Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 1058 Anno 2024
Civile Ord. Sez. L Num. 1058 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 10/01/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 12577/2018 R.G. proposto da
RAGIONE_SOCIALE,
domiciliata in RomaINDIRIZZO INDIRIZZO, presso l’Avvocatura Generale dello Stato, che la rappresenta e difende ope legis
– ricorrente –
contro
NOME COGNOME , elettivamente domiciliato in Roma, INDIRIZZO, presso lo studio degli AVV_NOTAIO e NOME COGNOME, che lo rappresentano e difendono
– controricorrente –
RAGIONE_SOCIALE
– intimato – avverso la sentenza n. 904/2018 de lla Corte d’Appello di Napoli, depositata il 13.2.2018;
udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 19.10.2023 dal Consigliere NOME COGNOME.
FATTI DI CAUSA
L’attuale contro ricorrente si rivolse al Tribunale di Santa Maria Capua Vetere, in funzione di giudice del lavoro, per chiedere la condanna dell’RAGIONE_SOCIALE , di cui era dipendente, al pagamento dei conguagli retributivi dovuti per il quinquennio in cui egli aveva percepito solo l’assegno alimentare, pari alla metà dello stipendio, perché sottoposto a sospensione cautelare in pendenza del procedimento e poi del processo penale, conclusosi in primo grado con sentenza di proscioglimento per prescrizione del reato.
Instauratosi il contraddittorio, il Tribunale accolse la domanda del lavoratore, condannando l’RAGIONE_SOCIALE a l pagamento del conguaglio retributivo, «sia aderendo alla tesi dell’automaticità RAGIONE_SOCIALE restitutio in integrum in caso di prescrizione del reato a cui non è seguito il licenziamento, sia aderendo alla tesi RAGIONE_SOCIALE possibilità di una discrezionale valutazione dei fatti coperti da prescrizione ad adopera del datore di lavoro, posto che tale valutazione, nel caso di specie, aveva portato alla con clusione di un’indubbia levità degli errori» (così riassunta la motivazione del primo grado nella sentenza d’appello) .
L’RAGIONE_SOCIALE propose appello, che venne però a sua volta respinto dalla Corte d’Appello di Napoli.
Contro la sentenza RAGIONE_SOCIALE Corte territoriale il l’RAGIONE_SOCIALE ha quindi proposto ricorso per cassazione affidato a cinque motivi. Il lavoratore si è difeso con controricorso e ha depositato altresì memoria illustrativa nel termine di legge anteriore alla data fissata per la camera di consiglio ai sensi de ll’ art. 380 -bis .1 c.p.c.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Preliminarmente si rileva che il ricorso indica, quale soggetto intimato, anche l’RAGIONE_SOCIALE , al quale è stato notificato.
Tuttavia, in questa direzione il ricorso è palesemente inammissibile, ed anzi da considerare tamquam non esset , perché l’RAGIONE_SOCIALE , a parte non essere menzionato in alcuna altra parte del ricorso, non compare quale parte in causa né nell’intestazione, né nella motivazione, né nel dispositivo RAGIONE_SOCIALE sentenza impugnata.
Con il primo motivo la ricorrente denuncia «violazione e/o falsa applicazione dell’art. 132, comma 2, n. 4, c.p.c., in relazione all’art. 360, comma 1, n. 4, c.p.c. Nullità RAGIONE_SOCIALE sentenza. Mancanza RAGIONE_SOCIALE motivazione ovvero motivazione, perplessa ed obiettivamente incomprensibile».
Il secondo motivo censura, quale vizio da inquadrare ne ll’art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c., « violazione e/o falsa applicazione dell’art. 70 CCNL RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE 2004 e art. 27 CCNL RAGIONE_SOCIALE Ministeri 1995».
Questi due motivi -che devono essere esaminati congiuntamente, perché entrambi volti a contestare l’affermazione RAGIONE_SOCIALE Corte d’Appello secondo cui al rapporto per cui è causa sarebbe applicabile il CCNL RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE del 2004, invece che il CCNL RAGIONE_SOCIALE Ministeri del 1995 -sono inammissibili, in quanto non colgono la ratio decidendi RAGIONE_SOCIALE sentenza impugnata.
