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Sospensione medico universitario: la Cassazione decide

La Corte di Cassazione ha confermato la legittimità della sospensione di un medico universitario dalle sue funzioni assistenziali in un’azienda ospedaliera. Il medico, anche direttore di una struttura semplice, era stato allontanato per gravi violazioni relative alla mancata applicazione delle tariffe per prestazioni sanitarie. La Corte ha stabilito che la procedura seguita era corretta, in quanto le mancanze contestate riguardavano l’attività assistenziale personale del medico e non il suo ruolo dirigenziale, giustificando l’applicazione della procedura di sospensione per gravissime mancanze ai doveri d’ufficio e non quella per la revoca dell’incarico.

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Pubblicato il 25 novembre 2025 in Diritto del Lavoro, Giurisprudenza Civile, Procedura Civile

Sospensione Medico Universitario: la Cassazione distingue tra Attività Assistenziale e Ruolo Dirigenziale

La recente ordinanza della Corte di Cassazione affronta un tema cruciale nel rapporto tra personale medico universitario e Servizio Sanitario Nazionale: la corretta procedura per la sospensione medico universitario in caso di gravi inadempienze. La decisione chiarisce che la natura della mancanza contestata è determinante per individuare il procedimento applicabile, distinguendo nettamente tra la responsabilità legata all’attività clinica personale e quella derivante da un incarico dirigenziale.

I Fatti del Caso

Un professore associato, che ricopriva anche l’incarico di dirigente di una struttura semplice di fisiopatologia della riproduzione umana presso un’azienda ospedaliera, impugnava il provvedimento di sospensione e allontanamento dall’incarico ospedaliero. Il provvedimento era stato motivato da “gravissime violazioni riscontrate nell’adempimento dei doveri d’ufficio” inerenti a procedure mediche specialistiche.

In sostanza, al medico veniva contestato di aver omesso la corretta tariffazione delle prestazioni erogate dal suo staff, causando un notevole danno economico all’azienda ospedaliera. Le prestazioni venivano di fatto erogate gratuitamente o a un costo molto inferiore (il solo ticket), nonostante esistessero precise disposizioni tariffarie di cui il professore era a conoscenza.

La Difesa del Medico e i Precedenti Gradi di Giudizio

Il medico sosteneva che, essendo la contestazione legata alla gestione economica della sua struttura, la sua responsabilità dovesse essere inquadrata come dirigenziale. Di conseguenza, l’azienda ospedaliera avrebbe dovuto seguire la procedura prevista per la revoca dell’incarico dirigenziale (art. 5, comma 6, del d.lgs. n. 517/1999) e non quella, più severa e immediata, per la sospensione dall’attività assistenziale a causa di “gravissime mancanze” (art. 5, comma 14, dello stesso decreto).

Sia il Tribunale che la Corte d’Appello avevano però rigettato le sue tesi. I giudici di merito avevano stabilito che la contestazione non riguardava la sua posizione di dirigente, ma la sua condotta come persona fisica esecutrice dell’attività assistenziale. Le mancanze, relative alle modalità di gestione delle prestazioni e alla loro tariffazione, incidevano direttamente sulla sua attività medica personale e sul corretto funzionamento del servizio sanitario, integrando così la fattispecie delle “gravissime mancanze ai doveri d’ufficio”.

La Decisione sulla Sospensione Medico Universitario della Corte di Cassazione

La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile, confermando la decisione della Corte d’Appello. Gli Ermellini hanno ribadito la distinzione fondamentale tra i diversi piani di responsabilità del personale medico universitario che opera nelle aziende sanitarie.

