Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 5304 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 2 Num. 5304 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 28/02/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 1983/2021 R.G. proposto da: COGNOME NOMECOGNOME NOME COGNOME rappresentati e difesi dall’avvocato NOME COGNOME
– ricorrenti –
contro
DALL’ORA NOME, NOME COGNOME rappresentati e difesi dagli avvocati NOME COGNOME NOME COGNOME, NOME COGNOME;
– controricorrenti –
nonchè contro
DALL’ORA NOME
– intimata –
avverso la sentenza della CORTE D’APPELLO di VENEZIA n. 2868/2020 depositata il 03/11/2020. Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 20/02/2025
dal Consigliere NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
NOME ed NOME COGNOME convenivano in giudizio avanti il Tribunale di Verona NOME COGNOME e NOME COGNOME sostenendo di essere proprietari di una porzione di terreno (identificata al NTCT di Brentino Belluno – VR – al foglio n. 24, mapp. 56) parte della quale era occupata da questi ultimi come parcheggio della propria autovettura; affermavano inoltre gli attori che nel rogito notarile, del 24.11.2009 (con cui avevano venduto ai convenuti un compendio immobiliare sito in Brentino Belluno INDIRIZZO il mappale n. 56 non figurava. Formulavano domanda di accertamento della proprietà in capo agli stessi, con condanna dei convenuti all’immediato rilascio del terreno libero da persone e cose.
NOME COGNOME e NOME COGNOME costituendosi in giudizio, contestavano la domanda svolta nei loro confronti e proponevano in via preliminare istanza di sospensione ex art 295 c.p.c. sul presupposto che, avanti il medesimo Tribunale, era pendente altro giudizio (promosso dai convenuti contro tutti gli ex comproprietari dell’immobile ceduto e quindi anche contro gli attori), col quale si chiedeva l’annullamento del contratto di compravendita del 24 novembre 2009, sul presupposto della presenza sul bene di una serie di abusi di natura edilizia (vendita dell’immobile insistente su bene demaniale e quindi vincolato, difformità rispetto ai progetti presentati in Comune, mancanze di
Ric. 2021 n. 1983 sez. S2 – ud. 20/02/2025
autorizzazioni o invalidità delle stesse attesa la sussistenza in loco di vincoli idrogeologici) occultati e quindi non conosciuti e comunque non conoscibili al momento dell’avvenuta compravendita e che avrebbero reso il bene inalienabile. Nel merito evidenziavano che la porzione di terreno utilizzata come parcheggio era strutturalmente e fisicamente collegata all’immobile compravenduto ed era sempre stata dichiarata come appartenente allo stesso compendio. Proponevano inoltre domanda riconvenzionale mediante la quale, qualora fosse stato accertato che tale porzione di terreno non fosse stata oggetto della compravendita, fosse dichiarata gravata da diritto di superficie in favore dell’immobile di cui gli stessi erano proprietari e/o ne venisse dichiarato l’acquisto per intervenuta usucapione.
Il Tribunale respingeva l’istanza di sospensione e disposta CTU all’esito del giudizio in accoglimento della domanda dichiarava la proprietà dell’immobile identificato al NCT del Comune di Brentino Belluno (Vr) al foglio 24, mappale 56 in capo agli attori NOME COGNOME e NOME COGNOME, ordinandone l’ immediato rilascio libero da cose e persone.
NOME COGNOME e NOME COGNOME proponevano gravame avverso la suddetta sentenza.
NOME ed NOME COGNOME si costituivano in appello chiedendone il rigetto.
La Corte d’Appello di Venezia rigettava il gravame. In particolare, quanto all’omessa pronuncia sull’istanza di sospensione ex art. 295 c.p.c., essendosi invece il Tribunale soffermato sulla istanza giungendo, tuttavia, alla conclusione di respingerla perché il mappale 56 non era oggetto della compravendita intervenuta il
24.11.2009. Ciò risultava dall’ordinanza resa fuori udienza dal primo giudice con la quale aveva disposto una CTU volta anche ad accertare la sussistenza della pregiudizialità. All’esito della CTU, le cui conclusioni peraltro non erano state contestate in sede di precisazioni delle conclusioni del primo grado, era venuto meno il presupposto per la richiesta di sospensione.
