattati stipulata il 23-5-1969 e ratificata con legge 12-1974 n.112, secondo la quale nell’interpretazione dei trattati si deve tenere conto ” di ogni ulteriore pratica seguita nell’applicazione del trattato con la quale venga accertato l’accordo delle parti relativamente all’interpretazione del trattato’; ciò in quanto con l’interpretazione recepita dall’ordinanza impugnata si finisce per trattare diversamente le parti perché , all’epoca della causa ‘Torino I’, per via della previa pendenza italiana, il giudizio ‘Ginevra I’ instaurato da NOME COGNOME era stato estinto ex art. 8 Convenzione italo-svizzera del
1933, sulla base di interpretazione sostanzialistica del concetto di identità di cause che è granitica nella giurisprudenza elvetica.
3.Le controparti NOME COGNOME in COGNOME e NOME COGNOME eccepiscono l’inammissibilità del ricorso : a) per avere i fratelli COGNOME prestato acquiescenza alla pronuncia di sospensione del processo, non impugnata e che non potrebbe coesistere con la pronuncia di litispendenza ora richiesta; b)per avere gli stessi fratelli COGNOME qualificato il loro ricorso come finalizzato a ottenere pronuncia ‘decl inatoria della giurisdizione’ che, se fosse emessa, definirebbe il giudizio, per cui avrebbero dovuto proporre istanza di regolamento di giurisdizione.
4.Deve essere dichiarata, in via preliminare e assorbente rispetto a ogni altra questione, l’inammissibilità del regolamento di competenza in quanto proposto avverso ordinanza che ha escluso la litispendenza internazionale.
E’ pacifico che p er il diritto interno la litispendenza sia istituto che concorre alla identificazione in concreto del giudice che deve decidere la causa, sicché la pronuncia con cui il giudice dichiari la litispendenza, essendo sostanzialmente assimilabile al provvedimento con cui sono decise le questioni di competenza, può essere impugnata soltanto con il regolamento necessario di competenza (Cass. Sez. 3 18-3-2022 n. 8975 Rv. 664255-01, Cass. Sez. U 31-7-2014 n. 17443 Rv. 63260201). Inoltre è acquisito che il regolamento necessario di competenza non sia ammesso contro il diniego di sospensione del processo, perché la formulazione letterale dell’art.42 c.p.c., di carattere eccezionale, prevede un controllo immediato solo sulla legittimità del provvedimento che, concedendo tale sospensione, incide significativamente sui tempi di definizione del processo (Cass. Sez. 63 28-9-2020 n. 20344 Rv. 659251-01, Cass. Sez. 6-2 4-12-2019 n. 31694 Rv. 656258-01).
In tema di litispendenza internazionale, superando l ‘ impostazione di cui era espressione Cass. Sez. U 8-6-2011 n. 12410 Rv. 617902-01, è stato posto il principio, al quale deve essere data continuità, secondo cui l’ordinanza con la quale il giudice successivamente adito sospende il processo finché quello adito per primo non abbia affermato la propria giurisdizione non involge alcuna questione di giurisdizione, ma si risolve nella verifica dei presupposti di natura processuale inerenti l’identità delle cause e la pendenza del giudizio instaurato preventivamente, e cioè riguarda una questione di applicazione di norma processuale e non l’astratta titolarità della giurisdizione in capo al giudice adito; ne consegue che avverso il provvedimento che sospende il processo in ragione della litispendenza internazionale deve essere esperito non il regolamento preventivo di giurisdizione ex art. 41 cod. proc. civ., ma il regolamento necessario di competenza ex art. 42 cod. proc. civ. (Cass. Sez. U 29-7-2021 n. 21767 Rv. 661869-01, Cass. Sez. U 22-12-2017 n. 30877 Rv. 646736-01, Cass. Sez. 3 21-82018 n. 20841). Come evidenzia Cass. Sez. U 22-12-2017 n. 30877 (in motivazione par. 13) il giudice preventivamente adito, con la pronuncia definitiva in merito alla competenza internazionale sicuramente decide, in maniera esclusiva, una questione di giurisdizione, che potrebbe concludersi anche con la declaratoria del proprio difetto di giurisdizione; il complesso dei poteri attribuiti al giudice successivamente adito si risolve, al contrario, nella verifica dei presupposti, di natura processuale, inerenti alla sussistenza o meno della litispendenza ed alla concreta applicabilità del criterio fondato sulla prevenzione temporale. Si è altresì statuito che la negazione della stessa astratta configurabilità di una questione di giurisdizione in caso di mancato riconoscimento della litispendenza internazionale, con la conseguente inammissibilità del regolamento preventivo di giurisdizione, comporta anche che il regolamento preventivo di
giurisdizione non sia convertibile in regolamento di competenza c.d. improprio, per non essere lo stesso ammesso contro i provvedimenti che neghino la sospensione (Cass. Sez. U 15-12-2020 n. 28675 Rv. 659871-01, Cass. Sez. U 29-1-2001 n. 37 Rv. 543517-01).
