Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 9381 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 2 Num. 9381 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 08/04/2024
ORDINANZA
sul ricorso n. 22300/2019 proposto da:
COGNOME NOME, COGNOME NOME, COGNOME NOME, COGNOME NOME, elettivamente domiciliati in INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato NOME AVV_NOTAIO (CODICE_FISCALE) rappresentati e difesi dagli avvocati NOME COGNOME (CODICE_FISCALE), NOME COGNOME (CODICE_FISCALE).
– Ricorrenti –
Contro
NOME, elettivamente domiciliato in INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME rappresentato e difeso dall’avvocato NOME COGNOME (CODICE_FISCALE ).
– Controricorrente –
Avverso la sentenza della Corte d’appello di Roma n. 303/2019 depositata il 16/01/2019.
Udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME nella camera di consiglio del 4 aprile 2024.
DISTANZE NELLE COSTRUZIONI
Rilevato che:
NOME COGNOME e NOME COGNOME, eredi di NOME COGNOME, hanno convenuto in giudizio, dinanzi al Tribunale di Rieti, NOME COGNOME, NOME COGNOME e NOME COGNOME, assumendo:
(i) di essere proprietari di un immobile sito in INDIRIZZO, adibito a civile abitazione, costituente parte di un più grande immobile censito al foglio 50, p.lla 170, per atto di divisione di cui alla scrittura privata del 26/09/1990 con la quale i fratelli NOME (NOME, NOME, NOME e NOME) si erano divisi l’originaria particella 170, con attribuzione a NOME della porzione rappresentata graficamente con le lettere C e C1, e, ancora, di avere successivamente acquistato, dal dante causa NOME, con scrittura privata 04/10/1990, la porzione spettante al fratello NOME (di cui al n. provvisorio sub. 10 di 70 mq) e di essere proprietari di altre particelle in forza dell’atto di divisione del 1974 ;
(ii) che NOME COGNOME, al quale era stata attribuita la porzione contrassegnata con la lettera B, contigua a quella degli attori, aveva realizzato una sopraelevazione, mediante chiusura di un balconelastrico solare a confine con la proprietà degli attori, illegittima sia perché aveva esaurito la cubatura edificabile dell’intero lotto, sia per violazione della distanza minima dal confine, pari a 5 metri, con la costituzione di una servitù illegittima a carico del fondo di cui al sub. 10;
e, per quanto ancora rileva, hanno chiesto: in via preliminare, l’accertamento dell’autenticità della scrittura privata del 04/10/1990 intercorsa tra NOME e NOME COGNOME; inoltre, l’accertamento dell’illegittimità della sopraelevazione realizzata da NOME COGNOME e la condanna del convenuto alla riduzione in pristino dello stato dei luoghi, mediante demolizione o arretramento fino al rispetto della
distanza legale, nonché la condanna del convenuto al risarcimento dei danni;
NOME COGNOME, costituendosi, ha confermato l’autenticità della scrittura privata e ha proposto alcune domande riconvenzionali tardive, che hanno comportato la chiamata in causa degli altri eredi di NOME COGNOME, ossia NOME e NOME COGNOME, i quali, costituendosi, hanno aderito alle domande degli attori;
il Tribunale di Rieti, istruita la causa con l’escussione di testimoni e a mezzo di una c.t.u., con sentenza n. 27/2012, ha dichiarato l’autenticità della scrittura privata del 04/10/1990; ha condannato il convenuto ad astenersi da turbative in danno degli attori e ha rigettato le altre domande degli attori e dei terzi chiamati;
proposta impugnazione da parte di NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME e NOME COGNOME, la Corte d’appello di Roma, nella resistenza di NOME COGNOME, ha confermato la pronuncia di primo grado, riformandola esclusivamente in relazione al capo che aveva compensato le spese del giudizio (aspetto, questo, estraneo all’attuale tema del decidere), così argomentando le ragioni della decisione:
(a) il Tribunale ha correttamente ritenuto che, per effetto del frazionamento del fabbricato originariamente in comproprietà dei fratelli NOME e della divisione dello stesso in porzioni assegnate in via esclusiva, si sia costituita una servitù per destinazione del padre di famiglia (art. 1062, cod. civ.), ovverosia un asservimento dell’area sub. 10, appartenente agli attori, al mantenimento della costruzione edificata sul confine (servitù che in precedenza non esisteva perché unico era il proprietario del fabbricato) in quanto preesistente alla divisione;