4.1. La Corte d’Appello di Napoli, dopo avere constatato che era stata proprio l’RAGIONE_SOCIALE a richiamare il CCNL RAGIONE_SOCIALE del 2004 nella missiva di avvio del procedimento disciplinare, ha tuttavia continuato la motivazione
osservando che, «Pur volendo aderire all’impostazione dell’Ufficio, ovverosia ritenere l’applicabilità del CCNL RAGIONE_SOCIALE Ministeri 1995, dovrebbe, comunque, sempre confermarsi la fondatezza RAGIONE_SOCIALE domanda di restitutio in integrum ». Ed è infatti sull’interpretazione dell’art. 27 del CCNL RAGIONE_SOCIALE Ministeri del 1995 che sono stati motivati il rigetto dell’appello e la conferma RAGIONE_SOCIALE condanna dell’RAGIONE_SOCIALE al pagamento dei conguagli retributivi.
Su questo aspetto si concentra il terzo motivo di censura, che, ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c., contesta la «violazione e/o falsa applicazione dell’art. 27 CCNL RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE 2004 [ recte : CCNL RAGIONE_SOCIALE Ministeri 1995]».
La ricorrente si lamenta che la Corte d’Appello abbia aderito a un’interpretazione non letterale RAGIONE_SOCIALE disposizione RAGIONE_SOCIALE contrattazione collettiva, la quale prevede il conguaglio «con quanto dovuto al lavoratore se fosse rimasto in servizio» solo in caso di «sentenza definitiva di assoluzione o proscioglimento con formula piena» e, quindi, non anche nel caso di proscioglimento per prescrizione del reato.
5.1. Il motivo è infondato, in conformità a quanto statuito nei più recenti e condivisibili arresti di questa Corte sulla medesima questione.
5.1.1. S ull’interpretazione letterale deve prevalere quella estensiva o integrativa che è necessaria per rispettare la funzione meramente cautelare, e non sanzionatoria, RAGIONE_SOCIALE sospensione dal servizio in pendenza del procedimento e del processo penale (v. Cass. nn. 24117/2022, 4411/2021, 11381/2020, 19106/2017, 9304/2017, 5147/2013).
La sanzione nei confronti del lavoratore, dopo il proscioglimento in sede penale, può scaturire solo all’esito del procedimento disciplinare, che non è vincolato al rispetto di un giudicato penale che non esclude né l’esistenza del fatto, né che l’impiegato l’abbia commesso. Tuttavia, qualora la sanzione disciplinare sia meno afflittiva rispetto alla sospensione cautelare (come nel caso di specie, in cui è stata applicata la sanzione RAGIONE_SOCIALE sospensione per soli 15 giorni), oppure quando al processo penale non segua alcuna sanzione disciplinare, il periodo di sospensione cautelare non ha più giustificazione (in tutto o nella parte eccedente la sanzione inflitta) e con esso anche il dimezzamento RAGIONE_SOCIALE retribuzione che alla sospensione cautelare è abbinato.
Tale principio vale sicuramente per la sospensione facoltativa, ovverosia con riguardo ai periodi in cui la prestazione del lavoratore non viene eseguita per una scelta discrezionale in tal senso del datore di lavoro. Ma, anche con riferimento alla sospensione obbligatoria, vale quanto considerato dalla Corte costituzionale, che ha ritenuto infondato il dubbio di illegittimità costituzionale dell’ obbligatorietà RAGIONE_SOCIALE misura sospensiva (come prevista dalle leggi n. 55 del 1990 e n. 97 del 2001), proprio evidenziando che non si tratta di una sanzione, ma di una misura cautelare, per la quale l ‘ esigenza di proporzionalità si misura soltanto rispetto al pregiudizio che può subire l ‘ interesse pubblico per la permanenza in servizio dell ‘ impiegato nonostante la pendenza dell ‘ accusa penale (Corte cost. nn. 145/2002, 206/1999, 184/1994). Con il corollario che, una volta definito il processo penale, spetta al procedimento disciplinare stabilire la sanzione da applicare al lavoratore e verificare se e in che misura la sospensione cautelare risulti
coerente con la sanzione applicata e sia, quindi, da questa assorbita.
« In sostanza, la natura cautelare RAGIONE_SOCIALE misura RAGIONE_SOCIALE sospensione comporta la sua provvisorietà e rivedibilità, nel senso che solo al termine e secondo l ‘ esito del procedimento disciplinare si potrà stabilire se la sospensione preventiva applicata resti giustificata ovvero debba venire caducata a tutti gli effetti » (Cass. n. 4411/2021, cit.).