La circostanza che, secondo la disposizione applicata dall’ordinanza impugnata di cui al l’art. 8 della Convenzione 3 gennaio 1933 tra la Svizzera e l’Italia circa il riconoscimento e l’esecuzione delle decisioni giudiziarie approvata dalla legge 15 giugno 1933 n. 743, il giudice successivamente adito debba ‘ri cusare di prendere cognizione’ della causa (‘ se dessaisir des contestations’ nel testo in francese della Convenzione ) e perciò, nel caso in cui dichiari la litispendenza internazionale, non si limiti a disporre la sospensione della causa ma emetta un provvedimento che definisce il giudizio, non comporta che in tal caso la questione della litispendenza internazionale involga questioni di giurisdizione. Infatti, sia che si pronunci la sospensione del processo, sia che si definisca la causa con la pronuncia di litispendenza, i presupposti da verificare sono i medesimi, quelli di natura processuale relativi all’identità delle cause e alla pendenza del giudizio instaurato preventivamente; quindi, l’impugnazione esperibile anche in tale secondo caso è il regolamento di competenza ex art. 42 cod. proc. civ.
Ne consegue che nella fattispecie il regolamento necessario di competenza è inammissibile, per il fatto che l’ordinanza impugnata non ha dichiarato la litispendenza internazionale ma l’ha esclusa. Valgono anche per la pronuncia di litispendenza internazionale le considerazioni elaborate per affermare che il regolamento necessario di competenza è ammesso soltanto contro l’ordinanza che disponga la sospensione, stante la formulazione letterale dell’art. 42 cod. proc. civ., di carattere eccezionale e non suscettibile di interpretazione né estensiva né analogica, che prevede un controllo immediato solo sulla legittimità del provvedimento che incide sul processo e non anche sul provvedimento
denegatorio, che su quella durata non incide; ciò, senza che si pongano dubbi di legittimità costituzionale su tale diversità di disciplina, in quanto l’esigenza di controllo immediato sussiste nei confronti del provvedimento idoneo ad arrecare irrimediabile pregiudizio alla parte che ne contesta la fondatezza; invece, nell’ipotesi di rigetto dell’istanza, l’ illegittimità del provvedimento può utilmente essere dedotta con l’impugnazione della sentenza resa all’esito del processo e, ove ritenuta sussistente, determina la riforma o la cassazione della sentenza illegittimamente resa (cfr. Cass. Sez. 6-2 4-12-2019 n. 31694 Rv. 656258, in materia di sospensione necessaria, e precedenti ivi richiamati, Cass. Sez. 6-2 1-4-2021 n. 9057, in fattispecie di impugnazione di ordinanza di sospensione del giudizio in accoglimento di eccezione di litispendenza internazionale e, specificamente, Cass. Sez. 1 15-12-2000 n. 15843 Rv. 544123-01, che ha dichiarato non impugnabile il provvedimento con il quale il giudice ha negato la sospensione del processo per eccepita litispendenza internazionale ex art. 7 legge 218/1995).
B.RICORSO di NOME COGNOME in de Pahlen, NOME, NOME, NOME e NOME COGNOME.
5.Con il primo motivo rubricato ‘omessa motivazione, esame e statuizione sulla propria competenza giurisdizionale: violazione degli artt. 7 co. 3 Legge 218/1995, 112 c.p.c., 24 comma 1 Cost., 25 comma 1 Cost., 111 commi 1 e 2 Cost., 6 par.1 CEDU’ i ricorrenti evidenziano di avere proposto domanda, in via pregiudiziale e preliminare, di accertamento della competenza giurisdizionale a decidere sulla successione COGNOME e COGNOME, non svolgendo alcuna richiesta di sospensione del procedimento, neppure in via subordinata; aggiungono che i convenuti avevano chiesto in via principale che fosse dichiarata la carenza di giurisdizione e in via subordinata che fosse sospeso il giudizio ex art. 7 co.3 legge 218/1995. Lamentano che
l’ordinanza impugnata abbia esaminato solo le questioni della litispendenza e della pregiudizialità, senza nulla statuire sulla competenza giurisdizionale nonostante la stessa fosse essenziale presupposto logico e processuale per decidere sulla fattispecie della pregiudizialità; perciò lamentano la violazione dell’art. 7 co.3 legge 218/1995, la violazione dell’art. 112 cod. proc. civ., che impone di pronunciare sul contenuto e la portata delle domande ed eccezioni proposte, la violazione dei principi di ragionevole durata del processo ex art. 111 co.2 Cost., dei principi di cui all’art. 24 Cost. e all’art. 25 co.1 Cost., con la conseguenza che le argomentazioni sottese al provvedimento di sospensione siano incomplete ed illogiche.
