Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 3 Num. 23526 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 3 Num. 23526 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 02/09/2024
ORDINANZA
sul ricorso per regolamento di competenza iscritto al n. NUMERO_DOCUMENTO R.G. proposto da:
RAGIONE_SOCIALE, elettivamente domiciliata in INDIRIZZO, presso lo studio dell ‘ avvocato COGNOME NOME (CF: CODICE_FISCALE), che la rappresenta e difende unitamente all ‘ avvocato COGNOME NOME (CF: CODICE_FISCALE)
– Ricorrente –
Contro
RAGIONE_SOCIALE, elettivamente domiciliata in INDIRIZZO DIGITALE, presso lo studio dell ‘ avvocato COGNOME (CODICE_FISCALE) che la rappresenta e difende
-Controricorrente – avverso l ‘ ORDINANZA del TRIBUNALE di CATANIA n. 4572/2022 depositata il 22/09/2022.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 07/05/2024 dal Consigliere NOME COGNOME.
RITENUTO CHE:
Con ricorso del 27/01/2022, la società RAGIONE_SOCIALE chiese al Tribunale di Catania di ingiungere alla RAGIONE_SOCIALE, il pagamento della somma di euro 176.102,23, oltre interessi moratori ai sensi del d.lgs. n. 231/2002.
A sostegno della propria domanda la società RAGIONE_SOCIALE asserì che tale importo costituiva il corrispettivo dovuto a fronte della compensazione del credito, pari ad euro 26.857,17, vantato da RAGIONE_SOCIALE, e dell ‘ importo complessivo di euro 202.959,40, dovuto da RAGIONE_SOCIALE, in forza di una serie di fatture che vennero emesse, in virtù del conferimento che sarebbe stato effettuato da RAGIONE_SOCIALE, tra giugno 2017 ed ottobre 2018, presso l ‘ impianto di compostaggio della società ricorrente di frazioni umide differenziate CER NUMERO_DOCUMENTO, fanghi prodotti dal trattamento delle acque reflue urbane CER NUMERO_DOCUMENTO, scarti inutilizzabili per il consumo o la trasformazione CER NUMERO_DOCUMENTO.
Con decreto n. 960/2022 il Tribunale di Catania ingiunse alla RAGIONE_SOCIALE il pagamento in favore di RAGIONE_SOCIALE della somma di euro 176.102,23, oltre interessi come richiesti.
Avverso il predetto decreto ingiuntivo RAGIONE_SOCIALE propose opposizione, chiedendo la sospensione del giudizio civile, ai sensi dell ‘ art. 295 c.p.c., sino alla definizione del pendente giudizio penale recante n. 360/2017 R.G.N.R.
Costituendosi in giudizio la società RAGIONE_SOCIALE sostenne l ‘ infondatezza dell ‘ opposizione, con particolare riferimento alla richiesta di sospensione del processo civile, ritenendo non vi fosse pregiudizialità tra il processo penale ed il processo civile in quanto, a suo dire, i fatti, i titoli e le causali posti a fondamento della richiesta di ingiunzione nei confronti della RAGIONE_SOCIALE erano del tutto diversi da quelli oggetto di accertamento in sede penale.
Con ordinanza n. 4572/2022, oggetto di ricorso, il Tribunale di Catania, ritenuto che sussistessero i presupposti per dichiarare la sospensione del giudizio ex art. 295 c.p.c. per pregiudizialità tecnica
rispetto al giudizio penale n. 360/2017 RGNR pendente dinanzi al Tribunale di Messina, dal momento che l ‘ accertamento in sede penale delle condotte poste in essere in frode alla legge dagli amministratori delle società odierne opponente ed opposta (nel caso di specie, l ‘ abusivo smaltimento di rifiuti oggetto di alcune fatture di cui al decreto ingiuntivo opposto) appariva essere preclusivo rispetto alla pretesa creditoria dell ‘ opposta azionata in tale sede e financo in fase monitoria, essendovi la possibilità che sui medesimi fatti si potessero formare due giudicati contrastanti, disponeva ai sensi dell ‘ art. 295 c.p.c. la sospensione del giudizio sino alla definizione del procedimento penale n. 360/2017 RGNR pendente dinanzi al Tribunale penale di Messina.