5.1.2. La regola soffre eccezione solo per la sospensione resa obbligatoria dalla custodia cautelare in carcere, perché in quel caso « la perdita RAGIONE_SOCIALE retribuzione si riconnette ad un provvedimento necessitato dallo stato restrittivo RAGIONE_SOCIALE libertà personale del dipendente » (ancora Cass. n. 4411/2021, cit.; conf. Cass. nn. 24117/2022, 9095/2020, 31502/2018, 20708/2018, 10137/2018, 20321/2016).
Ma il ricorso, pur facendo riferimento nel «fatto e svolgimento del processo» a un periodo di custodia cautelare in carcere subito dal controricorrente, non impugna la sentenza sotto questo specifico profilo.
Il quarto motivo è così rubricato: «Violazione e/o falsa applicazione dell’art. 132, comma 2, n. 4, c.p.c. in relazione all’art. 360, comma 1, n. 4, c.p.c. Nullità RAGIONE_SOCIALE sentenza. Mancanza RAGIONE_SOCIALE motivazione ovvero motivazione apparente, perplessa ed obiettivamente incomprensibile».
La censura riguarda il giudizio del giudice d’appello sulla «indubbia levità» dei fatti addebitati al lavoratore, giudizio che la ricorrente considera immotivato e non coerente con quanto emerge dalle considerazioni svolte nella motivazione del provvedimento sanzionatorio.
6.1. Il motivo è infondato, perché -a parte il fatto che la Corte d’Appello non ha espresso un proprio giudizio sulla «indubbia levità» degli addebiti, ma ha riportato il giudizio in tal senso contenuto nella motivazione RAGIONE_SOCIALE sentenza di primo grado -in questo caso il giudice del merito non è chiamato a valutare la congruità di una sanzione rispetto ai fatti commessi (infatti, come si è visto sopra, la sospensione cautelare non è e non può trasformarsi in una sanzione), ma deve limitarsi a constatare che la sanzione RAGIONE_SOCIALE sospensione inflitta dal datore di lavoro ha una durata inferiore rispetto alla durata RAGIONE_SOCIALE sospensione cautelare.
Pertanto, non era dovuta dal giudice del merito alcuna motivazione sulla maggiore o minore gravità degli addebiti, fermo restando, in ogni caso, che una sanzione disciplinare mai potrebbe essere giustificata dal fatto «di non poter escludere la sussistenza dei comportamenti ipotizzati», essendo invece sempre necessaria la prova degli addebiti, quale presupposto per infliggere legittimamente la sanzione.
Infine, il quinto motivo è intitolato «Art. 360, comma 1, n. 5, c.p.c. Omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti».
7.1. Questo motivo è palesemente inammissibile, posto che non si indica un «fatto» che non sarebbe stato esaminato dalla Corte d’Appello, ma si imputa a questa un errato «giudizio» sul «disvalore dei fatti». Ed è di tutta evidenza che un giudizio di valore è cosa diversa dall’esame di un fatto.
Respinto il ricorso, le spese relative al presente giudizio di legittimità seguono la soccombenza e si liquidano in dispositivo.
9. Si dà atto che non sussiste il presupposto per il raddoppio del contributo unificato ai sensi dell’ art. 13, comma 1 -quater , del d.P.R. n. 115 del 2002 a carico RAGIONE_SOCIALE ricorrente, in quanto l’art . 12, comma 5, del d.l. n. 16 del 2 marzo 2012, ha stabilito che ‘Le disposizioni di cui all’articolo 158 del testo unico RAGIONE_SOCIALE disposizioni legislative e regolamentari in materia di spese di giustizia, di cui al decreto del Presidente RAGIONE_SOCIALE Repubblica 30 maggio 2002, n. 115, si applicano alle RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE entrate, RAGIONE_SOCIALE dogane, del territorio e del demanio’.
P.Q.M.
La Corte:
rigetta il ricorso;
condanna la ricorrente al pagamento, in favore del controricorrente, RAGIONE_SOCIALE spese del presente giudizio di legittimità, liquidate in € 4.000 per compensi, oltre a € 200 per esborsi, spese generali al 15% e agli accessori di legge, con distrazione a favore dei difensori antistatari;
Così deciso in Roma, il 19.10.2023.