(b) è giusto anche l’inquadramento , compiuto dal Tribunale, del manufatto in questione quale nuova costruzione, come tale
sottoposta, in via generale, alla disciplina delle distanze minime (artt. 873, cod. civ.) e agli eventuali strumenti urbanistici successivi al frazionamento e anteriori alla sopraele vazione, impositivi dell’obbligo di osservare una certa distanza nella realizzazione della sopraelevazione in deroga al principio della facoltà di allineamento alla preesistente, originaria costruzione;
(c) recentemente, la Cassazione (n. 11320 del 2018), ha ribadito la portata derogatoria rispetto al principio della prevenzione delle disposizioni regolamentari locali sopravvenute (impositive dell’obbligo inderogabile di osservare una certa distanza dal confine ovvero tra le costruzioni) e la conseguente vincolatività, per il preveniente, di conformarsi alla maggiore distanza stabilita per le sopraelevazioni, con esclusione quindi della facoltà di allineamento verticale rispetto alla costruzione originaria, salvo espressa eccezione contenuta nelle norme regolamentari;
(d) il diritto di sopraelevazione, sancito dall’art. 1127, cod. civ., in favore di ciascun condomino, deve essere esercitato nel rispetto della statica e del decoro architettonico.
Ne consegue che il convenuto, una volta divenuto condomino in seguito all’acquisto della proprietà esclusiva di una porzione di fabbricato contigua all’area successivamente acquistata dal dante causa degli attori, ha esercitato in conformità delle prescrizioni generali il diritto di sopraelevazione in allineamento verticale con la costruzione preesistente;
NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME hanno proposto ricorso per cassazione, con tre motivi.
NOME COGNOME ha resistito con controricorso.
In prossimità dell’adunanza in camera di consiglio , le parti hanno depositato memorie;
Considerato che:
I. preliminarmente, è priva di fondamento l’eccezione sollevata nel controricorso di inammissibilità del ricorso per cassazione per carenza dello ius postulandi dei difensori dei ricorrenti in quanto la procura ad essi conferita non li investirebbe del potere di proporre ricorso per cassazione avverso la sentenza della Corte d’appello di Roma, impugnata in questo giudizio.
L’ eccezione va disattesa alla luce del consolidato orientamento di legittimità (tra le altre, Sez. 2, Sentenza n. 7014 del 17/03/2017, Rv. 643376 – 01), che il Collegio condivide e intende ribadire, secondo cui, ai fini dell ‘ ammissibilità del ricorso per cassazione, sotto il profilo della sussistenza della procura speciale in capo al difensore iscritto nell ‘ apposito albo, è essenziale che la procura sia conferita in epoca anteriore alla notificazione del ricorso, che investa il difensore espressamente del potere di proporre quest ‘ ultimo e che sia rilasciata in epoca successiva alla sentenza oggetto dell ‘i mpugnazione; ove (come nella specie) sia apposta a margine del ricorso, tali requisiti possono desumersi, rispettivamente, quanto al primo, dall ‘ essere stata la procura trascritta nella copia notificata del ricorso, e, quanto agli altri due, dalla menzione della sentenza gravata risultante dall ‘ atto a margine del quale essa è apposta;
1. il primo motivo di ricorso , ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3), cod. proc. civ., denuncia la violazione del principio di diritto che disciplina la costituzione di servitù per destinazione del padre di famiglia in ipotesi di divisione e frazionamento di proprietà immobiliari originariamente di identica e unitaria appartenenza e che sancisce, quale corollario, la soggezione della successiva sopraelevazione del fondo, così costituito fondo dominante, al rispetto delle norme sulle distanze vigenti al momento della realizzazione
della sopraelevazione, escludendo l’operatività del principio di prevenzione.
