Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 3 Num. 14536 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 3 Num. 14536 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 24/05/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 14954/2021 R.G.
proposto da
RAGIONE_SOCIALE, rappresentato e difeso dall ‘ AVV_NOTAIO, con domicilio digitale EMAIL – ricorrente contro
RAGIONE_SOCIALE – RISCOSSIONE, rappresentata e difesa ex lege dall ‘ Avvocatura Generale dello RAGIONE_SOCIALE, con domicilio digitale EMAIL – controricorrente – e nei confronti di
RAGIONE_SOCIALE
– intimata –
avverso la sentenza n. 3428 del 21/12/2020 della Corte d ‘ appello di Milano;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 3/5/2024 dal AVV_NOTAIO NOME COGNOME.
FATTI DI CAUSA
RAGIONE_SOCIALE COGNOME RAGIONE_SOCIALE COGNOME RAGIONE_SOCIALE e NOME COGNOME convenivano in giudizio la RAGIONE_SOCIALE e la RAGIONE_SOCIALE chiedendo la loro condanna al risarcimento dei danni cagionati nel corso della procedura di espropriazione forzata intrapresa dalle convenute; in particolare, affermavano che, nonostante il provvedimento di sospensione dell ‘ esecuzione adottato dal giudice dell ‘ esecuzione in data 23/6/2016, la RAGIONE_SOCIALE, incaricata dall ‘ agente della riscossione della vendita dei beni mobili pignorati, aveva alienato i cespiti il 24/6/2016.
Costituitasi RAGIONE_SOCIALE, nella contumacia di RAGIONE_SOCIALE, intervenuto l ‘ amministratore di sostegno di NOME COGNOME (NOME COGNOME), il Tribunale di Varese, con la sentenza n. 516/2019, respingeva la domanda risarcitoria.
RAGIONE_SOCIALE di COGNOME NOME RAGIONE_SOCIALE e NOME COGNOME (rappresentato dall ‘ amministratore di sostegno) proponevano appello.
Con la sentenza n. 3428 del 21/12/2020, la Corte d ‘ appello di Milano rigettava l ‘ impugnazione; per quanto qui ancora rileva, nel confermare la pronuncia di prime cure, il giudice di secondo grado così illustrava la propria decisione: «… La Corte osserva che i motivi di appello sono destituiti di ogni fondamento, anche tenuto conto del fatto assorbente che gli appellanti non contestano specificamente, non essendo sufficiente ex art 342 CPC riportarsi alle difese già svolte in primo grado come fanno gli appellanti, la circostanza, condivisa da questa Corte in quanto giuridicamente ineccepibile, per cui ‘ alla luce della cronologia degli eventi succedutisi né RAGIONE_SOCIALE né RAGIONE_SOCIALE potevano essere al corrente del provvedimento di sospensione pronunciato dai giudice dell ‘ esecuzione il 23.6.2016, dal momento che era onere della società opponente notificarlo in tempo utile al creditore procedente e al delegato alla vendita ‘ . Né si può pretendere un onere
di informazione dello stato del giudizio di opposizione all ‘ esecuzione da parte della RAGIONE_SOCIALE … Alla luce di tale considerazione è destituita di ogni fondamento la pretesa che fosse l ‘ RAGIONE_SOCIALE a dovere appurare se, e non si comprende come, fosse stata effettuata opposizione e se fosse stata disposta la sospensione dell ‘ esecuzione da parte del GE. Coerente e condivisa dunque è la conclusione del giudice di prime cure secondo il quale ‘ conseguentemente, fino al momento della notifica, l ‘ opposto si trovava impossibilitato a conoscere dell ‘ opposizione pendente. Nella fattispecie in esame, la decisione di sospendere la procedura esecutiva era stata adottata dal giudice dell ‘ esecuzione con il decreto di fissazione dell ‘ udienza, ossia in un momento antecedente all ‘ instaurazione del contraddittorio tra le parti ‘ . Tale argomento è assorbente di ogni ulteriore doglianza, con la conseguenza che l ‘ appello deve essere rigettato.».
Avverso tale decisione, la RAGIONE_SOCIALE di COGNOME RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE e NOME COGNOME proponevano ricorso per cassazione, basato su due motivi; resisteva con controricorso RAGIONE_SOCIALE, mentre non svolgeva difese l ‘ intimata RAGIONE_SOCIALE
6. All ‘ esito della camera di consiglio del 3/5/2024, il Collegio si riservava il deposito dell ‘ ordinanza nei successivi sessanta giorni, a norma dell ‘ art. 380bis .1, comma 2, cod. proc. civ.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con la prima censura la ricorrente deduce la «violazione e/o falsa applicazione di norme di diritto ex art 360, primo comma, n° 3 c.p.c. per violazione dell ‘ art. 615 e 133 e ss. c.p.c., L. 53/94. Omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti, ai sensi dell ‘ art. 360 primo comma n. 5 c.p.c. quanto alla notifica ad indirizzo estratto dal pubblico registro IPA.».
Si sostiene che è errata l ‘ affermazione della Corte di merito, la quale (come già il primo giudice) ha escluso la conoscibilità del provvedimento di sospensione prima della sua notificazione, poiché l ‘ opposizione all ‘ esecuzione è depositata nel fascicolo dell ‘ esecuzione e tutte le parti «sono informate con obbligatoria comunicazione dalla stessa cancelleria di ogni provvedimento emesso» e, inoltre, perché il delegato alla vendita ha l ‘ obbligo di verificare il fascicolo, lo stato del procedimento e tutti i provvedimenti emessi.
