Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 22956 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 1 Num. 22956 Anno 2025
Presidente: NOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 09/08/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 1983/2020 R.G. proposto da
RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante pro tempore ed elettivamente domiciliato in ROMA INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato NOME
-ricorrente –
contro
MINISTERO DELLE INFRASTRUTTURE E DEI TRASPORTI
-intimato –
Oggetto:
Pubblica
amministrazione
–
Appalto opere pubbliche –
Sospensione dei lavori –
Legittimità – Presupposti
R.G.N. 1983/2020
Ud. 26/06/2025 CC
avverso la sentenza della CORTE D’APPELLO MILANO n. 2271/2019 depositata il 24/05/2019.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del giorno 26/06/2025 dal Consigliere Dott. NOME COGNOME
RITENUTO IN FATTO
Con sentenza n. 2271/2019, pubblicata in data 24 maggio 2019, la Corte d’appello di Milano, nella regolare costituzione dell’appellato MINISTERO DELLE INFRASTRUTTURE E DEI TRASPORTI , ha solo parzialmente accolto l’appello proposto da RAGIONE_SOCIALE avverso la sentenza di primo grado n. 5293/2017 e, per l’effetto, ha condannato il MINISTERO DELLE INFRASTRUTTURE E DEI TRASPORTI alla corresponsione dell’importo di € 40.336,42, oltre accessori.
L’odierna ricorrente aveva agito quale cessionaria del “ramo lavori” della società RAGIONE_SOCIALE, originaria contraente del contratto d’appalto stipulato in data 18 luglio 2001 con il MINISTERO DEI LAVORI PUBBLICI ed avente ad oggetto la costruzione della nuova sede del Comando Provinciale dei Vigili del Fuoco di Lodi, premettendo in fatto di aver iscritto, per c.d. “andamento anomalo” od incongrua dilatazione dei tempi previsti, tre riserve: una per mancata produzione – riguardante una dilatazione di 836 giorni, con un danno calcolato di € 3.453.851,92 -; una inerente il termine finale – comunque rispettato -; ed una terza relativa all’adeguamento dei costi.
Aveva quindi chiesto -per quel che ancora rileva nella presente sede, la condanna del MINISTERO alla corresponsione degli importi di € 3.705.127,72 ed € 121.658,40 in riferimento, rispettivamente, alla prima ed alla terza riserva.
Costituitosi regolarmente il MINISTERO ed espletata attività istruttoria comprensiva di una CTU, il giudice di prime cure aveva disatteso la domanda, ritenendo che la presenza di difformità nelle varie copie dei medesimi documenti prodotte in giudizio valesse a privare la documentazione stessa di attendibilità, in particolare per quanto riguardava l’apposizione delle riserve.
La Corte d’appello di Milano, nell’accogliere il gravame, ha ritenuto, in primo luogo, che, in assenza di formale disconoscimento, la documentazione prodotta dallo stesso MINISTERO appellato poteva essere assunta come prova della tempestiva formulazione della prima riserva.
Valutando, poi, nel merito, la riserva, la Corte territoriale, sulla scorta del disposto di cui agli artt. 133 d.P.R. n. 554/1999; 24 D.M. n. 145/2000; 25 Legge n. 109/1994, ha ritenuto la riserva per mancata produzione solo parzialmente fondata, essendo legittime quattro delle cinque sospensioni contestate e solo parzialmente illegittima la residua sospensione.
La Corte d’appello, quindi, è giunta, al riconoscimento all’impresa della minor somma di € 40.336,42 in relazione alla sospensione ritenuta parzialmente illegittima.
In particolare, per quel che rileva nella presente sede, la Corte territoriale ha:
-ritenuto legittima una sospensione per variante del 25 ottobre 2002, in quanto di valore inferiore al 5% del valore del contratto ex art. 25 Legge n. 109/1994;
-ritenuto parzialmente illegittima una sospensione per varianti ed integrazioni del giorno 11 luglio 2003, rilevando, tuttavia, che l’odierna ricorrente non poteva vantare un diritto alla rifusione dei maggiori oneri in quanto, nonostante il protrarsi
della sospensione oltre il tempo ritenuto ragionevole, l’appaltatore non aveva provveduto a diffidare la stazione appaltante ex art. 133, d.P.R. n. 554/1999.
Per la cassazione della sentenza della Corte d’appello di Milano ricorre il FALLIMENTO RAGIONE_SOCIALE
È rimasto intimato il MINISTERO DELLE INFRASTRUTTURE E DEI TRASPORTI.
La trattazione del ricorso è stata fissata in camera di consiglio, a norma degli artt. 375, secondo comma, e 380bis .1, c.p.c.
Il ricorrente ha depositato memoria.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è affidato a due motivi.