La Distinzione tra Poteri e Procedure

Il punto centrale della decisione è la chiara separazione tra:
1. Potere disciplinare: Spetta unicamente all’Università, in qualità di datore di lavoro del professore.
2. Revoca dell’incarico dirigenziale: Procedura specifica attivata dal Direttore Generale per inadempienze legate alla gestione della struttura.
3. Sospensione dall’attività assistenziale: Un potere autonomo del Direttore Generale, previsto dall’art. 5, comma 14, d.lgs. 517/1999, esercitabile in caso di “gravissime mancanze ai doveri d’ufficio” che ledono il buon funzionamento del servizio sanitario, previa acquisizione del parere di un comitato di garanti.

Le Motivazioni

La Corte ha specificato che il potere di sospensione non ha carattere disciplinare né è strumentale ad esso; piuttosto, è un potere autonomo che trova la sua origine nel potere discrezionale del Direttore Generale di organizzare e gestire il servizio a salvaguardia degli interessi pubblici. Le “gravissime mancanze” che giustificano tale misura non sono limitate alla sola prestazione di cura diretta al paziente, ma includono anche quelle condotte che, come nel caso di specie, ledono l’interesse pubblico al buon andamento del servizio sanitario, ad esempio attraverso una gestione non corretta delle risorse pubbliche.

La Cassazione ha affermato che la Corte d’Appello ha correttamente interpretato i fatti, riconoscendo che le contestazioni mosse al medico afferivano all’esercizio personale della sua attività assistenziale. Anche se qualificato come responsabile di struttura, l’addebito non riguardava la sua funzione di direzione, ma le modalità con cui, come medico, gestiva le prestazioni e la relativa tariffazione. La sua condotta omissiva, quindi, è stata giustamente qualificata come una grave mancanza nell’esercizio dei suoi doveri d’ufficio legati all’attività clinica, legittimando l’applicazione della procedura di sospensione.

Le Conclusioni

Questa ordinanza consolida un principio fondamentale: la responsabilità di un medico universitario all’interno di un’azienda ospedaliera si articola su più livelli. La procedura da seguire in caso di inadempienze dipende dalla natura della mancanza contestata. Se la violazione riguarda la gestione manageriale, si applicheranno le norme sulla revoca dell’incarico dirigenziale. Se, invece, la condotta incide direttamente sull’attività assistenziale e lede gravemente i doveri d’ufficio e l’interesse pubblico, l’azienda ospedaliera può legittimamente procedere con la sospensione dall’attività assistenziale, un provvedimento autonomo e distinto da quello disciplinare di competenza dell’Università.

Un ospedale può sospendere un medico universitario che è anche dirigente per mancanze relative alla gestione delle prestazioni?
Sì. La Corte di Cassazione ha chiarito che se le mancanze, pur avendo un riflesso gestionale, riguardano l’esercizio personale dell’attività assistenziale e integrano “gravissime mancanze ai doveri d’ufficio”, l’azienda ospedaliera può applicare la procedura di sospensione dall’attività assistenziale (ex art. 5, comma 14, d.lgs. 517/1999), che è distinta dalla procedura di revoca dell’incarico dirigenziale.

Qual è la differenza tra revoca dell’incarico dirigenziale e sospensione dall’attività assistenziale?
Sono due istituti distinti con presupposti e procedure diverse. La revoca dell’incarico dirigenziale riguarda specificamente le inadempienze nella funzione manageriale. La sospensione dall’attività assistenziale è una misura che colpisce l’attività clinica del medico in caso di gravissime mancanze ai doveri d’ufficio che ledono il buon funzionamento del servizio sanitario, e può essere adottata indipendentemente dal ruolo dirigenziale.

Il potere di sospensione esercitato dal Direttore Generale dell’ospedale ha natura disciplinare?
No. La Corte ha ribadito che il potere di sospensione previsto dall’art. 5, comma 14, del d.lgs. 517/1999 non ha carattere disciplinare, poiché il potere disciplinare sul professore universitario spetta esclusivamente all’Università. Si tratta di un potere autonomo, legato all’organizzazione e gestione del servizio sanitario, finalizzato a tutelare l’interesse pubblico al corretto funzionamento dello stesso.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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