Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 15684 Anno 2024
Civile Ord. Sez. L Num. 15684 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 05/06/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 6294/2019 R.G. proposto da: COGNOME NOME, elettivamente domiciliato in INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato NOME
-ricorrente-
contro
RAGIONE_SOCIALE, in persona del Direttore generale pro tempore , elettivamente domiciliata in INDIRIZZO, presso lo studio (studio legale AVV_NOTAIO) dall’avvocato NOME COGNOME, che la rappresenta e
difende avverso SENTENZA di CORTE D’APPELLO VENEZIA n. 518/2018 depositata il 12/12/2018, RG 169/2015.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 07/05/2024 dal Consigliere NOME COGNOME.
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
La Corte d’Appello di Venezia, ha rigettato l’impugnazione proposta da NOME COGNOME nei confronti dell’RAGIONE_SOCIALE (di seguito l’A.O.), avverso la sentenza resa tra le parti dal Tribunale di RAGIONE_SOCIALE.
Il ricorrente ricopriva l’incarico di professore associato presso il RAGIONE_SOCIALE dell’RAGIONE_SOCIALE (di seguito l’RAGIONE_SOCIALE), nonché dirigente RAGIONE_SOCIALE struttura semplice (fRAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE) c/o l’A.O.
Il Tribunale aveva rigettato l’impugnazione del provvedimento di sospensione e allontanamento dall’incarico ospedaliero deliberato nei confronti del ricorrente il 29 settembre 2010 dall’A.O.
L’allontanamento era fondato sulle ‘gravissime violazioni riscontrate nell’adempimento dei doveri d’ufficio inerenti le procedure FIVET e ICSI, con danno cagionato alle strutture pubbliche’.
La Corte d’Appello ha, in primo luogo, sottolineato che la contestazione ha riguardato l’attività medica RAGIONE_SOCIALE (attività assistenziale), e dunque la persona fisica esecutrice dell’attività assistenziale e non la posizione di dirigenza RAGIONE_SOCIALE struttura semplice.
Non venendo in contestazione l’incarico di direzione di struttura semplice correttamente la procedura era stata azionata ai sensi dell’art. 5, comma 14, del d.lgs. n. 517 del 1999 e non era pertinente il richiamo al comma 6 del medesimo art. 5.
La procedura in questione non ha carattere disciplinare e viene attivata dal direttore generale dell’RAGIONE_SOCIALE, mentre il potere disciplinare è in capo all’RAGIONE_SOCIALE, dat rice di lavoro.
L’addebito non era generico , e il ricorrente era a conoscenza del costo del servizio erogato dal proprio staff sin dal 2007, ma nulla era stato pagato.
Sussisteva il fatto storico e le importanti dimensioni RAGIONE_SOCIALE vicenda che, secondo l’RAGIONE_SOCIALE, le aveva prodotto un anno di non meno di trecentomila euro.
La Corte d’Appello ha poi affermato che le prove tipiche (documentali) e atipiche (dichiarazioni RAGIONE_SOCIALE paziente) convergevano univocamente sul punto RAGIONE_SOCIALE omessa comunicazione alle pazienti RAGIONE_SOCIALE necessaria tariffazione delle prestazioni, dell’omesso rilascio alle pazienti del modello recante la procedura codificata (e da pagare), sicché il RAGIONE_SOCIALE. erogava di fatto le prestazioni gratuitamente. La qualità RAGIONE_SOCIALE negligenza imputabile al ricorrente (che ben sapeva quanto meno dal 26 novembre 2007 RAGIONE_SOCIALE questio ne, e riteneva eccessivo il costo), aggiunta alla ‘quantità’ degli interventi ‘gratuiti’ non poteva che far concludere per la qualifica RAGIONE_SOCIALE condotta a lui imputabile come gravissime mancanze ai doveri d’Ufficio con conseguente sospensione e allontanament o dalla struttura.
Per la cassazione RAGIONE_SOCIALE sentenza di appella ricorre il lavoratore prospettando sei motivi di ricorso.
Resiste l’A.O. con controricorso.
Entrambe le parti hanno depositato memoria in prossimità dell’adunanza camerale.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Ha priorità logicogiuridica l’esame del secondo motivo di ricorso.