1.1. Con il primo motivo il ricorso deduce, in relazione all’art. 360, n. 3, c.p.c., la violazione dell’ art. 25, comma 3, Legge n. 109/94.
Come sintetizzato in ricorso, si sostiene che ‘La Corte di Appello di Milano erra nell’interpretazione della norma predetta perché valuta la ammissibilità della variante ai sensi del comma 3 dell’art. 25 L. 109/94, avendo riguardo al solo limite quantitativo del 5%, ignorando gli altri limiti, formali e sostanziali, disposti dal legislatore ‘ .
Si impugna, in particolare, la decisione della Corte territoriale, nella parte in cui la stessa ha ritenuto legittima la sospensione per variante del 25 ottobre 2002, in quanto di valore inferiore al 5% del valore del contratto ex art. 25, Legge n. 109/1994.
Argomenta, in particolare, il ricorso che la Corte territoriale sarebbe incorsa in errore, ritenendo che il valore della variante debba essere determinato in relazione al solo valore del contratto, laddove l’applicazione della previsione di legge dovrebbe tenere conto anche dell’impatto che la var iante presenta sui lavori.
Evidenzia che l’ art. 25 Legge n. 109/1994 si riferisce a modifiche “di dettaglio”, laddove, nella specie le modifiche erano di tale natura da aver imposto la loro approvazione con la procedura di cui all’ art. 134, comma 5, d.P.R. n. 554/99.
Afferma, quindi, che ‘ limitandosi al dato del “prezzo” la Corte non ha provveduto ad un vaglio circa la “importanza” delle lavorazioni, imposto, invece, dalla norma citata; ha confuso il prezzo dell’appalto con la entità della variante; ha ignorato la forma utilizzata dall’Amministrazione che non è quella dell’Ordine di servizio disposto dal D.L. per aspetti di mero dettaglio ‘ .
1.2. Con il secondo motivo il ricorso deduce, in relazione all’art. 360, n. 3, c.p.c., la violazione dell’ art. 24 D.M. n. 145/2000.
Come sintetizzato in ricorso, si sostiene che ‘La Corte di Appello di Milano ha ritenuto una sospensione dei lavori illegittima per una parte, che ha provveduto a risarcire, data la illegittimità della variante in parte qua; erra però nel respingere nella restante parte la riserva poiché, pur avendo ammesso che la sospensione, legittimamente disposta per la realizzazione della variante, si è protratta irragionevolmente, l’impresa non avrebbe provveduto agli incombenti di cui ai commi 3 e 4 dell’art. 24 D.M. cit., nella fattispecie, invece, del tutto inapplicabili ‘ .
Si impugna, in particolare, la decisione della Corte territoriale, nella parte in cui la stessa ha ritenuto parzialmente illegittima la sospensione per varianti ed integrazioni del giorno 11 luglio 2003, ma ha ritenuto che l’odierna ricorrente non potesse vantare un diritto alla rifusione dei maggiori oneri in quanto, nonostante il protrarsi della sospensione oltre il tempo ritenuto ragionevole, la stessa non aveva provveduto a diffidare la stazione appaltante ex art. 133 d.P.R. n. 554/1999.
Argomenta, in particolare, il ricorso che la sospensione, sebbene in origine in parte legittima era diventata illegittima in quanto protrattasi per un periodo di tempo ‘abnorme rispetto a quanto necessario’ e che la Corte territoriale avrebbe erroneamente applicato l’art. 24 D.M. n. 145/2000, in quanto non erano venute meno le ragioni a fondamento della sospensione, non potendo quindi la ricorrente, quale appaltatore, esercitare la facoltà di diffidare la stazione appaltante e di chiedere lo scioglimento del rapporto.
Come sintetizzato dalla ricorrente, quindi, ‘la sospensione era legittima, si protrae eccessivamente e diventa illegittima, ben oltre il tempo adeguato alla progettazione ex comma II dell’art. 24 D.M. 145/00; l’Impresa non poteva diffidare la S.A. alla ripresa ex art. 24, comma III, D.M. 145/00, perché la variante non era stata approvata e quindi i lavori non potevano iniziare, non ostante fosse decorso il termine adeguato di cui al comma II; l’Impresa non poteva chiedere lo scioglimento, ex art. 24, comma IV, D.M. 145/00, perché tale comma non si applica alle sospensioni parziali’ .
Questa Corte deve rilevare preliminarmente la mancata integrazione del contraddittorio nei confronti del MINISTERO DELLE INFRASTRUTTURE E DEI TRASPORTI, essendo la notifica del ricorso viziata, in quanto effettuata presso l’Avvocatura Distrettuale di Milano e non presso l’Avvocatura Generale dello Stato a Roma.