Avverso la predetta ordinanza la società RAGIONE_SOCIALE propone ricorso per regolamento necessario di competenza ex art. 42 c.p.c. affidato a quattro motivi, cui RAGIONE_SOCIALE in amministrazione giudiziaria resiste con memoria difensiva ai sensi dell ‘ art. 47 c.p.c.
La trattazione del ricorso è stata fissata ai sensi dell ‘ art. 380bis 1 c.p.c.
Il Procuratore Generale presso la Corte di Cassazione ha depositato conclusioni scritte per la inammissibilità del ricorso.
CONSIDERATO CHE:
Con il primo motivo, la ricorrente denuncia, in relazione all ‘ art. 360, 1° co., n. 3, c.p.c., ‘ Violazione e falsa applicazione dell ‘ art. 295 c.p.c. e dell ‘ art. 75, comma III c.p.p. e dell ‘ art. 211 disp. att. cpp in relazione all ‘ art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c. ‘ , rilevando che l ‘ art. 295 c.p.c. deve necessariamente essere letto in combinazione con l ‘ art. 75, 3° comma, c.p.p. e dell ‘ art. 211 disp. att. c.p.p. in relazione all ‘ art. 360, 1° comma, n. 3, c.p.c., e da questa lettura, così composta, dovrebbero derivare le preclusioni all ‘ applicazione dei presupposti di pregiudizialità al caso di specie. Dai motivi innanzi esposti si evince facilmente che i presupposti affinché possa operare
la sospensione ex art 295 c.p.c. in pendenza di un procedimento penale sono ben differenti da quelli ipotizzati da parte ricorrente, di conseguenza risulta corretta la diposizione del giudice del Tribunale di Messina, pertanto, il primo motivo di impugnazione non può e non deve essere accolto.
Con il secondo motivo, la ricorrente denuncia, in relazione all ‘ art. 360, 1° co., n. 3, c.p.c., ‘ Violazione e falsa applicazione dell ‘ art. 295 c.p.c., dell ‘ art. 654, c.p.p. e dell ‘ art. 211 disp. att. cpp in relazione all ‘ art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c. ‘ , rilevando che il Tribunale di Catania ha disposto la sospensione del giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo ritenendo che ‘ l ‘ accertamento in sede penale delle condotte poste in essere in frode alla legge dagli amministratori delle società odierne opponente ed opposta (nel caso di specie, l ‘ abusivo smaltimento di rifiuti oggetto di alcune fatture di cui al decreto ingiuntivo opposto) appare essere preclusivo rispetto alla pretesa creditoria dell ‘ opposta azionata in questa sede e financo in fase monitoria, essendovi la possibilità che sui medesimi fatti si possano formare due giudicati contrastanti ‘ .
A detta della ricorrente, il provvedimento impugnato è stato emesso in assenza dei presupposti di legge e in palese violazione degli artt. 295 c.p.c., 654 c.p.p. e 211 disp. att. c.p.p. La ricorrente espone che, a norma dell ‘ art. 211 disp. att. c.p.p., fuori dai casi di cui all ‘ art. 75 c.p.c., quando disposizioni di legge prevedono la sospensione necessaria del processo civile o amministrativo a causa della pendenza di un processo penale, il processo civile o amministrativo è sospeso fino alla definizione del processo penale se questo può dare luogo a una sentenza che abbia efficacia di giudicato nell ‘ altro processo e se è già stata esercitata l ‘ azione penale. Il vigente codice di procedura penale, a proposito dell ‘ efficacia della sentenza penale nel processo civile, distingue tra giudizi civili di danno (artt. 651 e 652 c.p.p.) ed altri giudizi non di danno, rispetto ai quali l ‘ art. 654 c.p.p. prevede che: ‘ Nei confronti dell ‘ imputato,
della parte civile e del responsabile civile che si sia costituito o che sia intervenuto nel processo penale, la sentenza penale irrevocabile di condanna o di assoluzione pronunciata in seguito a dibattimento ha efficacia di giudicato nel giudizio civile o amministrativo, quando in questo si controverte intorno a un diritto o a un interesse legittimo il cui riconoscimento dipende dall ‘ accertamento degli stessi fatti materiali che furono oggetto del giudizio penale, purché i fatti accertati siano stati ritenuti rilevanti ai fini della decisione penale e purché la legge civile non ponga limitazioni alla prova della posizione soggettiva controversa ‘ .
