Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 3908 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 1 Num. 3908 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 16/02/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n° 20910 del ruolo generale dell’anno 2019 , proposto da
RAGIONE_SOCIALE , codice fiscale CODICE_FISCALE, corrente in81030-Cancello ed Amone (CE), RAGIONE_SOCIALE, in proprio nonché in nome e per conto dell’Associazione temporanea di imprese costituita da essa RAGIONE_SOCIALE (impresa capogruppo), dalla ditta RAGIONE_SOCIALE COGNOME Maria Rosalba (impresa mandante) e da RAGIONE_SOCIALE (impresa mandante), come da mandato collettivo speciale con rappresentanza di associazione temporanea d’impresa costituita con atti della dott.ssa NOME COGNOME Notaio in Grazzanise, Rep. n. 21088 e 21220 – Racc. n. 4341 e 4365 registrati in Caserta in data 8.9.1999 ed in data 27.9.1999, in persone del legale rappresentante p.t., sig. NOME COGNOME rappresentata e difesa, giusta procura speciale rilasciata il 13 giugno 2019, dall’Avv. NOME COGNOME codice fiscale CODICE_FISCALE con patrocinio innanzi alla Suprema Corte, presso il cui studio sono elettivamente domiciliati, in Isernia, alla INDIRIZZO Affari), int. B/24 (telefax NUMERO_TELEFONO; pec: EMAIL);
Tarozzi NOME
Intimato
avverso la sentenza della Corte d’appello di Brescia n° 905 depositata il 28 maggio 2018.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 6 febbraio 2025 dal consigliere NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
1 .- La appaltatrice RAGIONE_SOCIALE, nella qualità indicata in intestazione, conveniva davanti il tribunale di Brescia la committente Provincia di Mantova, committente, onde ottenere (a) il pagamento di euro 441.835,11 (riserva 2) per i maggiori oneri derivati dall’illegittima sospensione dei lavori ordinata dalla Stazione appaltante (aventi ad oggetto la circonvallazione di Medole); (b) il pa-
Ricorrente Controricorrente
contro
Provincia di Mantova , con sede in Mantova, INDIRIZZO (C.F. P_IVA, P. IVA P_IVA) in persona del Presidente pro tempore Sig. NOME COGNOME rappresentata e difesa, giusta procura speciale in calce al controricorso e in forza di determinazione n. 579 del 24.7.2019 del Dirigente dell’Area 5 – Lavori pubblici e trasporti della Provincia di Mantova Dott. NOME COGNOME, dal Prof. Avv. NOME COGNOME del Foro di Mantova (C.F. CLM PLA CODICE_FISCALE E897Lind. PEC EMAIL mantova.pecavvocati.it – Fax n. NUMERO_TELEFONO), nonché dall’Avv. NOME COGNOME del Foro di Roma (C.F. SPR CODICE_FISCALE, pec: EMAIL, tel. NUMERO_TELEFONO -fax NUMERO_TELEFONO) del Foro di Roma, con domicilio eletto presso la persona e studio di quest’ultimo in Roma, INDIRIZZO
Controricorrente Ricorrente incidentale
nonché contro
gamento di euro 629.908,16 (riserva 3) per i maggiori oneri da ridotta produttività; (c) la disapplicazione delle penali richieste dalla Provincia (riserva 4); (d) il pagamento di euro 399.593,71 per riequilibrio contrattuale (riserva 5); (e) il pagamento di euro 67.247,80 per aggiornamento del prezzo contrattuale (riserva 6).
La convenuta contestava le domande attoree e in via riconvenzionale chiedeva la condanna della COGNOME a pagare 47.200,01 a titolo di penale per il ritardo nella consegna delle opere appaltate; euro 44.827,86 per il ritardo nei frazionamenti dei suoli da espropriare; euro 19.120,96 per maggiori oneri derivanti dalla protrazione delle occupazioni d’urgenza.
2 .- Il tribunale rigettava tutte le domande attoree ed accoglieva tutte le richieste della convenuta.