La doglianza muove dalla premessa che: (i) l’originaria comunione tra i fratelli COGNOME, sul compendio immobiliare includente le due unità immobiliari oggetto di causa (l ‘ area inedificata di proprietà attuale dei ricorrenti, e il corpo di fabbrica, posto a confine di detta area, di proprietà del controricorrente), è stata sciolta con la scrittura divisionale 26/09/1990; (ii) all ‘ atto di detta divisione, le due unità immobiliari acquisivano, ciascuna, la propria autonomia fisicogiuridica; (iii) solo successivamente all ‘ acquisto dell ‘ area inedificata da parte degli odierni ricorrenti (acquisto avvenuto con la scrittura 04/10/1990, riconosciuta vera, autentica e valida in primo grado, immediatamente successiva alla scrittura divisionale 26/09/1990), NOME COGNOME procedeva a realizzare la sopraelevazione del confinante corpo di fabbrica di sua esclusiva proprietà, costruendo, sul preesistente lastrico solare posto a copertura di detto corpo di fabbrica, in elevazione, un ulteriore corpo di fabbrica, a destinazione abitativa, delle dimensioni di metri 10,70 X 4,20; (iv) all ‘ epoca della realizzazione della sopraelevazione, lo strumento urbanistico locale prevedeva, per le nuove costruzioni, il rispetto di una distanza dal confine di proprietà di ml. 5,00.
Ciò precisato, i ricorrenti denunciano l’errore di diritto della sentenza d’appello che afferma che NOME COGNOME ha esercitato il diritto di sopraelevare in allineamento verticale con la costruzione preesistente in conformità delle prescrizioni generali, con ciò ritenendo che la mancata sopravvenienza e vigenza, all’epoca della sopraelevazione, di una norma regolamentare, in tema di distanze, più restrittiva di quella vigente al tempo della prima e sottostante costruzione, comportasse l’esonero , nella realizzazione della sopraelevazione, dal rispetto delle norme regolamentari, in tema di
distanze, vigenti al tempo della realizzazione della sopraelevazione, in tal modo discostandosi dal principio di diritto secondo cui la sopraelevazione, quale nuova costruzione, è soggetta, sempre e comunque, alla normativa vigente al momento della realizzazione della sopraelevazione stessa ed esclude, in radice, che rispetto a quest’ultima operi il principio della prevenzione;
1.1. il motivo è inammissibile;
1.2. il rilievo critico non indica la norma di diritto che si assume violata: pertanto, esso non soddisfa i requisiti formali dell’art. 366, primo comma, n. 4), cod. proc. civ., secondo cui il ricorso deve contenere, a pena di inammissibilità, «4) i motivi per i quali si chiede la cassazione con l’indicazione delle norme di diritto su cui si fondano». È orientamento radicato di questa Corte, enunciato anche dalle Sezioni unite (Cass. Sez. U., 28/10/2020, n. 23745) che «n tema di ricorso per cassazione, l’onere di specificità dei motivi, sancito dall’art. 366, comma 1, n. 4), c.p.c., impone al ricorrente che denunci il vizio di cui all’art. 360, comma 1, n. 3), c.p.c., a pena d’inammissibilità della censura, di indicare le norme di legge di cui intende lamentare la violazione, di esaminarne il contenuto precettivo e di raffrontarlo con le affermazioni in diritto contenute nella sentenza impugnata, che è tenuto espressamente a richiamare, al fine di dimostrare che queste ultime contrastano col precetto normativo, non potendosi demandare alla Corte il compito di individuare – con una ricerca esplorativa ufficiosa, che trascende le sue funzioni – la norma violata o i punti della sentenza che si pongono in contrasto con essa»;
1.3. nella specie, la censura (esposta da pag. 9 a pag. 22 del ricorso per cassazione) è formulata in termini così ampi e privi di specificità da non consentire di comprendere se i ricorrenti lamentino la ‘falsa applicazione’ ( così, testualmente, la rubrica del motivo)
dell’art. 1062, cod. civ., in tema di destinazione del padre di famiglia, o quella della disciplina delle distanze nelle costruzioni ex artt. 873 e seguenti, cod. civ., o ancora se essi si dolgano dell’ inosservanza del criteri della prevenzione o, infine, se il rilievo si appunti contro il mancato rispetto dello strumento urbanistico che, secondo la prospettazione dei ricorrenti, all’epoca della sopraelevazione, prevedeva, per le nuove costruzioni, una distanza dal confine di 5 metri;
il secondo motivo denuncia, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3), cod. proc. civ., la violazione e falsa applicazione del principio di diritto, in tema di sopraelevazione, sancito soltanto in àmbito condominiale dall’art. 1127, cod. civ.