Nel caso di specie -a detta della ricorrente-, tenuto conto che il giudizio civile concerne il pagamento di un corrispettivo a fronte di una prestazione resa, la relazione che intercorre tra processo penale e giudizio civile, è quella del rapporto con un giudizio civile non di danno. Sulla base dei principi sopra richiamati, la ricorrente espone che risulta ictu oculi l ‘ insussistenza dei presupposti richiesti per la sospensione necessaria ex art. 295 c.p.c. atteso che: (i) in ordine alla comunanza di fatti, non esiste alcuna comunanza tra i fatti posti a fondamento dell ‘ accertamento penale e quelli di cui al processo civile sospeso, in quanto, i fatti ed il titolo posti a fondamento della richiesta di ingiunzione, nonché del successivo giudizio di opposizione, sono del tutto diversi e nulla hanno a che vedere con quelli posti a fondamento dell ‘ accertamento in sede penale. L ‘ uno, il processo penale, vede indagati gli amministratori (di fatto e legale) della RAGIONE_SOCIALE sia per diversi reati (tra cui quelli di falsità ideologica, di abuso d ‘ ufficio) contro la pubblica amministrazione, sia per reati di smaltimento rifiuti illecito (nonché di deviazione di acque e modificazione dello stato dei luoghi, di invasione di terreni ed edifici). Reati che risultano ascritti agli amministratori della società opposta, in concorso tra loro o con terzi, ma mai in concorso con l ‘ amministratore di RAGIONE_SOCIALE.
A detta della ricorrente, il presunto sodalizio criminoso ivi indicato concerne altra società, la RAGIONE_SOCIALE (le cui quote appartengono sia ad NOME sia alle sorelle NOME, proprietarie di RAGIONE_SOCIALE), e la mera lettura del preventivo provvedimento di sequestro consente di accertare la diversità dei reati ascritti agli amministratori delle due società, parti del processo civile ingiustamente sospeso.
L ‘ unico reato ascritto all ‘ amministratore di NOME concerne il reato di trasporto e smaltimento rifiuti al fine di ottenere ingiusti profitti, mediante sversamento non autorizzato, interramento, incendio o mediante deposito presso impianti di destinazione di imprese, tra cui non compare RAGIONE_SOCIALE. In nessun capo di imputazione si discute dell ‘ attività di conferimento rifiuti effettuata da RAGIONE_SOCIALE ad NOME ed oggetto delle fatture in forza delle quali è stato emesso il decreto ingiuntivo opposto. Attività di conferimento rifiuti che non è scalfita dalle attività di indagine compiute nei confronti degli amministratori di RAGIONE_SOCIALE e NOME, che non ha avuto ad oggetto e che, in ogni caso, non ha consentito di appurare alcuna falsa attestazione in ordine ai conferimenti di rifiuti effettuati da giugno 2017 ad ottobre 2018 da RAGIONE_SOCIALE, recanti i codici 200108, fanghi prodotti dal trattamento delle acque reflue urbane CER 190805, scarti inutilizzabili per il consumo o la trasformazione NUMERO_DOCUMENTO.
D ‘ altro canto, continua la ricorrente, il processo civile ha ad oggetto, l ‘ accertamento della corretta quantificazione del credito vantato da NOME nei confronti di RAGIONE_SOCIALE che trova titolo nel contratto stipulato tra le parti processuali e nelle prestazioni effettivamente rese, come documentate dalle fatture e dalla contabilità della società opposta.
In secondo luogo, a detta della ricorrente, non può in alcun modo affermarsi che la pronuncia penale possa avere ‘ effetto ‘ o incidere sul giudizio civile; non si ravvede nessun pericolo, nemmeno potenziale, di un conflitto di giudicati. Conclusione questa che resta
immutata anche nella denegata ipotesi in cui si ritenesse che i fatti attorno ai quali muovono i due processi siano gli stessi. La ricorrente deduce che ‘ per potere ritenere dipendente la decisione civile dalla definizione del giudizio penale non basta che tra i due giudizi vi sia comunanza di fatti, ma occorre che l ‘ effetto giuridico dedotto nel processo civile sia collegato normativamente alla commissione del reato che è oggetto di imputazione nel giudizio penale ‘ (Cassazione civile sez. VI 23.11.2021 n. 363128 (irreperibile); Cass., sez. 6-3, ord. 01/06/2021, n. 15248).