6.Il motivo, in via assorbente rispetto a ogni altra questione, deve essere dichiarato inammissibile per carenza di interesse, in quanto l’ordinanza impugnata ha implicitamente ritenuto la propria competenza giurisdizionale nel momento in cui ha esaminato l’istanza di sospensione ex art. 7 co.3 legge 31 maggio 1995 n. 218.
E’ corretto quanto dichiarato dall’ordinanza impugnata, in ordine al fatto che la valutazione sull’esistenza della litispendenza internazionale non presuppone la dichiarazione dell’esistenza della giurisdizione, in quanto tale valutazione si limita a verificare se siano state precedentemente instaurate all’estero cause relative alle stesse domande proposte in Italia. Come sopra già esposto, secondo il meccanismo procedurale descritto da Cass. Sez. U 30877/2017, il giudice preventivamente adito, con la pronuncia definitiva in merito alla competenza internazionale decide, in maniera esclusiva, una questione di giurisdizione, che può concludersi anche con la declaratoria del proprio difetto di giurisdizione, mentre il complesso dei poteri attribuiti al giudice successivamente adito si risolve, al contrario, nella verifica dei presupposti, di natura processuale, inerenti alla sussistenza o meno della litispendenza.
Però, nel momento in cui il Tribunale, esclusa l’ipotesi della litispendenza internazionale, ha proceduto a esaminare l’esistenza dei requisiti di cui all’art. 7 co.3 legge 218/1995 ai fini della sospensione del processo, sono venuti meno i presupposti per applicare il meccanismo procedurale secondo il quale spetta esclusivamente al giudice preventivamente adito determinare la competenza giurisdizionale e il Tribunale ha ritenuto, seppure implicitamente, la propria competenza giurisdizionale. Infatti, l ‘acc ertamento dell’esistenza del rapporto di pregiudizialità con le cause pendenti all’estero è subordinato rispetto a quello sull’esistenza della potestas iudicandi e non ha ragione di essere svolto in termini meramente ipotetici, in riferimento a causa che solo in astratto il giudice possa conoscere e perciò sulla base di una riserva di decisione sulla competenza giurisdizionale. Basti considerare che anche allorché si riteneva, secondo l’indirizzo successivamente superato, che la litispendenza internazionale ponesse questione di giurisdizione, con riguardo alla diversa ipotesi di sospensione facoltativa di cui all’art. 7 co.3 legge 218/1995, già si affermava che in tale caso ‘per contro, il giudice resta munito della potestas iudicandi e può quindi sospendere il giudizio, con provvedimento impugnabile con regolamento improprio di competenza’ (Cass. Sez. 6-1 13-6-2014 n. 13567 Rv. 631317-01, in motivazione).