Con il secondo motivo di ricorso è dedotta , ai sensi dell’art. 360, n. 4, cod. proc. civ. la violazione del giudicato interno. Violazione e falsa applicazione dell’ordinanza n. 1797 del 2013 delle Sezioni U nite civili. Violazione falsa applicazione dell’art. 112, cod. proc. civ., per omissione di pronuncia.
Assume il ricorrente che la pronuncia emessa in sede di regolamento di giurisdizione ha efficacia vincolante nel giudizio in cui è stata pronunciata. Nella suddetta ordinanza le Sezioni Unite avrebbero affermato la giurisdizione del giudice ordinario sul presupposto che si controverteva di fatti relativi ad un incarico di direzione di struttura semplice.
Su tale qualificazione dei fatti si sarebbe creato giudicato interno, che la Corte d’Appello avrebbe disatteso.
2. Il motivo è inammissibile
Questa Corte ha avuto modo di affermare che a norma del l’ art. 386 c.p.c., la decisione sulla giurisdizione è determinata dall’oggetto RAGIONE_SOCIALE domanda e, quando prosegue il giudizio, non pregiudica le questioni sulla pertinenza del diritto e sulla proponibilità RAGIONE_SOCIALE domanda. Tale principio trova il suo limite nella estensione oggettiva del giudicato, nel senso che se la statuizione sulla giurisdizione, ovvero sulla competenza, resa dalle Sezioni Unite RAGIONE_SOCIALE Corte di cassazione, è fondata sulla qualificazione del rapporto dedotto in giudizio e sugli accertamenti di fatto che hanno condotto ad essa, il giudicato sulla giurisdizione è inscindibile da tale qualificazione, che diviene quindi vincolante per il giudice di merito, rimettendosi altrimenti in discussione la giurisdizione RAGIONE_SOCIALE (Cass., S.U., n. 22552 del 2014, n. 10412 del 2021).
Tale evenienza non si è verificata nella fattispecie in esame, e nella prospettazione RAGIONE_SOCIALE censura il ricorrente non si confronta con il contenuto RAGIONE_SOCIALE statuizione delle Sezioni Unite.
Nella citata ordinanza n. 1797 del 2013, le S.U. hanno infatti affermato la giurisdizione del giudice ordinario in quanto non veniva in rilievo il rapporto di lavoro con l’RAGIONE_SOCIALE, rispetto al quale vi sarebbe stata la giurisdizione del giudice amministrativo, ma con l’RAGIONE_SOCIALE, precisando che ai fini del riparto di giurisdizione: ‘Non v’è dunque spazio per procedere a distinzioni di sorta tra l’attività di dirigenza e l’attività di assistenza prestata dal personale RAGIONE_SOCIALEo nell’ambito delle aziende sanitarie: quale che essa sia, le controversie concernenti i rapporti con l’azienda RAGIONE_SOCIALE sono devolute alla giurisdizione del giudice ordinario’.
Di talché la prospettazione del ricorrente risulta priva di riscontri rispetto alla richiamata statuizione adottata dalle Sezioni Unite civili, dalla quale non emerge alcuna statuizione sulla qualificazione dei fatti come prospettata dal ricorrente, sulla quale si sarebbe formato giudicato interno.
Né ha alcun valore, al riguardo, l’affermazione contenuta nella parte in fatto dell’ordinanza delle S.U. secondo cui NOME COGNOME era ‘ professore associato presso il RAGIONE_SOCIALE dell’RAGIONE_SOCIALE, dal novembre del 2007 responsabile RAGIONE_SOCIALE struttura semplice di fRAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE presso l’RAGIONE_SOCIALE ‘ . Si tratta, infatti, RAGIONE_SOCIALE mera descrizione RAGIONE_SOCIALE qualifica posseduta dal ricorrente all’epoca , priva di alcun riscontro nella parte motivazional e dell’ordinanza nel senso indicato dal ricorrente, visto che anzi, nella motivazione, le S.U. sottolineano che, nel caso di specie, la qualifica di professore RAGIONE_SOCIALEo funge ‘da m ero presupposto del rapporto lavorativo, la cui parte datoriale non può che identificarsi con l’RAGIONE_SOCIALE, nei cui fini istituzionali e nella cui organizzazione si inserisce l’attività di assistenza dei professori RAGIONE_SOCIALE e dei ricercatori ‘.