La Corte d’Appello evidenziava che il Tribunale aveva respinto la domanda riconvenzionale degli appellanti di dichiarare il terreno gravato da diritto di superficie in favore dell’immobile di cui gli stessi erano proprietari e/o di dichiararne l’acquisto per intervenuta usucapione, sul presupposto che il CTU aveva provveduto a verificare il confine tra i fondi, precisando in particolare che i confini dei mappali 139 e 56 coincidevano perfettamente con i confini riportati sulla mappa di impianto, che non avevano subito alcuna variazione nel tempo e che il terreno identificato al NCT del Comune di Brentino B (VR) INDIRIZZO, mapp.S6 non era stato oggetto della compravendita del 24/11/2009. Circostanza confermata anche dalle verifiche catastali, laddove si era accertato che in forza del citato atto notarile non esisteva alcuna voltura riferita al mapp. 56 in favore della parte acquirente.
La Corte condivideva l’assunto del Tribunale secondo cui gli appellati – attori in primo grado- avevano dimostrato di avere acquistato la proprietà del mappale 56, foglio 24, in data 26.09.2011, e quindi ben due anni dopo la compravendita dell’immobile (24.11.2009), -circostanza come già scritto confermata dalla CTU che – per un verso- aveva accertato la sussistenza della proprietà in capo ai sigg.ri COGNOME e – per altro
verso che la stessa mai era stata trasferita ai coniugi COGNOME con l’atto 24.11.2009.
La questione dell’interclusione del fondo proposta con il terzo motivo di appello era del tutto nuova: la parte appellante in primo grado non aveva svolto alcuna domanda tendente ad accertare le circostanze dedotte ed affermate con tale motivo.
La Corte d’Appello rigettava , infine, il motivo di gravame avente ad oggetto l’usucapione della proprietà o del diritto di superficie per usucapione in capo agli appellanti “non solo perché alla luce del doc. 2 attoreo i termini per l’acquisto non possono essere decorsi, ma anche visti i capitoli di prova di parte convenuta, nessuno dei quali rilevante ai fini della prova dell’acquisto per usucapione” (così alla pagina 2 della sentenza appellata).
Del resto, lo stesso Giudice di prime cure, nel rigettare la domanda riconvenzionale dei convenuti in primo grado aveva rilevato correttamente la mancanza della dimostrazione inerente il loro possesso ventennale; la circostanza era confermata dal fatto che non avevano neppure formulato alcun capitolo di prova tendente a dimostrare il possesso pacifico, pubblico, continuato e ventennale richiesto dall’art. 1158 c.c.
NOME COGNOME e NOME COGNOME hanno proposto ricorso per cassazione avverso la suddetta sentenza sulla base di tre motivi.
NOME COGNOME e gli eredi di NOME COGNOME hanno resistito con controricorso.
I ricorrenti con memoria depositata in prossimità dell’udienza hanno chiesto dichiararsi cessata la materia del contendere.
I controricorrenti hanno insistito nella richiesta di rigetto del ricorso.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Il primo motivo di ricorso è così rubricato: Violazione e falsa applicazione dell’art.112 c.p.c., in relazione all’art. 360, comma 1, n. 4, c.p.c., per l’omessa pronuncia sulla richiesta di sospensione ex art 295 c.p.c. del processo per pregiudizialità della lite concernente il giudizio di annullamento del contratto di compravendita (atto notarile del 29.11.2009).
Il secondo motivo di ricorso è così rubricato: Violazione e falsa applicazione dell’art. 112 c.p.c., in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c., per l’errata pronuncia sulla domanda di merito svolta nel corso del giudizio di primo grado dai signori COGNOME e COGNOME di riconoscere quantomeno un diritto di superficie.
