Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 12663 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 2 Num. 12663 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 13/05/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 20474/2020 R.G. proposto da :
COGNOME, elettivamente domiciliata in ROMA INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME rappresentata e difesa dall’avvocato NOME COGNOME
-ricorrente-
contro
COGNOME elettivamente domiciliato in ROMA INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME rappresentato e difeso dagli avvocati NOME COGNOME ed NOME COGNOME
-controricorrente-
avverso la SENTENZA della CORTE D’APPELLO di BARI n.1038/2019 depositata il 3.5.2019.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 19.3.2025 dal Consigliere NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
Con citazione notificata il 18.6.1999, COGNOME NOME conveniva innanzi al Tribunale di Bari, sezione distaccata di Modugno, COGNOME NOME. L’attrice, premettendo di essere proprietaria di un appartamento in un edificio condominiale sito in Comune di Toritto e di una porzione di cortile interno adibito a parcheggio, esponeva che, nell’area attigua, il convenuto aveva realizzato un fabbricato ed altre opere in violazione della disciplina sulle distanze legali contenuta nel codice civile e nel regolamento edilizio urbano comunale. Pertanto, la COGNOME domandava la condanna del COGNOME alla demolizione ed alla riduzione in pristino dello stato dei luoghi, nonché al risarcimento del danno.
Nella resistenza di Fasano Luigi, con sentenza n. 1089/2015, il Tribunale adito condannava il convenuto ad arretrare il proprio fabbricato a distanza legale, a rimuovere la porta insistente sul muro divisorio ed a risarcire l’attrice per i danni patiti.
COGNOME NOME interponeva appello principale avverso la predetta sentenza. COGNOME NOME proponeva, a sua volta, appello incidentale, insistendo per il ripristino di una minima area adibita a parcheggio, spettante per legge al condominio del quale il suo appartamento faceva parte.
La Corte d’Appello di Bari, con sentenza n. 1038/2019 del 19.3/3.5.2019, rigettava sia l’appello principale, sia il gravame incidentale. Il Giudice di secondo grado rilevava che la COGNOME aveva travisato il contenuto della pronuncia di prime cure, ritenendo che il Tribunale adito avesse considerato spirato il termine di prescrizione ventennale per non uso del diritto di parcheggio dei condomini frontisti sulla particella del Fasano,
mentre il Giudice di primo grado aveva ritenuto superata l’eccezione di prescrizione sollevata dal convenuto, stante la preesistenza del muro divisorio rispetto all’edificazione del Fasano, circostanze, peraltro, non contestate dalla COGNOME.
Avverso tale sentenza COGNOME NOME ha proposto ricorso a questa Corte, affidandosi a sette motivi, e COGNOME NOME ha resistito con controricorso.
Nell’imminenza dell’adunanza camerale, la sola ricorrente ha depositato memoria ex art. 380 bis.1 c.p.c.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1) Col primo motivo, articolato in relazione all’art. 360, comma 1°, n. 5) c.p.c., la ricorrente si duole dell’omesso esame di un fatto decisivo. La Corte territoriale avrebbe omesso di esaminare la circostanza che la costruzione del Fasano, oltre che situata a distanza inferiore a 10 metri dal fabbricato condominiale, in violazione dell’art. 9 del D.M. n. 1444/68, si trovava sul confine con l’area su cui insiste il predetto fabbricato, con la conseguenza che la condanna del Fasano all’arretramento a distanza di 10 metri dal fabbricato attoreo avrebbe dovuto comportare l’ulteriore arretramento a distanza di 5 metri dal confine, ai sensi dell’art. 5 delle N.T.A. del Comune di Toritto.
2) Col secondo motivo, ai sensi dell’art. 360, comma 1°, n. 3) c.p.c., la ricorrente lamenta la violazione e falsa applicazione degli artt. 871 e 872 cod. civ., nonché delle norme integrative ex lege dell’art. 9 D.M. n. 1444/68 e dell’art. 5 delle norme tecniche di attuazione del Comune di Toritto. La Corte di Appello avrebbe erroneamente disapplicato l’inderogabile art. 5 delle N.T.A. del Comune di Toritto, omettendo di considerare che l’arretramento della costruzione del Fasano a distanza di 10 metri dal condominio aveva come effetto la traslazione della costruzione dal confine, sul quale, pertanto, l’immobile non era più insistente.