Ne consegue che le censure muovono da presupposti errati e pertanto sono inammissibili.
Con il primo motivo di ricorso è prospettata la violazione e falsa applicazione dell’art. 5, commi 6 e 14 , del d.lgs. n. 517 del 1999 (art. 360, n.3, cod. proc. civ.).
Assume il ricorrente che viene in rilievo la sua responsabilità quale titolare dell’incarico di dirigente di struttura semplice, e dunque la responsabilità dirigenziale. Pertanto, avrebbe dovuto trovare applicazione l’art. 5, comma 6, del d.lgs. n. 517 del 1999, che prevede un diverso procedimento per l ‘accertamento d i tale responsabilità, rispetto a quello che era stato attuato dall’RAGIONE_SOCIALE, così dando luogo alla violazione del principio di legalità dell’azione amministrativa, intervenendo la revoca di un incarico dirigenziale senza il rispetto RAGIONE_SOCIALE procedura prevista.
A sostegno delle proprie argomentazioni richiama la comunicazione di avvio del procedimento e la relazione del Direttore generale e del Direttore RAGIONE_SOCIALE dell’A.O. del 29 settembre 2010, nonché la nota del Direttore generale del 30 settembre 2010.
In particolare, ad avviso del ricorrente, la comunicazione di avvio del procedimento e contestazione addebiti del 7.7.2010 esplicita che le pretese ‘negligenze’ in parola risulterebbero compiute’ da esso ricorrente, ‘in qualità di responsabile RAGIONE_SOCIALE S.RAGIONE_SOCIALE‘; nella relazione del Direttore Generale e del Direttore Sanitario dell’A.O . del 29.9.2010, con la quale è stato chiesto il parere del Comitato dei garanti per l’allontanamento del ricorrente, si evidenzia come la St ruttura semplice la lui diretta abbia erogato le prestazioni in questione senza la corretta applicazione delle relative tariffe, talché la presunta ‘responsabilità’ per tale asserito pregiudizio dovrebbe ascriversi nella veste di responsabile -dal 1° novembre 2007 –RAGIONE_SOCIALE Struttura semplice.
Da tale documentazione emergeva, ad avviso del ricorrente che gli erano state contestate inadempienze attinenti alla posizione di direttore di struttura semplice, come confermato anche dal mancato allontanamento anche degli altri medici che operavano nella RAGIONE_SOCIALE struttura.
Osserva, inoltre il ricorrente che le mancanze relative all’attività assistenziale , che potevano, in ipotesi, legittimare l’allontanamento ai sensi dell’art. 5 comma 14, cit., sono soltanto quelle che riguardano la prestazione di cura e di assistenza al paziente. Gli addebiti che attengono invece all’attività di direzione RAGIONE_SOCIALE struttura -censurando l’espletamen to dei relativi compiti di gestione economica ed amministrativa -rilevano ai sensi dell’art. 5, comma 6, del d.lgs. n. 517 del 1999, potendo comportare la revoca dell’incarico dirigenziale.
Il motivo è inammissibile.
4.1. Il d.lgs. n. 517 del 1999, nel disciplinare i rapporti fra RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE, sottolinea la necessaria complementarità dell ‘ attività assistenziale rispetto a quella didattica e di ricerca, e ad un tempo, afferma l ‘ autonomia di tali attività (si v., Cass., S.U., n. 26673 del 2020).
L’art. 5, ai commi 1 e 2, prevede che possono svolgere attività assistenziale presso RAGIONE_SOCIALE e Policlinici RAGIONE_SOCIALE i professori e ricercatori RAGIONE_SOCIALE, ai quali fermo restando il loro stato giuridico, si applicano, per quanto attiene all ‘ esercizio dell ‘ attività assistenziale, al rapporto con le RAGIONE_SOCIALE e a quello con il Direttore generale, le norme stabilite per il personale del RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE. Dell ‘ adempimento dei doveri assistenziali il personale RAGIONE_SOCIALEo risponde al Direttore generale, non potendo la suddetta integrazione tradursi nell ‘ ammissibilità di comportamenti di professori e ricercatori RAGIONE_SOCIALE che incidano negativamente
sull ‘ esercizio dell ‘ attività dell ‘ RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE alla quale sono assegnati (cfr., Cass., n. 25670 del 2017).