Il terzo motivo di ricorso è così rubricato: Omesso esame circa un fatto decisivo discusso tra le parti ai sensi dell’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 5, in quanto il Giudice di appello ha completamente omesso di esaminare le risultanze della consulenza tecnica d’ufficio in relazione alla presenza di stabili strutture e manufatti pertinenziali all’immobile acquistato dai ricorrenti sul mappale oggetto di contestazione.
Preliminarmente deve evidenziarsi che la parte ricorrente ha chiesto dichiararsi la cessazione della materia del contendere a seguito della sentenza della Corte d’Appello di Venezia n. 1623/24 pubblicata il 19.09.2024 che ha confermato la sentenza del Tribunale di Verona con cui ha accertato e dichiarato la risoluzione del contratto di compravendita dell’immobile sul quale insiste anche
l’area cortiva oggetto della domanda svolta dai signori COGNOME e vista anche la allegata dichiarazione di questi ultimi di non impugnare tale decisione.
Il collegio rileva che la richiesta di dichiarare la cessazione della materia del contendere è infondata in quanto tale dichiarazione implica la cassazione senza rinvio della sentenza impugnata.
I ricorrenti, infatti, asseriscono che è venuto meno l’interesse della controparte alla decisione ma non esprimono alcuna volontà di rinunciare al ricorso insistendo, invece, per la fondatezza dei loro motivi al fine di ottenere la condanna alle spese per soccombenza virtuale. I controricorrenti insistono per il rigetto del ricorso.
Nella specie la domanda originaria de i Dall’Ora era di rivendica della proprietà della particella non ricompresa nel contratto sicché la caducazione della sentenza di appello comporterebbe il venir meno d ell’accertamento della proprietà del bene . In altri termini le circostanze rappresentate dai ricorrenti non giustificano la rimozione delle sentenze già emesse, perché integralmente prive di attualità e, comunque, impongono l’esame dei motivi in mancanza di accordo anche sulle spese di lite in relazione alle quali la Corte dovrebbe comunque pronunciarsi secondo una valutazione di soccombenza virtuale (si vedano Cass. 13 settembre 2007, n. 19160, ed altre conformi).
1.1 Il primo motivo di ricorso è inammissibile.
La sospensione necessaria prevista dall’art. 295 c.p.c. stabilisce che “il giudice dispone che il processo sia sospeso in ogni caso in cui egli stesso o altro giudice deve risolvere una controversia dalla cui definizione dipende la decisione della causa”.
La norma deve coordinarsi con l’art. 337 c.p.c. . Secondo le Sezioni Unite del 2012 confermate sul punto dalla più recente pronuncia delle Sezioni Unite n. 21763 del 2021, l’istituto processuale della sospensione necessaria è costruito sui seguenti tre presupposti: 1) ‘la rilevazione del rapporto di dipe ndenza che si effettua ponendo a raffronto gli elementi fondanti delle due cause, quella pregiudicante e quella in tesi pregiudicata’; 2) ‘la conseguente necessità che i fatti siano conosciuti e giudicati, secondo diritto, nello stesso modo’; 3) ‘lo stato di incertezza in cui il giudizio su quei fatti versa, perché controversi tra le parti.
Ciò premesso risulta immune dalle censure prospettate la sentenza della Corte d’Appello che ha ritenuto che la controversia avente ad oggetto la domanda di rivendica non era subordinata alla decisione in ordine alla validità del contratto di compravendita intercorso tra le medesime parti in quanto il suddetto bene non era ricompreso nel negozio (rogito notarile, del 24.11.2009 con cui i controricorrenti avevano venduto ai ricorrenti un compendio immobiliare sito in Brentino Belluno VR- INDIRIZZO.
