Sentenza di Cassazione Civile Sez. L Num. 1254 Anno 2024
Civile Sent. Sez. L Num. 1254 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME COGNOME
Data pubblicazione: 11/01/2024
SENTENZA
sul ricorso 28846-2021 proposto da:
A.T.E.R.P. – AZIENDA RAGIONE_SOCIALE PER L’EDILIZIA RESIDENZIALE PUBBLICA DELLA CALABRIA, in persona del Commissario Straordinario e legale rappresentante pro tempore, domiciliata in ROMA INDIRIZZO presso LA CANCELLERIA DELLA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE, rappresentata e difesa dall’avvocato NOME COGNOME;
– ricorrente –
contro
COGNOME NOME;
Oggetto
R.G.N. 28846/2021
COGNOME
Rep.
Ud. 05/10/2023
PU
avverso la sentenza n. 644/2021 della CORTE D’APPELLO di CATANZARO, depositata il 14/07/2021 R.G.N. 1293/2016;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 05/10/2023 dal Consigliere Dott. COGNOME NOME COGNOME
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. NOME COGNOME che ha concluso per il rigetto del ricorso;
udito l’Avvocato NOME COGNOME
udito l’Avvocato NOME COGNOME per delega verbale avvocato NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
La Corte di appello di Catanzaro con la sentenza n.644 /21 aveva accolto parzialmente il ricorso di RAGIONE_SOCIALE -Azienda territoriale per l’edilizia Residenziale Pubblica per la Calabria-avverso la decisione con cui il tribunale di Cosenza aveva condannato l’A zienda a pagare a COGNOME Giuseppe le somme relative alla prestazione svolta nel mese di luglio 2015 e nei primi nove giorni dell’agosto 2015, nonché le somme a titolo di risarcimento per l’illegittimo recesso ante tempus dal contratti a progetto stipulato tra le parti.
Quanto alle prime somme la corte riteneva che l’eccezione di avvenuto pagamento di quanto dovuto per il mese di luglio e primi giorni di agosto non aveva trovato riscontro nelle buste paga prodotte nel primo grado di giudizio.
Con riguardo alle somme liquidate a titolo di risarcimento del danno, la Corte territoriale riteneva, illegittima la clausola di cui all’art. 9 del contratto tra le parti in quanto,
questo, subordinava il pagamento della prestazione alla erogazione di fondi regionali di finanziamento del Progetto. Riteneva altresì illegittimo il recesso anticipato (comunicato il 6 ottobre 2016 ) per il periodo 10.8.20159.8.2016 allorchè solo in tale ultima data si era concretizzata, con la Delibera regionale, la causa di risoluzione dei contratti in questione per cessazione del finanziamento del pr ogetto. Il Giudice d’appello, valutando che il recesso non poteva essere ad effetto retrodatato, limitava in tal modo il danno, peraltro confermando che nel periodo su indicato la sospensione del progetto e della prestazione disposta dall’Aterp era da ritenersi illegittima non trovando essa giustificazione nelle disposizioni contrattuali. A tal fine valutava che la scadenza del contratto era fissata al 30.6.2017 e che le parti potevano recedere anticipatamente (art 12) solo per una giusta causa, quale la sospensione o cessazione del finanziamento del progetto avvenuta con delibera del 9.8.2016.
La Corte escludeva l’applicazione alla fattispecie del disposto dell’art. 9 del contratto poiché nel periodo in questione (10.8.2015- 9.8.2016) non si era verificata una prestazione non pagata, ma una sospensione di fatto del rapporto non prevista e dunque illegittima.
Avverso detta decisione l’Aterp proponeva ricorso affidato a cinque motivi cui resisteva con controricorso COGNOME Giuseppe anche con successiva memoria.
L’Ufficio della Procura Generale depositava memoria.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1)-Con il primo motivo di ricorso è dedotta violazione di legge (art. 360, co. 1, n. 3, c.p.c.) con riguardo agli artt. 1362, 1363, 1341, 1256, 1218, 1176, 1206 c.c.; si assume, in particolare, l’erronea interpretazione delle
clausole del contratto a progetto e la sua impossibilità temporanea, poi definitiva, per factum principis ; si rileva inoltre che ai lavoratori era nota la clausola che subordinava il pagamento della prestazione all’erogazione dei finanziamenti regionali, oltre che non sia stato considerato che la sospensione era contenuta nell’art. 12 del contratto quale causa di recesso anticipato.
2)-Con il secondo motivo la sentenza impugnata viene censurata per violazione di legge ai sensi dell’art. 360, co. 1, n. 4, c.p.c.; si lamenta la contraddittorietà e l’apparenza della motivazione con riguardo a quanto statuito dall’art. 9 del contratto, ossia che in caso di recesso anticipato fosse pagata solo la prestazione effettuata, e al riconoscimento di danno da mancata retribuzione per una prestazione mai svolta.
3)-Con il terzo motivo si deduce violazione di legge per omesso esame di fatto decisivo (art. 360, co. 1. n. 5, c.p.c.), essendo la legittimità della sospensione determinata dalla mancanza di risorse regionali, così come la risoluzione.
3-a)-I primi tre motivi possono trattarsi congiuntamente per la loro connessione.
Essi non sono fondati, quanto ai lamentati vizi di interpretazione del contratto di lavoro a progetto, perché la Corte di merito ha dato atto del contenuto dello stesso ed ha valutato, in fatto, che la sospensione del rapporto non era sorretta da alcuna precedente determinazione di sospensione dei finanziamenti, mentre la cessazione dei finanziamenti era stata attestata solo con la delibera della Giunta regionale del 2016. Ha, pertanto, ritenuto il periodo di sospensione non coperto, per così dire, da alcuna valida giustificazione, se non espressa a posteriori , e dunque che non potesse farsi valere retroattivamente la delibera del
2016, produttiva di effetti solo dal momento della sua emanazione.
A tale interpretazione del contratto e dei suoi effetti giuridici, congruamente e logicamente motivata nella sentenza impugnata, parte ricorrente contrappone la propria differente interpretazione delle previsioni del contratto in materia di risoluzione del rapporto per revoca del finanziamento regionale, includendovi anche il periodo in cui essa non era stata formalmente disposta; ciò in contrasto con il principio, consolidato nella giurisprudenza di legittimità (tra le molte, Cass. n. 3964/2019), secondo cui, in tema di interpretazione del contratto, quella data dal giudice non deve invero essere l’unica interpretazione possibile, o la migliore in astratto, ma solo una delle possibili e plausibili interpretazioni, sicché, quando di una clausola contrattuale sono possibili due o più interpretazioni (plausibili), non è consentito alla parte che aveva proposto l’interpretazione poi disattesa dal giudice di merito dolersi in sede di legittimità del fatto che sia stata privilegiata l’altra.
E’ parimenti consolidato il principio, secondo cui, posto che l’accertamento della volontà delle parti in relazione al contenuto di un negozio giuridico si traduce in un’indagine di fatto affidata al giudice di merito, il ricorrente per cassazione, al fine di far valere la violazione dei canoni legali di interpretazione contrattuale di cui agli artt. 1362 e ss. c.c., non solo deve fare esplicito riferimento alle regole legali di interpretazione, mediante specifica indicazione delle norme asseritamente violate ed ai principi in esse contenuti, ma è tenuto, altresì, a precisare in quale modo e con quali considerazioni il giudice del merito si sia discostato dai canoni legali assunti come violati o se lo stesso li abbia applicati sulla base di argomentazioni illogiche od insufficienti non potendo, invece, la censura
risolversi nella mera contrapposizione dell’interpretazione del ricorrente e quella accolta nella sentenza impugnata (Cass. n. 9461/2021; cfr. anche Cass. n. 4460/2020).
Rispetto a tali principi non colgono nel segno le doglianze di motivazione omessa o apparente (che ricorre allorquando il giudice di merito ometta di indicare gli elementi da cui ha tratto il proprio convincimento ovvero li indichi senza un’approfondita loro disamina logica e giuridica, rendendo impossibile ogni controllo sull’esattezza e sulla logicità del suo ragionamento – cfr. Cass. n. 9105/2017; conf. Cass. n. 20921/2019), avendo la Corte di merito chiaramente illustrato i motivi del diverso rilievo, ai fini risarcitori, assegnato alla sospensione del rapporto, non essendo provata la coeva cessazione del finanziamento regionale e non essendo la sospensione del contratto prevista dallo stesso, rispetto alla sua risoluzione di un anno successiva, essendo (solo allora) stato dimostrato, perché deliberato dalla Giunta regionale, l’avveramento della condizione risolutiva del contratto a progetto. Nessun profilo di contraddizione è dunque ravvisabile nella impugnata pronuncia, con ciò risultando differente rispetto ad altro precedente pure valutato da questa Corte di legittimità (Cass.n. 21846/2022).
Neppure meritevoli di accoglimento risultano le censure di omesso esame di fatti decisivi, che si risolvono in una critica del governo delle prove, attività spettante ai giudici di merito (v. Cass. n. 15568/2020, e giurisprudenza ivi richiamata; Cass. n. 20814/2018, n. 20553/2021).
4)- Con il quarto motivo è denunciata la violazione e falsa applicazione degli artt. 112 e 113 c.p.c e art 2697 c.c.
5)-Il quinto motivo evidenzia la violazione di legge – Error in iudicandononché l’omesso esame di fatto decisivo (art.
360 co.1 n. 5 c.p.c.)
Con tali motivi la parte ricorrente si duole della statuizione circa la eccezione di avvenuto pagamento delle prestazioni rese nel luglio e primi giorni di agosto 2015. Rileva a riguardo che la busta paga di luglio era allegata al fascicolo di primo grado e che nei primi 10 giorni del mese successivo non era stata svolta nessuna prestazione.
Le censure sono inammissibili.
La doglianza di parte ricorrente ha ad oggetto la ritenuta omessa valutazione delle buste paga depositate attestative, a suo dire, dell’avvenuto pagamento.
Si osserva che la corte di merito, in realtà, non ha omesso la valutazione invocata, ma ha valutato che tale produzione documentale non fosse utile a dimostrare l’avvenuto pagamento. Nessun vizio omissivo è dunque evincibile. Al più, sarebbe ipotizzabile un vizio revocatorio, non azionato in questa sede, ove emergesse contrasto fra due diverse rappresentazioni dello stesso fatto e dunque un errore percettivo (Cass.n. 16902/2021).
Per quanto detto, il ricorso deve complessivamente essere rigettato.
Le spese seguono il principio di soccombenza.
Sussistono i presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente dell’ulteriore importo, a titolo di contributo unificato, ove dovuto.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso; condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali liquidate in E. 3.500,00 per compensi ed E. 200,00 per spese oltre spese generali nella misura del 15% ed accessori di legge.
Ai sensi dell’art. 13 comma quater del d.p.r. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente dell’ulteriore importo, a titolo di contributo unificato pari a quello
previsto per il ricorso, a norma del comma 1-bis, dello stesso articolo 13, ove dovuto.
Cosi’ deciso in Roma il 5 ottobre 2023.
Il Consigliere estensore Il Presidente