In sede di regolamento di giurisdizione è stato più volte affermato che con riferimento ai medici ricercatori e docenti RAGIONE_SOCIALE svolgenti attività assistenziale presso RAGIONE_SOCIALE e Policlinici RAGIONE_SOCIALE il rapporto di impiego con l ‘ RAGIONE_SOCIALE deve essere distinto rispetto al rapporto instaurato con l’RAGIONE_SOCIALE, poiché l’art. 5, comma 2, d.lgs. 21 dicembre 1999 n. 517 dispone che, sia per l’esercizio dell’attività assistenziale, sia per il rapporto con le aziende, si applicano le norme stabilite per il personale del servizio RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE (si v., Cass., S.U., n. 5566 del 2023, n. 8633 del 2020).
Il comma 4 del citato art. 5 stabilisce poi le modalità di conferimento di incarico di direzione di struttura semplice o complessa o la responsabilità e la gestione di specifici programmi ai professori.
Di talché si evidenzia l’autonomia dell’attività di assistenziale, che può essere svolta anche dai ricercatori, rispetto alla ulteriore attività che vi si può cumulare per i professori di direzione di struttura semplice o complessa.
Gli incarichi di natura professionale, di direzione di struttura o di responsabilità e di gestione di programmi sono revocati dal Direttore generale.
Il comma 6 (nella specie il ricorrente afferma di aver ricoperto l’incarico di direttore di struttura semplice) prevede ‘L’attribuzione e la revoca ai professori e ai ricercatori RAGIONE_SOCIALE degli incarichi di struttura semplice e degli incarichi di natura professionale è effettuata dal direttore generale su proposta del responsabile RAGIONE_SOCIALE struttura complessa di appartenenza, previo accertamento RAGIONE_SOCIALE sussistenza delle condizioni e dei requisiti di cui agli articoli 15, 15 -bis e 15 -ter del d.lgs. n. 502 d el 1992, e successive modificazioni’.
L’art. 15 -ter , richiamato, indica come casi di revoca ‘ inosservanza delle direttive impartite dalla direzione generale o dalla direzione del dipartimento; mancato raggiungimento degli obiettivi assegnati; responsabilità grave e reiterata; in tutti gli altri casi previsti dai contratti di lavoro’.
Il comma 14 stabilisce ‘Ferme restando le sanzioni ed i procedimenti disciplinari da attuare in base alle vigenti disposizioni di legge, nei casi di gravissime mancanze ai doveri d’ufficio, il direttore generale previo parere conforme, da esprimere entro ventiquattro ore dalla richiesta, di un apposito comitato costituito da tre garanti, nominati di intesa tra rettore e direttore generale per un triennio, può sospendere i professori ed i ricercatori RAGIONE_SOCIALE dall’attività assistenziale e disporne l’allontanamento dall’azienda, dandone immediata comunicazione al rettore per gli ulteriori provvedimenti di competenza (…)’ .
4.2. G ravissime mancanze ai doveri d’ufficio che possono legittimare la sospensione del medico RAGIONE_SOCIALEo dall’attività assistenziale possono sussistere non solo in ordine ad attività che riguardano la prestazione di cura e di assistenza al paziente, ma anche in quelle che ledono l’interesse pubblico al buon funzionamento del servizio RAGIONE_SOCIALE che trova fondamento nell’art. 97 Cost.
La sospensione e l’allontanamento dall’attività assistenziale è istituto che ha una propria disciplina distinta dalla revoca dell’incarico dirigenziale, sul quale potrà riverberarsi, ma senza automatismi atteso la specifica disciplina del procedimento per la revoca degli incarichi di direzione.