Tra le due cause, infatti, non sussiste un rapporto di pregiudizialità, intesa quale connotazione di indispensabile antecedenza logico giuridica della questione oggetto del giudizio pregiudicante che valga a condizionare, in tutto o in parte, l’esito della causa da sospendere (giudizio pregiudicato). Di conseguenza, tra le due cause manca il presupposto per la sospensione necessaria ex art. 295 c.p.c. che, come si è detto, può trovare applicazione solo quando in altro giudizio debba essere decisa con efficacia di giudicato una questione pregiudiziale in senso tecnicogiuridico.
2.1 Il secondo motivo di ricorso è inammissibile.
La Corte ha ritenuto domanda nuova quella riguardante l’asserita interclusione del fondo al fine di costituire una servitù coattiva, in quanto all’evidenza si tratta di domanda diversa e del tutto nuova rispetto alla domanda riconvenzionale proposta dai ricorrenti volta ad accertare che la porzione di terreno non oggetto della compravendita, fosse dichiarata gravata da diritto di superficie o ne venisse dichiarato l’acquisto per intervenuta usucapione. Inoltre, la Corte ha evidenziato come le domande in ogni caso non fossero supportate dalla necessaria allegazione di fatti e prove, ed ha rigettato la domanda di usucapione della proprietà o del diritto di superficie, sicché del tutto infondata risulta la censura di omessa pronuncia in violazione dell’art. 112 c.p.c.
Peraltro, quanto alla servitù per interclusione i ricorrenti hanno sostanzialmente rinunciato al motivo evidenziando il venir meno del loro interesse non essendo più proprietari dell’asserito fondo dominante ed essendo venuto meno il presupposto della altruità del fondo servente.
3.1 Il terzo motivo è inammissibile per doppia conforme.
La sentenza impugnata nel rigettare l’appello è conforme a quella di primo grado il che rende inammissibile il motivo in esame. Deve farsi applicazione del seguente principio di diritto: Nell’ipotesi di ‘doppia conforme’ prevista dall’art. 348 ter c.p.c., comma 5, il ricorrente in cassazione, per evitare l’inammissibilità del motivo di cui all’art. 360 c.p.c., n. 5, deve indicare le ragioni di fatto poste a base della decisione di primo grado e quelle poste a base della sentenza di rigetto dell’appello, dim ostrando che esse sono tra loro diverse (Cass. 5528/2014), adempimento non svolto. Peraltro, la
giurisprudenza di legittimità ha chiarito che ricorre l’ipotesi di «doppia conforme», ai sensi dell’art. 348 ter, commi 4 e 5, c.p.c., con conseguente inammissibilità della censura di omesso esame di fatti decisivi ex art. 360, comma 1, n. 5, c.p.c., non solo quando la decisione di secondo grado è interamente corrispondente a quella di primo grado, ma anche quando le due statuizioni siano fondate sul medesimo iter logico-argomentativo in relazione ai fatti principali oggetto della causa, non ostandovi che il giudice di appello abbia aggiunto argomenti ulteriori per rafforzare o precisare la statuizione già assunta dal primo giudice (Sez. 6 – 2, Ordinanza n. 7724 del 09/03/2022, Rv. 664193 – 01).
Il ricorso è rigettato.
Le spese del giudizio seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater D.P.R. n. 115/02, si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte del ricorrente di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso principale, a norma del comma 1-bis dello stesso art. 13, se dovuto.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna i ricorrenti, in solido tra loro, al pagamento delle spese del giudizio di legittimità nei confronti della parte controricorrente che liquida in euro 2000, più 200 per esborsi, oltre al rimborso forfettario al 15% IVA e CPA come per legge;
ai sensi dell’art. 13, co. 1 quater, del d.P.R. n. 115/2002, inserito dall’art. 1, co. 17, I. n. 228/12, dichiara la sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte del ricorrente di
Ric. 2021 n. 1983 sez. S2 – ud. 20/02/2025
un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso principale, a norma del comma 1-bis dello stesso art. 13, se dovuto;
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della 2^ Sezione