Non si ritiene, tuttavia, di disporre la rinnovazione della notifica, potendo nella specie trovare applicazione il principio, più volte affermato da questa Corte, per cui il rispetto del diritto fondamentale ad una ragionevole durata del processo impone al giudice (ai sensi degli artt. 175 e 127 c.p.c.) di evitare e impedire comportamenti che siano di ostacolo ad una sollecita definizione dello stesso; con la conseguenza che se il ricorso per cassazione appare prima facie
inammissibile o infondato, è superfluo, pur potendone sussistere i presupposti, disporre la fissazione di un termine per l’integrazione del contraddittorio ovvero per la rinnovazione di una notifica nulla o inesistente, atteso che la concessione di esso si tradurrebbe, oltre che in un aggravio di spese, in un allungamento dei termini per la definizione del giudizio di cassazione senza comportare alcun beneficio per la garanzia dell’effettività dei diritti processuali delle parti. (Cass. Sez. 2 – Ordinanza n. 12515 del 21/05/2018; Cass. Sez. 2 – Sentenza n. 11287 del 10/05/2018; Cass. Sez. 3, Sentenza n. 15106 del 17/06/2013).
Ciò premesso, i motivi di ricorso sono, nel complesso, inammissibili.
3.1. Quanto al primo motivo, infatti, la censura con il medesimo formulata viene ad investire unicamente l’affermazione contenuta nella decisione impugnata -per cui la variante all’origine della sospensione del 25 ottobre 2002 andava ritenuta legittima, in quanto di valore inferiore al 5% del valore del contratto, trovando quindi applicazione l’ art. 25, Legge n. 109/1994.
Il motivo, invece, non censura quella che deve ritenersi una vera e propria ratio alternativa della decisione della Corte territoriale sul punto, avendo la Corte medesima evidenziato (pag. 16 della motivazione) la presenza nel primo contratto aggiuntivo della precisazione per cui “La variante è riconducibile all’ipotesi di cui all’art. 25, comma 3, della legge n. 109/94 e succ. modif ed integraz.” .
Tale precisazione è stata quindi valutata dalla Corte territoriale come concorde indicazione delle parti circa la riconducibilità delle modifiche dei lavori all’ipotesi di cui all’ art. 25 Legge n. 109/1994,
senza che detta argomentazione sia stata fatta oggetto di specifica censura nel ricorso.
Deve, conseguentemente, trovare applicazione il principio per cui, qualora la decisione impugnata si fondi su di una pluralità di ragioni, tra loro distinte ed autonome, ciascuna delle quali logicamente e giuridicamente sufficiente a sorreggerla, è inammissibile il ricorso che non formuli specifiche doglianze avverso una di tali rationes decidendi , neppure sotto il profilo del vizio di motivazione (Cass. Sez. U, Sentenza n. 7931 del 29/03/2013; Cass. Sez. L, Sentenza n. 4293 del 04/03/2016; Cass. Sez. 6 -3, Ordinanza n. 16314 del 18/06/2019).
3.2. Quanto al secondo motivo, lo stesso risulta ampiamente -ed inammissibilmente -versato in fatto, in quanto viene a richiamare una nutrita serie di presupposti fattuali (illustrati alle pagg. 23 e 24 del ricorso) che non possono essere valutati in questa sede, neppure nella forma della non contestazione, non avendo la parte né illustrato -con l’adeguata specificità di cui all’art. 366 c.p.c. – i profili dai quali detta non contestazione dovrebbe evincersi, né, ancor prima, dedotto un inadeguato governo dell’art. 115 c.p.c.
Il ricorso, in realtà, dietro l’apparente deduzione dell’inadeguato governo dell’art. 24 D.M. n. 145/2000, viene a sollecitare un sindacato sulla valutazione -espressa dalla Corte territoriale sulla scorta delle conclusioni della consulenza tecnica disposta in corso di giudizio -della fondatezza solo parziale della riserva espressa dall’odierna ricorrente , chiedendo quindi a questa Corte di operare una inammissibile nuova valutazione dei profili in fatto e del merito della vicenda.
Il ricorso deve quindi essere dichiarato inammissibile.
Non vi è luogo a statuire sulle spese, in assenza di costituzione del MINISTERO evocato.
5. Stante il tenore della pronuncia, va dato atto, ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater D.P.R. n. 115/02, della “sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso a norma del comma 1-bis dello stesso art. 13, se dovuto” , spettando all’amministrazione giudiziaria verificare la debenza in concreto del contributo, per la inesistenza di cause originarie o sopravvenute di esenzione dal suo pagamento (Cass. Sez. U, Sentenza n. 4315 del 20/02/2020).
P. Q. M.
La Corte, dichiara inammissibile il ricorso.
Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13 comma 1quater, nel testo introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, ove dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Sezione Prima