Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 3288 Anno 2024
Civile Ord. Sez. L Num. 3288 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 05/02/2024
ORDINANZA
Oggetto
Termine per impugnare Sospensione dei termini nel periodo feriale Rito del lavoro
R.G.N. NUMERO_DOCUMENTO
COGNOME.
Rep.
Ud. 15/11/2023
CC
sul ricorso 21413-2021 proposto da:
COGNOME NOME, COGNOME NOME, nella qualità di eredi di COGNOME NOME, domiciliati in INDIRIZZO presso LA CANCELLERIA DELLA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE, rappresentati e difesi dagli avvocati NOME COGNOME, NOME COGNOME;
– ricorrenti –
contro
RAGIONE_SOCIALE, in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, INDIRIZZO
326, presso lo studio dell’AVV_NOTAIO NOME COGNOME, che la rappresenta e difende;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 70/2021 della CORTE D’APPELLO di BOLOGNA, depositata il 11/02/2021 R.G.N. 698/2019;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 15/11/2023 dal Consigliere AVV_NOTAIO. AVV_NOTAIO COGNOME.
FATTI DI CAUSA
1. Con la sentenza in epigrafe indicata, la Corte d’appello di Bologna respingeva l’appello proposto dalla Banca Monte dei Paschi di Siena RAGIONE_SOCIALE contro la sentenza del Tribunale di Ferrara -Sezione lavoro n. 46/2019, che aveva così provveduto: ‘ – dichiara definitivamente esecutivo il decreto ingiuntivo n. 146/2018 nei confronti di COGNOME NOME, quale erede di COGNOME NOME per la quota di un terzo, e improseguibile l’opposizione dalla medesima proposta; -dichiara definitivamente esecutivo il decreto ingiuntivo n. 146/2018 nei confronti di COGNOME NOME, quale erede di COGNOME per la quota di un terzo, e improseguibile l’opposizione dalla medesima proposta; – accerta e dichiara la prescrizione del credito vantato da Banca Monte dei Paschi di Siena s.p.a. nei confronti di NOME COGNOME, quale erede di COGNOME per la quota di un terzo e per l’effetto revoca nei suoi confronti il decreto ingiuntivo opposto. Condanna COGNOME NOME e COGNOME NOME a
rifondere a Banca Monte Paschi di Siena spa due terzi delle spese di lite, che liquida per l’intero in euro 10.206 per compensi, oltre rimborso spese forfetario, Iva e cpa. Condanna Banca Monte dei Paschi di Siena s.p.a. al rimborso delle spese sostenute da COGNOME NOME, nella misura di un terzo e liquida dette spese, per l’intero, in euro 10.206 per compensi oltre rimborso spese forfettarie e contributo unificato’; dichiarava, invece, inammissibile l’appello separatamente proposto da COGNOME NOME e COGNOME NOME (appello che aveva dato luogo a distinto procedimento di secondo grado, poi riunito all’altro) contro la stessa sentenza di primo grado e, pertanto, confermava in ogni sua parte quest’ultima; regolava, infine, le spese del secondo grado di giudizio come in dispositivo specificato.)
La causa ha per oggetto la restituzione, pretesa da detto istituto di credito per via monitoria, di somme di danaro a suo tempo dallo stesso versate a COGNOME, in forza di sentenza provvisoriamente esecutiva, poi riformata; essendo deceduto COGNOME, la richiesta di decreto ingiuntivo era rivolta nei confronti dei suoi eredi, tra i quali gli attuali ricorrenti per cassazione.