Del resto, l ‘esistenza di competenza giurisdizionale almeno concorrente del giudice italiano non può costituire questione controversa in causa. Premesso che i criteri di collegamento previsti dall’art. 3 legge 218/1995 non valgono come limite alla giurisdizione nei confronti del cittadino italiano, in quanto il cittadino italiano sempre e senza riserve può essere convenuto avanti ai giudici italiani (Cass. Sez. U 15 maggio 2018 n. 11849, Cass. Sez. U 1-7-1992 n. 8081 Rv. 477980-01), è certo che l’attrice NOME COGNOME in de Pahlen poteva
citare avanti il giudice italiano i convenuti NOME COGNOME cittadini italiani, per proporre le sue domande relative alla successione del padre e della madre, cittadini italiani e le sue domande relative all’accordo transattivo su ll’eredità del padre ; ciò, senza che la competenza giurisdizionale italiana potesse essere negata per il fatto che sia stato convenuto in giudizio anche il notaio NOME COGNOME cittadino svizzero. Infatti nei confronti del notaio esecutore testamentario dell’eredità di COGNOME la COGNOME la controversia è esclusivamente di natura successoria e, come già statuito da Cass. Sez. U 1-7-1992 n. 8081, l’art. 17 della Convenzione di stabilimento e consolare conclusa a Berna il 22 luglio 1868 fra l’Italia e la Svizzera e resa esecutiva in Italia con R.D. 5 maggio 1869 n. 5052, nonché l’art. 4 del Protoc ollo di esecuzione 1 maggio 1969, attribuiscono tutte le controversie relative alla successione mortis causa di un cittadino italiano o svizzero, defunto in uno dei due Stati stipulanti, e comunque insorte fra gli eredi, i legatari e altri soggetti interessati alla successione, al giudice dell’ultimo domicilio che il de cuius aveva nel suo paese di origine (nello stesso senso Cass. Sez. U 15-5-2018 n. 11849 Rv. 648546-02 e precedenti ivi richiamati). Non si giunge a diversa conclusione sulla base del Regolamento (UE) n. 650/2012 del Parlamento e del Consiglio del 4 luglio 2012 ‘relativo alla competenza, alla legge applicabile, al riconoscimento e all’esecuzione delle decisioni e all’accettaz ione e all’esecuzione degli atti pubblici in materia di successioni e alla creazione di un certificato successorio europeo’, in vigore per l’Italia alla data della morte di NOME COGNOME: l’art. 75 par. 1 espressamente prevede che il regolamento non pregiudica l’applicazione delle convenzioni internazionali di cui uno Stat o membro sia parte al momento dell’adozione, e perciò il regolamento non pregiudica l’applicazione del Trattato d el 1868 tra Italia e Svizzera.
7 .Con il secondo motivo rubricato ‘ nel giudizio di merito sono state attivate domande che prescindono dalle pronunce dei procedimenti elvetici: violazione e/o falsa applicazione dell’art. 7 co.3 legge 218/1995 e degli artt. 115 e 116 c.p.c.’ i ricorrenti lamentano che l’ordinanza impugnata abbia omesso qualsiasi argomentazione sulla pregiudizialità di ‘ Ginevra III ‘ rispetto alle domande aventi a oggetto l’inefficacia relativa e/o inopponibilità degli accordi successori nell’ambito della successione COGNOME e del patto successorio nell’ambito della successione COGNOME, ai sensi della legge applicabile a tali successioni . Quindi lamentano che l’ordinanza impugnata abbia disatteso anche il principio secondo il quale la sussistenza di una causa di sospensione del giudizio relativamente a una o più domande cumulate non sia idonea a giustificare la sospensione del processo relativamente a tutte le domande, dovendo il giudice ponderare e motivare le ragioni del mancato esercizio dei suoi poteri discrezionali di separazione delle cause. Aggiungono c he l’ordinanza impugnata non ha considerato neppure il dato che nel giudizio ‘Thun I’ non si richiede l’opponibilità del patto successorio rispetto a i discendenti degli eredi legittimari, ai sensi della legge applicabile alla successione COGNOME e con applicazione dell’istituto della rappresentazione.
8 .Con il terzo motivo rubricato ‘ il giudizio di merito è preveniente rispetto a Thun II: violazione e/o falsa applicazione dell’art. 6 CEDU, 31 Convenzione Vienna, 8 Convenzione 1933 e dell’art. 7 co.3 Legge 218/1995’ i ricorrenti evidenziano che la domanda di mediazione obbligatoria italiana è stata depositata il 23-12-2019 e notificata il 9/13/16-1-2020, la domanda di mediazione è stata presentata dai fratelli COGNOME a Thun solo il 17-1-2020 e il procedimento avanti il Tribunale di Thun è stato instaurato solo il 21-9-2020, mentre davanti al Tribunale di Torino l’atto di citazione era stato instaurato il 14 -22020. A fronte di questi dati, i ricorrenti sostengono che erroneamente
l’ordinanza impugnata abbia individuato il giudizio ‘Thun II’ come preveniente, ritenendo erroneamente che l’art. 8 della Convenzione del 1933 non contenesse una disciplina uniforme circa la determinazione del momento in cui pendeva la lite. Osservano che tale articolo fa riferimento alle ‘contestazioni che si trovano già pendenti davanti un tribunale dell’altro Stato’, così fornendo espressamente l’indicazione dell’unica autorità alla quale si debba fare riferimento per determinare la previa pendenza della lite; lamentano che l’ordinanza in questo modo si sia posta in aperta contraddizione con le argomentazioni di seguito svolte, secondo le quali l’art. 8 debba essere interpretato in via restrittiva, non abbia considerato neppure che la litispendenza doveva essere valutata con riguardo alle procedure di mediazione in base ai principi ricavabili dall’art. 4 legge 28/2010 e non abbia considerato che il procedimento di conciliazione svizzero non ha natura di procedimento giurisdizionale.