Su appello della COGNOME la Corte d’appello di Brescia, con la sentenza indicata in epigrafe rigettava il primo motivo di appello.
In particolare, accertava che (a) la sospensione dei lavori ordinata dalla Provincia per 221 giorni (dal 15 marzo al 22 ottobre 2002) era legittima, essendo stata disposta non per difetti del progetto esecutivo, ma per apportare varianti tecniche suggerite dalla stessa appaltatrice; di conseguenza, era infondata la pretesa della Nicro (riserva 2) di ottenere dalla Provincia il risarcimento pari ad euro 441.835,11; (b ) il motivo d’appello concernente il rigetto della riserva n° 3 (euro 629.908,16 per maggiori oneri da ridotta produttività) era aspecifico; in ogni caso, come accertato dal c.t.u., le difficoltà operative sollevate con la riserva riguardavano generici aspetti costruttivi, interferenze con i sottoservizi di altri Enti ed una serie di difficoltà riconducibili alle opere di dettaglio normalmente incontrate nella fase operativa dei lavori, che nella fattispecie erano state affrontate e risolte dal direttore dei lavori, dal Rup e dal collaudatore; la lamentata assenza dei disegni esecutivi delle opere in cemento armato era infondata, in quanto essi erano a carico dell’appaltatrice; ( c) le doglianze concernenti il rigetto delle riserve
n° 5 e 6 erano inammissibili, dato che presupponevano che il ritardo nell’esecuzione dell’appalto fosse addebitabile alla committente; (d) la censura del rigetto della riserva n° 4 era infondata, poiché i frazionamenti delle aree da espropriare erano a carico della Nicro. In parziale accoglimento del secondo motivo di impugnazione, col quale la Nicro si doleva dell’accoglimento delle domande riconvenzionali della Provincia, la Corte territoriale accertava invece che:
(e ) il ritardo nell’ultimazione dei lavori d’appalto commessi dalla Provincia di Mantova all’Ati odierna ricorrente era di 536 giorni (e non di 591 giorni, come ritenuto dal primo giudice a causa di un errore di calcolo); condannava, pertanto, la COGNOME RAGIONE_SOCIALE a pagare alla committente la minor somma di euro 32.278,75 (al posto del maggior importo di euro 46.481,40); (f) il ritardo nella consegna degli elaborati relativi al frazionamento dei terreni da sottoporre ad esproprio era di giorni 400 (e non di giorni 434, come ritenuto dal primo giudice), da cui detrarre 60 giorni previsti da contratto per l’esecuzione degli incombenti; condannava pertanto l’appaltatore a pagare alla Provincia la minor somma di euro 35.118,60; (g) che le clausole penali contrattuali non prevedevano alcuna risarcibilità dei danni ulteriori; revocava, quindi, le condanne della COGNOME a pagare alla Stazione appaltante euro 19.076,91 ed euro 435.000,00.
Da ultimo, la Corte dichiarava assorbito l’appello incidentale della Provincia di Mantova.
3 .- Per la cassazione di questa sentenza ricorre RAGIONE_SOCIALE sempre nella qualità indicata in epigrafe, affidando l’impugnazione a due motivi.
La Provincia resiste e formula un motivo di ricorso incidentale, cui resiste la COGNOME con controricorso.
È rimasto meramente intimato l’ingegner NOME COGNOME direttore dei lavori, chiamato in causa dalla Provincia di Mantova.
Il ricorso è stato assegnato per la trattazione in Adunanza Camerale ai sensi dell’art. 380 -bis cod. proc. civ.
Solo la resistente ha depositato una memoria ai sensi dell’art. 380 -bis .1 cod. proc. civ., nella quale segnala l’esistenza di due errori materiali nel controricorso.