Per quanto qui unicamente ora interessa, la Corte territoriale giudicava irrimediabilmente tardivo l’appello proposto da COGNOME NOME e COGNOME NOME. Considerava in tal senso che: ‘L’atto d’appello, infatti, datato 11 ottobre 2019, risulta iscritto a ruolo nella medesima data, ma poiché la sentenza oggetto del presente giudizio è stata pubblicata il 19 marzo 2019, il termine semestrale per proporre appello scadeva incontestabilmente il 19 settembre 2019. Nemmeno nel caso di specie potrebbe essere invocat a l’applicazione
della sospensione feriale dei termini processuali la quale non si applica, pacificamente, ai giudizi pendenti innanzi al Giudice del Lavoro, dal momento che l’art. 3 della l. n. 742 del 1969 (che disciplina l’istituto della sospensione dei termini nel periodo feriale) esclude le controversie di lavoro e quelle in materia di previdenza ed assistenza obbligatorie da detta sospensione. Ne consegue l’inammissibilità dell’appello’.
Avverso tale decisione, COGNOME NOME e COGNOME NOME hanno proposto ricorso per cassazione, affidato ad unico motivo.
L’intimata ha resistito con controricorso.
Le parti hanno depositato memoria.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con l’unico motivo di ricorso COGNOME RAGIONE_SOCIALE e COGNOME RAGIONE_SOCIALE denunciano ‘Violazione ed errata applicazione degli artt. 409, 434, 442 c.p.c., artt. 1 e 3 L. n. 742/1969 ed erroneità della sentenza impugnata nella parte in cui ha escluso l’applicabilità dell a sospensione feriale dei termini alla fattispecie in esame (opposizione a decreto ingiuntivo avente ad oggetto pagamento somma) in considerazione del rito applicabile (ossia del lavoro) e della materia del contendere (pagamento somma in favore della banca resistente)’.
Tale motivo è infondato.
I ricorrenti, a fondamento di tale censura, richiamano essenzialmente Cass., sez. un., 29.1.2021, n. 2145, assumendo che i principi espressi in tale decisione possono utilmente trovare applicazione anche nel caso di specie.
3.1. L’assunto non è condivisibile.
3.2. La suddetta decisione delle Sezioni Unite, nel risolvere la questione alla stessa posta, avevano affermato i seguenti principi di diritto: ‘Nel regime introdotto dal D.Lgs. n. 150 del 2011, art. 6, alle controversie, regolate dal processo del lavoro, di opposizione ad ordinanza-ingiunzione che abbiano ad oggetto violazioni concernenti le disposizioni in materia di tutela del lavoro, di igiene sui luoghi di lavoro e di prevenzione degli infortuni sul lavoro e di prevenzione e assistenza obbligatoria, diverse da quelle consistenti nella omissione totale o parziale di contributi o da cui deriva un’omissione contributiva, non si applica la sospensione dei termini processuali nel periodo feriale, a norma della L. n. 742 del 1969, art. 3, trattandosi di controversie che non rientrano tra quelle indicate dagli artt. 409 e 442 c.p.c. Ne consegue che, ai fini della tempestività dell’impugnazione avverso la sentenza resa in tema di opposizione a ordinanza ingiuntiva del pagamento di una sanzione amministrativa per violazioni inerenti al rapporto di lavoro o al rapporto previdenziale, deve tenersi conto della detta sospensione’.
3.3. I ricorrenti si mostrano consapevoli che l’orientamento espresso in tale sentenza delle Sezioni Unite e in altre decisioni di legittimità da loro richiamate verte in materia di opposizione ad ordinanza ingiunzione.
Sottolineano, però, che Sez. un. n. 2145/2021 cit. era ‘del parere che la tesi dell’inapplicabilità della sospensione dei termini processuali non può utilmente fondarsi sul richiamo alla giurisprudenza che identifica, come cause rientranti nel novero di quelle indicate dagli art. 409 e 442 cod. proc. civ.,
non solo le controversie relative alle obbligazioni propriamente caratteristiche del rapporto di lavoro (o previdenziale) ma anche altre, nelle quali la pretesa fatta valere in giudizio si ricollega direttamente a tale rapporto, come ad un antecedente o presupposto necessario della situazione di fatto in ordine alla quale viene invocata la tutela giurisdizionale’.
3.4. Detta osservazione non è aderente a quanto effettivamente considerato dalle Sezioni unite.
Invero, la giurisprudenza di legittimità, anche a Sezioni unite (v., tra le altre, Cass., sez. lav., 8.10.2012, n. 17092; id., sez. un., 24.11.1997, n. 11726), espressiva del suddetto principio, non è stata affatto smentita in assoluto da Sez. un., 29.1.2021, n. 2145.
Quest’ultima, infatti, nell’ambito di ben più ampio excursus motivazionale, afferente sempre alla precipua questione risolta, aveva semplicemente affermato che ‘la tesi dell’inapplicabilità della sospensione dei termini processuali, nei casi di opposizione ad ordinanza-ingiunzione collegata alla materia del lavoro o della previdenza, non può utilmente fondarsi sul richiamo alla giurisprudenza’ espressiva di quel principio. E la stessa sentenza in tal senso aveva riportato un passo di Cass. Sez. un. n. 63/2000, in cui si era osservato che: ‘E’, invero, palese, nell’esposto ordine di idee, che, nel caso in esame, viene in rilievo un collegamento col rapporto di lavoro, non di questa natura, ma meramente occasionale, poiché, rispetto all’accertamento negativo d ella legittimità della pretesa punitiva dell’amministrazione pubblica, il rilevante presupposto, diretto e necessario, si esaurisce tutto
nella titolarità della funzione di vigilanza e di repressione affidata all’amministrazione pubblica, mentre è indifferente il settore dell’ordinamento nei cui confronti il comportamento integrativo della violazione produce il suo vulnus’ (cfr. il § 2.6. di Cass. n. 2145/2021). Dunque, le Sezioni unite di questa Corte, sia nella sentenza del 2021 che in quella del 2000, hanno soltanto escluso che nelle cause di opposizione ad ordinanza-ingiunzione relative alla materia del lavoro o della previdenza ricorra un diretto collegamento con un rapporto di lavoro, quale antecedente o presupposto necessario della situazione di fatto in ordine alla quale viene invocata la tutela giurisdizionale.
3.5. Nel caso in esame, invece, non viene in considerazione il problema se una determinata categoria di controversie, ancorché disciplinata dal rito del lavoro, non rientri tra le controversie previste dall’art. 409 o dall’art. 442 c.p.c., individuate in base alla natura della causa (v. in proposito più di recente Cass., sez. un., 13.1.2022, n. 927).
I ricorrenti, dopo ulteriori rilievi sulla scia dei precedenti di legittimità richiamati, assumono che: ‘Nel caso di specie, non si tratta di controversia di lavoro rientrante tra quelle indicate dagli artt. 409 e 442 c.p.c., bensì di controversia avente ad oggetto il pagamento di una somma di denaro (per come esattamente qualificata anche dal primo giudice -pag. 4 sentenza di primo grado) che la banca resistente sostiene le sia dovuta a titolo di debito ereditario’ (così a pag. 56 del ricorso in esame).
Tali assunti circa l’effettiva natura della controversia, tuttavia, sono ininfluenti assumendo rilievo considerazioni
differenti, che prescindono del tutto dall’indagine sul punto se la pretesa restitutoria fatta valere in giudizio dalla banca (nella specie in via monitoria) si ricolleghi direttamente al rapporto di lavoro che aveva legato il defunto COGNOME alla Banca Nazionale dell’Agricoltura.
5.1. Difatti, secondo un consolidato orientamento di questa Corte, non inciso dagli insegnamenti delle Sezioni unite sopra ricordati, alla controversia che, pur non riguardando un rapporto compreso tra quelli indicati dagli artt. 409 e 442 c.p.c., erroneamente non sia stata trattata con il rito del lavoro, sono comunque applicabili le regole ordinarie in ordine ai termini per la proposizione dell’impugnazione, atteso che il rito adottato dal giudice assume una funzione enunciativa della natura della stessa, indipendentemente dall’esattezza della relativa valutazione e costituisce per le parti criterio di riferimento (così, tra le altre, Cass., sez. VI, 8.7.2020, n. 14139).
Per converso e specularmente, alla controversia che, pur non riguardando un rapporto compreso tra quelli indicati dall’art. 409 o dall’art. 442 c.p.c., sia stata trattata con il rito del lavoro, non è applicabile il regime della sospensione dei termini di impugnazione nel periodo feriale, giacché il rito adottato dal giudice assume una funzione enunciativa della natura della controversia, indipendentemente dall’esattezza della relativa valutazione, e perciò detto rito costituisce per le parti criterio di riferimento anche ai fini del computo dei termini per la proposizione dell’impugnazione, secondo il regime previsto dall’art. 3 della l. n. 742 del 1969 (in tal senso Cass., sez. lav., 16.9.2019, n. 21442).
E tale indirizzo è stato di recente più volte confermato (cfr. Cass. n. 11236/2023; n. 11161/2023; n. 9189/2023; n. 16166/2021).
5.2. Ebbene, nel caso di specie, risulta dalla decisione gravata che il decreto ingiuntivo poi opposto (anche) dagli attuali ricorrenti per cassazione era stato emesso da giudice della Sezione Lavoro del Tribunale di Ferrara; inoltre, emerge dalla stessa sentenza, oltre che dalle difese delle parti a riguardo coincidenti, che l’intero primo grado di giudizio fu trattato secondo il rito del lavoro, e tanto ad iniziativa anzitutto degli stessi attuali ricorrenti (e del loro consorte in lite COGNOME NOME), che introdussero la fase di opposizione al decreto ingiuntivo con ricorso (e non con atto di citazione) alla medesima Sezione lavoro di quel Tribunale; e da giudice di detta Sezione è stata poi resa la sentenza di primo grado oggetto dei contrapposti appelli delle parti attuali. Per contro, non risulta assolutamente che in prime cure fosse stato disposto il mutamento dal rito del lavoro a quello ordinario, né che l’attuale prospettazione dei ricorrenti, secondo cui non si tratterebbe di controversia di lavoro rientrante da quelle indicate dagli artt. 409 e 442 c.p.c., fosse stata rappresentata alla Corte d’appello, che, peraltro, secondo gli stessi, era stata da loro adita ‘Con ricorso in appello depositato presso la Cancelleria della Corte d’Appello di Bolog na Sezione Lavoro in data 11/10/2019’ (cfr. pagg. 27 -28 del ricorso per cassazione).
Correttamente, perciò, la Corte territoriale ha giudicato tardivo l’appello degli attuali ricorrenti per il superamento del termine semestrale c.d. lungo ex art. 327, comma primo, c.p.c. novellato, sul rilievo che non trovava
applicazione in causa la sospensione dei termini nel periodo feriale ex art. 3 l. n. 742/1969. Essendo stato adottato in primo grado il rito del lavoro, quand’anche tale applicazione fosse stata errata, gli allora appellanti erano tenuti ad impugnare entro i termini previsti senza potersi giovare di detta sospensione.
I ricorrenti, pertanto, di nuovo soccombenti, devono essere condannati al pagamento, in favore della controricorrente, delle spese di questo giudizio di legittimità, liquidate come in dispositivo, e sono tenuti al versamento di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso, ove dovuto.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso. Condanna i ricorrenti al pagamento, in favore della controricorrente, delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in € 200,00 per esborsi e in € 4.500,00 per compensi professionali, oltre rimborso forfetario delle spese generali nella misura del 15%, I.V.A. e C.P.A. come per legge.
Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte dei ricorrenti, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis, se dovuto.
Così dec iso in Roma nell’adunanza camerale del 15.11.2023. La Presidente
NOME COGNOME