A detta della ricorrente, tale collegamento difetta del tutto nel caso di specie. Il giudizio civile, avente ad oggetto i crediti vantati da NOME nei confronti di RAGIONE_SOCIALE per l ‘ attività (documentata ed effettivamente svolta) di smaltimento dei rifiuti, difatti, non può dirsi in alcun modo collegato normativamente all ‘ accertamento in sede penale dei reati imputabili agli amministratori delle società coinvolte, come asserito erroneamente ritenuto dal Tribunale di Catania.
Non solo non esiste alcuna comunanza tra i fatti posti a fondamento della pretesa creditoria e quelli in forza dei quali è pendente il processo penale, ma l ‘ accertamento del credito non dipende affatto dall ‘ accertamento dei reati commessi dagli amministratori per cui pende il processo penale, accomunati solo dalla medesima ‘ species ‘ di attività per cui si procede, l ‘ illecito smaltimento di rifiuti ampiamente inteso, rispetto al credito vantato per un ‘ attività di smaltimento lecita e documentata di rifiuti.
Infine, a detta della ricorrente, difetta nel caso de quo anche il requisito soggettivo prescritto dall ‘ art. 654, c.p.c. che vede i soggetti destinatari degli effetti del giudicato penale ‘ nell ‘ imputato, nella parte civile e nel responsabile civile che si sia costituito o sia intervenuto nel processo penale ‘ . La ricorrente rimarca come nel caso di specie nessuna delle parti di cui al giudizio civile si è costituita (quale parte o responsabile civile) nel processo penale, né può ritenersi che vi sia una identità tra i soggetti imputati nel processo
penale e le parti del processo civile. Intanto, perché i reati risultano ascritti agli amministratori facenti capo alle società e solo queste ultime sono parti del processo civile.
In ogni caso, la sentenza di condanna, ove vi fosse, riguarderebbe pur sempre conferimenti di rifiuti diversi (non quelli oggetto della prestazione eseguita e per cui è sorto il diritto al corrispettivo), posti in essere non tra le parti reciprocamente, ma da ciascuna parte rispetto ad altre distinte società. Il che farebbe venire meno anche il requisito di identità tra le parti coinvolte nel processo civile atteso che: (i) parti nel giudizio civile sospeso sono le società, e non i rappresentanti legali delle stesse; (ii) a nulla rileva la circostanza che le stesse siano coinvolte nel processo penale; (iii) all ‘ eventuale accertamento della responsabilità degli imputati non potrebbe farsi risalire la responsabilità civile della società; (iv) l ‘ illecito che, nel processo penale, si imputa alle due società parti del processo civile, è solo quello amministrativo di cui all ‘ art. 25 undecies di cui al d.Lgs 231/2001, che disciplina la responsabilità amministrativa ma non anche quella civile.
A detta della ricorrente, ciò risulta sufficiente a ritenere che i fatti non sono sovrapponibili e che le parti in causa non siano le stesse (Cassazione civile sez. VI 27.11.2018 n. 30738). Nel ricorso si legge che tali conclusioni sono avvalorate da alcuni precedenti giurisprudenziali, concernenti fatti analoghi a quelli qui controversi, in cui il Supremo Collegio ha già disposto l ‘ annullamento del provvedimento di sospensione del processo civile. A tal proposito, in applicazione del principio secondo cui il giudizio civile può essere sospeso solo quando una norma di diritto sostanziale ricolleghi alla commissione del reato un effetto sul diritto oggetto del giudizio, il Supremo Collegio: (i) con sentenza n. 18202/2018 ha escluso la configurabilità di una relazione di pregiudizialità fra un giudizio civile, relativo alla corresponsione della provvigione nell ‘ ambito di un rapporto di mediazione, ed uno penale, concernente fatti di reato
asseritamente commessi dal legale rappresentante della società richiedente detta provvigione in concorso con la proprietaria dell ‘ immobile oggetto delle trattative di vendita; (ii) con sentenza n. 27787/2005 ha invece, escluso un rapporto di pregiudizialità tra il processo civile avente ad oggetto l ‘ adempimento di obbligazioni contrattuali e l ‘ accertamento della invalidità e dell ‘ inefficacia del relativo contratto e il processo penale per il reato di truffa, addebitato a soggetti facenti capo alla organizzazione di entrambe le parti coinvolte nel giudizio civile, relativo alla determinazione dei corrispettivi.