4.3. Questa Corte ha già affermato (si cfr., Cass. n. 25670 del 2017, 11765 del 2021) che il potere del direttore generale di disporne la sospensione e l’allontanamento nei casi di gravissime mancanze ai doveri d’ufficio, previsto dall’art. 5, comma 14,
del d.lgs. n. 517 del 1999, non ha carattere disciplinare – ponendosi una simile configurazione in contrasto con l’art. 55 del d.lgs. n. 165 del 2001, che lo attribuisce solo all’amministrazione datrice di lavoro e ne rinvia la disciplina alla contrattazione collettiva – ma neppure può considerarsi “strumentale” rispetto al potere disciplinare del rettore, che equivarrebbe a negare l’autonomia e la pari-ordinazione connaturate al rapporto tra RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE, informato al principio di leale cooperazione; pertanto, il suddetto potere va configurato come un potere autonomo, che il Direttore generale è abilitato ad esercitare tutte le volte in cui ritenga che ne ricorrano i presupposti di legge, alla sola condizione del previo parere espresso, entro ventiquattro ore dalla richiesta, da un apposito Comitato di tre garanti (nominati di intesa tra rettore e direttore generale), che, quale apporto consultivo esterno, resta distinto dal potere di iniziativa riservato al Direttore generale.
Si osserva, infine che il potere attribuito al Direttore generale RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE dalla disposizione in esame, che giova ribadirlo, non è strumentale a quello disciplinare, trova la sua origine nel potere discrezionale di cui detto organo dispone in ordine agli aspetti organizzativi e gestionali del servizio -a salvaguardia dei superiori interessi di rilievo pubblico inerenti alla corretta erogazione delle prestazioni sanitarie – il cui esercizio deve avvenire nel rispetto dei presupposti di legge e delle clausole generali di correttezza e buona fede (citata Cass., n. 11765 del 2021).
4.4. Nella fattispecie in esame, la Corte d’Appello, con accertamento in fatto svolto con motivazione congrua e logica coerente rispetto al quadro normativo e giurisprudenziale sopra richiamato, ha chiarito che la contestazione mossa dall’RAGIONE_SOCIALE, afferendo all’esercizio personale RAGIONE_SOCIALE attività assistenziale del l’RAGIONE_SOCIALE, non riguardava l’incarico di responsabile di struttura semplice, ma la diversa fattispecie di cui al la procedura di cui all’art.
5, comma 14, cit.; i fatti imputati al ricorrente riguardavano le modalità di gestione delle prestazioni e RAGIONE_SOCIALE tariffazione relativa. Lo stesso non ottemperava alle indicazioni impartite e reiterate dalla direzione RAGIONE_SOCIALE. Il fatto oggetto del contendere era contestato al professore con riguardo allo svolgimento RAGIONE_SOCIALE propria attività medica nell’ospedale e cioè del l’attività assistenziale.
La Corte d’Appello prende in considerazione la circostanza che il ricorrente era qualificato come responsabile di struttura semplice, come ribadito nel motivo di ricorso in esame, ma rileva che ciò non significava che l’addebito fosse relativo alla direzio ne RAGIONE_SOCIALE struttura semplice, atteso che lo stesso si riferiva alla c oncreta l’attività assistenziale, svolta dal ricorrente come persona fisica.
L’interpretazione RAGIONE_SOCIALE contestazione , traducendosi in un’operazione di ricerca ed individuazione RAGIONE_SOCIALE volontà dell’RAGIONE_SOCIALE, così come la valutazione delle risultanze istruttorie costituisce un accertamento di fatto, riservato al giudice di merito, non sindacabile in sede di legittimità se non per violazione delle regole ermeneutiche, censura nella specie non dedotta, oppure per carenza di motivazione, non ravvisabile nella specie, oppure, ancora, nel vigore del novellato testo di detta norma, per omesso esame di un fatto decisivo e oggetto di discussione tra le parti. , anch’esso non rinvenibile.
Si osserva in proposito che il vizio di motivazione rileva solo allorquando l’anomalia si tramuta in violazione RAGIONE_SOCIALE legge costituzionale, ‘in quanto attinente all’esistenza RAGIONE_SOCIALE motivazione in sé, purché il vizio risulti dal testo RAGIONE_SOCIALE sentenza impugnata, a prescindere dal confronto con le risultanze processuali ‘ .
Tale anomalia si esaurisce nella ‘mancanza assoluta di motivi sotto l’aspetto materiale e grafico’, nella ‘motivazione apparente’, nel ‘contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili’ e nella ‘motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile’, esclusa
qualunque rilevanza del semplice difetto di ‘sufficienza’ RAGIONE_SOCIALE motivazione’, sicché quest’ultima non può essere ritenuta mancante o carente solo perché non si è dato conto di tutte le risultanze istruttorie e di tutti gli argomenti sviluppati dalla parte a sostegno RAGIONE_SOCIALE propria tesi.