Col terzo motivo, in relazione all’art. 360, comma 1°, n. 4) c.p.c., la ricorrente denuncia la nullità della sentenza e del procedimento, per violazione dei principi regolatori del giusto processo e, segnatamente, del combinato disposto degli artt. 2907 cod. civ., 99 e 112 c.p.c. La Corte distrettuale avrebbe omesso di pronunciarsi sulla domanda di condanna del Fasano all’arretramento della propria costruzione a distanza di almeno 5 metri dal fabbricato condominiale, formulata dall’odierna ricorrente nell’atto introduttivo del giudizio, reiterata con la memoria ex art. 183, comma 5° c.p.c., e riproposta in sede di impugnazione incidentale.
Col quarto motivo, ai sensi dell’art. 360, comma 1°, n. 3) c.p.c., la ricorrente lamenta la violazione e falsa applicazione degli artt. 2909 cod. civ. e 112, 324 e 342 c.p.c. La Corte d’Appello avrebbe erroneamente ritenuto coperto dal giudicato, poiché non contestato dalla COGNOME, il capo della sentenza di prime cure relativo allo stato dei luoghi, che il Tribunale adito riteneva caratterizzato dalla preesistenza del muro divisorio rispetto al fabbricato del Fasano, con conseguente esclusione del vincolo di parcheggio a carico della particella del predetto.
Col quinto motivo, articolato in relazione all’art. 360, comma 1°, n. 5) c.p.c., la ricorrente si duole dell’omesso esame di un fatto decisivo. La Corte distrettuale avrebbe erratamente interpretato la domanda della ricorrente volta all’accertamento dell’illegittimità dell’occupazione, da parte del Fasano, di una porzione di terreno di sua proprietà, vincolata, tuttavia, a parcheggio in favore della COGNOME.
Col sesto motivo, ai sensi dell’art. 360, comma 1°, n. 5) c.p.c., si denuncia l’omesso esame di un fatto decisivo. La Corte territoriale avrebbe omesso di considerare la circostanza decisiva, che il muretto in tufo situato lungo il muro di cinta, non aveva funzione impeditiva della fruizione dell’area destinata a parcheggio,
né costituiva un ostacolo divisorio, ma al contrario, consentiva il transito dei veicoli da parcheggiare nell’area oggetto di causa.
7) Col settimo motivo, ai sensi dell’art. 360, comma 1°, n. 3) c.p.c., la ricorrente lamenta la violazione e falsa applicazione degli artt. 871 e 872 cod. civ., nonché delle norme regolamentari integrative. Secondo la COGNOME, la Corte di Appello avrebbe falsamente applicato la predetta normativa, omettendo di rilevare che la stessa poteva trovare applicazione soltanto in presenza di una riduzione della fruibilità della superficie destinata a parcheggio dovuta all’effettiva sussistenza di un ostacolo divisorio.
Dopo la formulazione di proposta di definizione anticipata ex art. 380 bis c.p.c. e la tempestiva opposizione della COGNOME, con ordinanza interlocutoria del 23.10.2024 è stato disposto il rinvio a nuovo ruolo per conoscere l’esito del giudizio n. 7791/2022 Reg. Ric. pendente davanti al Consiglio di Stato, concernente l’impugnazione dell’ordinanza n. 65 dell’1.6.2021, con la quale il Comune di Toritto aveva ordinato la demolizione del fabbricato oggetto di causa di Fasano Luigi, e potenzialmente incidente sulla persistenza o meno dell’interesse della COGNOME alla decisione del ricorso.
