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Sospensione efficacia esecutiva: quando si ottiene?

La Corte d’Appello di Roma ha rigettato un’istanza di sospensione dell’efficacia esecutiva di una sentenza di primo grado. La decisione si basa sull’applicazione dei nuovi criteri introdotti dalla Riforma Cartabia (art. 283 c.p.c.), secondo cui la sospensione è concessa solo se l’appello appare ‘manifestamente fondato’ (fumus) o se l’esecuzione può causare un ‘danno grave e irreparabile’ (periculum). Nel caso specifico, la Corte non ha ravvisato la manifesta fondatezza dell’appello e ha ritenuto che gli appellanti non avessero provato il danno grave, poiché il pagamento della somma non comprometteva il loro sostentamento e la controparte era solvibile per un’eventuale restituzione.

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Sospensione dell’efficacia esecutiva: Quando il Giudice Dice No

Quando si perde una causa in primo grado e si decide di appellare, una delle prime preoccupazioni è evitare l’esecuzione della sentenza. L’ordinanza della Corte d’Appello di Roma in commento offre un chiaro esempio pratico dei criteri che guidano la decisione sulla sospensione dell’efficacia esecutiva, soprattutto alla luce delle nuove norme introdotte dalla Riforma Cartabia. Analizziamo come il giudice valuta i presupposti del fumus boni iuris e del periculum in mora.

I Fatti del Caso: Dalla Condanna alla Richiesta di Sospensione

Il Tribunale di Roma aveva condannato in primo grado alcune parti a pagare una somma di oltre 6.000 euro a titolo di risarcimento, oltre a circa 2.500 euro di spese legali. Le parti soccombenti hanno proposto appello e, contestualmente, hanno richiesto alla Corte d’Appello di sospendere l’esecutività della sentenza. La loro richiesta si fondava sulla presunta fondatezza dei motivi di appello (fumus) e sul grave pregiudizio (periculum) che sarebbe derivato dall’esecuzione forzata, già preannunciata dalla controparte con la notifica di un atto di precetto.

La Sospensione dell’Efficacia Esecutiva e i Nuovi Criteri

La Corte ha innanzitutto precisato che, essendo l’appello stato notificato dopo il 28 febbraio 2023, si applica la nuova formulazione dell’art. 283 del Codice di Procedura Civile, modificata dalla Riforma Cartabia (D.Lgs. 149/2022). La norma stabilisce che il giudice può concedere la sospensione se ricorrono, in via alternativa, due condizioni:

1. L’impugnazione appare manifestamente fondata;
2. Dall’esecuzione può derivare un pregiudizio grave e irreparabile.

Questa nuova formulazione ha reso più stringenti i requisiti, specialmente per quanto riguarda il fumus boni iuris, che ora richiede una ‘manifesta fondatezza’ e non una semplice probabilità di accoglimento.

La Valutazione della Corte sul Fumus e Periculum

Applicando questi principi, la Corte d’Appello ha esaminato entrambi i presupposti e ha rigettato l’istanza. La decisione si articola su due punti fondamentali, che costituiscono il cuore del provvedimento.

Le motivazioni

Per quanto riguarda il fumus boni iuris, la Corte ha ritenuto che, a una prima sommaria delibazione, l’appello non apparisse ‘manifestamente fondato’. La sentenza di primo grado è stata giudicata ‘adeguatamente motivata in fatto ed in diritto’, rimandando ogni valutazione più approfondita alla fase di merito del giudizio.

Ancora più determinante è stata l’analisi del periculum in mora. La Corte ha smontato l’argomentazione degli appellanti con una serie di considerazioni precise:

* Natura dell’obbligazione: La condanna riguardava il pagamento di una somma di denaro (circa 8.700 euro in totale). Tale importo, in caso di esito favorevole dell’appello, potrebbe essere restituito. Non si tratta quindi di un pregiudizio di per sé irreparabile.
* Solvibilità della controparte: Non è stato addotto alcun motivo per dubitare della capacità economica della parte vittoriosa di restituire la somma incassata.
Onere della prova: Il punto cruciale è che gli appellanti non hanno né allegato né provato che il pagamento di tale cifra li avrebbe privati della liquidità necessaria per il proprio sostentamento. La Corte sottolinea che il ‘pregiudizio grave e irreparabile’ deve essere concreto e dimostrato, non solo affermato. Il semplice fatto di dover pagare una somma a seguito di una sentenza esecutiva è un effetto previsto dalla legge (ex lege) e non costituisce automaticamente un periculum*.

Le conclusioni

La decisione della Corte d’Appello di Roma è emblematica delle attuali linee guida giurisprudenziali in materia di sospensiva. Chi richiede la sospensione dell’efficacia esecutiva di una condanna al pagamento di una somma di denaro ha un onere probatorio stringente. Non basta lamentare la fondatezza del proprio appello o il rischio generico di un’esecuzione forzata. È necessario dimostrare, in modo concreto, o che l’appello è palesemente destinato all’accoglimento, oppure che l’esecuzione imminente provocherebbe un danno non solo grave, ma anche irreparabile, come ad esempio il rischio di insolvenza o l’impossibilità di far fronte alle proprie necessità primarie. In assenza di tale prova, la richiesta di sospensione è destinata a essere respinta.

Quali sono i presupposti per ottenere la sospensione dell’efficacia esecutiva di una sentenza dopo la Riforma Cartabia?
Secondo il novellato art. 283 c.p.c., è necessario che ricorra, in via alternativa, uno di questi due presupposti: o l’impugnazione appare ‘manifestamente fondata’ (fumus boni iuris), oppure dall’esecuzione può derivare un ‘pregiudizio grave e irreparabile’ (periculum in mora).

Perché la Corte ha ritenuto insussistente il ‘periculum in mora’ in questo caso?
Perché gli appellanti non hanno provato che il pagamento della somma di circa 8.700 euro li avrebbe privati della liquidità necessaria al proprio sostentamento. Inoltre, non vi erano motivi per dubitare della solvibilità della parte vittoriosa, che avrebbe potuto restituire la somma in caso di accoglimento dell’appello.

Il semplice fatto che la parte vittoriosa abbia notificato un atto di precetto è sufficiente a dimostrare un danno grave e irreparabile?
No. La Corte ha specificato che l’avvio dell’esecuzione è un effetto previsto dalla legge (ex lege) e, di per sé, non costituisce il presupposto del periculum in mora. L’appellante deve dimostrare che da tale esecuzione deriverebbe un pregiudizio specifico, grave e irreparabile.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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