Si lamenta, poi, sub specie di omesso esame, l ‘ erroneità della statuizione riguardante l ‘ invalidità della notificazione effettuata all ‘ Amministrazione convenuta presso l ‘ indirizzo telematico reperito dal registro IPA.
Il motivo è inammissibile.
Come risulta dalla motivazione della sentenza, il provvedimento di sospensione, adottato dal giudice dell ‘ esecuzione (investito dell ‘ opposizione) con decreto inaudita altera parte del 23/6/2016, era stato portato a conoscenza dell ‘ opposta soltanto il 4/7/2016 e, cioè, dopo il compimento della vendita dei beni staggiti; conseguentemente, nessuna responsabilità risarcitoria poteva derivare dalla condotta della creditrice pignorante e dell ‘ istituto di vendite giudiziarie (incaricato RAGIONE_SOCIALE operazioni di vendita), ignari della sospensione.
Rispetto a tale coerente e logica statuizione, la parte ricorrente afferma apoditticamente e, soprattutto, senza supportare le proprie asserzioni col richiamo di disposizioni o di interpretazioni giurisprudenziali o dottrinali, che il creditore opposto, in quanto abilitato ad accedere al fascicolo telematico, aveva possibilità di apprendere autonomamente dell ‘ emissione del provvedimento di sospensione, che la cancelleria comunica tutti i provvedimenti del giudice dell ‘ esecuzione «obbligatoriamente» (non è specificata la fonte normativa di questo pre-
sunto, ma insussistente, obbligo) e che il «delegato» (nella specie, peraltro, non si trattava di professionista delegato ex art. 534bis cod. proc. civ., bensì di ausiliario dell ‘ agente della riscossione ex art. 71 d.P.R. n. 602 del 1973) è tenuto a verificare costantemente il contenuto del fascicolo.
Si attaglia alla censura de qua , così formulata, il principio espresso ( ex multis ) da Cass., Sez. L, Ordinanza n. 17570 del 21/08/2020, Rv. 658544-01: «Quando nel ricorso per cassazione è denunziata violazione o falsa applicazione di norme di diritto, il vizio della sentenza previsto dall ‘ art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c., deve essere dedotto, a pena di inammissibilità, non solo mediante la puntuale indicazione RAGIONE_SOCIALE norme asseritamente violate, ma anche mediante specifiche argomentazioni, intese a dimostrare in qual modo determinate affermazioni in diritto, contenute nella sentenza gravata, debbano ritenersi in contrasto con le norme regolatrici della fattispecie o con l ‘ interpretazione RAGIONE_SOCIALE stesse fornita dalla dottrina e dalla prevalente giurisprudenza di legittimità».
8. La questione relativa alla validità/invalidità della notificazione ad indirizzo p.e.c. estratto dal registro IPA è manifestamente inammissibile, perché non forma oggetto del decisum della Corte d ‘ appello, la quale ha univocamente fondato la propria motivazione sul rilievo della mancata conoscenza, da parte dei convenuti, del provvedimento di sospensione della vendita; a ben vedere, la menzionata questione non formava oggetto nemmeno della decisione del Tribunale, che introduceva il tema solo ad abundantiam , dato che il fulcro della sentenza si basava sulla constatazione che la sospensione era stata portata a conoscenza dell ‘ opposta soltanto dopo la vendita.
Col secondo motivo, la ricorrente lamenta la «violazione e/o falsa applicazione di norme di diritto ex art 360, primo comma, n° 3 c.p.c.
per violazione dell ‘ art. 515 c.p.c.», in relazione all ‘ affermazione del Tribunale (riportata nella sentenza impugnata) secondo cui ‘ dal verbale dell ‘ RAGIONE_SOCIALE Giudiziarie i beni pignorati e poi venduti non sembrano rientrare tra quelli indispensabili per l ‘ esercizio della professione ai sensi dell ‘ art 515 CPC trattandosi per lo più di pezzi di ricambio di una automobile. ‘ ; con la censura si sostiene che «i beni pignorati sono da ritenersi indispensabili per l ‘ esercizio della professione».
Anche questo motivo è inammissibile.
La censura si dirige, infatti, contro un ‘ affermazione contenuta nella pronuncia di primo grado, che è stata riportata nella sentenza impugnata senza alcuna conferma da parte della Corte di merito, la quale, come già osservato a proposito del primo motivo, ha basato la propria decisione sull ‘ unica e assorbente -e corretta -considerazione relativa alla mancanza di conoscenza legale della sospensione.
In conclusione, il ricorso è inammissibile.
Alla decisione consegue la condanna della ricorrente alla rifusione RAGIONE_SOCIALE spese del giudizio di legittimità, che sono liquidate, secondo i parametri normativi, nella misura indicata nel dispositivo.
Va dato atto, infine, della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, ai sensi dell ‘ art. 13, comma 1quater , D.P.R. n. 115 del 2002, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, in misura pari a quello previsto per il ricorso, ove dovuto, a norma dell ‘ art. 1bis dello stesso art. 13.
P. Q. M.
la Corte dichiara inammissibile il ricorso;
condanna la ricorrente a rifondere alla controricorrente le spese del giudizio di legittimità, liquidate in Euro 4.200,00 per compensi ed Euro 200,00 per esborsi, oltre a spese forfettarie e accessori di legge;
ai sensi dell ‘ art. 13, comma 1quater , del D.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, al competente ufficio di merito dell ‘ ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello versato per il ricorso a norma del comma 1bis dello stesso articolo 13, qualora dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Terza Sezione