9.Con il quarto motivo rubricato ‘in ogni caso, anche con riferimento ad ulteriori profili, l’ordinanza non ha adeguatamente motivato il rapporto di asserita pregiudizialità, in violazione dell’art. 7 co. 3 legge 218/1995’ i ricorrenti lamentano che l’ordinanza impugnata abbia omesso di argomentare le ragioni per le quali le pronunce eventualmente rese nei procedimenti svizzeri si dovrebbero porre quale antecedente logico delle domande svolte in causa. Specificamente, con ri guardo alla causa ‘Ginevra III’, quanto alla successione di NOME COGNOME, non è stato spiegato per quali ragioni le domande petitorie dovessero essere sospese per asserita pregiudizialità, benché le domande avessero a oggetto la restituzione di opere di NOME COGNOME e NOME COGNOME di grande valore, per le quali la difesa COGNOME non rivendicava la riconducibilità alla successione COGNOME né rivendicava la proprietà e che secondo l’accordo transattivo spettavano a NOME COGNOME. Con riguardo al
procedimento ‘Thun I’, l’ordinanza avrebbe dovuto spiegare per quale ragione la causa dovesse essere sospesa con riferimento a procedimento che era a sua volta sospeso in attesa della definizione del procedimento ‘Ginevra III’.
10 .Con il quinto motivo rubricato ‘ il giudizio prognostico compiuto dal Giudice è errato: violazione e/o falsa applicazione degli artt. 1-213 della Convenzione del 1933, dell’art. 7 co.3 Legge 218/1995, degli artt. 3 e 25 del Regolamento UE 2012, dell’art. 111 Cost.’ i ricorrenti censurano la prognosi di riconoscibilità dei provvedimenti che saranno resi nei procedimenti svizzeri. Evidenziano che erroneamente l’ordinanza abbia ritenuto che qualsiasi decisione fosse stata assunta sulla propria competenza giurisdizionale non avrebbe avuto alcuna incidenza su tale giudizio prognostico; censurano l ‘interpretazione del criterio di cui all’art. 2 n.1) della Convenzione del 1933, eseguito in contraddizione con il riconosciuto carattere non attributivo di giurisdizione della Convenzione, nonché l’erroneo richiamo all’art. 17 del Trattato Consolare e all’art. 13 della Convenzione, in quanto le due convenzioni si pongono su piani diversi, nonché l’erroneo rilievo secondo il quale la materia successoria non potesse ritenersi materia speciale ai sensi della Convenzione del 1933. Quindi evidenziano che l’ordinanza avrebbe dovuto considerare se in relazione alla successione COGNOME, posto che nessun procedimento svizzero riguarda la successione COGNOME e la sua divisione, i giudici svizzeri avessero competenza giurisdizionale in applicazione del Trattato Consolare. In ordine al requisito della non contrarietà all’ordine pubblico, lamenta no che l’ordinanza non abbia considerato che la legge applicabile al patto successorio è la legge applicabile alla successione COGNOME e non abbia verificato quale sia la legge applicabile a tale successione.
11.I motivi secondo, quarto e quinto, esaminati congiuntamente stante la stretta connessione, sono fondati nei termini di seguito
esposti, nella parte in cui lamentano la violazione e falsa applicazione ex art. 360 co.1 n.3 cod. proc. civ. dell’art. 7 co.3 legge 218/1995 , con conseguente assorbimento del terzo motivo e di tutte le questioni non esaminate.
11.1. Nell’ipotesi di sospensione facoltativa pronunciata dall’ordinanza impugnata ai sensi dell’art. 7 co.3 legge 218/1995 , secondo il quale ‘ nel caso di pregiudizialità di una causa straniera, il giudice italiano può sospendere il processo se ritiene che il provvedimento straniero possa produrre effetti per l’ordinamento italiano ‘, si postula una valutazione dell’idoneità alla produzione di effetti , nell’ordinamento interno, del provvedimento straniero pregiudiziale. In tale caso, secondo quanto già statuito da questa Corte, si delinea una ipotesi eccezionale di sospensione facoltativa del processo pendente avanti il giudice italiano, espressione di discrezionalità tecnica, avente a oggetto la valutazione dell’idoneità a produrre effetti nell’ordinamento interno del provvedimento straniero pregiudiziale; la valutazione si differenzia da quella prevista da ll’art. 295 cod. proc. civ., che impone la sospensione della causa pregiudicata qualora la sua decisione dipenda da quella della controversia pregiudiziale, perché in questo caso è sufficiente a giustificare la sospensione l’idoneità alla produzione di effetti nell’ordinamento italiano da parte del provvedimento straniero pregiudiziale; il relativo sindacato di legittimità in sede di regolamento di competenza risulta circoscritto al controllo sulla completezza, correttezza e logicità delle argomentazioni utilizzate, senza poter investire l’opportunità della scelta (Cass. Sez. 6-2 1-4-2021 n. 9057 Rv. 661204-01, Cass. Sez. 61 13-6-2014 n. 13567 Rv. 631317-01). In precedenza si era statuito che, qualora disponga la sospensione del giudizio ex art. 7 co.3 legge 218/1995, il giudice deve indicarne i motivi e deve effettuare una valutazione prognostica circa la possibilità della sentenza straniera di
spiegare effetto in Italia; questa valutazione è imprescindibile ai fini della sospensione, perché solo se sussiste tale eventualità si verifica effettiva equivalenza dell’esercizio della funzione giurisdizionale in Italia e all’estero (Cass. Sez. 1 25 -9-2009 n. 20688 Rv. 610429-01). In effetti, anche allorché sia disposta ai sensi dell’art. 7 co.3 legge 218/1995, la sospensione costituisce un’evenienza che interferisce sul normale svolgimento del processo e incide sul principio costituzionale della sua ragionevole durata; anche tale fattispecie di sospensione deve essere inserita nell’ambito d el generale disfavore nei confronti del fenomeno sospensivo sotteso alla disciplina dell’art. 42 cod. proc. civ. (su tale disfavore, cfr. Cass. Sez. 6-2 27-11-2018 n. 30738 Rv. 651570-01, Cass. Sez. 6-3 25-11-2010 n. 614971-01) e quindi è la serietà -in termini di completezza, correttezza e logicità- del giudizio prognostico sulla possibilità della sentenza straniera di spiegare effetto sul processo pendente in Italia a giustificare la stasi del processo medesimo.
A fronte di questi principi, in primo luogo deve essere rigettata la tesi dei controricorrenti COGNOME e von Grűnigen , secondo la quale gli argomenti addotti dai ricorrenti sarebbero estranei al sindacato di legittimità di questa Corte, con la conseguente inammissibilità dello stesso regolamento di competenza proposto dai ricorrenti COGNOME e COGNOME L’a ffermazione contenuta nei precedenti di questa Corte sopra citati, secondo cui il giudizio espresso a sostegno della pronuncia di sospensione ex art. 7 co.3 legge 218/1995 è espressione di discrezionalità tecnica, non significa che il giudizio si sottragga al controllo sull’ esistenza dei relativi parametri tecnico-giuridici ma indica esclusivamente che, allorché l’ individuazione di quei parametri sia stata corretta, non è sindacabile la conseguenza riferita alla sospensione del processo che il giudice di merito ne abbia tratto. Quindi, diversamente da quanto sostengono i controricorrent ti COGNOME e von Grűnigen, non si
tratta di giudizio fondato su parametri sottratti al sindacato di legittimità, perché ciò che è estraneo a tale sindacato è la valutazione sull’opportunità della sospensione nel ricorrere dei relativi presupposti, mentre l’errore nell’individuazione di tali presupposti e nell’applicazione dell’art. 7 co.3 integra vizio ex art. 360 co.1 n. 3 cod. proc. civ., che necessariamente si concreta in scorrettezza, incompletezza, illogicità degli argomenti svolti a giustificazione della disposta sospensione.
11.2.Posti questi principi, nella fattispecie l ‘ordinanza impugnata non resiste alle critiche dei ricorrenti, in quanto non ha correttamente applicato l’art. 7 co.3 legge 218/1995 .
11.2.1.Sotto un primo profilo, che di per sé impone l’accoglimento del ricorso, la sospensione della causa pendente davanti il Tribunale di Torino è stata disposta illegittimamente fino alla definizione dell’ultimo procedimento pendente in Svizzera.
D ecidendo in questo modo, l’ordinanza impugnata ha previsto il permanere della sospensione del processo anche nel momento in cui le relative domande pregiudiziali svizzere saranno già state decise nei processi definiti prima nel tempo. La statuizione non è rispettosa dell’art. 7 co.3 legge 218/1995, in quanto la disposizione consente la sospensione esclusivamente per il caso in cui il processo all’estero sia pendente, così che, nel momento in cui il processo all’estero sia definito, il processo in Italia deve proseguire il suo corso. La circostanza che nella fattispecie i processi pendenti all’estero siano tre non esimeva il giudice di merito dal considerare che ciascun processo -e quindi già il primo processo che sarà definito in ordine di tempo- inciderà sul processo pendente in Italia. I nvece l’ordinanza pronunciata non solo non ha eseguito alcuna indagine in tal senso, ma ha anche disposto la sospensione in termini tali da escludere qualsiasi accertamento sul permanere dell’esistenza dei presupposti per l a sospensione fino alla
definizione dell’ultimo processo in Svizzera , così pronunciando al di fuori dell’ambito consentito dall’art. 7 co.3 legge 218/1995 .
11.2.2.Sotto un secondo profilo, l’ordinanza impugnata non ha esposto le ragioni di pregiudizialità delle cause pendenti in Svizzera con riguardo alla domanda ex art. 533 cod. civ. proposta davanti al Tribunale di Torino da NOME COGNOME relativamente a beni mobili della successione del padre NOME COGNOME che non sono oggetto di alcuna delle cause svizzere e con riguardo ai quali l’attrice propone domanda a prescindere dalla validità degli accordi conclusi nel 2004 con la madre.
Sul punto, non coglie nel segno l’eccezione proposta dalle controparti di carenza di autosufficienza del ricorso, perché la circostanza che la domanda di condanna dei fratelli COGNOME a restituire a NOME COGNOME i beni mobili a lei spettanti facenti parte della successione di NOME COGNOME non sia stata proposta nelle cause svizzere è attestata dall’ordinanza impugnata (a pag. 97 con riguardo alla causa ‘Ginevra III’, a pag. 98 con riguardo alla causa ‘Thun I’ e a pag. 100 c on riguardo alla causa ‘Thun II’) ; quindi i ricorrenti non avevano onere di specificazione ulteriore rispetto a quello di censura della pronuncia di sospensione.
Non avendo l’ordinanza esplicitato le ragioni d ella pregiudizialità delle cause svizzere con riguardo a quelle domande e non essendo tali ragioni neppure ricavabili dal contesto complessivo della motivazione, con riguardo a quelle domande la sospensione non si pone nell’ambito di applicazione dell’art. 7 co. 3 legge 218/1995 .
11.2.3. Ulteriore erronea applicazione dell’art. 7 co. 3 legge 218/1995 sussiste sotto lo specifico profilo della valutazione dell’idoneità dei provvedimenti stranieri a produrre effetti nell’ordinamento interno . L ‘ordinanza impugnata , avendo ritenuto implicitamente la propria competenza giurisdizionale nel momento in
cui si è posta la questione della sospensione ex art. 7 co. 3 legge 215/2018, secondo quanto sopra già esposto, avrebbe anche dovuto prognosticare una competenza giurisdizionale concorrente in capo all’autorità giudiziaria svizzera con riguardo alle domande relative alla successione COGNOME, tale da rendere almeno probabile la pronuncia di decisioni nel merito nei giudizi svizzeri. Infatti, soltanto a tale condizione sarebbe stata logicamente giustificata la sospensione del processo al fine di evitare il rischio di giudicati contraddittori, secondo la finalità della sospensione espressamente individuata dalla medesima ordinanza.