Alla luce di quanto riportato, a detta della ricorrente ‘ è giocoforza concludere che, se il Supremo Collegio ha escluso la legittimità della sospensione del giudizio civile, anche qualora (come nei casi sopra riportati), vi era una comunanza tra i fatti posti a fondamento dei due giudizi, sul presupposto che la l ‘ accertamento del reato non potesse ritenersi antecedente logico-giuridico della pretesa vantata in sede civile, a maggiore ragione tale conclusione va sostenuta quando quella comunanza manca del tutto, come nel caso di cui alla presente controversia ‘ (così a p. 17 del ricorso).
La sospensione del processo per pregiudizialità del processo penale NRG 360/2017 pendente innanzi al Tribunale di Messina, disposta in assenza di ragioni di pregiudizialità lede ingiustamente l ‘ interesse della società ricorrente all ‘ accertamento del credito maturato nei confronti di RAGIONE_SOCIALE, a discapito anche dei basilari principi di eguaglianza, di effettività della tutela giurisdizionale e, ovviamente della ragionevole durata del processo.
Con il terzo motivo, la ricorrente denuncia, in relazione all ‘ art. 360, 1° co., n. 3, c.p.c ., ‘ Violazione e falsa applicazione dell ‘ art. 295 c.p.c., degli artt. 75, comma III c.p.p., 654 c.p.c. e dell ‘ art. 211 disp. att. cpp, dell ‘ art. 1418 c.c. in combinato disposto con gli artt. 1325, 1345 c.c., in relazione all ‘ art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c. ‘ . La ricorrente deduce che quanto dedotto nel secondo motivo sotto il
profilo della violazione dell ‘ art. 295 c.p.c., dell ‘ art. 654 c.p.p. e dell ‘ art. 211 disp. att. c.p.p. fonda anche il presente motivo.
Assume la ricorrente che, ove si voglia ritenere che il Tribunale di Catania abbia disposto la sospensione del processo, aderendo all ‘ eccezione sollevata da RAGIONE_SOCIALE in ordine alla presunta e conseguente nullità dei contratti posti a fondamento del decreto ingiuntivo opposto, deve, in ogni caso, rilevarsi l ‘ illegittimità del provvedimento assunto. L ‘ art. 1418 c.c. prevede che ‘ Il contratto è nullo quando è contrario a norme imperative, salvo che la legge disponga diversamente. Producono nullità del contratto la mancanza di uno dei requisiti indicati dall ‘ articolo 1325, l ‘ illiceità della causa, l ‘ illiceità dei motivi nel caso indicato dall ‘ articolo 1345 e la mancanza nell ‘ oggetto dei requisiti stabiliti dall ‘ articolo 1346 ‘ . L ‘ art. 1345 c.c., richiamato da RAGIONE_SOCIALE ed in forza del quale la società resistente eccepisce la nullità dei contratti stipulati con RAGIONE_SOCIALE per il conferimento e lo smaltimento dei rifiuti, chiarisce che ‘ Il contratto è illecito quando le parti si sono determinate a concluderlo esclusivamente per un motivo illecito comune ad entrambe ‘ .
La nullità del contratto, eccepita da controparte, presupporrebbe l ‘ esistenza di un accordo illecito tra le parti coinvolte e con riferimento specifico alle attività contrattualizzate, di cui non vi è alcuna traccia nella documentazione penale. Le indagini preliminari e il provvedimento di sequestro del 9/12/2020 non fanno mai alcun riferimento a immediati e diretti accordi illeciti tra RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE.
A detta della ricorrente, l ‘ eventuale sentenza penale di condanna nei confronti degli amministratori delle due società coinvolte non costituisce affatto un antecedente logico-giuridico del giudizio civile avendo ad oggetto fatti di reato diversi. Nessuna norma di diritto sostanziale ricollega alla sentenza penale un qualche effetto nel giudizio civile; ‘ conclusione questa rassegnata dal Collegio adito in una controversia analoga a quella di specie, sopra riportata, e relativa alla sospensione di un giudizio civile avente ad oggetto
l ‘ adempimento di obbligazioni contrattuali e l ‘ accertamento della invalidità e dell ‘ inefficacia del relativo contratto, rispetto al quale era stato ritenuto pregiudiziale il processo penale per il reato di truffa, addebitato a soggetti facenti capo alla organizzazione di entrambe le parti coinvolte nel giudizio civile, relativo alla determinazione dei corrispettivi ‘ (così a p. 19 del ricorso).
