Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 17045 Anno 2025
Civile Ord. Sez. L Num. 17045 Anno 2025
Presidente: NOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 25/06/2025
ORDINANZA
sul ricorso 18727-2021 proposto da:
COGNOME rappresentato e difeso dagli avvocati NOME COGNOME NOME COGNOME
– ricorrente –
contro
CAMERA DI RAGIONE_SOCIALE DI BARI, in persona del Presidente e legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati NOME COGNOME NOME COGNOME NOME COGNOME
– controricorrente –
nonché contro
CAMERA DI COMMERCIO, RAGIONE_SOCIALE E AGRICOLTURA DEL MOLISE, in persona del Presidente e legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati NOME COGNOME DI COGNOME;
– controricorrente –
Oggetto
Sopravvenuta
carenze
di
interesse
–
Inammissibilità
del ricorso.
R.G.N. 18727/2021
COGNOME
Rep.
Ud. 20/05/2025
CC
avverso la sentenza n. 18/2021 della CORTE D’APPELLO di CAMPOBASSO, depositata il 15/04/2021 R.G.N. 23/2019; udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 20/05/2025 dal Consigliere Dott. NOME COGNOME.
FATTI DI CAUSA
A seguito della pronunzia rescindente n. 9117/2015 con la quale questa Corte cassava con rinvio le pronunzie di merito di primo e di secondo grado (nello specifico la sentenza n. 412 del 2004 del Tribunale di Campobasso e la sentenza n. 253/2007 della CdA della medesima città), in ragione della pretermissione del litisconsorte necessario NOME COGNOME, la Camera di Commercio di Campobasso riassumeva il giudizio nei confronti di NOME COGNOME e della Camera di Commercio di Bari chiedendo di accertare che l’indennità di anzianità spettante al predetto lavoratore era pari ad € 295.534,49 al lordo delle ritenute di legge e che detta somma doveva gravare sulle due suddette Camere di Commercio in ragione degli anni di servizio prestati dallo Scordamaglia presso ciascuna di esse, con condanna della Camera di commercio di Bari alla refusione ad essa, Camera di Commercio di Campobasso, di quanto già pagato al lavoratore.
Si costituiva la Camera di Commercio di Bari chiedendo al Tribunale di accertare di esser tenuta al pagamento della minor somma di € 23.192,19 e di condannare la Camera di Commercio di Campobasso alla restituzione degli importi pari ad € 154.650,51 già pagati per effetto della sentenza della C.d.A. di Campobasso innanzi indicata, poi annullata dalla pronunzia rescindente della Corte di cassazione.
NOME COGNOME nel costituirsi, aderiva alle prospettazioni della Camera di Commercio di Campobasso.
Il Tribunale, nel decidere la controversia, affermava che l’indennità di anzianità dovesse essere ripartita in misura proporzionale al periodo di servizio prestato e per il solo ammontare maturato presso la Camera di Commercio di Bari, escludendo che la legge e i contratti in vigore al momento del collocamento in quiescenza del lavoratore prevedessero la liquidazione della suddetta indennità sulla base dell’intero servizio prestato, prima come dipendente diretto dell’ente camerale e poi come segretario generale iscritto nei ruoli statali. 5. La Corte di Appello di Campobasso nella sentenza qui impugnava confermava la decisione di primo grado rigettando l’appello principale della camera di Commercio del Molise (già CCIAA di Campobasso) oltre che quello incidentale dello Scordamaglia.
Avverso detta pronunzia proponeva ricorso per cassazione articolato in un unico motivo NOME COGNOME
Resistevano con controricorso sia la Camera di Commercio, Industria, Artigianato e Agricoltura di Bari che la Camera di Commercio, Industria, Artigianato e Agricoltura del Molise (ex Camera di Commercio di Campobasso) chiedendo il rigetto del ricorso.
Depositavano memoria tutte le parti.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con l’unico motivo di censura viene denunziata la violazione e/o la falsa applicazione dell’art. 77 del d.l. del 12.7.1982 e dell’art. 27, comma 7, del c.c.n.l. Comparto Regioni Enti Locali Area Dirigenza 19982001, in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3 c.p.c.
1.1. Si deduce che la sentenza impugnata è incorsa in errore laddove ha confermato la decisione di primo grado anche nella parte in cui ha statuito che l’indennità di anzianità spettante allo RAGIONE_SOCIALE fosse pari al minor importo -rispetto a quanto riconosciuto e liquidato dalla CCIA di Campobasso -di € 159.592,77 derivante dalla mera sommatoria delle quote di competenza di ciascuna CCIA calcolate in base allo stipendio in godimento al momento della cessazione presso ognuna di esse. 1.2. La censura sostiene che in virtù di quanto previsto dall’art. 77 del D.I. del 12.7.1982 e dell’art. 27, comma 7, del c.c.n.l. del Comparto Regioni-Enti Locali, area Dirigenza 1998-2001, per i segretari generali nominati anteriormente all’entrata in vi gore della l. n. 580 del 1993, l’anzianità va calcolata tenendo conto dell’attività lavorativa svolta presso le diverse amministrazioni, sebbene poi la Camera di Commercio di provenienza risponda per il solo ammontare maturato presso di essa a titolo di retribuzione di posizione e risultato.
Preliminare all’esame del motivo è la valutazione della memoria con la quale gli avvocati della parte ricorrente in cassazione comunicano e documentano (cfr. in atti) , un verso, il decesso del ricorrente NOME COGNOME per altro verso, la rinunzia all’eredità degli eredi, rappresentando conseguentemente esser venuto meno l’interesse di tutte le parti alla decisione.
Ebbene, osserva il Collegio, che il contenuto della memoria innanzi indicata rende evidente che si è in presenza di una manifestazione di sopravvenuta carenza di interesse alla pronunzia della S.C. che ridonda, come è noto, nell’inammissibilità dello stesso.
3.1. Né interesse alla decisione vantano le altre parti in causa che nei rispettivi controricorsi hanno chiesto il rigetto del ricorso per cassazione. Ne consegue che resta da delibare solo sulle spese di lite di
legittimità.
Osserva al riguardo il Collegio, che la complessità della controversia, l’esito alterno delle varie fasi di merito oltre che la rappresentazione in memoria della sopravvenuta carenza di interesse da parte del legale del ricorrente in cassazione, nei termini innanzi esposti, sono elementi tutti che impongono l’integrale compensazione delle spese del giudizio di legittimità. 5 . Non sussistono le condizioni di cui all’art. 13, comma 1 -quater , d.P.R. n. 115 del 2002, introdotto dall’art. 1, comma 17, della legge n. 228 del 2012, perché la ratio della disposizione va individuata nella finalità di scoraggiare le impugnazioni dilatorie o pretestuose, sicché tale meccanismo sanzionatorio, che è di stretta interpretazione, non si applica all’inammissibilità del gravame (non originaria) ma derivata dalla sopravvenuta carenza di interesse (cfr. Cass. n. 17562/2020 che richiama, fra le tante, Cass. n. 16305/2016, Cass. n. 18528/2016, Cass. n. 3288/2018, Cass. n. 31732/2018; Cass. n. 14782/2018).
P.Q.M.
dichiara inammissibile il ricorso per sopravvenuta carenza di interesse e compensa le spese del giudizio di legittimità.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 quater, del d.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della non sussistenza dei presupposti per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo
di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma del comma 1 bis dello stesso articolo 13. Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione