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Sospensione esecutività sentenza: quando è negata?

Una società, condannata in primo grado al risarcimento danni per la perdita di un parente, ha richiesto in appello la sospensione del pagamento. La Corte d’Appello ha respinto la richiesta di sospensione esecutività sentenza, non ravvisando né la manifesta fondatezza dell’appello (fumus boni iuris) né il rischio di un danno grave e irreparabile (periculum in mora), data la solidità economica dei creditori.

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Pubblicato il 7 settembre 2025 in Diritto Civile, Giurisprudenza Civile, Procedura Civile

Sospensione Esecutività Sentenza: Quando la Corte d’Appello Dice No

Quando una parte viene condannata in primo grado, spesso la prima preoccupazione è l’immediata esecutività della sentenza. L’appello, infatti, non blocca automaticamente gli effetti della decisione. È necessario presentare un’istanza specifica, ma quali sono i criteri per ottenerla? Un’ordinanza della Corte di Appello di Roma chiarisce i presupposti per la sospensione esecutività sentenza, sottolineando come non sia un diritto automatico, ma una concessione legata a requisiti precisi. Questo caso, riguardante una condanna per risarcimento danni, illustra perfettamente il ragionamento dei giudici.

I Fatti del Caso

Il Tribunale di primo grado aveva condannato una società, designata da un fondo di garanzia, a pagare ingenti somme a titolo di risarcimento del danno da perdita parentale a favore dei familiari di una persona deceduta. Le somme erano state liquidate a favore del coniuge, dei figli minori e di altri parenti. La società soccombente ha proposto appello, contestando la sentenza per vari motivi, tra cui la violazione di norme sulla responsabilità civile, sull’incapacità a testimoniare e sulla valutazione delle prove.

La Richiesta di Sospensione Esecutività Sentenza

Contestualmente all’appello, la società ha chiesto la sospensione dell’efficacia esecutiva della condanna. L’obiettivo era bloccare il pagamento delle somme liquidate in attesa dell’esito del giudizio di secondo grado. La richiesta si basava sulla presunta fondatezza dei motivi di appello e sul potenziale pregiudizio derivante da un pagamento che, in caso di riforma della sentenza, sarebbe stato difficile da recuperare.

L’Analisi della Corte d’Appello: Fumus e Periculum

La Corte d’Appello, nel decidere sull’istanza, ha applicato i due criteri fondamentali previsti dall’art. 283 del Codice di Procedura Civile: il fumus boni iuris e il periculum in mora.

La Valutazione del Fumus Boni Iuris

Il fumus boni iuris si riferisce alla ‘parvenza di fondatezza’ dell’appello. La Corte ha valutato i motivi di impugnazione e, pur riservando ogni decisione definitiva al merito, ha ritenuto che l’appello non apparisse ‘manifestamente fondato’. In particolare, ha osservato che la decisione di primo grado si basava su una testimonianza non contestata tempestivamente e su una perizia di parte. Questa valutazione preliminare negativa ha costituito il primo ostacolo all’accoglimento dell’istanza.

La Valutazione del Periculum in Mora

Il periculum in mora riguarda il ‘pericolo di un danno grave e irreparabile’ che potrebbe derivare dall’esecuzione della sentenza. La Corte ha ritenuto che anche questo presupposto mancasse. La condanna al pagamento di una somma di denaro, hanno spiegato i giudici, è una ‘conseguenza fisiologica’ della sentenza. Inoltre, nel caso specifico, non sussisteva un concreto pericolo di insolvenza da parte dei creditori (gli appellati). Essendo titolari di stipendi, pensioni e proprietari di immobili, avrebbero avuto la capacità economica di restituire le somme ricevute qualora l’appello fosse stato accolto. Di conseguenza, il pregiudizio per la società appellante non era considerato ‘irreparabile’.

Le Motivazioni della Decisione

La Corte d’Appello ha rigettato l’istanza di sospensione esecutività sentenza basandosi sulla mancanza di entrambi i requisiti richiesti dalla legge. Ha chiarito che i due presupposti sono alternativi: è sufficiente la presenza di uno solo di essi per ottenere la sospensione. Tuttavia, in questo caso, né l’appello appariva di probabile accoglimento, né l’esecuzione immediata della condanna avrebbe comportato un danno grave e irreparabile per la parte debitrice. La decisione sottolinea che la semplice condanna al pagamento non costituisce di per sé un periculum, a meno che non si dimostri un concreto rischio di non poter recuperare la somma in caso di vittoria in appello, ad esempio a causa dell’insolvenza della controparte.

Le Conclusioni

L’ordinanza offre un’importante lezione pratica: la sospensione dell’esecutività di una sentenza non è un atto dovuto ma una misura eccezionale. La parte che la richiede deve fornire prove concrete a sostegno di almeno uno dei due pilastri previsti dall’art. 283 c.p.c. Dimostrare che l’appello è ‘manifestamente fondato’ o che l’esecuzione causerebbe un ‘pregiudizio grave e irreparabile’ è un onere probatorio significativo. Come dimostra questo caso, la valutazione della stabilità finanziaria della parte creditrice gioca un ruolo cruciale nel determinare l’esistenza del periculum in mora, rendendo più difficile ottenere la sospensione quando si ha a che fare con controparti economicamente solide.

Quando un giudice d’appello può sospendere l’esecutività di una sentenza di primo grado?
Secondo l’art. 283 c.p.c., il giudice può concedere la sospensione quando l’impugnazione appare manifestamente fondata (fumus boni iuris) oppure quando dall’esecuzione della sentenza può derivare un pregiudizio grave e irreparabile (periculum in mora).

Perché la Corte ha negato la sospensione in questo caso specifico?
La Corte ha negato la sospensione perché ha ritenuto che non sussistesse né il fumus boni iuris, in quanto l’appello non appariva manifestamente fondato, né il periculum in mora, poiché non vi era un rischio di insolvenza da parte dei creditori che avrebbe impedito la restituzione delle somme in caso di riforma della sentenza.

Il pagamento di una somma di denaro può costituire un ‘pregiudizio grave e irreparabile’?
Di norma, il pagamento di una somma di denaro è considerato una conseguenza normale di una sentenza di condanna. Tuttavia, può integrare un pregiudizio grave e irreparabile se viene dimostrato un concreto rischio di insolvenza della parte creditrice, tale da rendere impossibile o estremamente difficile il recupero della somma in caso di accoglimento dell’appello.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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