Con il quarto motivo, la ricorrente denuncia, in relazione all ‘ art. 360, 1° co., n. 5, c.p.c ., ‘ Omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato ‘ oggetto di discussione tra le parti ‘ , in riferimento all ‘ art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5. ‘ , lamentando che il Tribunale ha disposto la sospensione del giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo omettendo del tutto di considerare quanto dedotto e rilevato dalla ricorrente in merito alla diversità dei due giudizi, e di esaminare la documentazione versata in atti, la cui valutazione avrebbe dovuto indurre il giudice rigettare la richiesta di sospensione del giudizio civile.
Il Collegio osserva in primo luogo, premesso che il requisito dell’art. 366 n. 3 c.p.c. riguarda anche il ricorso per regolamento di competenza (Cass. n. 5092 del 2007, ex multis ), che il ricorso non contiene una esposizione sommaria del fatto idonea a consentire lo scrutinio del regolamento. Sotto tale profilo, si omette: (i) di riferire il contenuto dell ‘ atto di opposizione al decreto ingiuntivo là dove sosteneva la sussistenza degli estremi della sospensione, astenendosi dal riferire l ‘ oggetto del procedimento penale; (ii) di riferire le ragioni per le quali la parte opposta aveva sostenuto la nullità del contratto inter partes ; (iii) di riferire, pur sommariamente, il contenuto della difesa svolta sul punto dall ‘ attuale ricorrente. E ‘ vero che nelle note -alle pp. 4-5 del ricorso – vengono citate ed indicate come prodotte la citazione in opposizione e la comparsa di risposta ed è vero che l ‘ indicazione viene fatta (nota 6 e 7) con precisazione delle pagine cui corrisponderebbe quanto si sostiene, ma il rinvio sconta l ‘ assoluta genericità dei riferimenti enunciati nel
ricorso, il che si risolve -contro la previsione del requisito dell ‘ esposizione sommaria come requisito di contenuto-forma del ricorso – in una sorta di delega alla Corte a ricercare nelle pagine indicate lo svolgimento processuale e, dunque, quel requisito.
Peraltro, manca qualsiasi indicazione dell ‘ atto, nemmeno identificato, che evidenzierebbe l ‘ oggetto del giudizio penale di cui si indica il numero di ruolo (corrispondente a quello indicato nel provvedimento impugnato, che esso sì, indica il giudice davanti al quale pende).
Una tecnica di articolazione del ricorso per regolamento come quella cui si è accennato esigerebbe che questa Corte, che notoriamente è investita di un notevolissimo numero di ricorsi civili, dovrebbe procedere -si badi per percepire il fatto sostanziale e processuale per quanto rilievi ai fini della decisione -ad una attività di ricerca di ciò che potrebbe consentirne la percezione e ciò non solo in manifesta contraddizione con gli oneri di rispetto del requisito di contenuto-forma dell’esposizione somma ria del fatto, ma anche con indebito dispendio di attività.
Sussiste, comunque, ad avviso del Collegio, anche la causa di inammissibilità ravvisata dal P.G., le cui considerazioni non sono in alcun modo scalfite dalla memoria della ricorrente.
Il precedente richiamato dal P.G., cioè Cass., n. 12481/2022, è correttamente evocato, in quanto le carenze espositive della citazione introduttiva e della comparsa di costituzione connotano pure l ‘ illustrazione dei motivi, nella quale si evocano anche altri atti, ma o sempre con la stessa tecnica di rinvio generico alle pagine e, dunque, omettendo un ‘ attività riproduttiva diretta od almeno indiretta e nuovamente delegando questa Corte a cercare ciò di cui genericamente si argomenta oppure anche omettendo il rinvio alle pagine.
Sicché nella fattispecie è a ragione evocato il principio di diritto affermato da detta decisione, secondo cui ‘ Il principio di
autosufficienza del ricorso per cassazione, ex art. 366, comma 1, n. 6), c.p.c., è compatibile con il principio di cui all ‘ art. 6, par. 1, della CEDU, qualora, in ossequio al criterio di proporzionalità, non trasmodi in un eccessivo formalismo, dovendosi, di conseguenza, ritenere rispettato ogni qualvolta l ‘ indicazione dei documenti o degli atti processuali sui quali il ricorso si fondi, avvenga, alternativamente, o riassumendone il contenuto, o trascrivendone i passaggi essenziali, bastando, ai fini dell ‘ assolvimento dell ‘ onere di deposito previsto dall ‘ art. 369, comma 2, n. 4 c.p.c., che il documento o l ‘ atto, specificamente indicati nel ricorso, siano accompagnati da un riferimento idoneo ad identificare la fase del processo di merito in cui siano stati prodotti o formati. (Nella specie, il motivo è stato ritenuto inammissibile per non essere stato trascritto neanche in estratto il contenuto del verbale di udienza, individuato con la sola indicazione della data, né indicati i dati necessari per il suo reperimento nel fascicolo, oltre a non essere stato indicato se e quando fosse stata depositata una lista testimoniale sui capitoli di prova trascritti in ricorso) ‘ . In precedenza, conformi, Cass., Sez. Un., n. 34469/2019; Cass., n. 8950/2022; Cass., n. 6769/2022; Cass., n. 8077/2012.
In ogni caso, ferma l ‘ inammissibilità del ricorso (che giustificherebbe di per sé l ‘ impossibilità di dare rilievo alla cessazione della materia del contendere invocata nella memoria e contestata dalla controparte nella sua memoria), se si potesse procedere alla lettura della citazione in opposizione, si comprenderebbe che la pregiudizialità ravvisata dal Tribunale discenderebbe dal contenuto della domanda riconvenzionale di declaratoria della nullità del contratto per motivi illeciti che si legge nella citazione 9 e ss. della citazione in opposizione: « 4.2 Sulla nullità dei contratti posti alla base del decreto ingiuntivo opposto Il rapporto di stretta pregiudizialità tra il presente giudizio e quello penale, è evidente ove si pensi alle conseguenze di un ‘ eventuale sentenza di condanna in
sede penale in questa sede civile. In particolare, qualora in sede penale venga accertata la sussistenza dei reati di cui agli artt. 452quaterdecies c.p. e 416 commi 1,2 e 3 c.p., nei AVV_NOTAIO confronti degli imputati, tra cui, si ripete, i soci della RAGIONE_SOCIALE e l ‘ ex amministratore della NOME -per cui ad oggi risultano accertati gravi indizi di colpevolezza – e, in ogni caso, qualora parte opposta non provasse in questa sede la propria buona fede, i contratti prodotti da parte opposta, che sarebbero stati stipulati tra la RAGIONE_SOCIALE e la RAGIONE_SOCIALE, apparirebbero fondati su causa e/o motivi illeciti e per tale motivo affetti da nullità. Nullità, che in ogni caso, alla luce di quanto emerso in sede di indagini preliminari, si eccepisce sin da ora. Difatti, ai sensi dell ‘ art 1418 c.c. il contratto, è nullo quando è contrario a norme imperative. Stabilisce, poi, il secondo comma del medesimo art. 1418 c.c., che: ‘ producono nullità del contratto la mancanza di uno dei requisiti indicati dall ‘ art. 1325, l ‘ illeceità della causa (art. 1343 c.c.), l ‘ illeceità dei motivi nel caso indicato dall ‘ art. 1345 e la mancanza dell ‘ oggetto dei requisiti stabiliti dall ‘ art. 1346 ‘ . Per quel che qui interessa, ai sensi dell ‘ art. 1345 c.c. il contratto è illecito se il fine, comune ad entrambe le parti, che ciascuna parte intende perseguire con la stipulazione del contratto, sia illecito. Orbene, secondo la giurisprudenza della Suprema Corte di Cassazione ( si veda Cass. Civ. Sez. VI-III, ordinanza del 16.3.2017 n 6834) e di merito (si veda ex multis sentenza del Tribunale di Roma, sez, II, del 5.06.2017 n. 11323): ‘ Il processo civile può essere sospeso solo quando alla commissione del reato oggetto dell ‘ imputazione penale una norma di diritto sostanziale ricolleghi un effetto sul diritto oggetto di giudizio nel processo civile. AVV_NOTAIO La decisione civile è dipendente dalla definizione del giudizio penale non solo quando nei processi rilevino gli stessi fatti ma anche quando l ‘ effetto giuridico dedotto nel processo civile sia collegato normativamente alla commissione del reato che è oggetto di imputazione nel processo
penale ‘ . Nella specie, è evidente come la decisione del presente giudizio sia (cit. sentenza) collegata normativamente alla commissione del reato che è oggetto di imputazione nel processo penale, difatti, qualora a seguito della definizione di quest ‘ ultimo, venga accertato il reato di cui all ‘ art. 452- quaterdecies c.p. (che punisce con la reclusione chiunque, al fine di conseguire un ingiusto profitto, con più operazioni e attraverso l ‘ allestimento di mezzi e attività continuative organizzate, cede, riceve, trasporta, esporta, importa, o comunque gestisce abusivamente ingenti quantitativi di rifiuti) e/o venga accertata la costituzione di un ‘ associazione per delinquere tra i soci dell ‘ odierna opponente e l ‘ ex amministratore unico della odierna opposta (volta proprio a porre in essere, tra le altre, le prestazioni di cui è oggetto il decreto ingiuntivo), questo Ill.mo Giudice adito, previa declaratoria della nullità ai sensi dell ‘ art. 1418 c.c., dei contratti posti alla base del procedimento monitorio, sarebbe necessariamente tenuto a pronunciare la revoca del decreto ingiuntivo opposto. Revoca che, in ogni caso, dovrà essere pronunciata pur in mancanza di prova in questa sede della buona fede da parte della RAGIONE_SOCIALE.
In pratica, la proposizione della riconvenzionale nell ‘ atto di opposizione ha fatto valere un diritto, quello di accertamento della nullità, che ha come fatto costitutivo la deduzione dell ‘ esistenza di illiceità dei motivi individuata nella commissione dei reati per cui pende il processo penale.
La pretesa cessazione della materia del contendere e la conseguente ragione di caducazione del provvedimento di sospensione per il venire meno della pendenza del processo penale non risultano documentate dalla produzione fatta ai sensi dell ‘ art. 372 c.p.c. dalla parte ricorrente. In particolare, dalla produzione non emerge che la sentenza della Cassazione penale abbia determinato il venir meno della detta pendenza. La sentenza ed anche gli altri atti si riferiscono ad un procedimento di sequestro penale.
Alla stregua delle considerazioni che precedono, il ricorso dev’essere dichiarato inammissibile.
Non è luogo a provvedere sulle spese attesa la tardività del deposito della memoria di costituzione della resistente, di cui parte ricorrente si è doluta. In proposito rileva la seguente giurisprudenza di questa Corte: Cass., sez. lav., sent. 4597 del 12/08/1982, secondo cui ‘ Il disposto di cui all’ultimo comma dell’art. 47 cod. proc. civ., per il quale le parti cui è stato notificato il ricorso per regolamento di competenza possono depositare in cancelleria, nei venti giorni successivi, scritture difensive, consente di considerare tale il controricorso. Inoltre, detto termine ha carattere ordinatorio e, pertanto, in difetto di opposizione della controparte, la scrittura difensiva depositata tardivamente può essere presa in considerazione anche agli effetti delle spese processuali ‘; Cass., Se z. 6-3, ord. 14/03/2018, n. 6380, secondo cui: ‘ Il disposto di cui all’art. 47, comma 5, c.p.c., per il quale le parti cui è stato notificato il ricorso per regolamento di competenza possono depositare in cancelleria, nei venti giorni successivi, scritture difensive, consente di considerare tale il controricorso. Inoltre, detto termine ha carattere ordinatorio e, pertanto, in difetto di opposizione della controparte, la scrittura difensiva depositata tardivamente può essere presa in considerazione anche agli effetti delle spese processuali’ . Conforme in precedenza Cass., n. 25891/2010.
P.Q.M.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso. Nulla sulle spese.
Ai sensi dell ‘ art. 13, 1° comma, quater del D.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall ‘ art. 1, comma 17 della l. n. 228 del 2012, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, dell ‘ ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello per il ricorso, a norma del comma 1bis , dello stesso articolo 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, il 07/05/2024, nella camera di consiglio della