L ‘ordinanza ha dichiarato (pag. 106) che rilevava la questione della riconoscibilità delle future decisioni svizzere in Italia, ma ciò non è sufficiente per prognosticare la competenza giurisdizionale dell’autorità giudiziaria svizzera, che l’ordinanza non avrebbe neppure potuto eseguire, come evidenziano i ricorrenti COGNOME e COGNOME sulla base delle previsioni della Convenzione tra la Svizzera e l’Italia circa il riconoscimento e l’esecuzione delle decisioni giudiziarie conclusa il 3 gennaio 1933. Infatti è pacifico evidenziato anche dall’ordinanza impugnata- che la Convenzione italo-svizzera del 1933 disciplina esclusivamente il riconoscimento e l’esecuzione delle sentenze in materia civile e commerciale nei rapporti reciproci tra gli Stati contraenti; come si legge efficacemente in Cass. Sez. U 16-5-1973 n. 1385 Rv. 364045-01, i criteri di collegamento posti dalla Convenzione e i criteri di collegamento ai fini della competenza giurisdizionale ‘ agiscono su piani diversi: i primi, in quanto dettati esclusivamente in vista degli scopi della convenzione, disciplinando la cosiddetta competenza internazionale, espressione che sta ad indicare la relazione che deve sussistere fra la lite decisa dalla sentenza straniera e lo Stato da cui questa proviene perché la stessa possa essere efficace in altro ordinamento, i secondi costituiscono la regola della competenza
giurisdizionale rispetto allo straniero, espressione con cui si designa la sfera del potere del giudice interno per le controversie che riguardano stranieri , cioè di quel potere che il giudice esercita con un’efficacia all’interno dell’ordinamento a cui appartiene’ (nello stesso senso, secondo cui la regolamentazione della Convenzione non detta regole sulla giurisdizione, Cass. Sez. U 19-4-1990 n. 3246 Rv. 466720-01) . Quindi, per eseguire il giudizio prognostico necessario ai fini dell’art. 7 co.3 legge 218/1995, l’ordinanza avrebbe dovuto individuare il criterio di collegamento in forza del quale ritenere che i giudici di ciascuna delle cause svizzere affermeranno la loro competenza giurisdizionale e decideranno nel merito le domande proposte in quei processi, quale presupposto sul quale eseguire la prognosi di riconoscibilità delle relative decisioni in Italia. In altri termini, a fronte della previsione dell’art. 17 co. 3 della Convenzione italo-svizzera del 22 luglio 1868 che individua la competenza giurisdizionale del giudice italiano per le controversie relative all ‘eredità di NOME COGNOME , l’ordinanza non avrebbe potuto limitarsi a considerare che quella previsione non individua una competenza giurisdizionale esclusiva, perché non si tratta di elemento in sé utile a ritenere che i giudici svizzeri pronunceranno nel merito delle domande relative a quella successione. Sicuramente, come evidenziato, l ‘ordinanza non avrebbe potuto neppure limitarsi a osservare che le pronunce straniere saranno riconoscibili in Italia in base alla Convenzione del 1933, in quanto la Convenzione non ha ad oggetto l’individuazione di criteri di collegamento ai fini della competenza giurisdizionale. L’ordinanza non avrebbe neppure potuto limitarsi a citare, a pag. 77-78, precedenti svizzeri che hanno statuito nel senso che le disposizioni del Trattato non siano imperative, perché una proroga della giurisdizione è sempre possibile; infatti tale rilievo non risulta decisivo ai fini che interessano, in quanto l’ordinanza non ha esplicitato in quali termini nella fattispecie
sarebbe avvenuta tale proroga della giurisdizione, e cioè in quali termini gli eredi abbiano scelto di comune accordo il giudice svizzero come competente a decidere le controversie ereditarie con riguardo alle cause ‘Thun I’ e ‘Thun II’, nelle quali non risulta che NOME COGNOME abbia proposto proprie domande riconvenzionali come ha fatto nella causa ‘Ginevra I’ .
11.3.Per le ragioni esposte, assorbenti su tutte quelle non esaminate, si esclude che la sospensione del processo sia stata legittimamente disposta dall’ordinanza impugnata ai sensi dell’art. 7 co. 3 legge 218/1995 e di conseguenza il relativo capo dell’ordinanza deve essere annullato, dando termine ex artt. 48 e 50 cod. proc. civ. di tre mesi dalla comunicazione della presente ordinanza per la riassunzione del processo avanti il Tribunale di Torino.
12.La sentenza che definirà il giudizio statuirà anche sulle spese del presente regolamento di competenza.
In considerazione dell’esito de i ricorsi dei fratelli COGNOME e del notaio von COGNOME , a i sensi dell’art. 13 comma 1 -quater d.P.R. 30 maggio 2002 n. 115 si deve dare atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte loro, di ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il loro ricorso ai sensi del comma 1-bis dello stesso art. 13, se dovuto.
P.Q.M.
La Corte
-dichiara inammissibili i ricorsi proposti avverso il capo dell’ordinanza che ha rigettato l’eccezione di litispendenza internazionale;
-in accoglimento del ricorso avverso il capo che ha disposto la sospensione del processo, annulla l’ordinanza impugnata limitatamente a questo capo, con termine ordinario per la riassunzione; -spese al definitivo.
Sussistono ex art.13 co.1-quater d.P.R. 30 maggio 2002 n.115 i presupposti processuali per il versamento da parte dei ricorrenti COGNOME e von Grűnigen d ell’ ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il rispettivo ricorso ai sensi del co.1-bis dello stesso art. 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della seconda sezione