Va anche rilevato che l”omesso esame’ va riferito ad ‘un fatto decisivo per il giudizio’ ossia ad un preciso accadimento o una precisa circostanza in senso storico – naturalistico, non assimilabile in alcun modo a ‘questioni’ o ‘argomentazioni’ , che, pertanto, risultano irrilevanti, con conseguente inammissibilità delle censure irritualmente formulate (si v., ex multis , Cass., n. 2268 del 2022).
Rispetto all’esito dell’accertamento cui è pervenuta la Corte distrettuale la parte ricorrente, nella sostanza, si limita a rivendicare un’alternativa interpretazione più favorevole RAGIONE_SOCIALE documentazione e RAGIONE_SOCIALE valutazione delle risultanze istruttorie.
Quale che sia la censura in concreto formulata, la RAGIONE_SOCIALE non può, peraltro, risolversi in una critica che si sostanzi nella mera contrapposizione di una differente interpretazione, al fine di ottenere la revisione da parte del giudice di legittimità degli accertamenti di fatto compiuti dal giudice di merito.
Con il terzo motivo di ricorso è dedotta la violazione e falsa applicazione dell’art. 5, comma 14, del d.lgs. n. 517 del 1999, sotto un diverso profilo. Violazione ed errata applicazione del principio del contraddittorio e del giusto procedimento.
Assume il ricorrente che anche convenendosi, in ipotesi, sulla natura formalmente non disciplinare del provvedimento di allontanamento come prospettata dalla Corte d’appello , comunque dovrebbero trovare applicazione l’art. 7 RAGIONE_SOCIALE legge n. 300 del 1970 e più in generale le garanzie del contraddittorio e di difesa. Il provvedimento di allentamento deve essere motivato e preceduto da specifica e chiara contestazione, che consenta adeguata difesa. A
sostegno delle proprie tesi, il ricorrente richiama stralci delle difese svolte in appello e nel procedimento cautelare che ha preceduto il giudizio di merito.
6. Il motivo è inammissibile.
Lo stesso ricorrente (pag.4 del ricorso per cassazione) ricorda che era intervenuta nota di contestazione degli addebiti e di avvio del procedimento, che si può rilevare sono misure usualmente funzionali proprio a garantire il contraddittorio, di talché risulta generica la doglianza con cui lo stesso si duole RAGIONE_SOCIALE mancata di garanzie di contraddittorio e di difesa.
Quanto alla dedotta applicabilità, comunque, alla fattispecie dell’art. 7 RAGIONE_SOCIALE legge n. 300 del 1970, prospettata nel motivo dopo aver convenuto con l’affermazione del giudice di secondo grado RAGIONE_SOCIALE natura non disciplinare RAGIONE_SOCIALE procedura in esame, la questione si presenta nuova, e pertanto inammissibile, rispetto a quanto risulta devoluto alla Corte d’Appello dalla sentenza impugnata, chiamata a pronunciarsi sulla natura disciplinare RAGIONE_SOCIALE procedura e in ragione di ciò sull’applicazione del citato art.7 RAGIONE_SOCIALE legge n. 300 del 1970.
Con il quarto motivo di ricorso è dedotta la violazione dell’art. 360, n. 3, cod. proc. civ., violazione e falsa applicazione dell’art. 5, comma 14, del d.lgs. n. 517 del 1999 per un ulteriore profilo.
La Corte d’Appello avrebbe falsamente applicato il concetto di ‘gravissime mancanze ai doveri di ufficio’, nel ritenere integrate le stesse in capo al ricorrente. Il ricorrente ripercorre le vicende di causa e le risultanze istruttorie, ed espone che non era addebitabile ad esso medesimo la conoscenza e la mancata applicazione dei codici tariffari prestazioni FIVET e ICSI
Con il quinto motivo di ricorso si deduce la violazione e falsa applicazione dell’art. 2697 , cod. civ., e 2729, cod. civ.
È censurata la valutazione delle risultanze documentali ed istruttorie effettuata dalla C orte d’Appello in ragione dell’errata applicazione del criterio di riparto dell’onere RAGIONE_SOCIALE prova, con particolare riguardo al verbale del 26 novembre 2007 che sarebbe stato formato unilateralmente dall’RAGIONE_SOCIALE.