RAGIONI DELLA DECISIONE
4 .- Col primo motivo (intitolato ‘ Violazione e falsa applicazione dell’art. 2697, c. II, in relazione all’art. 360, c. I, n. 3, c.p.c. ‘) la ricorrente deduce che la Corte d’appello avrebbe ritenuto legittima la sospensione dei lavori per 221 giorni (dal 15 marzo al 22 ottobre 2002) in quanto le varianti erano state adottate non per difetti del progetto esecutivo iniziale, come affermato dall’appellante, ma al contrario, per ragioni tecniche che proprio l’ingegner NOME COGNOME in rappresentanza dell’ATI, aveva proposto: donde, secondo la Corte, la legittimità della sospensione predetta ai sensi degli artt. 25, primo comma, della legge n° 109/1994, e 24 del d.m. n° 145/2000, non avendo la COGNOME, peraltro, mai allegato che i diversi materiali e le differenti tecnologie utilizzate per la variante fossero già esistenti al momento della prima progettazione.
Tuttavia, decidendo in tal modo, la Corte aveva posto a carico della COGNOME l’onere di allegare e dimostrare che la sospensione doveva considerarsi illegittima in ragione della pregressa esistenza, al momento dell’originaria progettazione, dei diversi materiali e tecnologie poi dedotti nell’ambito della perizia di variante, mentre avrebbe dovuto essere la Provincia di Mantova a provare l’esistenza di tale ‘ fatto modificativo ‘.
5 .- Il motivo è inammissibile per più ragioni.
Anzitutto, esso non coglie l’esatta ratio decidendi della Corte di merito.
È, infatti, fin troppo noto che la violazione dell’art. 2697 cod. civ. si configura se il giudice di merito applica la regola di giudizio fondata sull’onere della prova in modo erroneo, cioè attribuendo l’ onus pro-
bandi a una parte diversa da quella che ne era onerata secondo le regole di scomposizione della fattispecie basate sulla differenza fra fatti costituivi ed eccezioni (Cass., sez. VI-3, 23 ottobre 2018, n° 26769).
Detta violazione non si può ravvisare nella mera circostanza che il giudice abbia valutato le prove proposte dalle parti attribuendo maggior forza di convincimento ad alcune piuttosto che ad altre, essendo tale attività consentita dal paradigma dell’art. 116 c.p.c., che non a caso è rubricato alla ” valutazione delle prove “.
Peraltro, è stato anche precisato che il principio dell’onere della prova (regola residuale di giudizio in conseguenza della quale la mancanza, in seno alle risultanze istruttorie, di elementi idonei all’accertamento della sussistenza del diritto in contestazione determina la soccombenza della parte onerata della dimostrazione dei relativi fatti costitutivi) non implica anche che la dimostrazione del buon fondamento del diritto vantato dipenda unicamente dalle prove prodotte dal soggetto gravato dal relativo onere, e non possa, altresì, desumersi da quelle espletate, o comunque acquisite, ad istanza ed iniziativa della controparte, atteso che vige, nel nostro ordinamento processuale, in uno con il principio dispositivo, quello cosiddetto ” di acquisizione probatoria “, secondo il quale le risultanze istruttorie, comunque ottenute (e qual che sia la parte ad iniziativa della quale sono state raggiunte), concorrono, tutte ed indistintamente, alla formazione del libero convincimento del giudice, senza che la relativa provenienza possa condizionare tale convincimento in un senso o nell’altro, e senza che possa, conseguentemente, escludersi la utilizzabilità di un prova fornita da una parte per trarne argomenti favorevoli alla controparte ( ex multis : Cass. sez. L, 28 agosto 2024, n° 23286, con menzione di altri precedenti).
Ora, la Corte non ha deciso che la sospensione dei lavori fosse legittima predicando il mancato assolvimento dell’onere probatorio a
carico della COGNOME ma ha, anzitutto, valorizzato le prove già presenti in atti, ossia la c.t.u. dell’ingegner NOME COGNOME nonché la ‘ documentazione in atti ‘ (sentenza pagina 15), analiticamente commentata e valutata nelle pagine 16 e seguenti.