In data 28.2.2025 la COGNOME ha depositato ex art. 372 c.p.c. la sentenza del Consiglio di Stato, che ha definito il procedimento n. 7791/2022 Reg. Ric., confermando l’ordinanza di demolizione del fabbricato del Fasano emessa dal Comune di Toritto, ed il 7.3.2025 la COGNOME ha depositato memoria ex art. 380 bis.1 c.p.c., palesando il venir meno del suo interesse alla decisione del ricorso. Ritiene la Corte che il ricorso debba essere dichiarato inammissibile, per sopravvenuto difetto di interesse di COGNOME NOME, ossia di una condizione dell’azione che deve permanere fino al momento della decisione.
Ed invero nella memoria ex art. 380 bis.1 c.p.c., depositata da COGNOME NOME il 7.3.2025, il legale della stessa ha manifestato il
venir meno dell’interesse ad ottenere una decisione di merito sul ricorso, in ragione del fatto che nelle more rispetto alla precedente udienza, in data 12.11.2024, è intervenuta a definizione del procedimento n. 7791/2022 Reg. Ric., la prodotta sentenza del Consiglio di Stato, che ha confermato in via definitiva la legittimità dell’ordinanza n. 65 dell’1.6.2021 del Comune di Toritto, che ha ordinato a Fasano Luigi la demolizione integrale del suo fabbricato, che era stato costruito sulla base di titoli edilizi rilasciati sul presupposto di una falsa rappresentazione dello stato dei luoghi, titoli poi annullati dall’ente pubblico in sede di autotutela, ed ha altresì escluso in via definitiva la sussistenza dei presupposti per la fiscalizzazione dell’abuso edilizio commesso ai sensi dell’art. 38 del D.P.R. n.380/2001.
Nel giudizio di cassazione, la dichiarazione di sopravvenuto difetto di interesse alla definizione del ricorso, resa dal difensore del ricorrente munito di mandato speciale, non può comportare la cessazione della materia del contendere – che presuppone che le parti si diano atto reciprocamente del sopravvenuto mutamento della situazione sostanziale dedotta in giudizio e sottopongano al giudice conclusioni conformi in tal senso -, ma deve essere equiparata alla rinuncia ex art. 390 c.p.c., con la conseguenza che, in mancanza dei requisiti previsti dal comma 3 di tale disposizione, la predetta dichiarazione, pur inidonea a determinare l’estinzione del processo, comporta la sopravvenuta inammissibilità del ricorso, atteso che l’interesse posto a fondamento di quest’ultimo deve sussistere, non soltanto al momento dell’impugnazione, ma anche successivamente, fino alla decisione della causa (vedi Cass. sez. lav. 12.11.2020 n. 25825; Cass. 7.12.2018 n. 31732; Cass. sez. un. 18.2.2010 n.3876).
Il venir meno dell’interesse al ricorso, nella specie sopravvenuto alla formulazione della proposta di definizione anticipata ex art. 380 bis c.p.c. nuova formulazione, ed alla tempestiva opposizione
ex art. 380 bis comma 2° c.p.c. del legale di COGNOME NOME munito di procura speciale, giustifica la compensazione delle spese processuali tra le parti (vedi in tal senso Cass. sez. lav. 12.11.2020 n. 25625; Cass. 7.12.2018 n. 31732), ed esclude la sussistenza dei presupposti per l’imposizione alla ricorrente di un ulteriore contributo se dovuto ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater del D.P.R. 30.5.2012, prevista solo per i casi di rigetto integrale e di inammissibilità o improcedibilità originaria del ricorso, non estensibili analogicamente all’ipotesi di inammissibilità sopravvenuta (vedi in tal senso Cass. 7.12.2018 n. 31732).
L’esito diverso del giudizio, a seguito dell’opposizione proposta, rispetto a quello prospettato nella proposta di definizione anticipata, induce ad escludere le sanzioni accessorie previste dall’art. 380 bis comma 3° c.p.c.
P.Q.M.
La Corte di Cassazione dichiara inammissibile il ricorso e dichiara compensate tra le parti le spese processuali.
Così deciso nella camera di consiglio del 19.3.2025