Con il sesto motivo di ricorso è dedotta la censura di omesso esame di fatti decisivi che sono stati oggetto di discussione tra le parti. L’omissione è specificata mediante la trascrizione di stralcio dell’atto di appello relativo alle attività RAGIONE_SOCIALE C ommissione di indagine.
10. I suddetti motivi di ricorso sono inammissibili.
Preliminarmente, si osserva che, in ragione dell’effetto devolutivo dell’appello, la sentenza di appello oggetto di ricorso di cassazione non può essere censurata per il tramite delle difese svolte e dei provvedimenti giurisdizionali intervenuti nei precedenti gradi di giudizio, prive di riscontri nella sentenza impugnata.
Sempre in via preliminare, si osserva che la censura di violazione del criterio del riparto dell’onere RAGIONE_SOCIALE prova ai sensi dell’art. 2697, cod. civ., rispetto al verbale del 26 novembre 2007, in quanto lo stesso era stato formato unilateralmente, appare nuova e pertanto inammissibile, non emergendone la prospettazione dalla sentenza di appello.
Come si evince dal ricorso per cassazione (si v., pagg. 10 e 11) già il Tribunale aveva affermato che il ricorrente era a conoscenza RAGIONE_SOCIALE tariffazione quantomeno dal novembre 2007, e rispetto a tale statuizione il ricorrente non prospetta, riportandolo nel ricorso, di aver proposto appello sul riparto del criterio dell’onere RAGIONE_SOCIALE prova, né dalla sentenza risulta la prospettazione di simile doglianza.
Le restanti censure sono anch’esse inammissibili . L a Corte d’Appello ha esaminato le prove tipiche e atipiche e in particolare ha affermato che in ordine al materiale probatorio
attestante la sussistenza del fatto concreto dal quale trarre elementi per la verifica delle gravi negligenze nello svolgimento RAGIONE_SOCIALE suddetta attività assistenziale (che il comma 14 descrive come gravissime mancanze ai doveri d’ufficio), dalle stesse relazioni del ricorrente si ricavava la sussistenza del fatto storico e le importanti dimensioni RAGIONE_SOCIALE vicenda.
Ha inoltre rilevato che dalle dichiarazioni scritte (e dai relativi allegati) di una delle pazienti risultava che a questa era stata data la informazione, dal professore e/o dalla sua equipe, circa il solo pagamento ticket, rilasciato effettivamente dal personale e non certo il corrispettivo tariffario sopra evidenziato.
La paziente dichiarava di essere stata rassicurata dal professore sulla possibilità di utilizzare il SSN (ossia pagamento ticket) e allegava 13 ricevute di pagamento ticket (2008-09) con codice ‘consulto ginecologico’ o ‘visita ostetrica’ e nessuna ricevuta col codice ICSI e relativo pagamento.
Tale complessivo quadro probatorio è stato motivatamente posto a posto a fondamento RAGIONE_SOCIALE affermata sussistenza RAGIONE_SOCIALE condotta ascritta al lavoratore.
A fronte di una argomentata valutazione delle risultanze documentali e probatorie specificamente indicate nella sentenza di appello, il ricorrente nella sostanza chiede alla Corte di rinnovare tale valutazione aderendo alla propria prospettazione.
Le censure, pertanto, al di là RAGIONE_SOCIALE formale deduzione in termini di violazione di legge, si risolvono nella proposizione di una diversa lettura delle risultanze processuali rispetto a quella compiuta dai giudici di merito, inammissibile nel giudizio di legittimità in ragione dei principi già sopra illustrati nella trattazione dei precedenti motivi di ricorso.
11. Il ricorso è inammissibile.
Le spese seguono la soccombenza e sono liquidate come in dispositivo.
PQM
La Corte dichiara inammissibile il ricorso.
Condanna il ricorrente al pagamento delle spese di giudizio che liquida in euro 5.000,00 per compensi professionali, euro 200,00 per esborsi, spese generali in misura del 15% e accessori di legge.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater del d.P.R. n. 115 del 2002, dà atto RAGIONE_SOCIALE sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1bis, dello stesso art. 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 7 maggio