In particolare, i ricorrenti rimarcano che la sentenza ha fatto riferimento, sia pure come argomento rafforzativo della decisione, all’ art. 1127, cod. civ., che disciplina, solo e esclusivamente con riferimento ai rapporti tra condòmini di un unico stabile, il diritto di sopraelevazione che, a determinate condizioni, è riconosciuto al condò mino proprietario dell’ultimo piano, ma non trova applicazione nel caso di rapporti di vicinato, ossia quando si tratti (come nella specie) di rapporti tra unità immobiliari distinte, autonome e confinanti;
2.1. il motivo è inammissibile;
2.2. gli stessi ricorrenti riconoscono che il riferimento, da parte del giudice dall’appello, alla disciplina di cui all’art. 1127, cod. civ., in tema di costruzione sopra l’ultimo piano dell’edificio condominiale, costituisce (cfr. pag. 22 del ricorso per cassazione) « mera argomentazione rafforzativa della propria conclusione decisoria di conferma della pronuncia di rigetto, resa dal giudice di prime cure».
Il rilievo critico non investe la ratio decidendi della sentenza che -giova sottolinearlo -definisce legittima la sopraelevazione in
allineamento all’edificio preesistente in applicazione del principio della prevenzione;
il terzo motivo, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 4), cod. proc. civ., in subordine rispetto ai motivi precedenti, denuncia che la motivazione della sentenza sarebbe soltanto apparente perché, lungi dall’ esprimere un autonomo processo deliberativo, finirebbe coll’appiattirsi sulla decisione di primo grado;
3.1. il motivo è infondato;
3.2. la sentenza d’appello reca una motivazione che soddisfa senz’altro il requisito del ‘minimo costituzionale’, come delineato dalla giurisprudenza di questa Corte ( ex multis , Cass. Sez. U. 27/12/2019, n. 34476, la quale cita, in motivazione, Cass. Sez. U., 07/04/2014, n. 8053; Sez. U. 18/04/2018, n. 9558; Sez. U. 31/12/2018, n. 33679) per la quale «nel giudizio di legittimità è denunciabile solo l’anomalia motivazionale che si tramuta in violazione di legge costituzionalmente rilevante, alla luce dei canoni ermeneutici dettati dall’art. 12 delle preleggi, in quanto attiene all’esistenza della motivazione in sé, purché il vizio risulti dal testo della sentenza impugnata, a prescindere dal confronto con le risultanze processuali: tale anomalia si esaurisce nella mancanza assoluta di motivi sotto l’aspetto materiale e grafico, nella motivazione apparente, nel contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili e nella motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile, esclusa qualunque rilevanza del semplice difetto di sufficienza della motivazione».
Come notato in precedenza (punto 2.2.), la sentenza d’appello ha il proprio nucleo argomentativo essenziale nella considerazione che il convenuto ha legittimamente sopraelevato il suo fabbricato, posto sul confine, in allineamento all’ed ificio originario per l’operatività del criterio della prevenzione;
in conclusione, respinto il terzo motivo, dichiarati inammissibili il primo e il secondo motivo, il ricorso è rigettato;
le spese del giudizio di cassazione, liquidate in dispositivo, seguono la soccombenza;
6 . ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater del d.P.R. 115 del 2002, si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte dei ricorrenti, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1bis dello stesso articolo 13, se dovuto;
P.Q.M.
rigetta il ricorso.
Condanna i ricorrenti al pagamento delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in € 3.500 ,00, più € 200,00, per esborsi, oltre alle spese generali e agli accessori di legge.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater del d.P.R. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte dei ricorrenti, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1bis del citato art. 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, in data 4 aprile 2024.