La Corte, infatti, ha confrontato il progetto iniziale e la variante, facendo osservare che le modifiche erano state introdotte non per l’emenda di precedenti errori di progettazione, ma per accedere alle richieste di modifica della stessa appaltatrice ed agevolare la realizzazione dell’opera e che nessun errore di progettazione, né alcuna omissione, erano stati denunciati dalla COGNOME nel corso di vari incontri effettuati con la DL e col RUP.
L’impresa, inoltre, sempre secondo la Corte, non aveva inserito alcuna riserva nel verbale di sospensione dei lavori, nel verbale di concordamento dei nuovi prezzi e nel verbale di ripresa, mentre le prime doglianze sulle carenze di progettazione sarebbero state avanzate solo con la terza riserva il 22 gennaio 2004 (sentenza pagina 20).
Quanto al passaggio motivazionale secondo il quale la COGNOME non avrebbe ‘ mai allegato che i diversi materiali e tecnologie utilizzate per la variante fossero già esistenti al momento della prima progettazione ‘ (pagine 18 -19), esso appare impropriamente evocato dalla ricorrente al fine di denunciare un insussistente inversione dell’onere probatorio.
Sol che si legga l’intera motivazione della sentenza, infatti, appare chiaro che la decisione è fondata sulle risultanze della c.t.u. e sui documenti di causa, mentre lo snodo logico or ora trascritto ha solo avuto la funzione di rafforzare quanto già risultante dalla menzionata consulenza e dai predetti documenti.
In secondo luogo, la ricorrente non censura l’ulteriore ratio decidendi della sentenza impugnata.
La Corte, infatti, a pagina 21, ha ben chiarito che la COGNOME era decaduta dal diritto di iscrivere riserve in ordine alla legittimità della
sospensione dei lavori già prima della data della iscrizione della riserva 2 e tale ulteriore ratio non risulta minimamente censurata col motivo in esame: donde l’ulteriore ragione di sua inammissibilità.
6 .- Col secondo mezzo -intitolato ‘ Violazione e falsa applicazione dell’art. 112 c.p.c., in relazione all’art. 360, c. I, n. 4, c.p.c. ‘ -la COGNOME lamenta un’extrapetizione.
La Corte territoriale avrebbe rigettato la pretesa fondata sulla riserva 2 asserendo che le varianti ordinate dalla PA erano conformi all’art. 25, terzo comma, della legge n° 109/1994, in quanto finalizzate al miglioramento dell’opera ed alla sua funzionalità, mentre la Provincia aveva predicato la legittimità della sospensione sulla base di diverse allegazioni, ossia asserendo che essa sarebbe stata disposta dal D.L. dopo che l’impresa, per propria convenienza e per sua iniziativa, aveva proposto di sostituire i manufatti idraulici previsti in progetto con altri e diversi manufatti idraulici prefabbricati.
7 .- Anche questa doglianza è inammissibile.
Innanzi tutto, essa è priva di autosufficienza: non è stata, infatti, trascritta l’intera comparsa di costituzione e risposta della Provincia, mentre nel controricorso (pagina 12) la Provincia obietta che nella predetta comparsa venne allegata la legittimità della sospensione dei lavori essendo ‘ conforme all’art. 25 della l. n. 109/94 ‘, poiché ‘ riferita a varianti di lavorazioni proposte dalla stessa impresa e conformi all’interesse di questa ‘.
Secondariamente essa non coglie, ancora una volta, l’esatta ratio decidendi della sentenza, essendo oltremodo chiaro dal testo della decisione che una delle ragioni su cui si fonda l’asserzione di legittimità della sospensione dei lavori è l’intervenuto accordo tra appaltatrice e stazione appaltante, menzionato in più punti della sentenza alle pagine 19, 22 e 29.
Sicché, anche concedendo l’argomentazione del mezzo in esame, la decisione impugnata sarebbe comunque retta da una motivazione
idonea e intangibile -e di fatto non contrastata -nella presente sede.
8 .-Si passa ora all’esame del ricorso incidentale.
Con l’ unico mezzo di ricorso incidentale (rubricato ‘ Violazione e falsa applicazione dell’art. 1382 e.e., in relazione all’art. 1360, comma l, n. 3 c.p.c. ‘) la Provincia lamenta che la Corte d’appello abbia accolto parzialmente il secondo mezzo d’impugnazione proposto dalla COGNOME ed abbia conseguentemente annullato il capo della sentenza del tribunale col quale l’appaltatrice era stata condannata a pagarle euro 19.076,91, per la proroga dell’occupazione d’urgenza derivante dal ritardo nella consegna delle opere, ed euro 435.000,00, che la committente aveva dovuto pagare all’espropriato, NOME COGNOME in ragione del ritardo nell’emissione del decreto di esproprio, causato dalla tardiva effettuazione dei frazionamenti.
La Corte aveva rilevato che gli importi venivano pretesi in base alle penali contrattuali, ma l’art. 34 del Capitolato speciale d’appalto non prevedeva la risarcibilità del danno ulteriore: conclusione erronea, in quanto le penali ex art. 34 erano previste per il ritardo, mentre le somme indicate erano state chieste a titolo risarcitorio per l’inadempimento nella redazione dei frazionamenti.
9 .-Osserva la Corte che la sentenza della Corte d’appello non è stata notificata e risulta depositata il 28 maggio 2018.
Il ricorso principale è stato notificato il 28 giugno 2019, ossia entro l’anno da tale deposito, compresa la sospensione feriale (art. 327 cod. proc. civ., nel testo anteriore alle modifiche introdotte con l’art. 46, diciassettesimo comma, della legge n° 69/2009, applicabile ratione temporis ) e depositato il 18 luglio 2019.
Il termine per la notifica del controricorso (art. 370 cod. proc. civ., nel testo anteriore alle modifiche del d.lgs. n° 149/2022, anch’esso applicabile ratione temporis ) scadeva pertanto il 7 settembre 2019
(venti giorni dalla scadenza del termine per il deposito del ricorso principale, cui vanno sommati 31 giorni di sospensione feriale).
Il controricorso contenente il ricorso incidentale risulta invece notificato il 16 ottobre 2019, con la conseguenza che esso è tardivo e, in ragione dell’inammissibilità del ricorso principale, ha perso ogni efficacia ai sensi dell’art. 334, secondo comma, cod. proc. civ.
10 .- Alla soccombenza della ricorrente segue la sua condanna alla rifusione delle spese di lite in favore della Provincia, per la cui liquidazione -fatta in base al d.m. n° 55 del 2014, come modificato dal d.m. n° 147 del 2022, ed al valore della controversia (euro 441 mila, pari a quanto dichiarato all’atto dell’iscrizione a ruolo) si rimanda al dispositivo che segue.
La mancata costituzione del terzo chiamato in causa, NOME COGNOME giustifica la compensazione integrale delle spese nei suoi confronti.
Va, infine, dato atto della sussistenza dei presupposti di cui all’articolo 13, comma 1 -quater, del decreto del presidente della repubblica 30 maggio 2002 n° 115, per il raddoppio del contributo unificato a carico della ricorrente, ove dovuto.
p.q.m.
la Corte dichiara inammissibili i due motivi di ricorso principale e dichiara la perdita di efficacia dell’unico motivo del ricorso incidentale tardivo. Condanna la RAGIONE_SOCIALE nella qualità indicata in epigrafe, a rifondere alla Provincia di Mantova le spese del presente grado di giudizio, che liquida in euro 7.000,00 per compensi ed euro 200,00 per esborsi, oltre al rimborso forfettario delle spese in ragione del 15%, oltre al cp ed all’iva, se dovuta. Dichiara integralmente compensate le spese tra la ricorrente e l’intimato NOME COGNOME. Dà atto della sussistenza dei presupposti di cui all’articolo 13, comma 1 -quater, del decreto del presidente della repubblica 30 maggio 2002 n° 115, per il raddoppio del contributo unificato a carico della ricorrente, ove dovuto.
Così deciso in Roma il 6 febbraio 2025, nella camera di consi-